LA MEDICINA OMERICA
Articolo informativo di Giuseppe Pinna de Marrubiu per S. O. S. - “Osteomielitici d’Italia” Onlus «Centro Servi zi Informativi On-line per Pazienti Osteomielitici e non»; che ci addentra in un percorso storico, narrandoci che: "durante il corso dei secoli la medicina ha attraversato diversi stadi che, secondo gli storici vecchi e nuo vi, sono i seguenti: medicina istintiva, medicina sacerdotale, medicina magica, medicina empirica, medicina scientifica".
STORIA DELLA MEDICINA
LA MEDICINA OMERICA
(dal 3600 a.C.)
É del tutto a noi chiaro fin dai primordi che l'uomo, ha dovuto fronteggiare la malattia.
Ma se la malattia veniva dagli dèi, ecco che un buon dio tra di essi dà all'uomo l'arma con cui com batterla: la medicina.
Noi tutti sappiamo che Asclepio (Esculapio) era il dio della guarigione e della salute, educato dal centau ro Chirone, che gli insegnò a sanare tutti i mali.
Apollo, Chirone e Asclepio - da un affresco pompeiano
I primi medici furono i due figli di Asclepio ricordati da Omero, Podalirio e Macaone.
In Omero (VIII sec. a.C.), difatti, si trovano i primi riferimenti alla malattia della letteratura occidentale.
Siamo così altrettanto soliti considerare la Medicina greca come il momento iniziale dell'arte medica occiden tale che, di conseguenza, questa nient'altro è che la Medicina contemporanea.
Eppure, la Medicina greca non rappresentò, a sua volta, che il punto di arrivo di esperienze antecedenti di millenni, relative principalmente alle civiltà assiro-babilonese, indiana ed egizia, le quali emergono chiara mente dalle prime documentazioni di una medicina in terra ellenica, databili alla guerra di Troia (XIII secolo a.C.). (Nella mitologia greca, la guerra di Troia fu una sanguinosa guerra combattuta tra gli Achei e la potente città di Troia, presumibilmente attorno al 1250 o al 1194 a.C., nell'odierna Turchia).
Questa storia della Medicina greca non poteva quindi non partire dalle notizie che -pur con le dovute riserve circa la loro attendibilità- il grande rapsodo Omero ci ha lasciato nei suoi due più celebri poemi epici -l'Iliade e l'Odissea- in merito alle ferite dei combattenti, al loro trattamento, ai medici che operarono nei due schiera menti, primi tra i quali Podalirio e Macaone, figli come già detto, nientemeno che del grande Asclepio, il qua le sarebbe poi assurto alle glorie dell'Olimpo. Medicina e Sanità - Nelle prime fasi la medicina occidentale era una medicina teurgica, in cui la malattia era considerata un castigo divino, concetto che si trova in moltissime opere greche, come l'Iliade.
Asclepio
Sarebbe errato credere che Asclepio (Esculapio) sia stato un personaggio mitico.
Asclepio, dio greco della medicina, Esculapio per i Romani.
Difatti, nel I libro dell'Iliade il dio Apollo, sdegnato contro Agamennone, duce degli Achei che da 10 anni assedia la città di Troia, provoca una epidemia del campo degli assedianti.
Xilografia del Maestro del Virgilio di Gruninger – Il cavallo di Troia – Lione, 1529
Omero
Macaone e Podalirio curano la ferita di Menelao, causata da una freccia di Pandaro. Opera tratta dal Diario medico.
Statua di Podalirio
Solo oltre mezzo millennio dopo Asclepio i filosofi cominceranno ad interrogarsi sulla natura delle cose e dell'Uomo, sulla costituzione dei corpi animati, sul significato della vita e della morte, sulle cause delle malat tie e sul modo di curarle.
Nel II libro, Omero ricorda lo sfortunato caso dell'eroe Filottete, che morso da un serpente, riporta una ferita al piede che diventa una piaga dolorosa e maleodorante e viene abbandonato dai compagni nell'isola di Lemnos. Urna con Ulisse e Filottete nell'isola di Lemnos
Circa 300 anni dopo il tragediografo greco Sofocle (V sec. a.C.) scriverà una tragedia sul caso di Filottete.
Comunque, ben sappiamo che in tutta l'Iliade si trovano numerosi riferimenti anatomici la cui precisione sor prende, considerata l'epoca a cui risalgono.
Nelle Trachinie, Sofocle descrive la morte di Eracle, dovuta ad una veste avvelenata (o infetta) donatagli dal la moglie Deianira, nel tentativo di riconquistarlo.
Ercole e Deianira
Allo scoppio della Guerra del Peloponneso una terribile epidemia infuriò ad Atene; la malattia fu descritta da Tucidide ma tutt'oggi non è stata ancora identificata.
L'enigma del morbo di Tucidide
Nel II libro della Guerra del Peloponneso Tucidide descrisse il morbo che sconvolse Atene nel 430 a. C. Infatti molti studiosi dell'età moderna, filologi e medici, hanno analizzato il racconto dello storico greco nel tentativo di dare un nome alla malattia.
Presupposto a questi studi è l'attendibilità di Tucidide, scrittore che si avvale di uno studio rigoroso dei fatti e che interpreta razionalmente gli eventi, senza ricorso a cause o interventi soprannaturali.
Tucidide inoltre fu testimone in prima persona del morbo, essendone stato colpito egli stesso, e si propose esplicitamente di fornirne una descrizione dettagliata, affinché altri potessero riconoscerlo, se in futuro si fosse ripresentato.
Il morbo, descritto dettagliatamente nel cap. 49 del II libro, presentava il seguente quadro clinico: i malati im provvisamente erano colti da forti calori (thermai) alla testa, da arrossamento (erythemata) e bruciore (phlo gosis) agli occhi.
Il faringe e la lingua, diventavano rosse come il sangue (haimatodes) e l'alito disgustoso (atopos) e maleo dorante (dysodes).
Successivamente sopraggiungevano starnuto (ptarmos) e raucedine (branchos) e forte tosse (bex).
Allorché la malattia si fissava all'orifizio dello stomaco (kardia) e si verificavano evacuazioni di bile (chole), conati di vomito (lynx kene) e violenti spasmi (spasmos).
Il corpo non era troppo caldo, né giallo, ma arrossato, livido e cosparso di piccole bolle o pustole (phlyk taina) e di ulcere (helkos).
I malati internamente si sentivano bruciare tanto da non sopportare addosso vestiti e lenzuoli e si gettavano nell'acqua fredda, spinti da una sete (dipsa) inestinguibile. Inoltre vi era una continua impossibilità (aporia) a riposare e insonnia (agrypnia).
I più morivano in settima o nona giornata, se si superava questa fase, la malattia scendeva nell'intestino (koilia), dove provocava una grave ulcerazione (helkosis) e violenta diarrea (diarrhoia).
Il male colpiva anche i genitali (aidoia) e le punte delle mani e dei piedi, e molti la scampavano perdendo queste parti e alcuni anche gli occhi.
Una amnesia (lethe) prendeva quelli che tra tutti si erano appena ripresi.
Le ipotesi sulla malattia di Tucidide sono state varie, comprendendo malattie virali e batteriche, stati tossici, oppure, anche, combinazioni tra questi.
L'elenco delle malattie proposte comprende: vaiolo, tifo, peste, febbre tifoide, morbillo, scarlattina, ergotismo, morva, leptispirosi, tularemia, influenza complicata da sindrome da shock tossico, febbre di Rift Valley, febbre di Lassa.
Tuttavia malgrado i numerosi studi, la malattia di Tucidide non è stata ancora oggi identificata.
...Ma sarebbe opportuno fare un passo indietro
I primi elementi dell'antichissima medicina greca, che raccoglieva precedenti esperienze dalle civiltà preelle niche fiorite sia a Creta e nell'Egeo, li si può ritrovare nell'attenta lettura delle imprese che Omero ci ha così tramandato.
