sabato 19 gennaio 2013

(Scheda 252 - 13) STORIA della MEDICINA GRECO-ROMANA.

MEDICINA GRECO-ROMANA

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Articolo informativo di Giuseppe Pinna per S. O. S. - “Osteomielitici d’Italia” - Onlus «Centro Servizi Informativi On-line per Osteomielitici e Pazienti dell’Ospedale CODIVILLA-PUTTI di Cortina d’Ampezzo»; che ci addentra in un percorso storico narrandoci che: "durante il corso dei secoli la medicina ha attraversato diversi stadi che, secondo gli storici,
sono i seguenti: medicina istintiva, medicina sacerdotale, medicina magica, medicina empirica, medicina scientifica"
STORIA DELLA MEDICINA 
ANTICA, MEDIEVALE E MODERNA
          LA MEDICINA GRECO-ROMANA
(dal 2000 a.C.)
Strumenti chirurgici di 2000 anni fa e più - di epoca Flavia ritrovati negli scavi di ErcolanoLA MEDICINA GRECO-ROMANA
La medicina nel mondo greco e romano prende le mosse dalla descrizione dei primi timidi tentativi mediante i quali, appunto, la medicina greco-romana inizia a prendere forma e a distinguersi, sempre più decisamente, dalle pratiche magico-religiose ed illustra i progressivi mutamenti tramite i quali essa raggiunge una sua autonoma dignità, con una sempre mag-giore rilevanza nel quadro socioculturale.
Il primo medico greco conosciuto è stato Alcmaeone di Crotone, vissuto intorno al 700 a. C., autore del primo lavoro di anatomia. 
Ippocrate creò la sua scuola medica nella città di Cos.
                          Ippocrate di Coo o Kos (Coo460 a.C. circa – Larissa377 a.C. terminus ante quem)
                                              
greci hanno avuto diverse influenze dall'Egitto soprattutto in campo farmacologico e tale in fluenza diventò molto più chiara quando si aprì una scuola di medicina greca in Alessandria.
Nell'impero romano si videro distinguersi le prime specialità mediche quali tra le altre l'urolo-gia e l'oftalmologia. 
Successivamente il popolo comprese che la cura dell'igiene preveniva l'insorgenza di molte malattie e ciò contribuì alla costruzione degli acquedotti
I chirurghi romani avevano molti attrezzi per lavorare, fra i quali scalpelli, cateteri ed estrat-tori per le frecce; per la cura del dolore usavano l'oppio e le scopolamine; e per lavare le feri- te usavano l'aceto.
Galeno di Pergamo ha scritto più di 500 trattati sulla fisiologia, l'igiene, la dietetica, la pato-logia e la farmacologia, ed è accreditato come colui che scoprì il midollo spinale
   Galeno di Pergamo (Pergamo129 – Roma216) è stato un medico greco antico in una litografia di Pierre Roche Vigneron
                           
Se Celso descrisse quattro sintomi classici dell'infiammazione (rubor rossore, dolor dolo-re, calor calore e tumor gonfiore)Galeno ne osservò anche la limitazione funzionale (functio laesa)
Aulo Cornelio Celso (14 a.C. circa – 37 d.C. ca.) è stato un enciclopedista e medico romano, probabilmente nativo della Gallia Narbonense.
                                       
Notevole anche il trattato Procedimenti anatomici, basato sulla dissezione delle scimmie.
Dictionnaire des antiquités grècques et romaines: Decorazione di un'anfora attica, rinvenuta a Gela
File:Orphée chez les Thraces.gif
La medicina greca di Alessandria influenzò Roma, nonostante l’iniziale resistenza dei roma-ni e a Roma la medicina era praticata in ambito familiare (il medico di famiglia era il pater fa-milias, che aveva il potere assoluto sulla famiglia) e nessuna teoria vera e propria vi era alla sua base, risultando, perciò, una scienza empirica, anche se razionale.
I medici, per lo più schiavi o liberti, che pretendevano un onorario per le loro cure, cosa che destava scandalo presso gli aristocratici tradizionalisti, erano considerati come utili artigiani tanto che molti signori istruivano alla medicina gli schiavi più dotati per tenerli presso di loro come medici personali o di famiglia servendosene, come permetteva la legge, anche dopo la loro liberazione.
Una vera e propria formazione all’arte della medicina non esisteva in Roma
Galeno, nel II secolo d.C., nota come molti dei suoi presunti colleghi non sappiano neppure leggere mentre il medico Tessalo, vissuto durante il governo di Nerone, pretende di formare alla medicina in meno di sei mesi.
Chiunque poteva dichiararsi medico e senza nessuna cognizione teorica o esperienza pratica aprire un ambulatorio. 
L’esercizio della professione era remunerativo e molti, del tutto inesperti, come ciabattini e tessitori, diventavano da un giorno all’altro medici o meglio lo diventavano facendo esperien-za sulla pelle dei loro pazienti.
                                                                            Antichi cateteri ai tempi dei romani
                             
