venerdì 23 marzo 2012

(Scheda 15) INFORMAZIONI sull'OSTEOMIELITE!

  INFORMAZIONI sull'OSTEOMIELITE!
Articolo informativo di Giuseppe Pinna per S. O. S. - “Osteomielitici d’Italia” - Onlus «Centro Servizi Informativi On-line per Osteomielitici».
Ma le Osteomieliti sono infezioni a carico dell'apparato osteoarticolare?
 Intervista-Risposta con il Dott. Andrea Antonini
Si, le Osteomieliti sono infezioni a carico dell'apparato osteoarticolare.
Esse sono ancora oggi, a più di 60 anni dalla scoperta della Penicillina, patologie di difficile diagnosi e cura.
Per una diagnosi corretta, e per una terapia che offra la maggior probabilità di risoluzione duratura del quadro patologico dell'osteomielite, abbassando il rischio di una cronicizzazione dell'infezione, è necessario un approccio multidisciplinare sia nello studio e nella classificazione della malattia che nella pianificazione di una strategia terapeutica.
In queste pagine, certamente non esaustive su un argomento così vasto, cercherò di fornire a colleghi e pazienti una visione corretta del problema, secondo le linee guida della letteratura internazionale e secondo la filosofia di approccio multispecialistico nel quale la mia competenza di Chirurgo Ricostruttivo si inserisce all'interno di un'equipe specializzata presso il centro di Malattie Infettive e Ortopedia Settica dell'ASL2 Savonese presso l'Ospedale Santa Maria di Misericordia di Albenga, Centro di Riferimento Regionale per il trattamento di queste patologie.
                                                                                                             Dott. Andrea Antonini

Domande Frequenti
Si può guarire da un'osteomielite?
Sì.
Si può garantire la guarigione da un'osteomielite?
No. In nessun caso si può garantire la guarigione da un'osteomielite.
Nemmeno dopo anni in assenza segni di infezione si può essere certi della guarigione definitiva.
Ho avuto un'osteomielite. 
Ora da anni non ho più segni della malattia. 
Devo però ancora sentirmi a rischio di una possibile riaccensione?
Ci sono casi di riaccensioni di infezioni delle ossa dopo anni, ma non è necessario vivere nella
preoccupazione. 
Basta sottoporsi ad accertamenti specialistici ai primi sintomi di una possibile ripresa della malattia

(febbre, arrossamento, dolore, secrezione purulenta).
Quando è che l'amputazione di un arto è l'unica opzione per guarire da un'osteomielite?
Raramente. L'amputazione è l'unica opzione terapeutica solo nei casi di osteomielite complicata
da gangrena o sepsi generalizzata, e si tratta di un intervento salva-vita.
In molti casi, invece, l'amputazione è una delle opzioni, da valutare in contrapposizione alle proposte chirurgiche conservative/ricostruttive.
Quali sono i germi che più comunemente causano un'osteomielite?
Alcuni delle specie di germi più comuni nelle infezioni ossee sono i seguenti: Stafilococco (Aureo), Escherichia Coli, Enterobacter, Streptococco, Pseudomonas e molti altri. 
La gravità non è data dal tipo di germe infettante, quanto dalle resistenze del batterio agli antibiotici.
Quali sono i fattori predisponenti all'insorgenza di un'osteomielite?
I fattori di rischio principali sono i traumi con fratture esposte, il diabete, il fumo, le insufficienze vascolari, e le gravi patologie sistemiche.
 Può insorgere un'osteomielite su un osso che non abbia mai subito traumi?
Sì. Esistono le osteomieliti ematogene, quelle cioé in cui il germe arriva attraverso il circolo sanguigno. Questo tipo di osteomielite è più tipica dell'età infantile.
Per qualsiasi altra risposta, scrivete a  info@osteomieliti.it!