Difatti, nell'Iliade egli descrive ben 147 ferite...
della testa,
del collo,
del torace,
della colonna vertebrale.
Di esse, 106 sono prodotte da lance (con una mortalità dell'80%), 17 da spade (tutte mortali), 12 da frecce e 12 da fionde (con una mortalità rispettivamente del 42% e del 66%).
Il poeta descrive inoltre: una frattura del femore e parla della prognosi di alcune malattie, riporta tecniche di intervento, di fasciatura, di emostasi, di anestesia, di estrazione di frecce e giavellotti, prospettando alcune interessanti ipotesi di fisiologia e usa non meno di 150 termini anatomici.
Strumentario chirurgico rinvenuto al tempio di Asclepio (V-IV sec. A.C.), oggi al Museo Archeologico
STRUMENTI CHIRURGICI
Ed è sempre Omero a parlare, a proposito dell'assedio di Troia, di "esimi medici" che operano nell'una e nel l'altra schiera, citando lo stesso Asclepio (che non era ancora assurto a dio) e dei suoi due figli Podalirio e Macaone, che militavano rispettivamente come medico e come chirurgo nelle file de gli Achei.
Rari sono, specie nell'ultima parte dell'Iliade e nell'Odissea (scritta posteriormente), gli accenni agli incante simi e alle pratiche occulte, mentre numerose sono le piante medicinali citate, anche se non di tutte si riesce a cogliere l'identità.
La medicina omerica è insomma poco magica e sacerdotale, anche se Apollo e gli altri dèi non mancano di apparire di tanto in tanto personalmente per dispensare - a seconda delle opportunità - malattie contagiose o prodigiose guarigioni.
Le cognizioni anatomiche della medicina omerica sono ancora piuttosto rudimentali se si escludono quelle riguardanti le ossa, i muscoli e le articolazioni, pur non mancando osservazioni piuttosto acute, come quan do il Poeta fa riferimento alle contrazioni cardiache di un ferito, così violente da far pulsare un oggetto infisso nella parete toracica, o quando accenna alla topografia degli organi del torace e dell'addome.
I medici del tempo di Omero erano certamente tenuti in alta considerazione, se nell'Odissea è detto aperta mente che "il medico è un uomo che vale più di tanti altri e non ha pari nel cavar dardi dalle piaghe e spar gerle di balsamiche stille".
Il culto di Asclepio si diffuse rapidamente in tutta l'Ellade, e in poco tempo furono eretti in suo onore non me no di 200 templi (asclepieia).
Non tutti sanno che Asclepio era in realtà un principe della Tessaglia che visse durante la guerra di Troia (XII secolo a.C.) e che, come già detto, ebbe anche dei figli: Podalirio e Macaone (due fratelli) e... Igea e Panacea (due sorelle) . Statua di Igea, copia romana da originale greco del 290 a.C., in marmo pentelico; ritrovata nel 1876, ora nei Musei Capito lini. Qui sotto raffigurazione di Panacea
Castello di Bodrum, torre del serpente, piano superiore, statuetta di Igea e Asclepio
Asclepius et Igea - bassorilievo
Asclepio e sua moglie Epione, rilievo votivo. 400 a.C.
Quando Asclepio morì, essi gli eressero un'ara votiva e ne divennero i sacerdoti.
Poi i figli dei figli, e così via, continuarono questo culto, che si diffuse a macchia d'olio oltrepassando i confini della Tessaglia, estendendosi al Peloponneso.
Culto che nel IV secolo penetrò in Asia Minore, dove in onore di Asclepio fu eretto il celebre superbo e (oggi rovinoso) tempio di Pergamo.
Altri ruderi del Tempio di Asclepio
Bambino malato al tempio di Esculapio
Così, dai discendenti di Asclepio (Asclepìadi) nacque una casta alla quale era devoluto tra l'altro l'insegna mento della medicina e l'esercizio e medico.
I templi eretti in suo onore possono essere considerati una sorta delle prime espressioni di una ospedalità privata così come il simbolico bastone.
Spesso il bastone di Asclepio è confuso con il caduceo di Ermes (vedi foto sulla sinistra).
Bastone-serpente spesso rappresentato in compagnia di un gallo, perché gli si sacrificava in genere... dei volatili: "Dobbiamo un gallo a Esculapio" sovea dicere Socrate prima di morire, per provare che egli non era affatto irreligioso.
Particolare estrapolato da un bassorilievo rinvenuto nel tempio di Asclepio) che è una specie di ex voto: queste offerte votive solitamente rappresentavano la parte del corpo che era stata guarita. Atene, Museo Archeologico Nazionale
In quanti sanno che Ippocrate viene considerato il diciottesimo discendente diretto di Asclepio?
Così come che nei templi di Asclepio il paziente sottostava ad un periodo preparatorio, prima di essere sotto posto al trattamento medico vero e proprio, dedicato quasi interamente all'igiene del corpo e ad una dieta particolare.
Una volta "purificato", veniva ammesso al sacro recinto, dove vigevano regole igieniche e dietetiche ancora più severe. Anche pregare la dea Igea, che aiutasse a espletare il bisogno qualora si presentasse difficoltoso.
A questo punto gli era concesso di dormire nell'àbaton, sotto i portici del tempio, ed in questo recinto avveni va l'incubatio, cioè il sogno profetico.
Il paziente disteso su pelli di capra, durante il sonno (probabilmente indotto dalla somministrazione di bevan de drogate) credeva di vedere il dio che gli elargiva consigli terapeutici e operava magiche guarigioni.
Nella realtà i sacerdoti-medici ricorrevano a trucchi grossolani camuffandosi da divinità e aggirandosi notte tempo tra i degenti addormentati nell'àbaton e praticando veri e propri atti terapeutici e talora piccoli interven ti chirurgici.
Con l'andar del tempo questi templi -per lo più situati in luoghi ameni, prossimi a boschi e a sorgenti purissi me- furono sempre meglio attrezzati e organizzati, dotati di palestre e convalescenziari in cui si praticavano massaggi, bagni e frizioni.
In molti luoghi i pazienti potevano anche assistere a rappresentazioni sceniche.
(Ogni notte, per quasi mille anni, i pellegrini malati e afflitti si radunavano all'interno dei templi greci di Asclepio, o nei vicini àbata, per parteci pare al rito chiamato 'incubazione'. Se erano fortunati, l'antico e benevolente dio della medicina appariva loro in sogno, mentre si trovavano in uno stato a metà tra il sonno e la veglia, li guariva o prescriveva farmaci, diete e metodi di cura.
Gli unici requisiti erano di essere puliti e di 'avere pensieri puri'.
A dimostrazione della propria riconoscenza, coloro che ricevevano una grazia da Asclepio facevano fare delle offerte votive (riproduzioni in terracotta o in pietra delle parti del corpo malate che si supponeva fossero state guarite), debitamente inscritte e appese ai muri del tempio. I templi sorgevano in luoghi ameni, non diversamente dai centri benessere o dai santuari di oggi).
NOTE
1 - Nel VII secolo Asclepio era già diventato un eroe, figlio di Apollo e di una mortale, Coronide, figlia di Flegia; la ragazza aveva amato il dio ed era rimasta incinta, ma, volubile, prima ancora di metter al mondo il figlioletto, non aveva tardato a trovarsi uno sposo mortale.
Furente, Apollo uccide i due sposi, ma salva, traendolo dal grembo materno, suo figlio Asclepio.
Lo affida al centauro Ghirone, che lo alleva, lo educa, gli insegna l'arte del guarire; ma Asclepio sorpassa ben presto il maestro e abusa della sua scienza, resuscitando un cadavere.
Giove, non tollerando che si violino le leggi del fato, scaglia una saetta e uccide il figlio di Apollo.
