venerdì 5 ottobre 2012

(Scheda 110) OSTEOMIELITI e OZONOTERAPIA.

Ancora OSTEOMIELITI e OZONOTERAPIA
in pazienti affetti da Osteoporosi localizzata dopo Frattura e Osteomielite
                                         
Articolo informativo di Giuseppe Pinna per S. O. S. - “Osteomielitici d’Italia” - Onlus  «Centro Servizi Informativi On-line per Osteomielitici e Pazienti dell’Ospedale CODIVILLA-PUTTI di Cortina d’Ampezzo.
OSTEOMIELITI 
Come dice il Dr. Antonio Scuccimarra. dovremmo in genere parlare di Osteiti lasciando il termine di Osteomieliti a quelle infiammazioni dello scheletro che interessano le diafisi delle ossa lunghe.
E che sono legate a infezioni dei piogeni.
La flogosi delle ossa interessa il connettivo della cavita’ diafisaria, le areole del tessuto spongioso, i canali di Havers e lo stato cambiale del periostio.
Il tessuto osseo reagisce con: necrosi, osteolisi e iperostosi.
La necrosi prevale nelle varietà ad andamento acuto ed è specialmente localizzata nelle diafisi;
l'osteolisi è caratteristica delle forme subacute o subcroniche (come la tbc);
mentre l'iperostosi denuncia, in genere, l’esistenza di una forma nettamente cronica (quale, ad es., la sifilide).                                        
                                        
CLASSIFICAZIONE DELLE OSTEOMIELITI (secondo Campanacci)
l) Osteomieliti da cocchi piogeni
a)Osteomieliti acute: -ematogena- da infezione diretta o per contiguità
b)Osteomieliti croniche: - secondaria a osteomielite ematogena acuta - secondaria a infezione diretta o per contiguità -primitiva:
*ascesso centrale di Brodie
*osteomieliti iperostosante e necrosante di Trelat e Demoulin
*Osteomielite sclerosante non suppurativa di Garre
*periostite albuminosa di Ollier
2) Osteiti da salmonelle e da brucelle
3) Tbc osteoarticolare
4) Osteiti luetiche
5) O. vaiolose
6) Malattia di Besnier-Boeck-Schaumann
7) Malattia di Caffey-Silvermann
                           Osteomielite acuta ematogena
I quadri clinici cambiano se si tratta di adolescenti, lattanti e adulti.
Nell’adolescente i germi (soprattutto lo stafilococco aureo) raggiungono l’osso per via ematica partendo da focolai quali foruncoli e tonsilliti.
Sono colpite le metafisi delle ossa lunghe (femore, tibia, omero) ove vi è buona circolazione e flusso lento.
Essa causa suppurazione del connettivo con tendenza ad espandersi e, trovando un ostacolo insormontabile nella cartilagine di coniugazione, attraverso i canali di Havers arriva a formare ascessi sottoperiostei e succes sivamente, attraverso tramiti fistolosi, arriva alla superficie cutanea.
Questa osteomielite causa necrosi con sequestri nelle zone ove la flogosi è più intensa, osteolisi nelle zone a flogosi meno intensa e, per delimitare l’infezione, iperostosi che, quando il processo è in fase di attenua- zione, forma un astuccio, un vero sarcofago che può includere dei sequestri e che può presentare delle inter- ruzioni, dei tramiti fistolosi, dette cloache, per scaricare all’esterno il materiale purulento.
Il processo può cronicizzate.
                                                       
Siccome non viene toccata la cartilagine di accrescimento, ma essa accentua l’attività per reazione alla flogosi vicina, l’osso può allungarsi anche più di norma.
Clinicamente si ha febbre, VES alta, leucocitosi con granulocitosi e localmente cute arrossata, tumefatta, cal da e idrarto sieroso.
Localmente si ha dolore spontaneo, nei movimenti ed alla palpazione in caso di ascesso sottoperiosteo che appare fluttuante, e/o di fistola.
Radiologicamente finchè non viene interessata la parte minerale dell’osso, non vi sono segni, poi compaiono soffusione della trabecolatura ossea, e successivamente aree litiche circondate da orletto sclerotico, apposi-zioni di osso periostale, i sequestri che appaiono densi per non partecipare al rimaneggiamento osseo.
Nel lattante l’osteomielite si differenzia perchè interessa l’articolazione e quindi è più grave per gli esiti, è a partenza cutanea, povera clinicamente (febbre poco elevata e scarso interessamento delle condizioni gene-rali) e può essere dovuta anche allo strepto e pneumococco.
Nell’adulto l’osteomielite ugualmente colpisce l’articolazione ma perchè non vi è più la cartilagine di coniu gazione, inoltre si formano meno frequentemente gli ascessi sottoperiostei e quindi i sequestri perchè il pe- riostio è più adeso all’osso, la clinica è povera e sono colpite le diafisi più che le metafisi.
Sono ad esito favorevole con la terapia antibiotica.

