In pochi sanno che è stata considerata la possibilità di annoverare l'Osteomielite
tra le malattie invalidanti.
Articolo informativo di Giuseppe Pinna per S. O. S. - “Osteomielitici d’Italia” - Onlus «Centro Servizi Informativi On-line per Osteomielitici e Pazienti dell’Ospedale CODIVILLA-PUTTI di Cortina d’Ampezzo».
Una Premessa
Il problema attualmente è poco considerato, poiché le infezioni ortopediche sono com-plesse da trattare ed i pazienti con detta patologia rappresentano una categoria poco re-munerativa per la logica di mercato, come per le industrie che producono materiale sanita rio tipo protesi d’anca o di ginocchio.
Eppure i pazienti con infezioni ossee croniche sono prevalentemente giovani e, nell’eco-nomia sociale, sicuramente rappresentano un problema più significativo rispetto a quello di una persona anziana con problemi artrosici.
Cos'è l'osteomielite
L'osteomielite è un'infezione particolarmente grave dell'apparato osteo-articolare soste-nuta dallo Stafilococco Aureo.
Essa è la manifestazione indubbiamente più grave delle infezioni che possono verificarsi a danno della struttura scheletrica.
Non è una patologia nota alla collettività in quanto spesso sottovalutata a causa del suo de-corso molto lungo: troppe volte la diagnosi non è precisa e la terapia altrettanto.
L'osteomielite si contrae normalmente in seguito a esposizioni di gravi fratture, ma un aspetto molto grave è costituito dal fatto che si contano 15.000 nuovi casi ogni anno in Italia e molti di questi vengono contratte in sala operatoria.
Da ciò si evince che questo super batterio necessita di molto più che la normale sterilizza-zione convenzionale degli ambienti usati per operare.
Da un punto di vista sociale, poi, questa patologia è assai invalidante in quanto necessita, in gran parte dei casi, di una serie di interventi chirurgici (ortopedici, plastici, vascolari) che, allo stato attuale, non vengono eseguiti con la collaborazione intermedicale che ne- cessiterebbero.
Tutto ciò comporta lunghissime degenze ospedaliere che si traducono in enormi costi sani-tari e sociali.
Inoltre le famiglie dei malati si vedono costrette a sostenere considerevoli costi privati per sopportare le ingenti spese di viaggio (i centri che si occupano di questa patologia in maniera specifica sono soltanto due in Italia) e di materiale sanitario per medicazioni, terapie farmcologi che che talvolta sono a carico dell'ammalato perché non coperte dal S.S.N.
E' inoltre allarmante il fenomeno di propagazione di super infezioni a carico dell'apparato osteo-articolare proprio a causa dell'impiego di antibiotici sempre più forti che danno vi-ta a batteri sempre più resistenti.
Le associazioni e gruppi di settore operanti, hanno davanti a sé la prospettiva di un ingra- to lavoro molto difficile, e sempre più spesso chiedono l'aiuto dei cittadini nella consape-volezza che si può ancora far molto per evitare che un banale intervento di chirurgia or-topedica possa trasformarsi in una odissea a volte tragica perché dall'osteomielite non si guarisce.
Estrapolato da FACEBOOK del 26 settembre alle ore 21.01
L'osteomielite cronica
A differenza dei tessuti molli, in cui i sistemi di difesa, sia endogeni (immunità) che eso- geni (antibiotici), possono esercitare la loro azione, nel tessuto osseo le infezioni tendo- no a cronicizzare per l'istaurarsi di un equilibrio tra l'agente patogeno e l'organismo ospite in cui nessuno riesce a prendere un definitivo sopravvento.
Si tratta di una malattia che va al di là della patologia d'organo e che coinvolge tutto l'orga ganismo, domandando, alla struttura che se ne occupa, di mettere a disposizione del ser- vizio che ne cura lo studio e la terapia, operatori di più discipline ben coordinati tra loro o specificatamente formati con conoscenze multidisciplinari, pur con una preponderante vi sione ortopedico/chirurgica.
In altre realtà europee ciò ha portato alla realizzazione, presso ogni grosso centro ospeda-liero/universitario, di appositi reparti dedicati al trattamento delle complicanze settiche post chirurgiche.
In Italia questo non è ancora stato realizzato.
La conseguenza, sul piano prettamente sanitario, è un'assenza di strutture di cui il pazien-te, di fatto, deve farsi carico, inseguendo, scarsamente informato, chimere e promesse, non sempre ancorate a reali competenze.
La conseguenza maggiore, tuttavia, è sul piano sociale, quindi patologie che potrebbero es sere affrontate con risposte, in termini di tempo, spesa e invalidità temporanea e/o defi- nitiva, non più pesanti d'altre malattie medio/gravi, decisamente dirompenti sul paziente e sulla famiglia.
L'esempio più frequente, una pseudoartrosi infetta di un segmento diafisario, che, op-portunamente trattata, può, nella maggior parte dei casi, risolversi con tre/quattro inter-venti ed una degenza tra 60 e 90 giorni in sei mesi, comporta allo stato attuale, in genere, cinque/sei interventi, otto mesi di ricovero in tre ospedali diversi, a volte a 1500 chi-lometri da casa, per un totale di trattamento di due o tre anni.
Un altro caso tipico, la suppurazione intervenuta in un impianto protesico, ha tempi e modi simili, con l'aggravante di insistere su pazienti spesso ultra settantenni, incapaci, per varie ragioni, di autogestirsi o, comunque, di interagire in modo energico con le realtà che stanno attraversando.