Può sembrare strano che un uomo venale, Asclepio, così duramente punito da Giove per aver resuscitato i morti in cambio di denaro, sia poi diventato un dio.
Alla fine del V secolo la punizione inflitta ad Asclepio non era più attribuita all'avidità del medico, bensì alla gelosia di Plutone, cui l'attività gua ritrice spopolava il regno infernale; quindi il fulmine che lo uccide serve ad accontentare Plutone, a ristabilire l'eterno fato dei mortali, ma an che a chiamarlo sull'Olimpo tra gli dei, dove egli si trovava certamente già nel V secolo, se le tracce del suo santuario più celebre, quello di Epidauro, risalgono a quell'epoca. Cfr. Esiodo, III Ode Pitica (465 a.C.).
2 - Al tempo del massimo splendore, nel primo e secondo secolo dopo Cristo, l'Asclepièion doveva essere un complesso davvero imponente.
3 - Quello che rimane di questo edificio è abbastanza strano: si tratta di un basamento costituito da sei muri circolari concentrici; i tre più in terni sono interrotti da passaggi, in modo che i corridoi tra un muro e l'altro comunichino tra loro. Ma i passaggi sono disposti in modo che per passare da un corridoio all'altro bisogna percorrere un giro quasi completo. Insomma un piccolo labirinto: ma quello che stupisce è che i tre muri esterni non hanno passaggi, in modo che il labirinto è chiuso, senza accessi dall'esterno.
A che cosa serviva?
Si pensa che quella specie di sotterraneo (si trovava sotto il pavimento del tempio) costituisse la fossa dei serpenti sacra al culto di Asclepio, quegli stessi che ancor oggi, insieme alla verga del dio, costituiscono l'emblema della professione medica.
4 - Un archeologo greco, il Cavvadias, già nel 1883 aveva dissotterrano delle stele contenenti elenchi di guarigioni miracolose. Inoltre, nella prima saletta del museo di Epidauro si trovano numerose iscrizioni col racconto di casi risolti favorevolmente. «Mentre egli dormiva -racconta quella di Enippo, che da sei anni aveva una punta di freccia conficcata in una guancia- il dio gliela estrasse».
Di questa iscrizione, che a prima vista racconta un vero e proprio miracolo, esiste un'interpretazione più scientifica.
Molto semplice del resto: basta sostituire la parola 'dio' con quella 'sacerdoti'.
5 - Secondo Polibio gli Asclepiadi (nome che indica la casta dei medici che, detentori della diretta tradizione del dio, praticavano l'arte medica nei santuari a lui dedicati e si ritenevano tutti più meno direttamente discendenti dal dio stesso), traditi da alcuni iniziati che avevano co minciato a praticare la medicina per loro conto fuori dei templi, furono costretti ad aprire i loro santuari al popolo; ciò non appare verosimile, in quanto le scuole mediche non hanno origine dai templi e la medicina civile non ha che scarsi legami con l'importante capitolo della storia della medicina costituito dal culto di Asclepio.
6 - Che ad Alessandria la medicina rimanesse in mani greche era cosa naturale; è invece notevole il fatto che tutti i grandi medici dell'Impero Romano furono greci e che la loro pratica e i loro precetti continuarono a prevalere durante il periodo medioevale, finché il Rinascimento non portò idee nuove e una scuola più illuminata.
7 - Siamo nel VII secolo a.C.: Talete diventerà celebre per aver predetto l'eclissi di sole del 585 a.C., in Egitto era ià iniziato il Basso Impero, a Sais regnava l'ultima dinastia prima dell'invasione persiana.
8 - Il sangue come principio di vita è un'immagine immediata, evidente, facilmente accettabile; più rara doveva essere l'osservazione della bile di cui gli scienziati di allora potevano veder le tracce solo nel vomito e nelle feci.
Cosa intendessero per fiegma è ignoto: questo umore bianco e freddo, la cui esistenza era dedotta dalla secrezione nasale e forse dalla saliva, dal sudore, aveva, come vedremo in Ippocrate, una origine e una funzione troppo fantasiosa per corrispondere a qualcosa di reale; chi ne postulò l'esistenza non aveva il minimo sospetto che vi fosse un sistema linfatico.
Va aggiunta una curiosità linguistica che complica il problema e della quale si era accorto Galeno: il significato di questa parola greca non corrisponde né alla derivazione né all'etimologia: deriva da phleghéin, «bruciare», e quindi dovrebbe significare acecensio, «infiammazione», mentre viene usata per indicare qualcosa di freddo.
Il concetto di flegma non nasce a Crotone, ma più di mille anni prima la parola egizia setet, che vi corrisponde, era stata scritta nel Papiro di Ebers.
9 - Si racconta che un giorno, passeggiando per le vie di Roma, Asclepiade incontrasse un funerale; i portatori, deposta la salma per terra, si riposavano, quando Asclepiade, passando vicino, notò segni di vita nel cadavere; convinse i parenti a rimandare il funerale e a trasportare il corpo nella casa di un vicino, dove, dopo qualche manipolazione - e con quale meraviglia degli astanti! - richiamò il morto in vita.
La fama di questo fatto si sparse rapidamente per Roma e, come si può immaginare, procurò una quantità di clienti ad Asclepiade, peraltro già noto in precedenza per la sua arte.
In quest'epoca la medicina greca si basava quindi essenzialmente sulla forte combinazione di tre pratiche fondamentali: la terapia medica, la terapia fisica, la psicoterapia.
In questi luoghi, con la continua pratica dei malati e delle malattie, i sacerdoti cominciarono a delineare le prime basi concrete della patologia e della terapia; ma la legge del tempio continuava ad esigere che tutto si svolgesse nel segreto, e che le prescrizioni apparissero sempre dettate non dagli uomini ma dalle divinità.
Tuttavia, con il passar del tempo le cure diventarono sempre meno magiche e sempre più razionali, e in quest'attività s'inserirono in modo sempre più massiccio medici empirici "laici" che si andavano via via for mando nelle scuole annesse ai templi.
Articolo informativo di Giuseppe Pinna de Marrubiu per S. O. S. - “Osteomielitici d’Italia” Onlus «Centro Servi zi Informativi On-line per Pazienti Osteomielitici e non»; che ci addentra in un percorso storico, narrandoci che: "durante il corso dei secoli la medicina ha attraversato diversi stadi che, secondo gli storici vecchi e nuo vi, sono i seguenti: medicina istintiva, medicina sacerdotale, medicina magica, medicina empirica, medicina scientifica".
STORIA DELLA MEDICINA
LA MEDICINA OMERICA
(dal 3600 a.C.)
Ma se la malattia veniva dagli dèi, ecco che un buon dio tra di essi dà all'uomo l'arma con cui com batterla: la medicina.
Noi tutti sappiamo che Asclepio (Esculapio) era il dio della guarigione e della salute, educato dal centau ro Chirone, che gli insegnò a sanare tutti i mali.
Apollo, Chirone e Asclepio - da un affresco pompeiano
I primi medici furono i due figli di Asclepio ricordati da Omero, Podalirio e Macaone.
In Omero (VIII sec. a.C.), difatti, si trovano i primi riferimenti alla malattia della letteratura occidentale.
Siamo così altrettanto soliti considerare la Medicina greca come il momento iniziale dell'arte medica occiden tale che, di conseguenza, questa nient'altro è che la Medicina contemporanea.
Eppure, la Medicina greca non rappresentò, a sua volta, che il punto di arrivo di esperienze antecedenti di millenni, relative principalmente alle civiltà assiro-babilonese, indiana ed egizia, le quali emergono chiara mente dalle prime documentazioni di una medicina in terra ellenica, databili alla guerra di Troia (XIII secolo a.C.). (Nella mitologia greca, la guerra di Troia fu una sanguinosa guerra combattuta tra gli Achei e la potente città di Troia, presumibilmente attorno al 1250 o al 1194 a.C., nell'odierna Turchia).