    Dott. Giuseppe Calafiore Protesi di ginocchio con maschere di taglio personalizzate

      Osteomielite acuta da infezione diretta o per contiguità
Oggi sono più frequenti delle ematogene per la grande frequenza dei traumi stradali e sul lavoro.
Esse possono conseguire:
---a fratture esposte, dipendentemente dal grado di contaminazione, dalla pluriframmentarietà, dalla pre-cocità della toilette chirurgica, dalla devitalizzazione dei tessuti molli ed ossei.
---a ferite d’arma da fuoco, che sono sempre contaminate.
---ad interventi chirurgici, specie negli interventi prolungati con ampia traumatizzazione dei tessuti molli e di osteosintesi con viti e placche ed artroprotesi.
Esse si hanno specie per fratture dell'avambraccio ed è indubbio che l’infezione ossea rappresenta il mag- giore pericolo, sia immediato che a distanza, del trattamento chirurgico delle fratture.
---ad infezioni contigue della pelle, dei tessuti molli, da piaghe.
L’osteomielite da infezione diretta può manifestarsi come:
---suppurazione acuta dopo il trauma o l’intervento con febbre, leucocitosi, edema, dolore, calore.
In tutti questi casi si rende necessaria una terapia antibiotica locale e generale a dosi piene fino alla scom-parsa del processo settico.
Gli impianti protesici vanno frequentemente rimossi, mentre, in caso di fratture chirurgicamente infettatesi, è regola lasciare in situ il mezzo di sintesi fino alla sufficiente comparsa di callo osseo.
E’ frequente la cronicizzazione del processo.
---osteomielite cronica tardiva, dopo mesi od anni dal trauma o intervento data in genere da scarsi segni generali, presenza di fistola e pseudoartrosi o callo osseo periostosico addensato che mantiene la conti-nuità ossea ma è scavato da cavità con pus comunicanti con una fistola.

            Osteobridge® interventi su osteomielite

Esempi di infezione
Radiografia
Radiografia

Osteobridge® 

interventi su traumi Esempi di traumi

Trauma 1
Trauma 3
Trauma 2
Trauma 4
  
Esempio di intervento in revisione: artroplastica di revisione contestuale a una protesi di ginocchio
  

Osteobridge® 

interventi su tumore 

Esempi di tumori
Tumore 1 - frattura patologica
Tumore 2 - metastasi di un carcinoma a cellule renali
Tumore 3
Tumore 4
Tumore 5

Tecnica operatoria Osteobridge®

1 - Tumore/metastasi resecato/a, prepa-rato il difetto osseo per lo spaziatore
3 - Chiodo impiantato. Perforatore applicato per il fissaggio

5 - Doppio fissaggio


7 - Adattatori inseriti su entrambi i lati.


9 - Avvitare due guide sul semiguscio dorsale.
2 - Applicatore dei chiodi con chiodo montato
4 - Praticare i fori di fissaggio con il perforatore.
Punta: Ø 3,2 mm per viti da Ø 3,8 mm
Punta: Ø 4,5 mm per viti da Ø 5,0 mm
6 - Viene inserito l'adattatore sul chiodo, é necessario utilizzare un adattatore quando il diametro del chiodo non coincide con il diametro dello spaziatore.
8 - Primo semiguscio inserito, posterior-mente al sito operatorio.Attenzione: il semiguscio filettato in basso.
10 - Semiguscio superiore applicato e avvitato. Le guide possono essere rimosse. 
  
IMPORTANTE.
Seguire attentamente le istruzioni qui sotto per il serraggio dello spaziatore con le 8 viti fornite.
Per ottenere in bloccaggio sufficiente dello spaziatore con i chiodi e , contemporaneamente, la necessaria stabilità alla rotazione occorre eseguire correttamente tutti i passaggi riportati.
 
11 - Prestare attenzione all'orientamento parallelo dei due semigusci dello spazia- tore. Avvitare le viti solo quando i due semigusci sono perfettamente paralleli (fessura uniforme).