Quello che noi oggi chiamiamo lo studio del medico nell’antica Roma non si distingueva dalle altre botteghe presenti nel foro che gli archeologi sono in grado di identificare solo per i reperti di strumenti medici ivi ritrovati. 
L’arredamento era piuttosto semplice: cassapanche e cassette per gli strumenti medici, le medicine, teli e bende, anfore con acqua, olio e vino, due sedie e sgabelli e spesso anche un lettino. 
Nella completa mancanza di ospedali civili, vicino all’ambulatorio vi era una specie di lazzaret-to per la degenza e l’osservazione dei pazienti operati.
Il medico nell’antica Roma era di solito un professionista “generico” che non aveva una pre-cisa specializzazione, con l’eccezione di alcune grandi città dove esercitavano rari medici spe-cialisti che divengono più numerosi a partire dal I secolo d.C. in tre settori della medicina
la chirurgia (chirurgus), 
l’oculistica (ocularius), 
e l’otorinolaringoiatria (auricularius). 
Alcuni come un tale Decimio Eros Merula di Assisi aveva una doppia specializzazione in chi-rurgia e oculistica e per questo motivo, come attesta un’iscrizione sul suo sepolcro, accumu-lò tanto denaro da lasciare il comune erede di una grossa donazione.
I medici più noti ed apprezzati raggiungevano dei redditi annui molto elevati sino a parecchie migliaia di sesterzi giungendo ad accumulare patrimoni milionari ottenuti anche con il “regalo d’onore”, da cui il termine “onorario”, con cui i malati più ricchi risanati usavano premiare il medico competente con del denaro in sovrappiù di quello richiesto.
Alcuni invece, per avidità si comportavano in modo difforme dall’etica della professione prolun gando costose cure per una malattia già sanata oppure pretendendo somme ingenti per una medicina di poco prezzo o addirittura portando a morte un paziente che avesse incluso il pro prio medico nel suo testamento.
Uno specialista molto attivo nell’antichità era l’oculista, il che fa supporre una diffusione delle malattie collegate agli occhi come attestano i frequenti, circa 300, ritrovamenti archeologici nelle regioni occidentali dell’Impero, del cosiddetto “pestello dell’oculita”, consistente in una piccola piastra di pietra, di circa 5 centimetri di lato, su cui era iscritto il nome del medico e il principio attivo della medicina con le relative indicazioni. 
Il pestello veniva adoperato come un mortaio per realizzare unguenti particolari che veniva-no essiccati ed usati come colliri (panini) come “la pomata di Onesto Lautino contro vecchie cicatrici” (Honesti Lautini diamisus ad veter[es] cica[trices])
La letteratura medica dell’epoca è ricca di trattati dedicati alla ginecologia ma non vi sono prove, ad eccezione di una fonte (cfr. Sorano, III, pr.), che attestino la professione di gineco-logi come medici specializzati. 
Nei parti aveva maggiore importanza la funzione dell’ostetrica mentre il medico svolgeva una azione di sostegno nei casi difficili. 
É probabile che i pochi medici donna di cui abbiamo testimonianze fossero specializzate pro- prio in ginecologia dove ci si avvaleva di strumenti abbastanza evoluti come lo speculum va-ginale.
Poiché, come per il medico generico, anche per lo specilista non esisteva alcuna formazione o autorizzazione pubblica, non mancavano ciarlatani che con poco spesa si inventavano strane specializzazioni come quella per rimuovere i marchi a fuoco di ex schiavi, per la bruciatura di ciglie o per le fratture o come quei specialisti delle malattie della pelle che affluirono numero-si dall’Egitto, per arricchirsi con le loro prestazioni ai romani colpiti da una epidemia di leb-bra.
L’odontoiatria non costituiva una specializzazione particolare molto diffusa ma era in genere esercitata dai chirurghi che la praticavano, in assenza di anestetici efficaci, in modo molto doloroso per i malcapitati. 
Inoltre le conoscenze del tempo permettevano di applicare protesi dentali e di sostituire i denti cariati con altri di avorio o metalli.
                                   
                                
                               