Questa storia della Medicina greca non poteva quindi non partire dalle notizie che -pur con le dovute riserve circa la loro attendibilità- il grande rapsodo Omero ci ha lasciato nei suoi due più celebri poemi epici -l'Iliade e l'Odissea- in merito alle ferite dei combattenti, al loro trattamento, ai medici che operarono nei due schiera menti, primi tra i quali Podalirio e Macaone, figli come già detto, nientemeno che del grande Asclepio, il qua le sarebbe poi assurto alle glorie dell'Olimpo. Medicina e Sanità - Nelle prime fasi la medicina occidentale era una medicina teurgica, in cui la malattia era considerata un castigo divino, concetto che si trova in moltissime opere greche, come l'Iliade.
Asclepio
Sarebbe errato credere che Asclepio (Esculapio) sia stato un personaggio mitico.
Asclepio, dio greco della medicina, Esculapio per i Romani.
Difatti, nel I libro dell'Iliade il dio Apollo, sdegnato contro Agamennone, duce degli Achei che da 10 anni assedia la città di Troia, provoca una epidemia del campo degli assedianti.
Xilografia del Maestro del Virgilio di Gruninger – Il cavallo di Troia – Lione, 1529
Omero
Macaone e Podalirio curano la ferita di Menelao, causata da una freccia di Pandaro. Opera tratta dal Diario medico.
Statua di Podalirio
Solo oltre mezzo millennio dopo Asclepio i filosofi cominceranno ad interrogarsi sulla natura delle cose e dell'Uomo, sulla costituzione dei corpi animati, sul significato della vita e della morte, sulle cause delle malat tie e sul modo di curarle.
Nel II libro, Omero ricorda lo sfortunato caso dell'eroe Filottete, che morso da un serpente, riporta una ferita al piede che diventa una piaga dolorosa e maleodorante e viene abbandonato dai compagni nell'isola di Lemnos. Urna con Ulisse e Filottete nell'isola di Lemnos
Circa 300 anni dopo il tragediografo greco Sofocle (V sec. a.C.) scriverà una tragedia sul caso di Filottete.
Comunque, ben sappiamo che in tutta l'Iliade si trovano numerosi riferimenti anatomici la cui precisione sor prende, considerata l'epoca a cui risalgono.
Nelle Trachinie, Sofocle descrive la morte di Eracle, dovuta ad una veste avvelenata (o infetta) donatagli dal la moglie Deianira, nel tentativo di riconquistarlo.
Ercole e Deianira
Allo scoppio della Guerra del Peloponneso una terribile epidemia infuriò ad Atene; la malattia fu descritta da Tucidide ma tutt'oggi non è stata ancora identificata.
Nel II libro della Guerra del Peloponneso Tucidide descrisse il morbo che sconvolse Atene nel 430 a. C. Infatti molti studiosi dell'età moderna, filologi e medici, hanno analizzato il racconto dello storico greco nel tentativo di dare un nome alla malattia.
Presupposto a questi studi è l'attendibilità di Tucidide, scrittore che si avvale di uno studio rigoroso dei fatti e che interpreta razionalmente gli eventi, senza ricorso a cause o interventi soprannaturali.
Tucidide inoltre fu testimone in prima persona del morbo, essendone stato colpito egli stesso, e si propose esplicitamente di fornirne una descrizione dettagliata, affinché altri potessero riconoscerlo, se in futuro si fosse ripresentato.
Il morbo, descritto dettagliatamente nel cap. 49 del II libro, presentava il seguente quadro clinico: i malati im provvisamente erano colti da forti calori (thermai) alla testa, da arrossamento (erythemata) e bruciore (phlo gosis) agli occhi.
Il faringe e la lingua, diventavano rosse come il sangue (haimatodes) e l'alito disgustoso (atopos) e maleo dorante (dysodes).
Successivamente sopraggiungevano starnuto (ptarmos) e raucedine (branchos) e forte tosse (bex).
Allorché la malattia si fissava all'orifizio dello stomaco (kardia) e si verificavano evacuazioni di bile (chole), conati di vomito (lynx kene) e violenti spasmi (spasmos).
Il corpo non era troppo caldo, né giallo, ma arrossato, livido e cosparso di piccole bolle o pustole (phlyk taina) e di ulcere (helkos).
I malati internamente si sentivano bruciare tanto da non sopportare addosso vestiti e lenzuoli e si gettavano nell'acqua fredda, spinti da una sete (dipsa) inestinguibile. Inoltre vi era una continua impossibilità (aporia) a riposare e insonnia (agrypnia).
I più morivano in settima o nona giornata, se si superava questa fase, la malattia scendeva nell'intestino (koilia), dove provocava una grave ulcerazione (helkosis) e violenta diarrea (diarrhoia).
Il male colpiva anche i genitali (aidoia) e le punte delle mani e dei piedi, e molti la scampavano perdendo queste parti e alcuni anche gli occhi.
Una amnesia (lethe) prendeva quelli che tra tutti si erano appena ripresi.
Le ipotesi sulla malattia di Tucidide sono state varie, comprendendo malattie virali e batteriche, stati tossici, oppure, anche, combinazioni tra questi.
L'elenco delle malattie proposte comprende: vaiolo, tifo, peste, febbre tifoide, morbillo, scarlattina, ergotismo, morva, leptispirosi, tularemia, influenza complicata da sindrome da shock tossico, febbre di Rift Valley, febbre di Lassa.
Tuttavia malgrado i numerosi studi, la malattia di Tucidide non è stata ancora oggi identificata.
...Ma sarebbe opportuno fare un passo indietro
I primi elementi dell'antichissima medicina greca, che raccoglieva precedenti esperienze dalle civiltà preelle niche fiorite sia a Creta e nell'Egeo, li si può ritrovare nell'attenta lettura delle imprese che Omero ci ha così tramandato.
Difatti, nell'Iliade egli descrive ben 147 ferite...
I primi elementi dell'antichissima medicina greca, che raccoglieva precedenti esperienze dalle civiltà preelle niche fiorite sia a Creta e nell'Egeo, li si può ritrovare nell'attenta lettura delle imprese che Omero ci ha così tramandato.
Difatti, nell'Iliade egli descrive ben 147 ferite...
della testa,
del collo,
del torace,
della colonna vertebrale.
Di esse, 106 sono prodotte da lance (con una mortalità dell'80%), 17 da spade (tutte mortali), 12 da frecce e 12 da fionde (con una mortalità rispettivamente del 42% e del 66%).
Il poeta descrive inoltre: una frattura del femore e parla della prognosi di alcune malattie, riporta tecniche di intervento, di fasciatura, di emostasi, di anestesia, di estrazione di frecce e giavellotti, prospettando alcune interessanti ipotesi di fisiologia e usa non meno di 150 termini anatomici.
Strumentario chirurgico rinvenuto al tempio di Asclepio (V-IV sec. A.C.), oggi al Museo Archeologico
STRUMENTI CHIRURGICI
Ed è sempre Omero a parlare, a proposito dell'assedio di Troia, di "esimi medici" che operano nell'una e nel l'altra schiera, citando lo stesso Asclepio (che non era ancora assurto a dio) e dei suoi due figli Podalirio e Macaone, che militavano rispettivamente come medico e come chirurgo nelle file de gli Achei.
Rari sono, specie nell'ultima parte dell'Iliade e nell'Odissea (scritta posteriormente), gli accenni agli incante simi e alle pratiche occulte, mentre numerose sono le piante medicinali citate, anche se non di tutte si riesce a cogliere l'identità.
La medicina omerica è insomma poco magica e sacerdotale, anche se Apollo e gli altri dèi non mancano di apparire di tanto in tanto personalmente per dispensare - a seconda delle opportunità - malattie contagiose o prodigiose guarigioni.