13 - Una volta strette tutte e 8 le viti di chiusura con la chiave dinamometrica, ri-petere la procedura almeno una volta per equilibrare la chiusura delle viti. 
Le viti risultano allora avvitate con il neces-sario momento torcente.
15 - Alle viti di chiusura viene applicato il necessario momento torcente quando la tacca singola sull'impugnatura del caccia-vite viene a coincidere con la superiore delle due tacche fisse.
Osservare rigorosamente questo momento torcente.
12 - L'avvitamento delle viti deve essere eseguito in base ad un determinato schema che impedisce disomogeneità di bloccaggio dello spaziatore: iniziare internamente con la vite 1 e proseguire seguendo lo schema a croce. Avvitare prima le 4 viti interne e poi quelle esterne.
14 - Le viti di chiusura vengono avvitate con un cacciavite dinamometrico.



16 - Nel caso in cui si dovesse comporre un difetto osseo superiore ai 70 mm, è possibile utilizzare due spaziatori collegan-doli ad un aposito connettore. I semigusci dello spaziatore vanno appoggiati al connet tore e le viti strette come sopra descritto.
Avvitare prima completamente uno dei due spaziatori e passare successivamente al secondo.
Tumore 1 - 6 mesi dopo l'operazione
Tumore 2 - 6 mesi dopo l'operazione
Tumore 3
Tumore 4
Tumore 5



Immagine fotografica dell'intervento
Immagine fotografica dell'intervento

















































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         Osteomieliti Croniche Primitive
                        
Sono osteomielite non precedute da fase acuta.
Mentre le osteomielite cronicizzate vanno divenendo sempre più rare grazie al trattamento antibiotico, diven gono al contrario sempre più frequenti, a causa di un trattamento antibiotico insufficiente, le osteomielite croniche ab initio, che sono:
---L'ascesso centrale di Brodie che predilige la regione metafisaria, specie della tibia; colpisce di preferenza adolescenti, e col tempo si sposta in senso prossimale verso la diafisi.
E’ cronico e assai lento.
Clinicamente si presenta con dolore locale spontaneo o provocato, lieve aumento della temperatura cutanea e modesta tumefazione.
Dal punto di vista anatomopatologico appare come una cavità a pareti lisce o policicliche di osso eburneo che contiene pus denso e piccoli sequestri.
E’ dovuto allo stafilococco.
Radiologicamente è riconoscibile come un'area di trasparenza circondata da iperostosi.
---L'osteomielite e necrosante di Trelat e Demoulin, simile alla precedente, presenta una cavità centrale meno evidente circondata da una iperostosi più voluminoso.
                                 
---L'osteomielite sclerosante non suppurativa di Garrè è una forma rara che colpisce la regione diafisaria senza suppurazione e senza sequestri.
La maggior parte della diafisi (in genere quella tibiale) appare ingrossata.
Clinicamente, si presenta con dolore, mai intenso, ma costante.
---La periostite albuminosa di Ollier, infine, è una forma molto rara caratterizzata da un ascesso perife-rico dell'osso con raccolta di un materiale simile all'albume dell'uovo e con modesto e superficiale interessa-mento del tessuto osseo sottostante sotto forma di addensamenti superficiali limitati.
Tale ascesso si presenta come una tumefazione poco dolente, molle e fluttuante e può essere scambiato con un ascesso freddo tubercolare.
Predilige adolescenti e adulti e si localizza di preferenza alla tibia, al femore e all'omero.
Altre Osteomieliti
---La osteomielite tifica colpisce, in genere, soggetti adulti a distanza varia dalla malattia.
Preferisce le ossa lunghe con frequente compromissione dell'articolazione contigua.
L 'evoluzione è in genere favorevole.
---Le osteomielite da altre salmonellosi si osservano quasi esclusivamente nella infanzia, interessano le ossa lunghe e le giunture condrosternali e hanno anch'esse un'evoluzione favorevole.
---L'osteomielite brucellare è una complicanza frequente (6% circa) della brucellosi.
                           
A differenza delle forme precedenti, le ossa lunghe sono raramente interessate, mentre le sedi di elezione so-no le vertebre lombari e l'articolazione sacroiliaca.
Nel primo caso si manifesta una spondilite che simula la forma tubercolare, distinguendosi da questa ultima per la mancanza di osteoporosi perifocale e per la più precoce comparsa della produzione ossea ripara-tiva.
Analoghe differenze si riscontrano nella localizzazione sacroiliaca, che simula, anch'essa, la forma tuberco-lare.
---la tbc è prevalentemente epifisaria e decalcificante, mentre, al contrario, la lue è diafisaria e francamente iperostosante.
                          