La medicina arrivò a Roma con la conquista della Grecia
Auruspicina etrusca e teorie mediche della Magna Grecia sono le fondamenta sulle quali nacque la medicina romana
Essa si sviluppò grazie all’apporto di conoscenze provenienti dalla Grecia; furono moltissimi, infatti, i medici greci che operarono nell’Urbe. 
Roma fare il medico era considerata cosa disdicevole, che poteva fare solo uno straniero. Siccome la Grecia, dopo la conquista romana, era poverissima per le numerosissime guerre che l’avevano dilaniata, ci furono numerosi medici che si vendettero come schiavi per poter andare a Roma ad esercitare la propria arte. 
Molti di questi divennero famosi e si comprarono la libertà, divenendo dei liberti
Nonostante la fiducia dei tradizionalisti i medici greci o forestieri si affermarono in Roma tanto che sia Cesare che Augusto concessero loro il diritto di cittadinanza e vietando che po-tessero essere rimandati ai loro luoghi d’origine.
I principali scrittori di medicina nel I e II secolo d.C. e medici famosi furono: il medico greco Pedanio Dioscoride, il primo botanico medico scientifico; il medico greco Arteo di Cappado- cia, un discepolo di Ippocrate; l’anatomista greco Rufo di Efeso, noto per i suoi stu di sul cuore e sugli occhi; il Greco Sorano di Efeso che pubblicò un trattato di ginecologia
il medico romano Aulo Cornelio Celso, autore di un’enciclopedia di medicina;
                     I Metodici (I sec. a.C.)
Si sviluppò a Roma nel I secolo a.C. e ebbe maggior fortuna. 
Il suo fondatore fu Temisone di Laodicea, allievo di Asclepiade di Prusa
Temisòne influenzò moltissimo la cultura medica romana
Asclepiade di Prusa (130 a.C.) svolse un ruolo importante nella diffusione della medicina greca a Roma nel I secolo a.C. 
Contrario alla teoria degli umoriAsclepiade sosteneva che il corpo fosse composto da parti-celle staccate, o atomi, separati da pori (canalicoli), e che la malattia fosse causata dall’alte-razione del moto ordinato degli atomi o dal blocco dei pori, che egli tentava di guarire tramite l’esercizio fisico, i bagni e le variazioni della dieta, piuttosto che con i farmaci. 
Questa teoria venne ripresa periodicamente e in varie forme fino al XVIII secolo
Fu un ottimo medico pratico e utilizzò abbondantemente le cure termali e l’idroterapia
Metodici si impegnarono duramente nel tentativo di classificare tutte le malattie e le cure al lora conosciute; le teorie degli Empirici furono il loro punto di partenza. 
Il più noto tra i Metodici fu Sorano di Efeso (I - II sec.), un medico greco che che registrò nozioni di ostetricia e ginecologia, apparentemente basate su dissezioni umane, e che, seb- bene aderisse alla scuola di Asclepiade, distingueva le malattie in base ai sintomi e al de-corso; pubblicò un trattato di ginecologia
Operò a Roma durante l’Impero di Traiano e di Adriano.
                    I Pneumatici (I sec. a.C.)
La dottrina dei Pneumatici si sviluppò a Roma al tempo di Nerone e Vespasiano (I sec. a. C.). Secondo i membri di questa scuola la base della vita è lo Pneuma, un agente capace di raggiungere ogni parte del corpo trasportato del sangue, producendo il “calore animale”
L’intuizione dei Pneumatici è notevole e anticipa la scoperta delle funzioni dell’ossigeno nello organismo. Agatino di SpartaArchigene di Apamea ed Erodoto sono i più noti esponenti dei Pneumatici.
                    Gli Eclettici (I sec. a.C.)
La scuola degli Eclettici convisse a Roma con quella dei Pneumatici nel I secolo a.C. 
Secondo gli Eclettici nessuna delle teorie mediche allora conosciute era del tutto convincen- te. Per questo selezionarono dalle altre dottrine le idee che ritenevano migliori, riunendole in un corpus personale
Tra gli Eclettici si ricordano Arteo di Cappadocia e Pedànio Dioscoride (I sec. D.C.), impor-tantissimo trattatista, fu il fondatore della botanica farmaceutica, e pubblicò un libro, intitola- to De materia medica, che rimase come base della farmacologia fino al primo ’800.
     AULO CORNELIO CELSO (Fine del I sec. a.C.)
Fu l’unico vero romano tra i grandi medici che operarono a Roma
Nacque alla fine del I secolo a.C. da una famiglia patrizia. 
Non fece parte di nessuna delle scuole mediche dell’epoca; nella pratica si rifaceva agli inse-gnamenti di IppocrateAsclepiade
Della sua immensa opera enciclopedica “De artibus” è arrivata fino a noi solo la sezione “De medicina”: un compendio di medicina in otto volumi. 
Celso (14 A.C.-37 D.C.) fece una sorta di enciclopedia medica in cui trattò argomenti di chi-rurgia, di medicina dal punto di vista di un erudito, piuttosto che da quello di un conoscitore dell’argomento, facendo un grande elenco di pratiche comuni a Roma
Descrisse i sintomi delle malattie in modo molto accurato: dalle sue parole possiamo ricono-scere disturbi noti e diffusi anche ai nostri giorni. 
Celso fu un punto di riferimento per i medici del Medioevo
Inventò una terminologia medica ancora usata nella medicina moderna
Da qui possiamo però farci un’idea dello sviluppo raggiunto dalla chirurgia in quell’epoca, so-prattutto in alcuni campi, quali l’odontoiatria. 
La chirurgia odontoiatrica è di origine etrusca, i quali erano abili dentisti: si hanno, infatti, im-magini di protesi dentarie, di impianti di denti. 
Grande importanza ebbe l’erboristica anche se, anch’essa, usata in maniera molto empirica.
                      GALENO (II sec. d.C.)
                                 Galeno
Il medico più importante e noto dell’epoca romana, che lasciò una traccia importantissima nella cultura occidentale, fu Galéno (131 D.C.-201 D.C.) il pergameno
Galeno di Pergamo, greco, fu il medico più rilevante di questo periodo; l’importanza di ques-to medico, nella storia della medicina antica, è seconda solo a quella di Ippocrate
                                                                     Ippocrate visita un bambino
Questi nacque a Pergamo intorno al 130 d.C. ed era figlio dell’architetto dei re, proveniva dunque da una famiglia facoltosa; studiò a Corinto, Smirne e Alessandria e dopo il tirocinio ad Alessandria passò a Roma, dove fece il medico dei gladiatori e di Marco Aurelio, acquisen do quindi una certa infarinatura anatomica, anche se, seguendo i concetti greci, si dedicò soprattutto alla dissezione degli animali. 
Tra questi i più studiati erano il maiale (“l’animale più simile all’uomo”, a detta di Galeno) e la scimmia. 
Galeno intuì l’importanza fondamentale degli organi e di molti anche il loro effettivo ruolo; ad esempio capì che le vesciche urinarie non producevano urina, ma che questa proveniva dagli ureteri (lo dimostrò legando gli ureteri), descrisse per la prima volta il nervo ricorrente. 
Ebbe molta importanza come medico pratico: basandosi sulle piante medicinali introdusse farmaci di grandissima importanza, ad esempio, l’uso della corteccia di salice, del laudano (tin tura di oppio) come anestetico. 
Però insieme a questi reclamizzò dei farmaci completamente inutili, tra cui la triaca che veni- va venduta nelle farmacie. 
Venne utilizzata fino alla fine del 1700. 
Nonostante le sue numerose intuizioni, poiché la teoria più accettata all’epoca era quella ip-pocratica, egli, pur con qualche introduzione di elementi estranei, sposò la teoria degli umo- riAnzi, esasperò l’aspetto terapeutico della materia peccans
Tra la materia peccans vi era il pus, che venne chiamato da Galeno “bonum et laudabile”, perché era espressione di materia peccans che doveva essere eliminata: aveva capito che il pus era una sostanza da eliminare. 
Purtroppo, però, soprattutto dagli epigoni di Galeno tale teoria venne sfruttata in senso stretto: dicevano infatti che le ferite non dovevano guarire per prima intenzione, ma doveva formarsi prima pus: era quindi necessario bruciare la ferita in maniera tale da provocare la sua formazione, perché solo così le ferite guarivano meglio. 
Tale concetto restò valido sino alla fine del 1500
Galeno portò, inoltre, alla esasperazione anche altre metodiche terapeutiche, quali il salas-so. Nel suo concetto introdusse anche il concetto metodista dei pori: ciò, però, fu travisato ed interpretato come un invito, fatto da Galeno, a non lavarsi. 
Rimase nell’Urbe fino alla morte, intorno al 200 d.C.
                                                                     Galeno e Ippocrate
Galeno descrisse i quattro sintomi classici dell’ infiammazione (rubor, dolor, calor, tumor, os-sia arrossamento, dolore, calore e gonfiore) e contribuì notevolmente alla conoscenza delle malattie infettive e alla farmacologia. 
La sua conoscenza anatomica degli esseri umani era incompleta, in quanto era fondata sulla dissezione delle scimmie.
Scrisse un enorme corpus di opere mediche
Galeno racchiuse tutto lo scibile medico dei suoi tempi in circa 400 opere; solo 83 di queste sono giunte fino a noi. 
La più nota è il “De arte medica”, una guida sintetica alla pratica medica che fu molto usata nel Medioevo
Alla base delle teorie di Galeno ci sono l’approccio clinico di Ippocrate e il metodo filosofico di Aristotele
Di Aristotele accetta il principio teologico, che riporta ogni effetto ad una causa. 
Tale principio era adottato anche dalla filosofia cristiana: ciò decreterà il grande consenso che Galeno raccolse nei secoli successivi.