Le cognizioni anatomiche della medicina omerica sono ancora piuttosto rudimentali se si escludono quelle riguardanti le ossa, i muscoli e le articolazioni, pur non mancando osservazioni piuttosto acute, come quan do il Poeta fa riferimento alle contrazioni cardiache di un ferito, così violente da far pulsare un oggetto infisso nella parete toracica, o quando accenna alla topografia degli organi del torace e dell'addome.
I medici del tempo di Omero erano certamente tenuti in alta considerazione, se nell'Odissea è detto aperta mente che "il medico è un uomo che vale più di tanti altri e non ha pari nel cavar dardi dalle piaghe e spar gerle di balsamiche stille".
Il culto di Asclepio si diffuse rapidamente in tutta l'Ellade, e in poco tempo furono eretti in suo onore non me no di 200 templi (asclepieia).
Non tutti sanno che Asclepio era in realtà un principe della Tessaglia che visse durante la guerra di Troia (XII secolo a.C.) e che, come già detto, ebbe anche dei figli: Podalirio e Macaone (due fratelli) e... Igea e Panacea (due sorelle) . Statua di Igea, copia romana da originale greco del 290 a.C., in marmo pentelico; ritrovata nel 1876, ora nei Musei Capito lini. Qui sotto raffigurazione di Panacea
Castello di Bodrum, torre del serpente, piano superiore, statuetta di Igea e Asclepio
Asclepius et Igea - bassorilievo
Asclepio e sua moglie Epione, rilievo votivo. 400 a.C.
Quando Asclepio morì, essi gli eressero un'ara votiva e ne divennero i sacerdoti.
Poi i figli dei figli, e così via, continuarono questo culto, che si diffuse a macchia d'olio oltrepassando i confini della Tessaglia, estendendosi al Peloponneso.
Culto che nel IV secolo penetrò in Asia Minore, dove in onore di Asclepio fu eretto il celebre superbo e (oggi rovinoso) tempio di Pergamo.
Altri ruderi del Tempio di Asclepio
Bambino malato al tempio di Esculapio
Così, dai discendenti di Asclepio (Asclepìadi) nacque una casta alla quale era devoluto tra l'altro l'insegna mento della medicina e l'esercizio e medico.
I templi eretti in suo onore possono essere considerati una sorta delle prime espressioni di una ospedalità privata così come il simbolico bastone.
Spesso il bastone di Asclepio è confuso con il caduceo di Ermes (vedi foto sulla sinistra).
Bastone-serpente spesso rappresentato in compagnia di un gallo, perché gli si sacrificava in genere... dei volatili: "Dobbiamo un gallo a Esculapio" sovea dicere Socrate prima di morire, per provare che egli non era affatto irreligioso.
Particolare estrapolato da un bassorilievo rinvenuto nel tempio di Asclepio) che è una specie di ex voto: queste offerte votive solitamente rappresentavano la parte del corpo che era stata guarita. Atene, Museo Archeologico Nazionale
In quanti sanno che Ippocrate viene considerato il diciottesimo discendente diretto di Asclepio?
Così come che nei templi di Asclepio il paziente sottostava ad un periodo preparatorio, prima di essere sotto posto al trattamento medico vero e proprio, dedicato quasi interamente all'igiene del corpo e ad una dieta particolare.
Una volta "purificato", veniva ammesso al sacro recinto, dove vigevano regole igieniche e dietetiche ancora più severe. Anche pregare la dea Igea, che aiutasse a espletare il bisogno qualora si presentasse difficoltoso.
A questo punto gli era concesso di dormire nell'àbaton, sotto i portici del tempio, ed in questo recinto avveni va l'incubatio, cioè il sogno profetico.
Il paziente disteso su pelli di capra, durante il sonno (probabilmente indotto dalla somministrazione di bevan de drogate) credeva di vedere il dio che gli elargiva consigli terapeutici e operava magiche guarigioni.
Nella realtà i sacerdoti-medici ricorrevano a trucchi grossolani camuffandosi da divinità e aggirandosi notte tempo tra i degenti addormentati nell'àbaton e praticando veri e propri atti terapeutici e talora piccoli interven ti chirurgici.
Con l'andar del tempo questi templi -per lo più situati in luoghi ameni, prossimi a boschi e a sorgenti purissi me- furono sempre meglio attrezzati e organizzati, dotati di palestre e convalescenziari in cui si praticavano massaggi, bagni e frizioni.
In molti luoghi i pazienti potevano anche assistere a rappresentazioni sceniche.
(Ogni notte, per quasi mille anni, i pellegrini malati e afflitti si radunavano all'interno dei templi greci di Asclepio, o nei vicini àbata, per parteci pare al rito chiamato 'incubazione'. Se erano fortunati, l'antico e benevolente dio della medicina appariva loro in sogno, mentre si trovavano in uno stato a metà tra il sonno e la veglia, li guariva o prescriveva farmaci, diete e metodi di cura.
Gli unici requisiti erano di essere puliti e di 'avere pensieri puri'.
A dimostrazione della propria riconoscenza, coloro che ricevevano una grazia da Asclepio facevano fare delle offerte votive (riproduzioni in terracotta o in pietra delle parti del corpo malate che si supponeva fossero state guarite), debitamente inscritte e appese ai muri del tempio. I templi sorgevano in luoghi ameni, non diversamente dai centri benessere o dai santuari di oggi).
NOTE
1 - Nel VII secolo Asclepio era già diventato un eroe, figlio di Apollo e di una mortale, Coronide, figlia di Flegia; la ragazza aveva amato il dio ed era rimasta incinta, ma, volubile, prima ancora di metter al mondo il figlioletto, non aveva tardato a trovarsi uno sposo mortale.
Furente, Apollo uccide i due sposi, ma salva, traendolo dal grembo materno, suo figlio Asclepio.
Lo affida al centauro Ghirone, che lo alleva, lo educa, gli insegna l'arte del guarire; ma Asclepio sorpassa ben presto il maestro e abusa della sua scienza, resuscitando un cadavere.
Giove, non tollerando che si violino le leggi del fato, scaglia una saetta e uccide il figlio di Apollo.
Può sembrare strano che un uomo venale, Asclepio, così duramente punito da Giove per aver resuscitato i morti in cambio di denaro, sia poi diventato un dio.
Può sembrare strano che un uomo venale, Asclepio, così duramente punito da Giove per aver resuscitato i morti in cambio di denaro, sia poi diventato un dio.
Alla fine del V secolo la punizione inflitta ad Asclepio non era più attribuita all'avidità del medico, bensì alla gelosia di Plutone, cui l'attività gua ritrice spopolava il regno infernale; quindi il fulmine che lo uccide serve ad accontentare Plutone, a ristabilire l'eterno fato dei mortali, ma an che a chiamarlo sull'Olimpo tra gli dei, dove egli si trovava certamente già nel V secolo, se le tracce del suo santuario più celebre, quello di Epidauro, risalgono a quell'epoca. Cfr. Esiodo, III Ode Pitica (465 a.C.).
2 - Al tempo del massimo splendore, nel primo e secondo secolo dopo Cristo, l'Asclepièion doveva essere un complesso davvero imponente.
3 - Quello che rimane di questo edificio è abbastanza strano: si tratta di un basamento costituito da sei muri circolari concentrici; i tre più in terni sono interrotti da passaggi, in modo che i corridoi tra un muro e l'altro comunichino tra loro. Ma i passaggi sono disposti in modo che per passare da un corridoio all'altro bisogna percorrere un giro quasi completo. Insomma un piccolo labirinto: ma quello che stupisce è che i tre muri esterni non hanno passaggi, in modo che il labirinto è chiuso, senza accessi dall'esterno.
A che cosa serviva?