Per quanto riguarda le neoplasie ossee, l'unica che seriamente può indurre in errore, almeno nelle fasi iniziali, è il tumore di Ewing, che predilige l'adolescenza, le ossa lunghe, la diafisi e che si presenta con le caratte-ristiche stratificazioni periostali a squame di cipolla.
Prognosi
La prognosi, in era pre-antibiotica, era grave, sia quoad vitam (con mortalità dal 15 al 40%) sia quoad valetudinem, per residue invalidità o deformità.
Attualmente la mortalità è quasi scomparsa e le invalidità e le deformità residue possono considerarsi rare.
Le Complicazioni possono essere: alterazioni dell’accrescimento e deformità, rigidità articolari e anchilosi, pseudoartrosi, carcinoma, amiloidosi.
                                             
Terapia
Nelle forme acute si pratica con successo immobilizzazione in docce gessate e forti dosi di antibiotici a largo spettro.
Solo raramente si deve ricorrere alla chirurgia in fase acuta.
Il trattamento medico va continuato a lungo e, ove vi sia tendenza alla cronicizzazione, è buona norma atten-dere una circoscrizione del focolaio settico prima di ricorrere alla chirurgia.
La terapia cruenta associata all'antibioticoterapia è invece tuttora indicata nelle forme cronicizzate o croniche ab initio.
                              
L’OZONOTERAPIA viene praticata con insufflazioni di ozono direttamente nel tramite fistoloso per mezzo di ago-cannule in cui è rimossa l’anima di acciaio. 
Le concentrazioni di ozono devono partire da valori bassi fino ad un massimo di 45microgr/ml. 
I risultati sono ottimi ma la lunghezza del ciclo è variabile secondo la vitalità, estensione ed anfrattuosità del focolaio.
     
       
       OSTEOMIELITE POST-ESTRATTIVA 
TRATTATA CON OZONOTERAPIA 
                       
                                  
                                        
S. R., è un signore di anni 74, un anno prima era stato sottoposto ad estrazione di un molare inferiore destro.
Tale intervento si complicava con una Osteomielite di entità tale da costringere il paziente a sottoporsi a di-verse terapie tra cui la camera iperbarica.
Egli però doveva interrompere tale trattamento perché colto da infarto del miocardio.
La situazione sembrava piuttosto seria in quanto il paziente lamentava una sintomatologia ingravescente data da dolori lancinanti alla mandibola erosa dal processo osteomielitico.
Tale processo patologico aveva causato una grossa area osteolitica mandibolare (fig.1) che aveva inde-bolito l’osso a tal punto da richiedere, una volta guarita l’Osteomielite, un intervento di chirurgia maxillo-facciale.
Tale intervento presentava d’altro canto un elevato rischio perché il paziente era coronaropatico.
Fig. 1
Sembrava che il paziente fosse entrato in un circolo vizioso senza nessuna possibilità di uscirne.
Come estremo tentativo veniva consigliato dal suo medico curante, a sottoporsi ad Ozonoterapia.
Il ciclo veniva effettuato con una serie di 10 sedute consistenti in una semplice iniezione di 3cc di Ozono a 20microgr./ml fatta con ago 27G di 20mm alla superficie dell’osso mandibolare.
Dopo 6 sedute spariva il dolore e ad una NMR dopo 1 mese dalla fine del trattamento si aveva un quadro incredibile in cui oltre alla guarigione dell’Osteomielite si assisteva ad una così consistente formazione di os- so da rendere superfluo l’intervento di chirurgia maxillo-facciale (Fig.2).
Fig.2




 

                      Riabilitazione denti con protesi totale 2



Odontoiatria
 La terapia con ossigeno-ozono in chirurgia maxillo-facciale e odontoiatria può essere eseguita con applicazione diretta del gas, con infiltrazioni dirette, con acqua ozonizzata e con olio ozonizzato. 
L’ossigeno ozono terapia in campo odontoiatrico è pressoché indolore, infatti solo le infiltrazioni producono un leggero bruciore, tutte le altre tipologie di somministrazione sono indolori, in igiene è possibile utilizzare acqua ozonizzata con l’ablatore per ottene-re risultati molto soddisfacenti.
L’olio ozonizzato è un presidio che consente di sfruttare le proprietà terapeutiche dell’ozono applicandolo di-rettamente nei punti interessati. 
L’applicazione diretta del gas è particolarmente efficace nelle patologie delle mucose orali ed in parodontologia. Nei disturbi dell’ATM si applica per infiltrazione diretta.