 Le Osteomieliti
Dal punto di vista clinico, le Osteomieliti si dividono in Osteomieliti Acute (insorte da meno di due setti- mane), Osteomieliti Subacute (tra le due e le sei settimane di durata) e le Osteomieliti Croniche (presenti da più di sei settimane) che spesso accompagnano i pazienti per molti anni e talvolta per tutta la vita.
Dal punto di vista anatomopatologico si differenziano in base al tipo di osso colpito e all'estensione dell'infezione all'interno del tessuto osseo.
Pertanto possiamo trovare Osteomieliti delle Ossa Lunghe, Osteomieliti delle Ossa Corte (tra cui le più frequenti sono certamente le Spondilodisciti), Artriti Settiche (infezioni delle articolazioni), Infezioni Periprotesiche (quando i germi si annidano nei tessuti che circondano una protesi articolare).
La classificazione di Cierny e Mader del 1985 divide le Osteomieliti in 4 tipi a seconda dell'estensione dell'interessamento osseo, e i Pazienti in 3 classi a seconda delle condizioni generali.
 Un capitolo attinente ma talmente vasto da essere considerato a parte è invece quello delle infezioni ossee nel Piede Diabetico.
                                                                                                                                                    
 
Osteomieliti delle Ossa Lunghe
  • Le Osteomieliti delle Ossa Lunghe sono solitamente esiti di fratture rimaste esposte per periodi più o meno prolungati.
  • L'osso non dovrebbe mai rimanere a contatto con l'aria in quanto si disidrata, si devascolarizza, va in necrosi e diventa un perfetto terreno di crescita per quei germi patogeni che poi sono così difficili da eradicare. E' dimostrato che, già dopo alcune ore di esposizione di una frattura, il numero di colonie batteriche nei tessuti aumenta velocemente e le probabilità di infezione del focolaio sono estrema mente aumentate.
  • Ogni frattura esposta dove la chiusura completa della cute non sia stata eseguita con successo (senza necrosi dei tessuti circostanti) entro le prime ore dal trauma, va monitorata attentamente per esclu- dere la presenza di un focolaio osteomielitico.
  • L'osteomielite va sospettata in tutti quei casi dove una frattura non tenda a consolidare correttamente e/o vi sia una concomitante lesione cutanea che non arriva alla guarigione spontanea entro 4-6 setti- mane. In questi casi è opportuno rivolgersi ad uno specialista per eseguire le indagini diagnostiche più opportune.
  • Una volta appurata la presenza di un focolaio osteomielitico, va studiata dettagliatamente la sua estensione, per decidere se tentare una bonifica mediante terapia medica o per valutare la quantità di tessuto da asportare nella bonifica chirurgica e le possibilità di ricostruire tutto ciò che risulterà mancante (anatomicamente e funzionalmente) dopo la resezione.
Artriti Settiche
  • Le Artriti Settiche sono infezioni delle cavità articolari. Si manifestano con dolore, gonfiore, ed impotenza funzionale dell'articolazione interessata, talvolta associata a quadri febbrili e di malessere generale.
  • Quando tale ipotesi diagnostica venga posta precocemente, può essere opportuno verificare la presenza di materiale purulento nell'articolazione mediante artrocentesi, e tentare un isolamento colturale del germe responsabile.                                                                                                 Quindi si dovrà iniziare una tempestiva terapia antibiotica, inizialmente ad ampio spettro, e successi- va mente modificabile in base all'eventuale isolamento.