Si pensa che quella specie di sotterraneo (si trovava sotto il pavimento del tempio) costituisse la fossa dei serpenti sacra al culto di Asclepio, quegli stessi che ancor oggi, insieme alla verga del dio, costituiscono l'emblema della professione medica.
4 - Un archeologo greco, il Cavvadias, già nel 1883 aveva dissotterrano delle stele contenenti elenchi di guarigioni miracolose. Inoltre, nella prima saletta del museo di Epidauro si trovano numerose iscrizioni col racconto di casi risolti favorevolmente. «Mentre egli dormiva -racconta quella di Enippo, che da sei anni aveva una punta di freccia conficcata in una guancia- il dio gliela estrasse».
Di questa iscrizione, che a prima vista racconta un vero e proprio miracolo, esiste un'interpretazione più scientifica.
Molto semplice del resto: basta sostituire la parola 'dio' con quella 'sacerdoti'.
5 - Secondo Polibio gli Asclepiadi (nome che indica la casta dei medici che, detentori della diretta tradizione del dio, praticavano l'arte medica nei santuari a lui dedicati e si ritenevano tutti più meno direttamente discendenti dal dio stesso), traditi da alcuni iniziati che avevano co minciato a praticare la medicina per loro conto fuori dei templi, furono costretti ad aprire i loro santuari al popolo; ciò non appare verosimile, in quanto le scuole mediche non hanno origine dai templi e la medicina civile non ha che scarsi legami con l'importante capitolo della storia della medicina costituito dal culto di Asclepio.
6 - Che ad Alessandria la medicina rimanesse in mani greche era cosa naturale; è invece notevole il fatto che tutti i grandi medici dell'Impero Romano furono greci e che la loro pratica e i loro precetti continuarono a prevalere durante il periodo medioevale, finché il Rinascimento non portò idee nuove e una scuola più illuminata.
7 - Siamo nel VII secolo a.C.: Talete diventerà celebre per aver predetto l'eclissi di sole del 585 a.C., in Egitto era ià iniziato il Basso Impero, a Sais regnava l'ultima dinastia prima dell'invasione persiana.
8 - Il sangue come principio di vita è un'immagine immediata, evidente, facilmente accettabile; più rara doveva essere l'osservazione della bile di cui gli scienziati di allora potevano veder le tracce solo nel vomito e nelle feci.
Cosa intendessero per fiegma è ignoto: questo umore bianco e freddo, la cui esistenza era dedotta dalla secrezione nasale e forse dalla saliva, dal sudore, aveva, come vedremo in Ippocrate, una origine e una funzione troppo fantasiosa per corrispondere a qualcosa di reale; chi ne postulò l'esistenza non aveva il minimo sospetto che vi fosse un sistema linfatico.
Va aggiunta una curiosità linguistica che complica il problema e della quale si era accorto Galeno: il significato di questa parola greca non corrisponde né alla derivazione né all'etimologia: deriva da phleghéin, «bruciare», e quindi dovrebbe significare acecensio, «infiammazione», mentre viene usata per indicare qualcosa di freddo.
Il concetto di flegma non nasce a Crotone, ma più di mille anni prima la parola egizia setet, che vi corrisponde, era stata scritta nel Papiro di Ebers.
9 - Si racconta che un giorno, passeggiando per le vie di Roma, Asclepiade incontrasse un funerale; i portatori, deposta la salma per terra, si riposavano, quando Asclepiade, passando vicino, notò segni di vita nel cadavere; convinse i parenti a rimandare il funerale e a trasportare il corpo nella casa di un vicino, dove, dopo qualche manipolazione - e con quale meraviglia degli astanti! - richiamò il morto in vita.
La fama di questo fatto si sparse rapidamente per Roma e, come si può immaginare, procurò una quantità di clienti ad Asclepiade, peraltro già noto in precedenza per la sua arte.
In quest'epoca la medicina greca si basava quindi essenzialmente sulla forte combinazione di tre pratiche fondamentali: la terapia medica, la terapia fisica, la psicoterapia.
In questi luoghi, con la continua pratica dei malati e delle malattie, i sacerdoti cominciarono a delineare le prime basi concrete della patologia e della terapia; ma la legge del tempio continuava ad esigere che tutto si svolgesse nel segreto, e che le prescrizioni apparissero sempre dettate non dagli uomini ma dalle divinità.
Tuttavia, con il passar del tempo le cure diventarono sempre meno magiche e sempre più razionali, e in quest'attività s'inserirono in modo sempre più massiccio medici empirici "laici" che si andavano via via for mando nelle scuole annesse ai templi.
Queste speculazioni ed esperienze prenderanno poi corpo nel V secolo a.C. nella figura di Ippocrate di Cos sempre più arricchite di nuove acquisizioni e sempre più depurate dalle influenze magico-teurgiche, esse evolveranno nella "quasi-scienza" dei post-ippocratici.
Dopo la conquista romana, l'arte medica codificata dai Greci verrà "traghettata" a Roma con l'arrivo dei primi medici dalla Grecia, culminando tre secoli dopo nell'opera di Claudio Galeno di Pergamo.
Galeno e Ippocrate in un dipinto del XII secolo (Cattedrale di Anagni).
Un percorso millenario, svoltasi ininterrottamente nel tempo in un susseguirsi impetuoso e coinvolgente dì idee, esperienze, false verità, verifiche, intuizioni, scoperte, la cui eco si farà ancora sentire, con il neo-ippo cratismo, sino alle soglie del XX secolo.
Nelle prime fasi la medicina occidentale era una medicina teurgica, in cui la malattia era considerata un cas tigo divino, concetto che si trova in moltissime opere greche, come l'Iliade, e che ancora oggi è connaturato nell'uomo.
Il simbolo della medicina è il serpente, animale sacro perché ritenuto, erroneamente, immune dalle malattie. Secondo un'altra versione nel simbolo non è rappresentato un serpente, ma l'estirpazione della Filaria o ser
pente di Medina.
Comunque, il serpente aveva un'importante funzione pratica nella medicina antica: tanto che nel tempio di ogni città c'era una sorta di cunicolo con i serpenti.
Il tempio, infatti, non era solo un luogo di devozione, ma anche un luogo dove si portavano i malati: la fossa dei serpenti serviva a spaventare il paziente a cui, probabilmente, venivano date anche delle pozioni per in durre uno stato di shock e fargli apparire il dio che cosi lo guariva.
Col passare del tempo la medicina si distanziò sempre più dalla religione sino ad arrivare alla medicina razionale di Ippocrate, che segnò il limite tra razionalità e magia.
Le prime scuole si svilupparono in Grecia e nella Magna Grecia, cioè in Sicilia e in Calabria.
Tra queste, fu importantissima la scuola pitagorica.
La Testa del Filosofo, parte di una statua bronzea custodita al Museo nazionale della Magna Grecia di Reggio è un probabile ritratto di Pitagora di Samo
Pitagora, fu grande matematico, che operava nell'isola di Samo, ma si spostò a Crotone (Magna Grecia) quando il tiranno Policrate prese il potere nella sua città.
Chi conosce il volto di Pitagora?
Egli portò nella scienza naturale, ancora non definibile medicina, la teoria dei numeri: secondo Pitagora al cuni numeri avevano significati precisi e fra questi, i più importanti erano il 4 e il 7; difatti il 7 ha sempre avuto un significato magico, per es. nella Bibbia un numero infinito è indicato come 70 volte 7.
Tra l'altro il 7 moltiplicato per 4 dà 28, cioè il mese lunare della mestruazione, e 7 per 40 dà 280, cioè la durata in giorni della gravidanza.
E così, sempre per la connotazione magica del 7 si diceva che era meglio che il bambino nascesse al 7° me se piuttosto che all'8°.
Anche il periodo di quarantena, cioè i 40 gg. che servirebbero per evitare il contagio delle malattie, è deriva to dal concetto di sacralità del numero 40. Tuttavia la scuola pitagorica non si limitò a questo, ebbe importan ti allievi e in quel periodo nacquero delle scuole filosofiche molto importanti.