L’ozono ha mostrato la sua efficacia in odontoiatria preventiva, conservativa e in endodonzia. 
Il trattamento con ozono riguarda anche:
  • stomatiti e candida albicans
  • terapia canalare
  • perimplantiti
  • ritardi di guarigione in chirurgia orale
  • afte
  • ascessi dentali
  • lembi rivascolarizzati
  • alveolite
  • osteomieliti
  • osteonecrosi da bifosfonati
  • disturbi dell’ATM definiti disordini cranio-mandibolari
  • mucositi da protesi ed anche per il trattamento delle afte oltre all’herpes labialis.
L’ozono viene inoltre utilizzato con successo nelle estrazioni dentarie, in paradontologia, in chirurgia, nelle rea-zioni apicali, negli innesti ossei e per l’igiene orale.    
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CON L'INSTALLAZIONE DI QUESTO IMPIANTO, SIA HA LA SICUREZZA DI AVERE SEMPRE UN ACQUA PRIVA DI CARICHE BATTE-RICHE E VIRALI.

Lavori scientifici e miscellanea storica
Scientific works and historical miscellanea


_____________VALDERICE - 23 OTTOBRE 2004______________          
PARTECIPANTI AL CORSO: "OSSIGENO OZONO TERAPIA: PRATICA MEDICA TRA CERTEZZE E PROSPETTIVE TERAPEUTICHE"------------------------------------------------------------------------------------------------------------Ringraziamo il Sindaco di Valderice Dott.ssa Lucia Blunda per la collaborazione e l'ospitalità offerta nell'organizzazione del Corso. Un ringraziamento anche al Dott. Pavesi per l'ottima riuscita dello stesso.

_______________MESAGNE - 2 OTTOBRE 2004______________            
PARTECIPANTI AL CORSO TEORICO PRATICO IN OSSIGENO OZONO TERAPIA-------------------------------------------------------------------------------------------------------- 
Esprimiamo i nostri complimenti al Dr. Antonio Rutigliano (delegato regionale SIOOT) e al Dr. Giovanni Vitale (responsabile del Centro Salute e Benessere che ci ha ospitati), per l'ottima riuscita del Convegno, nonché a tutti i relatori che hanno presentato lavori non solo interessanti ma anche molto documentati.

_________________ BERGAMO - 25 SETTEMBRE 2004_________________
PARTECIPANTI AL CORSO TEORICO PRATICO IN OSSIGENO OZONO TERAPIA

