mercoledì 5 dicembre 2012

(Scheda 191) Protesi all'anca in aumento i progressi medico-tecnologici degli ultimi anni.

Protesi all'anca 
in aumento le articolazioni sostituite.
I progressi degli ultimi anni


Articolo informativo di Giuseppe Pinna de Marrubiu per S. O. S. - “Osteomielitici d’Italia” - Onlus «Centro Servizi Informativi On-line per Osteomielitici e non».
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il materiale per la sostituzione della protesi d'anca
Lo stelo  
La sostituzione dello stelo di una protesi d'anca è un intervento importante che comporta due tempi: la rimozione del vecchio stelo e il posizionamento del nuovo.
Per quanto riguarda l'estrazione, la sua difficoltà dipende dal modo di fissazione dello stelo da cambiare.

Nel caso di uno stelo cementato (la quasi totalità delle protesi degli anni 70-80), il cemento invecchiando si modifica e si scolla, creando una sofferenza dell'osso circostante ed il suo assottigliamento. 
La rimozione della protesi in questi casi è pericolosa e si può complicare con frattura per-operatoria.
                                                                                          (A)  
                                            (B)
Nel caso di uno stelo non cementato, la mobilizzazione della protesi è spesso incompleta e i punti d'aderenza rimanenti rendono difficile l'estrazione della medesima.
Per quanto riguarda l'inserimento della nuova protesi, è necessario raggiungere una buona aderenza dello stelo di revisione e colmare i deficts rimasti dopo l'estrazione.
Questi obiettivi possono essere raggiunti con la cementazione dell'impianto o con uno ste lo di revisione più lungo a fissazione biologica (titanio poroso o idrossiapatita di calcio).          









L'evoluzione ci ha portato alla sostituzione senza cemento, per evitare di danneggiare ulteriormente il tessuto osseo.
Per evitare le fratture post-operatorie, si utilizza nella quasi totalità dei casi la tecnica dell'osteotomia femorale che  permette di rimuovere facilmente lo stelo, di procedere al la rimozione del cemento intradiafisario con l'aiuto di un micromotore ad alta velocità e di praticare una scultura interna metafiso-diafisaria per preparare l'alloggio del nuovo stelo.
    
Per la revisione della protesi d'anca, ci si deve riavvicinarsi ad una situazione paragona bile ad un primo impianto. 
Per ciò, si deve ottenere un osso vivo senza residui di cemento, un riempimento massi male del cotile e del femore, una correzione della dismetria e una ripresa precoce del carico.
Il rispetto del capitale osseo e muscolare è il miglior garante della stabilità della protesi e della sua longevità. 
Il nostro scopo è non creare situazioni incontrollabili nel futuro.                          
In genere la durata del ricovero nei reparti di chirurgia è di 10 giorni, salvo complicazioni e, la ripresa del carico parziale avviene dopo 3-4 giorni ed il ritorno alla normalità è previsto per la fine del terzo mese post operatorio.
Questo intervento necessita di una diagnosi precisa che è resa possibile grazie agli esami radiogafici di base e agli esami para-clinici come la scintigrafia ossea e l'esame TC.
             
I rischi relativi a questo tipo di intervento sono controllati previ esami pre-operatori completi e grazie alla scelta di una tecnica chirurgica e al materiale più adatto alla situazione del pa-ziente. Diversi tipi di materiale ci aiutano a risolvere al meglio questi problemi.
                   

          Protesi dell'Anca 

nuovi protocolli con meno rischi 
e minor tempo per la riabilitazione 
mentre aumentano le articolazioni sostituite

Oltre un milione di italiani ha un'articolazione sostituita. 

Gli impianti d'anca aumentano del 5 per cento ogni anno. 

E ora durano molto più a lungo

Anca, ginocchio, spalla: sono oltre un milione gli italiani con un'articolazione sostituita e, 200 mila circa i nuovi impianti effettuati ogni anno.
L'Italia è ai primi posti in Europa per il numero di protesi d'anca impiantate, circa 100.000 l'anno. 
                      