  • In molti casi una corretta e prolungata antibioticoterapia può risolvere il quadro in maniera stabile e senza esiti invalidanti.                                                                                                                     Altre volte possono rendersi necessari interventi chirurgici che vanno dall'artroscopia nei casi meno gravi all'artrodesi nei casi più seri.
Infezioni Periprotesiche
  Protesi artificiale dell'anca
Questo gruppo di patologie riguarda le articolazioni sottoposte a protesizzazione parziale o totale che vanno incontro ad una infezione dell'apparato protesico.
Il materiale di cui è composta una protesi è estraneo al corpo e pertanto privo di difese immunitarie e di vascolarizzazione. Per questo motivo, una volta insediatasi una colonia batterica nel seno di una protesi articolare, essa è estremamente difficile da debellare con la sola terapia antibiotica.
Tali infezioni possono penetrare dalla ferita durante l'atto chirurgico, o anche giungervi per via ematica a distanza di anni dall'operazione. 
Se diagnosticata tempestivamente, può essere effettuato un tentativo di eradicazione del batterio con un'opportuna terapia antibiotica.
Qualora tale infezione permanga per più settimane, invece, il trattamento d'elezione diventa quello chirurgico e deve prevedere la sostituzione completa della protesi dopo un eventuale periodo di impianto di uno spaziatore antibiotato, ovvero un apparato temporaneo composto di materiale capace di rilasciare progressivamente dell'antibiotico, aiutando la bonifica del sito.
Nei casi più gravi, in cui non vi siano le condizioni ossee o generali per l'impianto di una nuova protesi, va considerata la possibilità di eseguire un'artrodesi e cioé di “saldare” i due capi articolari, rinunciando alla mobilità completa di quel segmento, ma ottenendo una deambulazione accettabile e soprattutto l'eradicazione del focolaio settico.
Piede Diabetico
Le lesioni sul piede diabetico sono il frutto dell’azione combinata di angiopatia e neuropatia
Ovvero della insufficienza vascolare che causa una diminuzione dell’afflusso di sangue ai tessuti del piede, unita alla progressiva perdita di sensibilità delle estremità dovuta alla malattia diabetica che colpisce i nervi. Quindi il diabetico finisce per caricare il proprio peso, senza accorgersene, sempre sulle stesse aree della pianta del piede, le quali subiscono una compressione costante su tessuti che già di per sé ricevono meno sangue del necessario.
Queste lesioni tendono ad approfondirsi fino ai piani ossei che, quasi inevitabilmente, vengono infettati dai germi presenti nella ferita.
Se già in un organismo sano l’Osteomielite è di difficile cura, in un paziente diabetico – vasculopatico e neuropatico – le speranze di risolvere la patologia in maniera conservativa sono spesso molto rare.
Per questo, nei pazienti diabetici, è di fondamentale importanza l’aspetto preventivo, mediante il controllo glicemico, la terapia farmacologica, l’igiene dei piedi, e l’utilizzo di calzature idonee (comode, senza tacchi, e possibilmente con plantari su misura).