      CORSO_240404_BG_4p.JPG (15130 byte)        CORSO_240404_BG_3p.JPG (13625 byte)       
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CORSO TEORICO PRATICO IN OSSIGENO OZONO TERAPIA BERGAMO: 24 APRILE 2004.
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Osteomielite Cronica Refrattaria:
Utilità dell’associazione ossigenoterapia iperbarica – antibioticoterapia mirata
Lettura presentata a Roma il 16 novembre 2003 nella Sessione GISTIO del Congresso Nazionale della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT).
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2. La classificazione di Cierny Mader rappresenta un sistema ben comprensibile di stadiazione del paziente adulto con osteomielite cronica.
La stadiazione porta alla indicazione chirurgica ed alla prognosi. 
Sono definiti due criteri classificativi: analisi anatomo-patologica della lesione osteomielitica e analisi clinica generale del paziente. 
L’analisi anatomopatologica distinge 4 stadi e la clinica 3 gruppi di pazienti.
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3. Il trattamento dell’osteomielite cronica è attualmente costituito da:
- trattamento chirurgico,
- antibioticoterapia,
- ossigenoterapia iperbarica (OTI),
- stimolazione antibatterica attiva (ITSB).
Il trattamento chirurgico è il punto fondamentale della cura dell’osteomielite
L’obiettivo è la rimozione della infezione ed il ripristino funzionale del segmento osseo in trattamento.
L’antibioticoterapia è necessaria solo come profilassi nel peri e post operatorio. 
Fino ad ora nessuna terapia antibiotica da sola si è rivelata efficace su una osteomielite cronica.
L’ossigenoterapia iperbarica ha scopo adiuvante e crea, come si vedrà in seguito, le migliori condizioni cli niche ossigenative per la funzionalità degli antibiotici e risolve eventuali deficit ossigenativi locali, miglio- rando la prognosi.
La stimolazione antibatterica attiva è un problema aperto. 
Non vi sono ricerche scientifiche che dimostrano l’efficacia o la via di azione della immunoterapia. 
Esiste però l’esperienza, documentata con pubblicazioni, di colleghi che dal 1960 verificano gli effetti della sti molazione immunitaria attiva sull’osteomielite cronica.
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4. Nel 1999 Mader indica gli antibiotici che hanno utilità nel trattamento dell’osteomielite e sottolinea che la durata della terapia antibiotica per essere efficace deve avere una durata di almeno 4-6 settimane.
5. Classificazione anatomopatologica: Stadio 1.
Infezione midollare ovvero monocompartimentale Esempio: complicazione settica in esiti di sintesi con chiodo endomidollare.
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6. Classificazione anatomopatologica: Stadio 2.
Osteite corticale parziale, senza interessamento dello spazio midollare.
Esempio: osteite tibiale in esito di Vollkmann della loggia muscolare anteriore tibiale.
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7. Classificazione anatomopatologica: Stadio 3
Infezione della corticale e dello spazio midollare, con presenza di fistole e di sequestri.
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8. Classificazione anatomopatologica: Stadio 4.
Infezione diffusa midollare e corticale con sequestri multipli sul perimetro osseo e fistole.
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9. La classificazione anatomopatologica guida alla scelta dell’intervento chirurgico.
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10. Paziente di gruppo A.
I pazienti di questo gruppo sono affetti da una infezione cronica dell’osso, ma sono indenni da patologie cro niche sistemiche o da grave compromissione locale.
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11. Il gruppo B si distingue in BS che significa compromissione sistemica e BL che significa compromissione locale.
Paziente di gruppo BS.
Il paziente ha una compromissione sistemica che riduce la percentuale di guarigione. 
La diapositiva elenca i fattori di compromissione sistemica.
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13. Paziente di gruppo C.
Il paziente è in una situazione generale compromessa, in relazione all’età. 
La gravità dell’osteomielite è valutata relativamente alle condizioni generali. 
Il paziente di gruppo C può non essere di per sé un candidato al trattamento chirurgico. 
Oppure presenta disturbi modesti che non giustificano un trattamento chirurgico impegnativo. 
Oppure si presenta più a rischio nel trattamento chirurgico che in quello conservativo.
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14. La classificazione clinica indica in modo preciso lo stato immunitario del paziente che risente delle con-dizioni locali e sistemiche. 
Gli antibiotici, l’ossigenoterapia iperbarica e l’ITBS possono trovare utilità (ruolo adiuvante) nel caso di pazienti con stato immunitario compromesso.
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15. L’OTI è utile nel paziente di gruppo BS, BL e C.
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16. L’OTI, risolvendo i fattori di compromissione generali e/o locali, può migliorare la prognosi dei pazienti di gruppo BS/L che possono diventare rispettivamente di gruppo BL e di gruppo A, con risoluzione del-l’osteomielite in percentuale superiore a quella attesa del 90%.