Giuramento di Ippocrate

 
                                      
                                     
La nascita delle grandi civiltà classiche, la Greca e la Romana, segna una svolta importante nella storia della Medicina.
Infatti, è in Grecia che avviene la completa e definitiva emancipazione del medico dal sacer-dote o dallo stregone. 
Rinunciando ai legami con la magia o la divinità, a partire dal VI secolo avanti Cristo la medi cina greca pone in rilevo l'osservazione clinica e l'esperienza, concetti che saranno poi com-pletati e ulteriormente sviluppati dalla medicina romana.                 
LE CIVILTÀ CLASSICHE
LA MEDICINA DELL'ANTICA GRECIA
                              Asclepio                                      Statua di Asclepio ai Musei Capitolini di Roma
                         
Il Tempio di Esculapio a Villa Borghese
File:Rome-VillaBorghese-TempleEsculape.jpg    
    Rovine del Tempio di Asclepio - Epidauro (Grecia)                       
Gli albori della Medicina, nella Grecia antica, sono simili a quelli della maggior parte delle al-tre civiltà antiche: si tratta di una pratica magico-religiosa, che individua nella Divinità il medi-co/taumaturgo al quale rivolgersi per la risoluzione dei problemi. 
Apollo e poi Asclepio (Esculapio) sono i primi "medici" greci
A loro si deve, secondo la leggenda, anche il simbolo dell'Arte Medica, il caduceo
I loro santuari erano veri e propri centri di cura, dove si prescrivevano terapie basate su esercizi, diete e pratiche terapeutiche come l'incubazione onirica: i malati dormivano nei pres si di un tempio, in un recinto sacro (άβατον) nella speranza che il dio li visitasse in sogno per guarirli. 
È probabile che, tra le cure praticate, vi fosse la trapanazione cranica.
                       
Nell'antica Grecia la medicina veniva praticata anche nei ginnasi, luoghi dove i giovani veni-vano formati culturalmente e fisicamente, nelle palestre, dove si allenavano gli atleti veri e propri. 
Entrambi consentirono un certo sviluppo della chirurgia, in seguito alle lesioni in cui sovente gli atleti incorrevano nell'esecuzione degli esercizi fisici. 
Tutti coloro che lavoravano in queste strutture avevano conoscenze abbastanza approfondi-te o private, gli ιατρεία (jatreia), venivano consultati solo nei casi più gravi
Le prime Scuole Mediche nascono in Magna Grecia, a Crotone, ed in Sicilia.
Alcmeone di Crotone, caposcuola della prima, vissuto intorno al 500 a.C., forse allievo di Pitagora, per primo distinse tra intelletto e percezione e stabilì nel cervello la sede del pri-mo. Ad Empedolcle di Agrigento, massima espressione della seconda scuola, coetaneo di Alcmeone ed anche lui, forse, allievo di Pitagora, si attribuisce la scoperta del labirinto dello orecchio interno.                          La Civiltà dell'Antica Grecia
                                                                                  

Ma le Scuole Mediche greche più conosciute e famose sono, però, quella di Cnido e di Cos
Esse erano separate solamente da poche decine di chilometri, quanto misura il braccio di ma re posto tra l'isola di Cos nel Mar Egeo e la costa della Caria (Asia Minore).
La Scuola di Cnido dette grande importanza allo studio dell'anatomia sugli animali, mentre il concetto di patologia era ancora piuttosto rudimentale ed anche la terapia era poco svilup- pata. Di questa scuola furono maestri Eurifone e Ctesia.