Talete elaborò un'importante sistema secondo cui l'universo era costituito da 4 elementi fondamentali: aria, acqua, terra e fuoco.
In questo periodo venne dato grande rilievo anche alle qualità, secco e umido, freddo e caldo, dolce e ama ro, etc...
Talete, circa 640 - 546 a. C. E' stato probabilmente uno dei maestri di Pitagora. Inizia con lui il processo di astrazione della matematica.
Un grande allievo di Pitagora, Alcmeone di Crotone, nel VI-VII secolo a.C. fu il primo ad avere l'idea che l'uomo fosse un microcosmo costituito dai 4 elementi individuati da Talete. Secondo lui dall'equilibrio degli elementi, che chiamò isonomia o democrazia, derivava lo stato di salute, mentre lo stato di malattia derivava dalla monarchia, ovvero: dal prevalere di un elemento sugli altri.
Conosciuto come Alcmeone di Crotone, nacque nella suddetta città nel 560 a.C., è stato un medico e filosofo greco antico.
Alcmeone fu anche il primo ad individuare nel cervello l'organo più importante.
Sino ad allora era stata data pochissima importanza al cervello, che era sempre sfuggito all'osservazione: all'epoca greca il corpo era sacro e non si praticavano dissezioni, ma veniva visto negli animali sacrificati co me una massa gelatinosa e fredda di scarso interesse.
Alcmeone stabilì che il cervello doveva essere l'organo che comandava l'organismo.
Pare che si fosse anche reso conto, fatto poi smentito da altri, che i nervi servissero per condurre gli impulsi nervosi, ma questa notizia non ha lasciato traccia nella storia della scienza di allora.
Va da se riconoscere che la vera e propria medicina razionale è da attribuire ad Ippocrate (V sec. a.C.), padre della medicina.
Ippocrate visse tra il 460 e il 370 A.C. nell'isola di Coo o Cos, nel Dodecanneso, dove si sviluppò la scuola razionale, cui vanno ascritti molti dei pensieri attribuiti ad Ippocrate, che visse nei 50 anni di pace periclea, periodo in cui fiorì la filosofia.
Operò nell'area del Mediterraneo e nei suoi viaggi toccò la Sicilia, l'Egitto, Alessandria, Cirene, Cipro.
La base della medicina razionale è la negazione dell'intervento divino nelle malattie.
Anche la famosa malattia sacra, l'epilessia, fu attribuita ad una disfunzione dell'organismo.
La concezione di Ippocrate si rifaceva a quella di Talete ed in parte anche a quella di Alcmeone di Crotone quando affermava che l'uomo è il microcosmo ed il corpo è formato dai 4 elementi fondamentali, nell'ordine aria, fuoco, terra ed acqua.
Secondo Ippocrate e la sua scuola (pare che addirittura si trattasse di suo genero Polibio), agli elementi del corpo umano corrispondevano, in base a delle qualità comuni, degli umori: all'aria, che è dappertutto, corris pondeva il sangue; al fuoco, caldo, corrispondeva la bile; alla terra, per il colore, corrispondeva un umore scuro in realtà inesistente, forse osservato nella pratica dell'auruspicina, durante il sacrificio degli animali.
Difatti, il sangue della milza, venoso, molto scuro fu forse ritenuto essere un altro umore, diverso dal sangue, e fu chiamato bile nera, atrabile in latino e o melaina kole' in greco; infine all'acqua corrispondeva il muco, o pituita o flegma, comprendente tutte le secrezioni acquose del nostro corpo (saliva, sudore, lacrime, etc. .), localizzato principalmente nel cervello, che era umido e freddo come l'acqua.
Agli umori furono fatte corrispondere anche le stagioni: la prima stagione, quella del sangue e dell'aria corrispondeva alla primavera, l'estate era quella del fuoco e della bile, l'autunno era quella della terra e dell'atrabile e l'inverno era la stagione dell'acqua, della pituita e del cervello.
Fu fatto anche un parallelismo con le quattro età della vita: infanzia e prima giovinezza, giovinezza matura, età virile avanzata ed, infine, età senile.
Ippocrate, rifacendosi a quello che aveva detto Alcmeone di Crotone, sosteneva che la malattia derivasse dallo squilibrio, senza parlare più di democrazia o monarchia per non offendere i tiranni, e che dove c'era equilibrio tra gli umori c'era la salute; le cure consistevano nel rimuovere l'umore in eccesso.
La sua teoria spiegava anche i vari temperamenti: un soggetto collerico aveva troppa bile, quello flemmatico troppo muco.
Al centro della concezione di Ippocrate non c'era la malattia, che si spiegava in modo olistico, ma l'elemento più importante era l'uomo.
Questo fece la fortuna della scuola ippocratica nei confronti della scuola rivale di Cnido, che invece era foca lizata sulla malattia con una concezione riduzionistica, simile a quella odierna.
Così ché la scuola di Ippocrate prevalse proprio perché si occupava dell'uomo, mentre l'altra occupandosi delle malattie e non avendo gli elementi necessari per farlo: si estinse.
Alla base delle concezioni di Ippocrate c'era una filosofia profonda e pratica e un notevole buonsenso.
I principi fondamentali erano di lasciar fare alla forza guaritrice della natura, di osservare attentamente il ma lato ed intervenire il meno possibile, di prestare attenzione all'alimentazione e alla salubrità dell'aria.
Per eliminare lo squilibrio era necessario rimuovere la materia in eccesso, detta materia peccans.
I mezzi a disposizione per l'eliminazione della materia peccans erano il capipurgio (= purga del capo), che consisteva nell'indurre lo starnuto con droghe come il pepe, il clistere, oppure il salasso o sanguisugio.
Quest'ultima pratica fu molto usata dai seguaci di Ippocrate, soprattutto nell'epoca romana di Galeno, con conseguenze gravissime perché il levare il sangue ad un malato non era utile ed era spesso causa di morte. Ippocrate comunque raccomandava di utilizzare questi mezzi con la massima parsimonia.
I testi di Ippocrate, o i presunti tali, furono commentati nelle università sino al 1700.
Questi testi comprendono una serie di aforismi tra cui il famoso "La vita è breve, l'arte è lunga, l'occasione è fuggevole, l'esperienza è fallace, il giudizio è difficile", che sono alla base della sua filosofia ed invitano a pensare attentamente e ripetutamente prima di intervenire.
Ippocrate creò, quindi, una medicina olistica, basata sull'uomo o microcosmo, predicando l'uso della tera pia disponibile con il massimo della parsimonia. Tra l'altro i rimedi erano pochi perché allora non esisteva la farmacologia ed un primo accenno all'erboristica venne da un allievo di Aristotele, Teofrasto, circa un se colo dopo. Aristotele
Teofrasto
Ippocrate è ricordato anche perché espresse i primi concetti di etica medica, arrivati sino ai giorni nostri, ed è infatti attribuito alla sua scuola il giuramento di Ippocrate, che codifica la figura del medico.
- "Giuro ad Apollo medico, Asclepio, Igea e Panacea, prendendo come testimone tutti gli dei e le dee, di tenere fede secondo il mio potere e il mio giudizio a questo impegno: giuro di onorare come onoro i miei genitori colui che mi ha insegnato l'arte della medicina (concetto di allievo e maestro) e di dividere con lui il mio sostentamento e di soddisfare i suoi bisogni, se egli ne avrà necessità;
· di considerare i suoi figli come fratelli, e se vogliono imparare quest'arte, di insegnarla a loro senza salario né contratto; · di comunicare i precetti generali, le nozioni orali e tutto il resto della dottrina ai miei figli, ai figli del mio maestro e ai discepoli ingaggiati ed impegnati con giuramento secondo la legge medica, ma a nes sun altro (concetto della casta).