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17. E' di supporto nei pazienti di gruppo C risolvendo le fasi acute della malattia di base.
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18. Molti lavori dimostrano il ruolo dell’ossigeno nella prognosi dell’osteomielite cronica
Il fumo di sigaretta (tabagismo) crea una situazione ipossica sistemica.
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19. Il sinergismo d’azione fra l’ossigeno e gli antibiotici è dimostrato da studi sperimentali sull’animale. 
A pressioni parziali di ossigeno analoghe a quelle dell’osso osteomielitico la teicoplanina, la rifampicina e la vancomicina sono inefficaci nel trattamento dell’osteomielite cronica sperimentale da Stafilococco aureo.
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20. La cefazolina è più efficace nel trattamento dell’osteomielite cronica sperimentale, se associata all’os sigenoterapia iperbarica.
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21. La tobramicina è più efficace nel trattamento dell’osteomielite cronica sperimentale da Pseudomo-sas Aeruginosa, quando associata all’ossigenoterapia iperbarica.
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22. La sinergia d’azione fra OTI e antibiotico dipende dalla struttura chimica del farmaco, dalla sede d’azio- ne del farmaco e d al meccanismo d’azione.
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23. Struttura chimica del farmaco.
Sono sinergizzati dall’ossigeno gli antibiotici che contengono un anello idrochinonico in grado di produrre ra dicali liberi dell’ossigeno (RLO) una volta che l’anello sia ossidato. 
Fra questi farmaci è interessante la Rifamicina il cui meccanismo d’azione, per quanto noto, dovrebbe essere del tutto indipendente dalle pressione dell’ossigeno
In realtà Kono ha dimostrato una notevole riduzione del potere battericida dell’antibiotico nei confronti del- l’E. Coli quando l’azione del farmaco deve realizzarsi in anaerobiosi. 
E’ pertanto del tutto plausibile che la formazione dei RLO per formazione del gruppo chinonico sia un mec- canismo fortemente sinergico per rifamicina rendendo, almeno indirettamente, ossigenodipendente il suo meccanismo d’azione. 
Tuttavia non sempre è necessaria la presenza di un anello chinonico per giustificare l’azione dell’ossigeno molecolare sulla struttura dell’antibiotico. 
Infatti l’ampicilliona può comportarsi come donatore di elettroni e/o generatore di superossido in presenza di ossigeno molecolare; in tal caso la produzione di RLO è sufficiente per avere effetti biologici.
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24. Sede d’azione del farmaco.
L’interazione antibiotici/RLO è del tutto particolare all’interno dei fagociti. 
Soprattutto i polimorfonucleati (PMN) possono produrre, mediante il fenomeno della "oxydative burst", RLO e quindi realizzare una potente barriera battericida endocellulare. 
E’ ben assodato che tale fenomeno avvenga in stretta dipendenza delle pressioni di ossigeno a cui i PMN sono esposti. 
Poiché alcuni antibiotici agiscono all’interno dei fagociti ci si pone il problema dell’eventuale sinergia endo-cellulare fra antibiotici e RLO, ricordando che l’azione battericida di Chinoloni, Macrolidi e Rifampicine è an che intrafagocitaria. 
E’ plausibile ritenere che la OTI, riportando verso la normalità od oltre la PO2 tissutale, agisca da potente stimolo alla sinergia antibiotico/RLO fagocitaci, almeno per gli antibiotici ricordati, favorendo il killing batte-rico intrafagocitico.
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25. Meccanismo d’azione dell’antibiotico.
Il meccanismo d’azione dell’antibiotico rimane uno dei punti fondamentali dell’interazione con l’ossigeno
E’ opportuno richiamarsi alla distinzione fra antibiotici inibenti la sintesi proteica e antimicrobici inibenti il rima neggiamento della membrana batterica, sostanzialmente beta-lattamici e glicopeptidi. 
Il primo gruppo comprende Aminoglicosidi, Chinolonici, Macrolidi, Lincosamidi. 
Per questi antibiotici è sostanziale la penetrazione all’interno del batterio per poter inibire la sintesi proteica. E’ noto da tempo che il meccanismo di penetrazione degli aminoglicosidi è ossigenodipendente e tale mecca-nismo non è presente nei batteri anaerobi, che infatti sono regolarmente resistenti agli aminoglicosidi.
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26. Per gli altri antibiotici che inibiscono il rimaneggiamento della membrana batterica è assolutamente lecito supporre che durante il trattamento OTI vi sia un danno della membrana batterica da parte dei RLO che fa-vorisce la penetrazione degli antibiotici.
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27. Da molti anni è noto come l’allontanamento di un antibiotico da una coltura batteria sia seguito da un pe- riodo di stasi nella moltiplicazione. 
Questo lasso di tempo che precede la ripresa della moltiplicazione batterica è definito Post-Antibiotic Effect (PAE), varia da specie a specie batterica e, secondo il tipo di antibiotico usato, può essere prolungato dalla esposizione iperossica. 
Park ha dimostrato esistere un incremento del PAE se la coltura subisce una esposizione iperossica anche normobarica.