La Scuola di Cos, nell'isola omonima, contigua al tempio di Esculapio, pone in primo piano l'osservazione diretta del malato.
Nasce qui il concetto di "clinica" e di "diagnosi", sulla base delle quali impostare la terapia.
Fondatore e personaggio di maggior spicco della scuola fu Ippocrate [vedi Biografia in I Gran di Maestri], universalmente riconosciuto come il "Padre della Medicina".
L'insieme dei libri che gli sono attribuiti va sotto il nome di Corpus Hippocraticum o Collectio Hippocratica: si tratta di 53 opere per un totale di 72 libri, che furono raccolti dai bibliotecari alessandrini nel III secolo a.C., che senz'altro raccolgono i contributi non solo di Ippocrate ma anche dei suoi allievi e di molti anche della scuola di Cnido.
Dei trattati a lui sicuramente attribuiti (Sull'antica medicina; Sulle arie, le acque e i luoghi; Sulla malattia sacra; Prognostico; Sul regime delle malattie acute; Epidemie; Aforismi; Sulle ulcere; Sulle articolazioni; Sulle fistole; Sulle fratture; Sulle emorroidi; La legge ed il Giuramen to) tre interessano la pratica chirurgica: Sulla chirurgia, Sulle ferite al capo e Sugli strumenti di riduzione.

                                        
Secondo Ippocrate compito del chirurgo deve essere in primo luogo l'apprendimento, non solo quello teorico, ma anche e soprattutto quello che la pratica può fornire.
... In primo luogo, conoscere le cose simili e le cose dissimili, quelle connesse con le cose più im-portanti, il più facilmente conosciute e in qualunque modo conosciute; quali devono essere viste, toccate e udite; quali devono essere percepite con la vista, e con il tatto, e con l'udito, e con il na-so, e con la lingua, e con l'intelletto ... (La Chirurgia, 1).
Per quanto riguarda le ferite craniche, è necessario anzitutto conoscere non solo l'anatomia e anche le diversità anatomiche.
... Le teste degli uomini non sono affatto tutte uguali, né le suture della testa di tutti gli uomi- ni sono costruite nella stessa forma ... (Sulle ferite alla testa, 1).
Esistono aree del cranio più resistenti agli urti (osso dietro il vertice, intorno all'orecchio), es-sendo colà l'osso più spesso o maggiormente coperto da tessuti molli ed altre meno resis-tenti (bregma; regione tra l'aricolazione mandibolare ed il meato acustico esterno; tempie), ri sultando formate di osso più sottile, meno ricoperto di tessuto carnoso, o percorse da grossi vasi (tempie), e cui sottostà una ampia porzione del cervello. 
E conseguentemente, le lesioni in queste ultime aree sono gravate da una prognosi più grave.
... E quindi accade che da analoghe o persino minori ferite e meccanismi, quando una persona è ferita allo stesso o in minor grado, l'osso della testa là risulta più contuso, fratturato e infossato; e che là le lesioni sono maggiormente mortali e più difficili da curare; ed è più difficile conservare la sua vita se le lesioni colpiscono quelle aree piuttosto che qualunque altra parte della testa ... (Sulle ferite alla testa, 2).
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Il punto debole dell'osso, ovunque disposto, risulta però essere la sutura ossea.
La diagnosi si deve sostanziare di un'attenta indagine anamnestica per comprendere quale sia stato l'origine della ferita; il "mezzo" che l'ha provocata; se ha manifestato sintomi di gra-vità della ferita.... se la persona ferita è rimasta tramortita e se l'oscurità si è diffusa sopra i suoi occhi e se ha avuto vertigini ed è caduto a terra ... (Sulle ferite alla testa, 11).
Seguirà un'indagine ispettiva accurata della ferita al letto del malato. 
Il medico deve distinguere tra suture craniche e fratture, poiché... la frattura che si presen- ta a livello della suture è anche un allentamento delle sutura e non è facile capire se l'osso è rot- to ed allentato dalla dentellatura di un'arma che ha colpito sulla sutura, o da una contusione dell'osso a livello della sutura ... (Sulle ferite alla testa, 12).
E la distinzione non è di poco conto, poiché la lesione sarà più grave se sono state colpite le suture... perché una persona con una ferita della stessa estensione, o anche molto minore, e pro vocata da armi delle stesse dimensioni e qualità, e perfino molto più piccole, subirà una lesione as sai più ampia, se ha ricevuto il colpo alle suture, piuttosto che non altrove... (Sulle ferite alla tes ta, 12).
E l'ispezione deve coinvolgere il tatto, anche se, spesso, l'esplorazione digitale dell'osso non riesce a dirimere il dubbio diagnostico... poiché la sutura, essendo più ruvida rispetto al restante osso, provoca confusione e non è chiaro quale è la sutura e quale è il segno inflitto dall'agente, a meno che quest'ultimo (hedra) sia ampio. 
La frattura inoltre per la maggior parte è unita con la dentellatura quando si presenta nelle su-ture; e questa frattura è più difficile da distinguere quando l'osso è rotto, in considerazione di questo, che se c'è una frattura, è situata per la maggior parte sulla sutura ... (Sulle ferite della testa, 12).
e perchè, una volta impostata la terapia, possono essere compiuti errori anche fatali.
... E molti di questi richiedono trapanazione, ma non dovete applicare il trapano sulle suture stesse, ma sull'osso contiguo ... (Sulle ferite alla testa, 12)
                                   