Il numero di interventi sull'anca cresce al ritmo del 7 per cento annuo, con una spesa di un miliardo e seicento milioni di euro per operazioni e ricoveri e costi che superano i 700 milioni di euro per la riabilitazione. 
Grazie ai nuovi materiali, capaci di resistere efficacemente all'usura, aumenta il numero degli interventi in persone giovani: ogni anno 25.000 protesi vengono impiantate in under 65 e 8000 in pazienti con meno di 50 anni. 
Sono ormai diffuse, soprattutto in Italia, tecniche chirurgiche cosiddette "dolci", che rispar-miano al massimo i tessuti e un paziente su quattro riceve mini-protesi, con cui si riduce al minimo la rimozione di materiale osseo

Oltre la metà eseguiti in Lombardia e in Emilia Romagna anche a causa della mobilità sani-taria tra le Regioni. 
Nel 80 per cento dei casi si tratta di protesi d'anca, ma crescono a ritmo vertiginoso anche le sostituzioni di ginocchio
Questi alcuni dei dati forniti dai massimi esperti riuniti a Milano per il Congresso Nazionale del la Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia, sul tema revisione delle protesi e mininvasività in ortopedia e traumatologia.
Nel mondo si impiantano un milione e mezzo di protesi d'anca ogni anno, di cui 300.000 negli Stati Uniti; l'Italia è fra i Paesi europei dove si effettua il maggior numero di sostituzioni d'anca
Su circa 900.000 interventi eseguiti ogni anno in Europa, infatti, oltre centomila riguardano il nostro Paese, che è superato soltanto da Germania (270.000) e Francia (150.000) e prece-de Regno Unito (100.000) e Spagna (90.000). 
La sostituzione dell'articolazione dell'anca con "pezzi di ricambio" cresce a ritmo costan-te: il numero di impianti aumenta come detto del 9 per cento ogni anno e quella spesa di un miliardo e seicento milioni di euro corrisponde all'1 per cento del Fondo Sanitario Nazionale. 
A questa cifra vanno aggiunti quegli oltre 700 milioni di euro spesi per la riabilitazione succes siva all'intervento. 
Nel 75 per cento dei casi la sostituzione dell'anca riguarda le donne, e la percentuale sale al 85 per cento se l'impianto è successivo a una frattura da osteoporosi.
Il "successo" della chirurgia dell'anca dipende soprattutto dall'avvento di nuovi materiali, ca-ratterizzati da un'usura estremamente inferiore rispetto al passato e con prestazioni ottimali che si mantengono a lungo nel tempo. 
"Le protesi del passato avevano una vita media di circa 15 anni per i pazienti anziani, 8 per i più giovani e attivi - spiega Marco d'Imporzano, Presidente del Congresso Nazionale SIOT e Direttore del Dipartimento di Ortotraumatologia dell'Istituto Ortopedico Gaetano Pini di Milano. 
I materiali che abbiamo a disposizione oggi possono in teoria arrivare facilmente a 30 anni o perfino oltre. 
Non esiste ancora la protesi "eterna", ma con i nuovi materiali e gli accoppiamenti più adatti è possibile allungarne la vita in modo impensabile fino a qualche anno fa".
La ceramica, ad esempio, è ormai una certezza nel campo delle protesi d'anca: durissima, oggi è anche molto resistente alla rottura, l'unico difetto temuto dai medici nell'uso di questo materiale. 
Un recente studio italiano presentato al congresso milanese, condotto in Emilia Romagna su circa 6000 pazienti con protesi d'anca di ceramica impiantate dal 1994 a oggi, ha dimostra-to che la rottura è un evento che riguarda ormai 3 casi ogni mille. 
Ottimi risultati si ottengono anche con il polietilene, materiale d'interfaccia utilizzato da de-cenni, recentemente migliorato grazie alla tecnologia della reticolazione e al miglioramento dei processi di sterilizzazione.
Le nuove protesi stanno segnando anche una nuova tendenza: garantendo una durata maggiore vengono infatti impiegate sempre più spesso in soggetti giovani. 