Anche sui costi, sia sociali che direttamente sanitari, inoltre vi è un netto divario tra ciò che si potrebbe ottenere con un'organizzazione ottimale e quanta di fatto osservato allo stato attuale.
Secondo una stima cauta si potrebbero risparmiare dai tre ai venti milioni per caso trat-tato, in media cinque milioni per ognuno dei 15.000 casi di infezione osteoarticolare che si verificano ogni anno, 75 miliardi, il costo di tre/quattro strutture specializzate, una per ogni macroregione italiana.
Parte del problema trova la sua origine nel modo di gestire la sanità in Italia: ogni singola azienda sanitaria locale ha un numero di casi in un anno (meno di uno su diecimila abitan- ti) troppo basso per avere un peso "politico", e la direzione aziendale è troppo legata, po-liticamente alla "ricaduta" politica delle proprie scelte perché senta l'importanza di farsi ca rico di un problema nazionale o macroregionale.
Questo è vero per tutte le patologie che richiedono reparti ad altissima superspecializza- zione e che si rivolgono a patologie non rare ma ad impatto medio-basso per numero e fa-scino mediatico.
Per questo dovrebbe essere lo stesso ministero ad avocare a se l'organizzazione, e la ges-tione di quelle strutture dal cui ottimale funzionamento possono e devono derivare ricadu-te economiche, sociali, scientifiche, culturali, benefiche per tutta la nazione, specialmen-te ora che nello stesso dicastero convergono le responsabilità delle conseguenze sanitarie e sociali del mancato benessere del cittadino.
Chi contrae questa patologia nel 90% dei casi ha una lunghissima pausa lavorativa, sia per le lunghe terapie, sia per le lunghe degenze e in altri casi, restando motulesi il deficit fisi-co obbliga ad abbandonare il lavoro.
I centri che si occupano del trattamento specifico delle infezioni osteo articolari sono molto pochi e logisticamente ubicati al nord, pertanto è palese che i viaggi della speranza sono l’unica soluzione per chi non gode di una ottima solidità economica; in questo modo viene negato il diritto e la possibilità di curarsi.
Le fonti di informazioni relative agli studi epidemiologici e le indagini statistiche più cita-te sull’incidenza del fenomeno riportano dati allarmanti.
Ogni anno in Italia si praticano molte migliaia di interventi di chirurgia ortopedica e trau-matologica (oltre 200mila).
Di questi, secondo le statistiche, l’8% di quelli di elezione ed il 6% di quelli in urgenza va incontro ad un’infezione più o meno profonda, processo infettivo più o meno grave che nel 50% dei casi tende a cronicizzare.
(dati pubblicati dal GISTIO e SIOT - 1999).
Questo significa annualmente almeno 20.000 nuove infezioni croniche di interesse ortope-dico, 32 per 100.000 abitanti.
Se si considera l’impatto devastante che questa malattia generalmente ha sul piano fisico, sociale e della vita di relazione, si può pensare che ogni anno ottantacinquemila persone (tra pazienti e stretti familiari), siano coinvolti in questa tragedia.
Anche sul piano economico le cifre in gioco sono enormi.
Poiché il costo di una specifica procedura che sia complicata da una sepsi è di 3/6 volte quello della stessa procedura non settica (a seconda dei casi e se trattata in ambiente specialistico o no), si capisce come le infezioni ortopediche impegnino oltre il 32% del budget dell’intera ortopedia italiana.
E' chiaro che così come riporta il
Comunicato stampa, Roma 25 ottobre '12
Dell’Associazione Nazionale... (Omiss....), che dichiara:
Il taglio previsto di 3 milioni di euro entro il 2014 obbligherà le regioni a minimizzare le forniture di ausili e protesi per i malati.
Le conseguenze di questa scelta saranno causa di un aggravare delle disabilità dei malati, come già stiamo vedendo in molte regioni; le gare centralizzate portano all'acquisto di pro dotti di bassissima qualità.
Stiamo assistendo ad una impennata del rischio clinico nelle aziende sanitarie, un trend di setticemie, per cui i malati che sono totalmente inabili e obbligati a stare a letto svilup- pano con maggiore facilità piaghe da decubito che si tramutano in gravissime infezioni.
I diabetici che ricevono la metà del fabbisogno degli ausili, riducono le misurazioni della glicemia e riacutizzano con scompensi glicemici e cardiologici.
Continueranno ad aumentare le amputazioni.
I soggetti amputati resteranno senza l'arto protesico in attesa delle riparazioni di una protesi fatta con materiale scadente.
I tagli del governo massacrano i contribuenti e le conseguenze continuano ad essere pagate dal singolo cittadino ormai portato alla gogna.
Il segretario nazionale dell'Associazione Nazionale... (Omiss....), ritiene che il governo con-tinui ad attentare alla salute dei cittadini e rivolge l'appello al Parlamento europeo chie-dendo un immediato intervento; questo è un sistema fallimentare e non si può continuare a fare una carneficina con i disabili.
Il Dl 95\2012 deve tornare alle commissioni e condiviso con le organizzazioni sociali che ogni giorno soccorrono i disabili alla reiterata assenza delle istituzioni.
Ci associamo al comunicato stampa delle Associazioni Nazionali... (Omiss....),, e chiediamo un tavolo congiunto con il ministero della Salute.
Fine
Pubblicato su Blogger oggi 13 novembre 2012 alle ore 22,28 da: Giuseppe Pinna de Marrubiu
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