sabato 20 ottobre 2012

(Scheda 134) TRATTAMENTO CHIRURGICO del piede piatto in un BAMBINO.

                  TRATTAMENTO CHIRURGICO DI UN BAMBINO

   
Articolo informativo di Giuseppe Pinna per S. O. S. - “Osteomielitici d’Italia” - Onlus «Centro Servizi Informativi On-line per Osteomielitici e Pazienti dell’Ospedale CODIVILLA-PUTTI di Cortina d’Ampezzo».
                       
           Il Trattamento del piede piatto nel bambino L'esame clinico
                               
Nei bambini di 10 -12 anni con piede piatto funzionale di 3° o 4° grado, con severa valgizzazione del retropiede che giungono all’osservazione dello specialista per la prima volta o in cui il trattamento con planta-re non ha dato miglioramenti, è sicuramente indicato il trattamento chirurgico.
Questo consiste nell’introduzione di una semplice vite per via percutanea attraverso un forellino della cute, al’interno del seno del tarso.
                                         
Il seno del tarso è quello spazio normalmente esistente tra calcagno e astragalo tra le articolazioni della sottoastragalica la cui escursione eccessiva in pronazione è responsabile della deformità.
L’introduzione pertanto di una vite ad incastro in questo spazio (artrorisi subastragalica), o avvitata nel calca gno in modo che la testa sporga nel pavimento del seno (calcaneo stop), limita l’iperpronazione impedendo lo scivolamento dell’astragalo sul calcagno.
                      
Tale correzione è inizialmente di natura meccanica ma successivamente assume una natura proprio recettiva, in quanto lo stimolo meccanico esercitato dalla vite a livello dei recettori presenti nei tessuti del seno del tar- so stimola per via riflessa i muscoli deputati al mantenimento della volta la cui tensione viene adattata alla nuo va situazione e perpetua la correzione anche dopo la rimozione della vite che generalmente avviene dopo tre anni. L’intervento è tecnicamente semplice, con l’ausilio di strumentari appositi che permettono di inserire la vite per via percutanea attraverso un piccolo forellino della cute.
                            
La durata dell’intervento è mediamente di 20 minuti per piede, può essere eseguito su entrambi i piedi e in anestesia locale con una piccola sedazione per evitare stress al piccolo paziente.
Nel decorso post-operatorio il bambino resterà a letto i primi due giorni assumendo antibiotici e antidolorifici in compresse.
  
Il piede verrà bloccato in gambaletto gessato che sarà mantenuto per 15 giorni circa.
Dopo qualche giorno il bambino scende dal letto ed esegue i primi passi con cautela senza appoggiare.
Dopo due settimane deambula con apprensione ma senza dolore.
Progressivamente il passo si normalizza e a tre mesi il bambino è libero di correre.
Essendo una procedura mini invasiva rarissime sono le possibili complicazioni.
L’unica descritta è l’intolleranza del bambino alla vite che se presente dopo due mesi dall’intervento richiede la rimozione, senza nessun danno per le strutture muscolo scheletriche del piede.
                  
La assoluta non invasività della tecnica, la semplicità e la rapidità di esecuzione,
la convalescenza brevissima, e la spettacolarità della correzione rendono pertanto assolutamente consigliabile la correzione chirurgica del piede piatto del bambino, che pratichiamo in bambini di 10 -12 anni affetti da piede piatto severo, solitamente nei periodi di interruzione scolastica.
                    
Esistono due forme cliniche di piede piatto infantile: flessibile e rigido
• il piede piatto flessibile è la varietà più comune, (95%), frequentemente associato a lassità articolari gene ralizzate.
E’ una forma benigna, sempre asintomatica, spesso associata ad altri disturbi posturali (ginocchio valgo, pas-so intrarotato).
• Il piede piatto rigido, caratterizzato da rigidità e dolore del piede, associato a condizioni patologiche con-genite come coalizioni tarsali o astragalo verticale.
                     
A seconda dell’entità della deformazione distinguiamo inoltre 4 gradi di deformità, caratterizzati da diverse im pronte plantari osservabili al podoscopio o all’esame baropodometrico.
                            
Perché è importante l’esame clinico?
• Per classificare il grado di deformità del piede del bambino ed escludere condizioni più severe.
Fondamentale infatti è la diagnosi precisa, effettuata da un medico specialista mediante l’osservazione diretta e il ricorso a strumenti che permettano di visualizzare la volta e se necessario ad esami radiografici o tac ove vi sia il sospetto di anomale fusioni scheletriche (sinostosi o coalizioni tarsali).
• Per instaurare un trattamento ortesico idoneo che sarà più efficace quanto più precocemente iniziato.
• Per effettuare una valutazione globale dell’apparato muscolo scheletrico in modo da cogliere alterazioni pos turali contrastabili con la scelta di esercizi e sport idonei. 
                                