"Non aspettiamo più che la persona sia anziana per intervenire: se la qualità di vita è già no-tevolmente compromessa - spiega d'Imporzano
Ormai non è raro intervenire su 30 o 40enni e ogni anno sono 20.000 le protesi che vengono impiantate in under 65, 5000 quelle inserite in persone con meno di 50 anni. 
In questi casi si scelgono soprattutto le protesi in ceramica: i nuovi materiali hanno una bas-sissima usura e hanno ridotto moltissimo il rischio di rottura, temuto in passato a causa della rigidità della ceramica. 
Le nuove ceramiche possono perciò garantire una durata e una resistenza superiori, a un costo solo relativamente più alto: si parla di qualche centinaio di euro in più su impianti che di norma costano fra i 3000 e i 4000 euro".
Le protesi del futuro, inoltre, saranno sempre più piccole: la tendenza attuale, infatti, è ridur-re al minimo l'asportazione di osso, così da facilitare eventuali futuri reinterventi. 
Una sperimentazione clinica internazionale, che coinvolge anche l'Italia oltre a Spagna, Ger-mania e Regno Unito e prevede di seguire circa 200 pazienti per 15 anni, è da poco stata av viata per valutare negli anni i risultati ottenibili con le mini-protesi, per il momento utilizzabili solo in un paziente su tre: "Quando ci sono grosse alterazioni anatomiche (malformazioni, displasia congenita, esiti di fratture), infatti, questo approccio è naturalmente impossibile - chiarisce d'Imporzano - Quando è consentito, però, scegliamo sempre di impiantare prote si più piccole eliminando una minima quota di osso.
E laddove non sia fattibile, tentiamo comunque la strada della chirurgia conservativa, che ris parmia i tessuti molli
L'Italia è in prima linea in questo campo e oggi ovunque si interviene cercando di traumatiz- zare al minimo muscoli e legamenti.
Non si tratta di una chirurgia mininvasiva dal punto di vista estetico che miri a ridurre l'am- piezza della cicatrice, sebbene ormai bastino incisioni di 7-8 centimetri: l'obiettivo è rispettare i tessuti molli attorno all'articolazione così da minimizzare i tempi di recupero".
Artrosi all'anca: è una patologia articolare degenerativa che colpisce l’articolazione coxofe-morale, causata da un eccesso di compressione a carico dell’articolazione stessa. 
E’ tipica dell’età avanzata, ma talvolta compare anche nell’individuo adulto. 
Ci sono casi di quarantenni con protesi bilaterale dell’anca.
La cartilagine che riveste i capi articolari (in questo caso la testa del femore e l’acetabolo) si usura in modo anomalo e si assottiglia progressivamente. 
Se si arriva al punto di usura totale, si verifica lo sfregamento di osso contro osso
In tal caso l’intervento chirurgico risulta pressoché inevitabile.
Ma fino a quando permane una parte di cartilagine, anche se assottigliata, vi è ancora la probabilità di un recupero del movimento, della riduzione e scomparsa dei dolori, del recupe-ro di una vita normale. 
E' necessario che vengano eseguiti dei test chinesiologici e test posturali, grazie ai quali sco-prire quanto è possibile agire per ovviare all’intervento chirurgico, o quantomeno per postici-parlo.
Degno di menzione è il fatto che il paziente avverte dolori dentro l’anca, all’inguine, per colpa dell’eccesso di tensioni muscolari che imprigionano l’articolazione stessa. 
In tal caso il paziente ha difficoltà a muoversi e qualsiasi consiglio che gli si fornisca in relazio ne al movimento, o peggio ancora al potenziamento (anche della sola cyclette), si rivela non adeguato. 
Questo accade proprio perché, essendo già l’anca prigioniera di un eccesso di tensioni (in-fatti non si muove più), il semplice movimento - anche se leggero - o il potenziamento contri-buiscono ulteriormente all’opera di distruzione delle ultime parti di cartilagine ancora avan-zate.
Quindi si devono in primo luogo allentare le tensioni dell’anca, ovvero bisogna ridare libertà all’articolazione stessa allungando le catene muscolari (così da allentare la compressione al-l'interno dell’articolazione)