 Prevenzione Chirurgica
In molti casi, anche la Chirurgia può avere un ruolo preventivo al fine di evitare precoci amputazioni a carico dei piedi.
Difatti, mentre da sempre nel curare il piede diabetico ci si è concentrati esclusivamente sul trattamento chirurgico diretto delle lesioni cutanee e dei vasi arteriosi, nella convinzione che nulla potesse essere fatto 
dal chirurgo per migliorare la conduzione nervosa e quindi per preservare la sensibilità dei piedi dei pazienti affetti da questa malattia, recenti studi hanno evidenziato come l’alterato metabolismo degli zuccheri tipico del male diabetico porti ad un edema dei nervi periferici che, gonfiandosi, finiscono per soffrire particolar- mente in corrispondenza dei passaggi più “stretti” del nostro corpo, portando a diverse sintomatologie a seconda dei nervi colpiti.
Mentre nell’arto superiore il nervo Mediano ed Ulnare, più frequentemente colpiti dalle cosiddette sindromi canalicolari in corrispondenza del polso (il famigerato Tunnel Carpale) e del gomito rispettivamente causano le classiche sensazioni di formicolio notturne alle dita e deficit di forza della mano, nell’arto inferiore la sintomatologia è più subdola perché si manifesta solitamente con una progressiva perdita della sensibilità del piede (dovuta alla sofferenza del nervo Tibiale e del nervo Peroneo).
La diagnosi di queste sindromi canalicolari è possibile grazie ad una semplice visita specialistica, e viene poi confermata da un esame elettromiografico/elettroneurografico.
Il trattamento chirurgico di queste compressioni è possibile anche per l’arto inferiore, si esegue attraverso delle piccole incisioni cutanee e richiede ricoveri brevi (24-48h).
Gli ultimi update su questa tecnica che giungono dagli Stati Uniti (dott. Dellon) parlano di una riduzione delle lesioni ai piedi dal 15% della popolazione generale dei diabetici allo 0,5% nei pazienti preventivamente operati di neurolisi, e delle recidive di lesione dal 50% al 2,5%.
Presso la SC di Malattie Infiammatorie Osteoarticolari dell’Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure, tra i primi in Italia, stiamo iniziando a proporre questo trattamento sia in pazienti con lesioni aperte ai piedi, abbinandolo al trattamento dell’ulcera e dell’eventuale osteomielite, sia in pazienti con la neuropatia in fase iniziale, a fini preventivi, con risultati preliminari estremamente promettenti.
Rischi e Complicanze
Le patologie ossee settiche comportano il rischio di complicanze anche gravi.
Le più gravi, ma per fortuna piuttosto rare, sono la setticemia (infezione generalizzata del sangue e di tutto l'organismo); la progressione dell'infezione nei tessuti limitrofi, e la degenerazione tumorale della lesione cutanea cronica.
Allo stesso modo, anche il trattamento corretto di un'Osteomielite non è un percorso semplice per il paziente. Può prevedere una serie di interventi in tempi diversi, ognuno con le sue percentuali di rischio di fallimento. Molti di questi interventi durano svariate ore, e spesso il segmento operato necessita di essere stabilizzato mediante fissatori esterni per mesi al fine di ottenere la guarigione.
Nemmeno la terapia antibiotica è scevra da rischi. 
Reazioni allergiche ed effetti collaterali a carico di diversi apparati (più frequentemente fegato e reni) 
sono da monitorare attentamente e possono talvolta costringere a modificare o sospendere le terapie in atto.
Pertanto prima di intraprendere una strada terapeutica bisogna avere chiaro ogni singolo aspetto dell'iter medico e chirurgico.
La cura di un'osteomielite è un percorso lungo e ricco di insidie che il paziente deve compiere insieme all'equipe multidisciplinare che lo segue.
Diagnosi
La diagnosi di Osteomielite, pur con tutte le più moderne tecniche di imaging, è spesso estremamente difficile.
 Osteomieliti images Risonanza Small - Lastre e diagnostica
La sintomatologia e i risultati degli esami radiologici e di laboratorio sono spesso sovrapponibili a quelli di infiammazioni non infettive, e talvolta possono addirittura non esserci segni strumentali della patologia, mentre la clinica sembra indirizzare inequivocabilmente verso una diagnosi di osteomielite.
E' quindi compito del medico che visita un paziente con una sospetta osteomielite porre in diagnosi diffe- renziale tutte le patologie che possano dare la sintomatologia riferita.
Pertanto, solo mettendo insieme tutta la storia dettagliata del paziente all’obiettività clinica e richiedendo gli esami strumentali necessari tra Radiografie, Tomografia Assiale Computerizzata (TAC), Risonanza Magnetica Nucleare (RMN), Scintigrafia con Leucociti Marcati, PET (Tomografia ad Emissione di Protoni), si può porre una diagnosi di Osteomielite.
La diagnosi di certezza è comunque possibile solo quando vi sia una lesione aperta con secrezione purulenta comunicante con l’osso o dopo l’esplorazione chirurgica e l'isolamento colturale di un germe responsabile.
Una volta ipotizzata con buona confidenza la presenza dell’infezione nel tessuto osseo, diventa prioritario valutarne l’estensione e quindi programmare un trattamento idoneo al caso in questione.
Per i suddetti motivi, è frequente che un paziente debba compiere un percorso molto lungo (talvolta addirittura degli anni!) prima di giungere ad una diagnosi di Osteomielite ed essere indirizzato presso un centro specialistico.
Terapia
La terapia delle osteomieliti è sempre una sfida per i medici che se ne occupano. 
Ogni caso è differente dall'altro per la sede, per i germi patogeni, per la durata, per le condizioni cliniche   del paziente e quindi anche per le opzioni terapeutiche a disposizione.
  Osteomieliti images Microscopio Small - Vetrini e germi patogeni