Il piede piatto non deve mai essere mai infatti considerato come un’affezione isolata ma va sempre inqua- drato in un contesto posturale, valutando globalmente il bambino e ponendo attenzione ai disturbi associati come le alterazioni della colonna, il ginocchio valgo o il passo intra o extrarotato.
                     
• Per seguire nel tempo l’evoluzione della deformità, seguendo il bambino nel periodo della crescita, aiutando la natura nella correzione spontanea dei difetti di allineamento posturali.
E’ importante infatti annotare il grado di piattismo e dei difetti posturali associati con l’uso di mezzi di archivia zione e misurazione fotografica ordinati in forma di cartella clinica, in modo da seguire l’evoluzione del bam- bino e confrontare nel tempo i miglioramenti ottenuti.
                           
• Per valutare l’eventuale ricorso all’intervento chirurgico di calcaneo stop nei casi più severi non migliorati dal trattamento conservativo.
                     
                     
         Il Trattamento del piede piatto nel bambino - Che cos’e’ il piede piatto
                                                       
E’ un piede caratterizzato dall’appiattimento della volta plantare normalmente formata dalla forma e dal reci-proco incastro delle ossa del piede, dalla maturità del tessuto connettivo costituente capsule e legamenti, e dal perfetto funzionamento di una serie di muscoli chiamati cavizzanti.
Quando il bambino inizia a camminare, l’immaturità del tessuto connettivo e lo scarso sviluppo dei muscoli permettono un ampia escursione dei movimenti ammortizzanti del piede, con l’appiattimento della volta ad ogni passo.
                            
Questo fenomeno iniziale non è un fenomeno di insufficienza ma un importante elemento di apprendimento.
La volta che si appiattisce permette infatti di toccare o di sfiorare il suolo ad una serie di elementi riflessogeni posti nella pianta del nostro piede, i quali inviano informazioni cosiddette propriocettive ai centri nervosi che a loro volta azionano per via riflessa spinale i muscoli deputati alla creazione e al mantenimento della volta in-formandoli della quantità e della forma che ad essa devono conferire.
 
Quando per cause ancora non perfettamente note si verifica un rallentamento o un inceppamento di questi meccanismi, per cui la volta plantare tarda ad assumere la sua forma e dimensione normale o non si forma af-fatto, ci troviamo allora di fronte ad un piede piatto.
Il cardine di tale deformità è a livello del retropiede, costituito da due ossa calcagno e astragalo a contatto tra di loro per mezzo di un’articolazione chiamata sotto astragalica.
                               
L’immaturità e la lassità dei legamenti fanno infatti si che l’astragalo, l’osso che raccorda tutto il piede allo scheletro della gamba, normalmente posto sopra al calcagno, scivoli verso il basso, in avanti e internamente, trascinando con se tutte le ossa ad esso connesse anteriormente, costringendo il calcagno a ruotare.
Questo movimento di rotazione interna del retropiede prende nome di pronazione.
                         
La conseguenza clinica è la classica forma del tallone che risulta deviato verso l’interno, con l’asse della gam-ba a livello del malleolo tibiale debordante internamente fuori dalla zona di appoggio del piede.
                            
La pronazione del retropiede ha ripercussioni anche sull’avampiede
La caduta dell’astragalo schiaccia infatti la testa del primo metatarso contro il pavimento, facendolo solleva-re per reazione con il suolo, provocando una deformazione in extrarotazione di tutto l’avampiede che pren- de nome di supinazione.
La rotazione interna (pronazione) del retropiede e la successiva rotazione esterna (supinazione) dell’avam-piede provocano un movimento elicoidale nel piede con la scomparsa della volta e la caratteristica caduta dell’arco longitudinale interno.
                     


                          Trattamento chirurgico del piede piatto nel bambino
                                  
Nei bambini di 11-12 anni con piede piatto di 3° o 4° grado, con severa valgizzazione del retropiede che giungono all’osservazione dello specialista per la prima volta o in cui il trattamento con plantare non ha dato miglioramenti, e’ sicuramente indicato il trattamento chirurgico.        
                                
Questo consiste nell’introduzione di una semplice vite per via percutanea attraverso un forellino della cute, al’interno del seno del tarso.
Il synus è quello spazio normalmente esistente tra calcagno e astragalo tra le articolazioni della sotto as-tragalica la cui escursione eccessiva in pronazione è responsabile come abbiamo visto precedentemente, della deformità.
L’introduzione pertanto di una vite ad incastro in questo spazio (artrorisi subastragalica), o avvitata nel cal-cagno in modo che la testa sporga nel pavimento del synus (calcaneo stop), limita l’iperpronazione impe-dendo lo scivolamento dell’astragalo sul calcagno.
           