Dopo questo primo passo, il movimento sarà di nuovo possibile. 
Tale tecnica, utilizzata da anni, è molto funzionale.
Sintomi: alcuni biologi sostengono che le nostre articolazioni sono fatte per poter funzionare sino a 120 anni. 
Se si considera un paziente di 50 anni, già costretto a ricorrere all’intervento di artroprotesi, si può ben immaginare che qualcosa non sia andato per il verso giusto. 
E’ come acquistare un’automobile che è stata concepita e costruita per percorrere almeno 150.000 km, e ritrovarsela distrutta dopo appena 60.000 km... forse ci adireremmo col cos-truttore! 
Ma questi potrebbe evadere le nostre rimostranze, indicando che tutte le altre auto funziona- no bene e a lungo nel tempo. 
Allora, sarebbe legittimo ipotizzare che la nostra automobile non sia stata utilizzata secondo i principi dovuti, il che equivale a dire, per il nostro corpo, secondo le appropriate norme igie-niche e salutistiche.
Qualcosa di sbagliato c’è: va scoperto che cosa, dove e quando.
Fino a quando è possibile, vanno trovati rimedi fisiologici. In extremis, c'è l’artroprotesi.
Quali sono i sintomi che si riscontrano nel caso dell’artrosi?
Ancor prima che inizi l’usura cartilaginea, qualcosa deve succedere affinché compaia den-tro l’anca quella compressione che poi porterà alla consumazione delle cartilagini
 
Un trauma, o altro. 
Tale compressione può manifestarsi con tensioni nei movimenti, qualche piccola fitta, disa gio a camminare a passo lungo (si rende necessario ridurre l’ampiezza del passo, aspetto di cui nessuno si accorge o a cui nessuno dà importanza)
Poi possono insorgere infiammazioni, fitte più insistenti dentro l’anca o all’inguine che a volte abbracciano tutta l’articolazione. 
Fino ad arrivare, a causa del dolore, ad una fortissima riduzione del movimento e quindi alla vera e propria impossibilità meccanica di compierli, per via della stretta morsa dei muscoli che imprigionano l’anca.
Ecco quindi la ridotta mobilità nei movimenti di rotazione, abduzione, flessione ed estensione
L'artrosi all'anca, oltre a comportare difficoltà di movimento, spesso provoca dolore, a volte insopportabile.                                Qui sotto: il t rattamento chirurgico della artrosi dell' anca 
   
Quando la patologia è in stato avanzato si associano anche alterazioni ossee (addensamen-ti, formazioni di cavità e geodi, neoformazioni di protuberanze ossee, ecc…), ispessimento della sinovia e rigidità delle capsule articolari. 
La concomitanza di questi fattori conduce nel tempo all’artrosi deformante.
L’ulteriore avanzamento della patologia e del dolore sono le cause per cui risulta difficoltoso mettersi le calze, calzare le scarpe, indossare pantaloni, accavallare le gambe, salire e scen dere le scale, divaricare le gambe, etc.
Quando non ci si prende cura di questo problema in tempo utile, con l'obiettivo di risolverlo alla fonte (la causa dell’artrosi all’anca potrebbe infatti provenire da altre parti del corpo, per effetto delle catene muscolari), il nostro corpo mette in atto un meccanismo naturale di difesa: limita o blocca il movimento in modo progressivo o completo. 
Tale meccanismo di riduzione del movimento o di blocco ha proprio il compito di non far av-vertire il dolore. 
Ecco perché, dopo numerose fasi acute e croniche, il dolore in alcuni casi si riduce, diventa silente, sparisce.
In realtà, però, a distanza di tempo verranno a crearsi altri problemi in altre parti del corpo. 
Infatti, a fronte di una zona che non partecipa più al movimento per la normale sopravviven- za, altre zone del corpo si ritrovano obbligate a farsene carico. 
E proprio in tali zone coinvolte nasceranno lentamente nuove patologie, dapprima di tipo in-fiammatorio (per il superlavoro) poi dei veri e propri processi artrosici
In questo processo, la zona lombare è una delle prime a risultare colpita.
Protesi totale d'anca. La protesi totale d’anca si effettua in taluni casi di artrosi dell’anca e consiste nella sos tituzione della testa consumata dell'osso della coscia con un emisfero in metallo.
Il fenomeno sopra descritto viene messo automaticamente in atto dal corpo in qualsiasi sua parte, seguendo sempre la stessa modalità.
Possibili cause: 
- l’età avanzata, 
- fattori ereditari predisponenti, 
- le implicazioni del nostro frenetico stile di vita quotidiano (traumi, posture alterate o viziate, stress, ansia, preoccupazioni, mancanza di movimento, sport violenti o traumatici, scorrette abitudini alimentari, etc.).
Quando l’artrosi all’anca non è giustificata da fattori traumatici noti, bisogna pensare a scor-rette abitudini posturali, alimentari, a microtraumi ripetuti, etc. 
Comunque sia, tutte le possibili cause e concause si traducono in un eccesso di tensione mu scolare e legamentosa, che intrappola e comprime l’articolazione stessa.
Termini connessi alla patologia: 
- artrosi dell’anca, 
- coxartrosi, 
- dolore all’anca, 
- lussazione e sublussazione anca, 
- displasia dell’anca, 
- artroprotesi, 
- protesi dell’anca.