 A tale scopo disponiamo di farmaci antibiotici sempre nuovi e sempre più efficaci, di tecniche chirurgiche sempre più all'avanguardia e di ausili tecnologici e farmacologici di efficacia sempre maggiore.
Terapia Medica
La terapia antibiotica è la parte fondamentale del trattamento di ogni infezione osteoarticolare.

 Osteomieliti images Capsule Small - La terapia antibiotoca
 
 Talvolta può anche essere l'unica arma in prima battuta e può rimanere l'unica utilizzata se la sintomatologia regredisce in maniera stabile anche dopo la sospensione della terapia.
Nei casi sottoposti a trattamento chirurgico è altresì fondamentale come terapia adiuvante che affianchi l'intervento per evitare la persistenza del germe patogeno.
La terapia antibiotica dovrebbe essere quanto più possibile mirata al germe infettante sulla base di isolamenti colturali, che però purtroppo non sono sempre possibili. 
La possibilità di utilizzare due o più antibiotici differenti permette di coprire un maggior numero di specie patogene, minimizzando gli effetti collaterali.
Altro aspetto fondamentale della terapia antibiotica delle osteomieliti è la durata: da un minimo di 3-4 settimane, fino a diversi mesi di terapia.

Tecniche Chirurgiche

Una volta falliti eventuali tentativi di bonifica con la terapia antibiotica o nelle osteomieliti croniche, la nostra esperienza ci insegna che l'unica possibilità di eradicare l'infezione è quella di asportare l'osso e tutti  gli organi limitrofi interessati fino ad arrivare a tessuto vitale e sano. 
Talvolta può quindi bastare una piccola asportazione che non compromette né la stabilità né la funzione dell'arto trattato, ma in molti casi dopo la rimozione dell'osso infetto si rende necessaria una idonea ricostruzione chirurgica.
Insieme ai tessuti infetti è altresì opportuno rimuovere tutti i mezzi di sintesi interna (placche, viti, chiodi, cambre, ecc.) presenti nell'area infetta, e ricorrere ad una nuova stabilizzazione mediante fissazione esterna.
Per ricostruire l'osso asportato, invece, vi sono diverse possibilità. 
Nelle ossa lunghe della gamba, si predilige la rigenerazione ossea in distrazione con fissatori esterni circolari, detta anche “Tecnica di Ilizarov” dal nome del chirurgo russo che la inventò nel secolo scorso.
        Alcuni esempi di montaggi di fissatori circolari per diversi distretti corporei
 









Methode des russischen Professors  
Gavril Abramovich Ilizarov   - Alcuni esempi      di applicazione del Fissatore Ilizarov          


Per le ossa corte, in quelle lunghe dell'arto superiore e talvolta anche per il femore (vedisi figura sotto), si può invece trasferire un osso vascolarizzato da un'altra sede corporea quale il perone, la cresta iliaca, o una porzione di costa o scapola
Per questi interventi occorre poi suturare i vasi sanguigni che nutrono il segmento osseo trasferito a dei vasi del sito da ricostruire (del calibro di 2-3mm, solitamente), con l’aiuto di opportuni mezzi ottici di ingrandimento. 
Questa tecnica è nota come Microchirurgia Ricostruttiva.
 Osteomieliti images Perone ProFemore Small - Esempio di un'osteomielite di femore
 a. un'osteomielite di femore b. ampia resezione del focolaio infetto e ricostruzione con il perone controlaterale rivascolarizzato microchirurgicamente c. ipertrofia e callo in formazione a 6 mesi dall'intervento d. a 9 mesi l'ipertrofia marcata permette di rimuovere il fissatore esterno
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Anche per i tessuti molli circostanti è spesso necessario pianificare un intervento ricostruttivo, difatti l'osso operato va tassativamente coperto con tessuti autologhi ben vascolarizzati.
A tal fine si possono utilizzare dei lembi di tessuto provenienti dalle aree limitrofe a quella operata, oppure, come per i trasferimenti ossei, si possono prelevare dei tessuti muscolari, fasciali e cutanei da aree distanti (es. dorso, coscia, addome) e rivascolarizzarli microchirurgicamente nel sito ricevente.
Per questi trasferimenti microchirurgici si utilizzano ovviamente tessuti la cui asportazione non comporti deficit funzionali rilevanti nel sito donatore.
Tutte le tecniche chirurgiche elencate possono offrire ottimi risultati, ma a fronte di trattamenti estremamente lunghi ed impegnativi, e ad un rischio di complicanze e fallimenti non trascurabile.
Per questo motivo, la scelta del trattamento deve essere una decisione comune del paziente con l’equipe multidisciplinare che lo prende in cura, una volta analizzati attentamente vantaggi e svantaggi di ogni opzione terapeutica.
 Il Dott. Andrea Antonini