Ippocrate propone la seguente classificazione delle lesioni craniche traumatiche
1. Frattura e contusione; 
2. Contusione senza frattura; 
3. Frattura ed infossamento; 
4. Tacca ossea (con frattura e contusione); 
5. Lesione a distanza. 
Per quest'ultima evenienza, che nessun esame riesce ad accertare, non vi è rimedio.
Ippocrate consiglia la trapanazione per:

... la contusione, se l'osso è posto a nudo oppure no; e la fenditura, se apparente oppure no. E se, quando una rientranza, prodotta da un'arma in un osso, è accompagnata da una frattura e da contusione, ed anche se la contusione da sola, senza frattura, è combinata con l'infossa- mento ... (Sulle ferite alla testa, 9).
La tecnica, che prevede l'uso di raschietti (raschia-periostio) e di trapani di fogge differenti, deve essere praticata usando, però, alcuni accorgimenti, come prestare massima attenzione se si tratta di un giovane (ossa più sottili e meno coperte dai tegumenti) e, durante l'inter-vento, immergere soventemente il trapano in acqua fredda.
... E nel trapanare dovete levare frequentemente il trapano, a causa del riscaldamento dell'osso, e immergerlo in acqua fredda. 
        Questo strumento, chiamato ‘terebra’, era usato al tempo degli antichi Greci per produrre piccoli fori nel cranio
                                   Terebra
Poiché il trapano si riscalda girando in tondo e riscalda ed asciuga l'osso, lo scotta e porta alla ca-duta intorno al taglio di un frammento di osso più grande di quanto si vorrebbe... (Sulle ferite alla testa, 21).
Per le ferite aperte del cranio, soprattutto se l'osso manifesta una frattura frammentata, è meglio "attendere" l'intervento della natura.
                   Strumenti per la trapanazione
Innanzitutto bisogna aver cura di mantenere la ferita pulita (con acqua pulita o vino) e asciut ta, allo scopo di accelerare il processo di necrosi delle parti non più vitali e la caduta sponta-nea dell'escara. 
Gli impacchi (farina polverizzata finemente impastata con aceto, o bollita in modo da renderla glutinosa il più possibile) vanno applicati intorno alla ferita, più che non su di essa. 
I frammenti ossei saranno, infatti, sospinti verso l'alto dalla sottostante tessuto granulativo (riparativo), e quindi asportabili più facilmente con minor rischio e la guarigione avverrà più prontamente.
... E non dovete trapanare, né correre alcuni rischio nel tentare di estrarre i frammenti di ossa, fi-no a che non si sollevino spontaneamente ... (Sulle ferite alla testa, 17).
Il bendaggio di Ippocrate è il bendaggio arrotolato intorno alla testa, che è attualmente e comunemente usato in neurochirurgia e... nel caso della testa, i giri devono essere fatti princi- palmente sulla parte più piana della testa, con la minore obliquità possibile, di modo che la parte più compatta, che è applicata per ultima, può fissare le parti che sono più mobili ... (La Chirurgia, 9).
                                           
Ma quando la ferita ricevuta è mortale, o non può essere curata, ma la prognosi è infausta, o quando il danno non è stato scoperto per errore o la terapia chirurgica non è stata applicata correttamente, ci si può fare un'opinione dell'avvicinarsi della morte del paziente, e prevede-re che cosa deve accadere dai sintomi che quella persona avverte. 
Si attua, qui, l'introduzione di due concetti fondamentali della medicina moderna, quello di "prognosi" e quello di "esito" finale della malattia. 
È interessante, inoltre, la rilevazione della lateralità opposta tra lesione e parte del corpo colpita dalle convulsioni.
... di solito compare la febbre se d'inverno e di estate la febbre sale solitamente dopo sette giorni. 
E quando questo accade, la ferita perde il suo colore e l'infiammazione scompare in essa; e diven- ta glutinosa e sembra una salamoia, essendo di un colore bronzeo e talvolta livido; e l'osso allora comincia a necrotizzare e dove prima era bianco diviene nero ed in fine pallido ed decolorato. 
Ma quando in lui la suppurazione si stabilisce completamente, piccole bolle si formano sulla lingua ed egli muore preso da delirio. 
E, in gran parte, le convulsioni prendono l'altro lato del corpo; perciò, se la ferita è situata dalla parte di sinistra, le convulsioni prenderanno la parte di destra del corpo; o se la ferita è dalla parte destra della testa, le convulsioni prenderanno la parte di sinistra del corpo. 
Ed alcuni diventano apoplettici. 
E muoiono così prima della conclusione di sette giorni, se d'estate; e prima di quattordici, se d'in-verno ... (Sulle ferite alla testa, 19).
                          
                         
Ippocrate si interessò anche di midollo spinale del quale, nelle sua opera Sulle Articolazio-ni, fornì importanti informazioni di anatomia e patologia.
In campo anatomico, il grande medico greco descrisse con precisione i segmenti e le curvatu re fisiologiche della colonna; la sua vascolarizzazione e le sue relazioni anatomiche con la re te vascolare circostante; la struttura delle vertebre ed i muscoli che ad esse si attaccano.
In campo patologico, Ippocrate analizzò un gran numero di malattie ed infermità, la cifosi post-traumatica, la scoliosi, i traumi e le dislocazioni vertebrali e le fratture dei processi spi-nosi, come la spondilite tubercolare.
In campo terapeutico, per le lesioni della colonna, ideò due "metodi" terapeutici, chiamati la scala di Ippocrate e lo scamnum Hippocraticum, entrambi con la funzione di "stirare" la colon na. Questi due presidi, logicamente con le opportune modifiche, sono tutt'ora in uso.
                                  Riduzione di una lussazione della spalla con dispositivo Ippocratico
Lo scamnum Hippocraticum era il metodo d'elezione, secondo Ippocrate, per ridurre le frattu re vertebrali e le fratture-dislocazioni.
Era costituito da una spessa tavola di legno, saldamente ancorata al suolo, a mo' di panchi-na. Il paziente vi era fatto sdraiare a faccia in giù e legato, con corregge di cuoio, alle spalle e ai piedi. 
Le mani restavano parallele al corpo. 
Le corregge erano collegate a due argani contrapposti, manovrate da assistenti, per modo ché, agendo su di essi, si poteva esercitare una trazione variabile sulla colonna a partire dal-le spalle o dai piedi. 
                         