Artroprotesi nei Pazienti Giovani
Le protesi d'anca sono uno degli interventi di maggior successo in ogni campo della chirur gia. I tassi di successo ottenuti con le moderne protesi e le tecniche chirurgiche più consolidate sono stati documentati da numerosi studi e da registri nazionali. 
In Svezia è attivo dal 1979 un registro nazionale che segue il destino di oltre 135.000 pazienti ai quali è stata applicata una protesi d'anca
Le informazioni ricavate da questo registro sono di inestimabile valore per la comunità scien tifica internazionale perché rappresentano un affidabile indicazione della qualità degli impianti protesici e delle tecniche chirurgiche utilizzate. 
Secondo i dati di questo registro, per le protesi impiantate nel 1985 la percentuale reinter-vento a 15 anni è compresa tra il 7% ed il 22%, vale a dire che tra l’80% ed il 90% delle protesi impiantate nel 1985 non hanno ancora avuto bisogno di essere sostituite. 
Questo dato è ulteriormente migliorato con le protesi impiantate negli anni successivi (figura 1) ma è valido per i pazienti di tutte le età.
Figura 1. 
Dati del Registro Svedese delle Protesi d’Anca: percentuali di reintervento dopo protesi d'anca cementata (grafico a sinistra) e non cementata (grafico a destra) per protesi applicate in periodi diversi. 
Si può notare come le protesi, sia cementate che non, applicate in periodi più recenti abbiano una probabilità minore di andare incontro a reintervento. 
Per le protesi più recenti (anno di impianto: 1991, linea viola) la percentuale di fallimento a 10 anni è del 3% per le protesi cementate e del 7% per quelle non cementate.
Se si va a calcolare la sopravvivenza delle protesi nei soggetti più giovani si scopre che la percentuale di successi si riduce: per le protesi impiantate tra il 1992 ed il 2000 il tasso di successo a 9 anni dall’intervento per i pazienti con età superiore a 75 anni è del 97%, per quelli tra 55 e 75 anni è del 94% e scende all’87% per i soggetti di età inferiore a 55 anni (figura 2).
Figura 2. 
Dati del Registro Svedese delle Protesi d’Anca: confronto della durata delle protesi impiantate tra il 1992 ed il 2000 nei pazienti suddivisi in tre gruppi di età (oltre i 75 anni: linea verde, tra 55 e 75 anni: linea blu e inferiore ai 55 anni: linea rossa). 
Nei soggetti più giovani la durata delle protesi è significativamente ridotta rispetto a quella degli altri due gruppi.
La minor durata delle protesi nei soggetti più giovani è dovuta all’intensa sollecitazione mec canica che i soggetti più giovani e quindi più attivi pongono sulla protesi stessa. 
Questo dato ha spinto la ricerca ortopedica a cercare soluzioni alternative in termini di materia li e disegni protesici. Sono stati proposti diversi sistemi che hanno trovato recente applicazione e che ora attendono il verdetto del tempo. 
Una delle possibili soluzioni sono le protesi di rivestimento
Queste si differenziano dalla tradizionali protesi per il sistema di ancoraggio con il femore
Infatti nelle protesi standard, lo stelo femorale è conformato per essere infilato nel canale midollare del femore dopo aver sezionato il collo del femore alla sua base (figura 3).
Figura 3. 
Radiografie di un’anca prima e dopo l’intervento di protesi. 
Nelle protesi standard lo stelo femorale viene infilato nel canale midollare del femore dopo aver tagliato il collo del femore alla sua base (linea gialla). 
Il movimento articolare reso possibile dalla protesi si basa sullo scivolamento della piccola testina (di metallo o di ceramica) dello stelo protesico (cerchio rosso) sulla cavità emisferica acetabolare (in genere di polietilene). 
Viceversa la componente femorale delle protesi di rivestimento è una semisfera che appunto "riveste" la testa femorale opportunamente modellata. 
Questo permette di evitare la rimozione del collo femorale (figura 4).