    Breve Curriculum Vitae






    Sono nato il 15 ottobre 1977 a Trieste.
    Ho frequentato scuole elementari e medie all'International School of Trieste.
    Ho conseguito la Maturità Classica - Licenza Linguistica presso il Liceo Ginnasio Francesco Petrarca di Trieste nel 1996.
    Mi sono laureato a pieni voti in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Trieste nel 2002.
    Dal 2005 al 2007 ho frequentato come Medico Specializzando l'Unità Operativa di Microchirurgia Ricostruttiva del Centro Traumatologico e Ortopedico di Torino.
    Ho conseguito la Specializzazione in Chirurgia Plastica e Ricostruttiva con il massimo dei voti presso l'Università degli Studi di Trieste nel 2007.
    Da dicembre 2007 a dicembre 2009 ho lavorato nella S.C. di Chirurgia Plastica e Maxillofacciale dell'Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure.
    Da gennaio 2010 a tutt'oggi lavoro nella S. C. di Malattie Infiammatorie Osteoarticolari del Centro multispecialistico di Malattie Infettive e Ortopedia Settica dapprima all'interno dell'Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure, e dal 2012 nel nuovo Ospedale di Albenga, dove mi occupo principalmente di Microchirurgia Ricostruttiva, Chirurgia settica dell'Arto Superiore, Piede Diabetico e Microchirurgia dei Nervi Periferici.
    Da marzo 2011, come Dirigente Medico nell'ambito dell'ASL N.2 Savonese, faccio parte anche dell'organico del Centro Regionale di Chirurgia della Mano dell'Ospedale San Paolo di Savona, per attività clinica e scientifica nell'ambito della Microchirurgia e della Chirurgia della Mano.
    Dal giugno 2011 sono consulente presso la S. C. di Chirurgia Maxillo Facciale dell'Ospedale Galliera di Genova per gli interventi di ricostruzione microchirurgica del distretto cervico-cefalico.
    Principali Pubblicazioni su Riviste Internazionali

    Improved survival of ischemic cutaneous and musculocutaneous flaps after vascular endothelial growth factor gene transfer using adeno-associated virus vectors.
    Zacchigna S, Papa G, Antonini A, Novati F, Moimas S, Carrer A, Arsic N, Zentilin L, Visintini V, Pascone M, Giacca M.
    Am J Pathol.
    2005 Oct;167(4):981-91.
    Improved survival of rat ischemic cutaneous and musculocutaneous flaps after VEGF gene transfer.
    Antonini A, Zacchigna S, Papa G, Novati F, Pascone M, Giacca M.
    Microsurgery.
    2007;27(5):439-45.
    Dorsal metacarpal artery perforator-based propeller flap for complex defect of the dorsal aspect in the index finger.
    Battiston B, Artiaco S, Antonini A, Camilleri V, Tos P.
    J Hand Surg Eur Vol. 2009 Dec;34(6):807-9.
    Microvascular reconstructions of traumatic-combined tissue loss at foot and ankle level.
    Battiston B, Antonini A, Tos P, Daghino W, Massazza G, Riccio M.
    Microsurgery.
    2011 Mar;31(3):212-7. doi: 10.1002/micr.20863. Epub 2011 Feb 23.
    Perforator-based propeller flaps treating loss of substance in the lower limb.
    Tos P, Innocenti M, Artiaco S, Antonini A, Delcroix L, Geuna S, Battiston B.
    J Orthop Traumatol. 2011 May 5.
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    Si RINGRAZIA il Dott. Andrea Antonini  per la sua disponibilità sulla tematica in argomento e, per
    la grande sensibilità posta in essere al concederci l'autorizzazione alla presente pubblicazione-divulgazione.


    Pubblicato su Blogger oggi 23 Marzo 2012, da Giuseppe Pinna de Marrubiu

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