Quando il paziente era nella giusta "trazione", l'operatore procedeva all'operazione di com-pressione premendo con forza con le mani sulle vertebre interessate (o sul segmento verte-brale) oppure sedendovici sopra e saltellando ritmicamente. 
Ma lo scamnum, tuttavia, durante l'epoca Medioevale e fino a qualche secolo fa, trovò impie-go, con opportune modifiche, anche nelle sale di tortura, con il nome di tavolo da stiramento.
La scala ippocratica era una normale scala, alla quale il paziente veniva strettamente legato con cinghie di cuoio. 
La scala veniva poi sollevata ad una determinata distanza dal suolo ed il paziente vi restava appeso a testa in giù. 
Ciò provocava un allungamento passivo della colonna vertebrale, sottoposta ad allungamen- to da parte della forza di gravità ("trazione da gravità"), con conseguente dilatazione degli spazi intervertebrali. 
La posizione assunta dal paziente causava anche benefici effetti sulla circolazione del san-gue e sulla distensione di alcuni muscoli e legamenti. La pressione ridotta dei dischi interver- tebrali era spesso sufficiente a risolvere il dolore alla schiena.
L'atteggiamento ippocratico nei confronti della patologia vertebrale predilige la medicina ed il trattamento conservativo, piuttosto che l'aggressività chirurgica. 
Anzi, Ippocrate stesso pone in guardia dall'accettare, soprattutto per le dislocazioni anterio-ri, le terapie "chirurgiche" di alcuni "ciarlatani" suoi contemporanei, terapie che potevano con siderarsi perlomeno azzardate in pazienti con un danno tanto grave.
                                         
... è evidente che, in tali casi, le dislocazioni non possono essere ridotte né con la percussione né in alcun altro modo, a meno che non si apra il paziente e quindi, avendo introdotto la mano in una delle grandi cavità, si spinga da dentro verso il fuori, cosa che può essere fatta su un corpo mor-to, ma assolutamente non praticabile nel vivente.
Perché, allora, io scrivo ciò? 
Perché alcune persone favoleggiano di avere curato pazienti con una dislocazione completa ante-riore della vertebra. 
Anzi, qualcuno suppone che questa sia la dislocazione più facile da trattare e che tali casi non ne-cessitino di riduzione, ma vadano bene spontaneamente. 
Molti sono ignoranti e traggono vantaggio dalla loro ignoranza, perché ottengono merito per quelle cose da essi... (Sulle Articolazioni, 46).
                               
Gli strumenti impiegati dagli antichi chirurghi greci erano confezionati in ferro, rame e bron-zo. Comprendevano, oltre naturalmente a bisturi di varie fogge, pinze da presa e leve, ras-chietti per l'osso (raschia-periostio), il πρίων [lat., terebra] (trapano, drill), impiegato soprat- tutto per fare dei piccoli fori in cerchio intorno all'osso infossato, la quale veniva fatta ruotare grazie ad una piccola correggia o un travicello disposto a croce.
Allo stesso scopo fu impiegato il τρΰπανον (trapano), simile alla terebra. 
I ponticelli ossei tra le perforazioni erano poi rimossi utilizzando bisturi o scalpelli, in modo da rimuovere una rondella di osso.
                         Strumentario chirurgico rinvenuto ad Epidaurio (Grecia) presso il Tempio di Esculapio
        
Quattro modalità di trapanazione: 1 – Raschiamento; 2 – Solco; 3 – Perforazione; 4 – Tagli
                              
Un altro strumento abbastanza usato fu il trapano dentato (πρίων χαρακτός, lat. terebra ser rata)
Esso consisteva in un cono di metallo con il bordo dentellato e un perno al centro che si continuava con un manico cilindrico, lungo alcuni centimetri. 
Il manico, posto tra le palme delle mani, veniva fatto ruotare in un senso e nell'altro. 
Era il prototipo del trapano moderno.
                   
I precetti impartiti dalla scuola di Ippocrate e dalle altre scuole mediche greche, nel III se-colo a.C., vennero raccolti dai bibliotecari della più grande biblioteca allora conosciuta, la Biblioteca di Alessandria d'Egitto
Qui, a partire dal III secolo a.C., si sviluppa una delle più importanti scuole mediche del mondo ellenico ed ellenistico, la Scuola di Alessandria, che influenzerà abbondantemente la medicina greca del tempo e quella romana a venire.
La Biblioteca di Alessandria d'Egitto
                                   
Merito della scuola alessandrina è di aver aperto le porte all'esperimento biologico, inizian- do studi sistematici su sezioni anatomiche ottenute con la pratica della vivisezione su anima-li. Prima della Scuola di Alessandria fu però il filosofo Aristotele, definito da molti come il fondatore dell'anatomia comparata, ad intraprendere questo genere di studi fondendo scien za e filosofia in ragionamenti basati sui suoi famosi sillogismi: studiò a fondo l'anatomia con particolare attenzione per il sistema nervoso e per il cuore. 
                                    Aristotele                                                  Schema esemplificativo del sillogismo                
       