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28. Soprattutto gli antibiotici inibenti la sintesi proteica presentano PAE più spiccato nei confronti dei batteri Gram –.
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29. Gli antibiotici inibenti il rimaneggiamento della membrana batterica non hanno PAE nei confronti dei Gram -, con eccezione dell’Imipenem per P. Aeruginosa, mentre PAE è presente con valori variabili nei confronti dei germi Gram +
Pertanto il PAE, la cui esistenza è stata dimostrata anche in vivo, rappresenta una via di sinergizzazione fra antibiotici e OTI.
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30. In letteratura sono presenti lavori che dimostrano risultati migliori (assenza di fistolizzazione) ottenuti nel trattamento di pazienti di gruppo IIIB-C e IVB-C (con prognosi peggiore) quando alla sequestrectomia e al debridement è associata l’OTI e l’antibioticoterapia. 
Tale risultato può dipendere dalla sinergia OTI-antibiotici.
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31. Attualmente si può ritenere che la sinergia fra OTI e betalattamici può essere ammessa qualora esista PAE per il batterio considerato. 
La variazione del PAE negli antibiotici betalattamici e anche nell’ambito della stessa specie batterica può di-pendere dalla diversa velocità di scissione del legame covalente fra betalattamico e sito bersaglio (Penicillin Binding Proteins), quindi dall’emivita del complesso betalattamico/PBP, considerando che tale emivita dipende soprattutto dal peso molecolare delle PBPs.
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32. Esiste una notevole sinergia d’azione fra OTI e vancomicina. 
La vancomicina presenta PAE ad es. nei confronti di S. Aureus, pur non legandosi notoriamente alle PBPs, quindi il suo sinergismo con OTI è piuttosto misterioso, anche se è stato dimostrato in vitro una penetrazione dell’antibiotico nel batterio e un’inibizione della sintesi dell’acido ribonucleico. 
In tal caso l’alterazione della permeabilità della membrana batterica dovuta ai RLO potrebbe provocare l’in- gresso dell’antibiotico nel corpo batterico.
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33. Per alcuni antibiotici, come i sulfamidici, l’azione antibatterica si esplica come azione antimetabolica nei confronti del batterio. 
Pakman ha dimostrato sinergismo fra ossigeno e alcuni sulfamidici (Sulfisoxazolo, Sulfometoxazolo-trimeto prin) nei confronti di C. Difteriae, S. aureo e P. Aeruginosa
Si ritiene che la sinergia OTI/sulfamidici sia dovuta all’ossidazione di enzimi o più probabilmente di substrati intermedi nella via metabolica dei folati.
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34. CONCLUSIONI
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35. Il trattamento dell’osteomielite cronica è imprescindibile dal considerare le condizioni immunitarie del paziente e le condizioni generali e locali di ossigenazione.
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36. Per tale ragione, pur considerando la chirurgia il gold standard terapeutico, altre terapie come gli anti-biotici, l’ITBS e soprattutto l’OTI, devono essere attuate per garantire una maggiore possibilità di successo nel caso di pazienti con prognosi peggiore per condizioni generali e locali compromesse o per età.
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37. E’ auspicabile l’attuazione di studi prospettici ben disegnati per applicare l’OTI (in associazione o meno agli antibiotici) nei pazienti con osteomielite cronica al fine di verificare il vantaggio di tale terapia nell’otte- nere maggiori e più precoci successi, minimizzando i costi dovuti ai ricoveri ripetuti e alla necessità di un nu-mero maggiore di interventi.
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Breve Biografia del dott. Giovanni Gualdrini
Bologna, 18 novembre 2002
Mi chiamo Giovanni Gualdrini, sono nato a Bologna nel giugno del 1952 e mi sono laureato in Medicina e Chirurgia nell’ottobre del 1977 all’Università di Bologna con una tesi sul trattamento chirurgico delle scoliosi.
Dopo la laurea mi sono specializzato in Ortopedia e Traumatologia ed in Fisioterapia. 
Dal 1980 al 1990 ho lavorato negli Istituti Elioterapici Codivilla Putti di Cortina d’Ampezzo, dove ho avuto modo di conoscere bene le infezioni croniche e acute osteomidollari e la Tubercolosi Osteoarticolare
Dal 1990 lavoro presso l’Istituto Rizzoli di Bologna, nella VII Divisione di Ortopedia e Traumatologia diretta dal professore Armando Giunti.
Continuo ad interessarmi del trattamento delle complicazioni settiche osteoarticolari
Per questo motivo ho ritenuto far cosa utile mettere su web quella che è parte della mia esperienza nel trattamento delle osteomieliti, delle pseudoartrosi, delle osteoartriti e in genere delle complicazioni settiche in Ortopedia.
Non intendo dire nulla di nuovo; desidero realizzare pagine che possano servire a Colleghi ed a Pazienti. 
Per tale motivo la descrizione clinica delle varie patologie settiche sarà succinta, per questo esiste molto in letteratura.
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Pubblicato su Blogger oggi 04 ottobre 2012 alle ore 23,05 da: Giuseppe Pinna de Marrubiu

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