Tale correzione è inizialmente di natura meccanica ma successivamente assume una natura propriocettiva, in quanto lo stimolo meccanico esercitato dalla vite a livello dei recettori presenti nei tessuti del synus tarsi sti-mola per via riflessa i muscoli deputati al mantenimento della volta la cui tensione viene adattata alla nuova situazione e perpetua la correzione anche dopo rimozione della vite che generalmente avviene dopo 3 anni.
                               
L’intervento è tecnicamente molto semplice, va eseguito sotto guida scopica, con l’ausilio di strumentari ap-positi che permettono di inserire la vite per via percutanea attraverso un piccolo forellino della cute.
La durata dell’intervento è mediamente di 20 minuti per piede, viene eseguito su entrambi i piedi e in aneste-sia locale con una piccola sedazione per evitare stress al piccolo paziente.
                         
                         
                                 
Non necessita assolutamente di ricovero, non da luogo a edema post-operatorio, e il dolore è controllato nei primi due giorni con banali farmaci antidolorifici.
Nel decorso post-operatorio il bambino resterà a letto i primi due giorni assumendo antibiotici e antidolorifici in compresse.
                           
Il piede verrà fasciato con un semplice bendaggio imbottito che sarà mantenuto per 10 giorni circa.
Dopo qualche giorno il bambino scende dal letto ed esegue i primi passi con cautela e con il piede in supina- zione, appoggiando sul bordo esterno.
Dopo due settimane deambula con apprensione ma senza dolore, ancora in leggera supinazione.
Progressivamente il passo si normalizza e a un mese il bambino è libero di correre.
Risultati
La correzione è spettacolare e immediata.
L’esame radiografico evidenzia subito il riallineamento dell’arco interno mentre clinicamente si apprezza la completa correzione della valgizzazione del calcagno.
L’esame al podoscopio mostra la normalizzazione dell’appoggio con la comparsa di una volta normale.
 
Essendo una procedura mininvasiva rarissime sono le possibili complicazioni.
       
            pre operazione                                                  post operazione
L’unica descritta è l’intolleranza del bambino alla vite che se presente dopo due mesi dall’intervento richiede la rimozione, senza nessun danno per le strutture muscolo scheletriche del piede.
                        
                             pre operazione                           post operazione

  
La assoluta non invasività della tecnica, la semplicità e la rapidità di esecuzione, la convalescenza brevissima, e la spettacolarità della correzione rendono pertanto assolutamente consigliabile la correzione chirurgica del piede piatto del bambino, che pratichiamo in bambini di 12-13 anni affetti da piede piatto severo, solita- mente nei periodi di interruzione scolastica.
                            
                            
                            
Trattamento conservativo nel piede piatto nel bambino
                       
Consiste in piccole regole di vita quotidiana suggerite dal medico ai genitori, ma soprattutto nella prescrizione di plantari specifici.
E’ fondamentale l’utilizzo del plantare corretto, prescritto da un medico specialista ortopedico o fisiatra frutto di un ragionamento biomeccanico preciso che dia inizio a un progetto terapeutico da seguire nel tempo adat- to al caso specifico. 
Troppo spesso osserviamo bambini che indossano ortesi non idonee che addirittura ostacolano la correzione spontanea del piede.
Come abbiamo spiegato precedentemente il piede piatto è generato dal movimento anomalo di rotazione in terna del retropiede costituito dal calcagno e dall’astragalo, al quale segue per reazione con il suolo la ro- tazione esterna dell’avampiede con il sollevamento del primo metatarso.
Scopo fondamentale del plantare sarà quindi di correggere la pronazione del retropiede, sollevando e spin-gendo verso l’alto l’astragalo, e di permettere all’avampiede di ruotare internamente. 
Esistono diversi tipi di plantare.
I più diffusi sono:
• il plantare ad elica
• Quello con semplice sostegno dell’arco longitudinale interno
• Il plantare in metallo di Viladot.
• Quello a conchiglia di scuola californiana
• ma il plantare più efficace secondo la conclamata esperienza è senza dubbio quello con la presenza del co-siddetto ¼ di sfera sottoastragalico, con l’eventuale aggiunta di un cuneo devalgizzante al tallone.
Questo plantare è l’unico a seguito di comprovato avviso ad esercitare una spinta elastica importante ed effi- cace proprio sul cardine della deformità, sollevando l’astragalo e attivando un importante punto proprio- cettivo chiamato di Spitzy, che stimola l’azione dei muscoli cavizzanti della volta.
• L’uso di un plantare corretto è fondamentale, in quanto anche qualora non riuscisse a correggere la defor- mità, esercita in ogni caso un’azione passiva, facendo assumere al piede un’allineamento posturale corretto in modo da non creare squilibri allo scheletro e alle articolazioni soprastanti, lo trasforma cioè in un pie- distallo ottimale, cosa che in un’organismo in crescita come nel bambino è di fondamentale importanza.
                                              
                                         Fine
Pubblicato su Blogger oggi 20 ottobre 2012 alle ore 20,32 da: Giuseppe Pinna de Marrubiu

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