Ne fanno testo le numerose opere al riguardo: 
Storia degli animali, in 10 libri, seguita e completata da Sulle parti degli animali (4 libri), 
Sul movimento degli animali, 
Sull'andatura degli animali e l'ampio Sulla generazione degli animali (5 libri)
Una serie di brevi opere è raccolta sotto il titolo latino di Parva Naturalia, ossia "piccoli scritti naturali", e comprende opuscoli sulla sensazione, 
sulla memoria, 
sui processi onirici, 
sulla respirazione, 
sulle fasi della vita.                                            
I due esponenti di maggior spicco della Scuola di Alessandria furono Erofilo di Calcedonia ed Erasistrato di Ceo.
Erofilo di Calcedonia, considerato il padre dell'anatomia, praticando ampiamente la dissezio ne, anche pubblica, studiò a lungo l'anatomia del cervello, descrivendone accuratamente le varie parti (il ventricolo, il talamo, i seni venosi)
Descrisse tra l'altro, la confuenza dei seni, struttura che porta oggi il suo nome (torculare di Erofilo)
Ciò lo portò a rigettare la tesi cardiocentrica aristotelica ed a considerare il cervello come il centro del pensiero, della sensibilità e dei movimenti. 
Distinse fra vasi sanguigni, tendini e nervi, che mise in connessione con l'encefalo, e, per i nervi, tra nervi sensitivi e nervi motori. 
Dette pure descrizioni accurate dell'anatomia degli organi genitali, dell'occhio e delle varie parti dell'intestino: ancora oggi sono in uso alcuni nomi da lui introdotti, come per esempio il duodeno.
Il suo allievo, Erasistrato di Ceo continuò e perfezionò gli studi anatomici del maestro, ma si applicò più compiutamente alla fisiologia e alla patologia. 
Fece distinzione tra cervello e cervelletto, studiò le circonvoluzioni della corteccia cerebrale e, avendo notato diversità nei vari animali e nell'uomo, le mise in relazione con il grado d'intelli-genza dell'individuo. 
Erasistrato di Ceo fisiologo, utilizzando la vivisezione, intuì la diversità di funzione tra le radi ci anteriori dei nervi spinali (fondamentalmente deputate a trasmettere l'impulso motore ai muscoli) e quelle posteriori (destinate a ricondurre al midollo spinale gli stimoli ricevuti dalla periferia).
All'interno della scuola di Alessandria, tra il 270 ed il 220 a.C., prese corpo la Scuola empirica, che ebbe come massimi esponenti Filino di Cos e Serapione di Alessandria
Gli empirici, contrapponendosi all'indirizzo eccessivamente sperimentale ed allo sterile dog-matismo che i discepoli di Erofilo ed Erasistrato avevano imposto alla scuola di Alessandria, ritenevano che le conoscenze di ciascuno dovessero derivare solamente dalla propria epe-rienza pratica e non anche dall'apprendimento della esperienza altrui.
L'esperienza si basava essenzialmente su tre punti: 
l'autopsia (cioè la diretta osservazione)
l'historicon (la storia delle osservazioni proprie e altrui),
 l'analogia (il confronto).
I membri della scuola empirica si distinsero nella chirurgia, nel trattamento delle ferite e nel-la tecnica delle fasciature, ma considerarono del tutto marginali lo studio dell'anatomia e della fisiologia. 
Considerando solo la particolarità e la localizzazione della singola patologia, persero di vista il concetto di malattia come espressione di un generale malessere dell'organismo.       
Il faro di Alessandria - III secolo a.C.
Curiosità
1 I templi/santuari dedicati ad Asclepio, i cosiddetti Asclepiei, il più antico e famoso dei quali era in Epidauro (Argolide, Grecia), erano costruiti presso una fonte o un pozzo, ed erano circondati da un bosco sacro e dal sacro recinto, dove chi chiedeva al dio la guarigione, doveva dormire, chiamato άβατον = luogo sacro. Sappiamo poco sulla prassi medica seguita in quei luoghi, anche a causa dei misteri che la circondavano. I malati passavano una notte nell'άβατον; se erano fortunati, venivano visitati in sogno dal dio e, al risveglio, risultavano guariti. La storia delle guarigioni veniva incisa su tavole di pietra, lasciate in loco a memoria del miracolo avvenuto (sono i precursori dei moderni "ex voto").
2 ιατρείον (jatreiov), del quale ιατρεία (jatreia) rappresenta il plurale, è un termine greco della Ionia che indica lacasa del medico, oppure la clinica, il luogo dove si cura il malato.
3 La cultura greca antica aveva un rispetto assoluto per i cadaveri dei defunti, quindi non v'era alcuna possibilità di studiare l'anatomia umana esercitandosi direttamente sul cadavere.
4 In realtà l'uso di un banco per trazione è già citato nel Srimad Bhagwat Mahapuranam, un antico poema epico, mitologico e religioso indiano, scritto probabilmentre tra il 3500 e il 1800 a.C. Vi si narra che il dio Krishna usasse un dispositivo simile per correggere la gobba di uno dei suoi discepoli.
5 Ad Alessandria, nel III secolo a.C., la dissezione del cadavere era permessa.
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E... non finisce qui
Pubblicato su Blogger oggi 19 gennaio 2013 alle ore 23,14 da: Giuseppe Pinna de Marrubiu

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