Figura 4. 
Radiografie di un’anca prima e dopo l’intervento di protesi. 
Nelle protesi di rivestimento non è presente uno stelo vero e proprio e la parte femorale è una semisfera che riveste la testa femorale. 
Questo permette di risparmiare il collo del femore che non viene tagliato. 
Il movimento articolare reso possibile dalla protesi si basa sullo scivolamento tra le due superfici metalliche della sfera femorale e della coppa acetabolare.
Inoltre la coppia di movimento di queste protesi (ovvero i materiali che scorrono l'uno sullo altro per garantire il movimento articolare) è formata da metallo verso metallo, una soluzione che riduce al minimo gli attriti e soprattutto la produzione di particelle per usura che sono una delle cause maggiormente responsabili del fallimento delle protesi.
Questo tipo di protesi non sono applicabili a tutte le forme di artrosi dell’anca
Qualora infatti la deformazione dei capi articolari o la loro morfologia si allontanasse troppo dall’anatomia normale, questo tipo di protesi non è adatta. 
I vantaggi delle protesi di rivestimento sono i seguenti:
1. Risparmio di tessuto osseo: non è necessario tagliare il collo femorale quindi nel caso di un eventuale sostituzione della protesi si potrà impiantare una protesi standard come se fosse il primo intervento con innegabili vantaggi;
2. Testa femorale di grandi dimensioni in metallo che si articola con una coppa acetabolare in metallo. 
La testa di grandi dimensioni riduce il rischio di lussazioni della protesi. 
L’accoppiamento metallo-metallo riduce la produzione di particolato da usura e quindi i rischi di scollamento della protesi.
Una seconda possibilità per i soggetti giovani è rappresentata dalle protesi non cementa-te anatomiche o su misura che devono essere impiantate con una minuziosa ricostruzione del corretto centro di rotazione dell'anca. 
I particolare la nostra scelta è sulle protesi modulari con pianificazione tridimensionale com puterizzata che garantisce le migliori possibilità di ricostruzione della corretta biomeccanica dell’anca così importante nei soggetti più giovani che sottopongono le loro articolazioni ad un’intensa attività (figura 5) (vedi anche Chirurgia dell’Anca Displasica).
Figura 5. 
Pianificazione tridimensionale e realizzazione di una protesi anatomica modulare non cementata in un sog-getto giovane.
Le protesi tradizionali non cementate possono essere una buona soluzione nel paziente gio vane quando si abbinano ad accoppiamenti a bassa usura delle componenti deputate al movi mento, come gli accoppiamenti metallo su metallo con teste di grande diametro. 
Anche in questo caso, le teste femorali di grandi diametro e l’accoppiamento metallo-metallo comportano gli stessi vantaggi che abbiamo già menzionato in precedenza.
                          
                                  


                                       
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                      Fine
Pubblicato su Blogger oggi 05 dicembre 2012 alle ore 19,36 da: Giuseppe Pinna de Marrubiu

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