- Applicherò il regime dietetico a vantaggio dei malati secondo il mio potere e il mio giudizio, li difenderò con tro ogni cosa nociva ed ingiusta.
- Non darò chiunque me lo chieda, un farmaco omicida (rifiuto dell'eutanasia) né prenderò iniziativa di simile suggerimento, né darò ad alcuna donna un pessario abortivo.
Con la castità e la santità salvaguarderò la mia vita e la mia professione.
Non opererò gli affetti da calcoli e lascerò questa pratica a professionisti", (è questo è un anatema contro la chirurgia, che trova la sua giustificazione nel fatto che la chirurgia allora aveva esiti disastrosi.
Non c'era nessuno stimolo a studiare l'anatomia, perché si pensava che le malattie fossero causate dallo squilibrio degli umori e gli organi non avessero nessuna importanza; quindi la chirurgia era un qualcosa di empirico, si incideva senza sapere cosa andava ad incidere, non c'erano i concetti della asepsi, della anes tesia. La chirurgia fu considerata una pratica artigianale secondaria senza utilità, non una scienza, sino alla fine del 1700.
Gli artigiani la praticavano di nascosto, tramandandosi tra loro i segreti.
I chirurghi e i medici indossavano anche un diverso abbigliamento: i medici, in quanto laureati e magistri to gati, potevano portare la toga a differenza dei chirurghi, che invece erano persone indotte e non conosceva no il latino, che in epoca medioevale e moderna era ed è la lingua dei dotti -nelle incisioni del '500, del '600 e anche del '700 si distinguono i medici con la toga lunga sino ai piedi dai chirurghi con le gambe scoperte-. Questo corollario fu benefico nell'immediato, ma portò alla pratica della chirurgia da parte di persone prive di ogni conoscenza teorica).
"In qualunque casa io entri sarà per utilità dei malati, evitando ogni atto di volontaria corruzione e soprattut to di sedurre le donne, i ragazzi, liberi e schiavi.
Le cose che nell'esercizio della mia professione o al di fuori di essa potrò vedere o dire sulla vita degli uomi ni e che non devono essere divulgate le tacerò, ritenendole come un segreto (concetto di segreto professio nale). Se tengo fede sino in fondo a questo giuramento e lo onoro, mi sia concesso godere dei frutti della vi ta e di quest'arte, onorato per sempre da tutti gli uomini e se lo violo e lo spergiuro che mi accada tutto il con trario".
Va da se che anche se in Grecia il corpo era tabù, l'enorme sviluppo delle arti figurative, soprattutto della scultura, presuppone delle conoscenze anatomiche tali da far ritenere che in Grecia venisse praticata la dis sezione. Di certo si sa comunque che la dissezione venne praticata poco dopo gli ippocratici e trovò la massima espressione nella scuola alessandrina.
Il più grande scienziato e biologo dell'antichità fu Aristotele (384/3 A.C.-322/1 A.C.), che contribuì enorme mente non tanto alla medicina in sé, quanto alla scienza naturale, ed a lui si deve la prima classificazione degli animali (al suo allievo Teofrasto quella delle piante).
Purtroppo alcuni passi di Aristotele, forse interpretati male, portarono ad un errore che ebbe gravi consegue nze sull'evoluzione della scienza: pare che egli sostenesse che certi animali inferiori gli insetti (il cui nome deriva dalla evidente segmentazione del corpo nelle sue componenti) originassero dalla materia in decom posizione per generazione spontanea e che quindi non fosse possibile limitarne la crescita.
Questo concetto iniziò ad essere attaccato alla fine del '600.
Aristotele elaborò un sistema fisiologico incentrato sul cuore, in cui, secondo lui, ardeva una fiamma vitale mantenuta da uno spirito, detto pneuma o spirito vitale, che dava calore.
Il polmone e il cervello avevano soprattutto una funzione di raffreddamento.
Il cuore era l'organo più importante perché quando il cuore si ferma l'uomo muore.
Inoltre Aristotele nei suoi studi di embriologia notò che il cuore comincia a battere nelle fasi iniziali dello svi luppo dell'organismo: primum oriens, ultimum moriens.
Nella sua teoria il calore era la cosa più importante e dava la vita.
Egli sosteneva che l'uomo, avendo molto calore, riusciva ad utilizzare tutte le risorse del suo organismo e a produrre lo sperma.
La donna, invece; non aveva abbastanza calore, per cui parte del sangue era eliminata come sangue mes truale. Lo sperma col calore agiva sul mestruo, producendo l'embrione.
La riprova, secondo Aristotele, della validità della sua teoria era che questo calore derivato dallo sperma, nel periodo del puerperio, faceva sì che la donna producesse il latte: nella maggior parte dei casi non si pre sentava la mestruazione proprio perché questo sangue in abbondanza veniva trasformato in latte grazie al calore.
Aristotele fu anche maestro di Alessandro Magno, che portò al massimo la fioritura della cultura ellenica, che si espanse in tutto il Mediterraneo.
Ma la massima espansione portò successivamente al crollo.
Aristotele insegna ad Alessandro
La Terra secondo le descrizioni di Omero
La Terra secondo un ignoto cartografo babilonese del VII secolo a.C.
I due cerchi rappresentano le sponde del fiume Oceano.
I piccoli cerchi all'interno indicano regni confinanti.
Omero
Secondo la antichissima tradizione, Omero è stato il più illustre poeta epico in lingua greca, il primo di cui ci siano pervenute le opere e uno dei maggiori di ogni età.
Insieme ai due grandi poemi Iliade e Odissea, una più tarda tradizione greca gli attribuiva molte altre opere: gli Inni omerici, la Batracomiomachia, ecc.
Le vicende della sua vita erano scarsamente note anche agli antichi e leggendarie.
Le biografie tramandateci sono tarde, fabulose e contraddittorie.
Sebbene gli scrittori più antichi, fra essi Pindaro e Semonide di Amorgo, concordemente lo dicano jonico e nato in Chio o a Smirne, più tardi, come ci informa un noto distico dell'Antologia Palaina, molte città si conte sero l'onore di avergli dato i natali: Smirne, Chio, Colofone, Itaca, Pilo, Argo, Atene; secondo una variante, invece di Itaca, Cyme.
Statua attribuita a Semonide (Museo del Louvre)
Sebbene gli scrittori più antichi, fra essi Pindaro e Semonide di Amorgo, concordemente lo dicano jonico e nato in Chio o a Smirne, più tardi, come ci informa un noto distico dell'Antologia Palaina, molte città si conte sero l'onore di avergli dato i natali: Smirne, Chio, Colofone, Itaca, Pilo, Argo, Atene; secondo una variante, invece di Itaca, Cyme.
Statua attribuita a Semonide (Museo del Louvre)
La tradizione lo dice cieco.
La moderna indagine critica ci porta a ritenere che egli fu verosimilmente dell'Asia Minore, di Smirne o dell'isola di Chio che le è davanti, che fu un poeta di Corte e che probabilmente visse per qual che tempo alla Corte di un Eneade e che l'attività poetica si svolse fra la seconda metà del sec. VIII e gli inizi del VII.
Statua di Omero
La maggiore o la minore condensazione di questo elemento produce le altre forme, cioè l'acqua e la terra, cui Eraclito di Efeso aggiungerà il fuoco.
Divinizzato, Esculapio veniva raffigurato con dei galli, (simbolo della vigilanza indispensabile ai medici) e con il serpente (simbolo della longevità e della sanità conseguente alle cure mediche).
A queste conclusioni, sia pure scarne, si è giunti oggi dopo tutti i travagli della cosiddetta «questio ne omeri ca», della lunga disputa cioè, non ancora conclusa, sulla personalità storica di Omero e su gli autori o l'auto re e il modo di redazione dell'Iliade e dell'Odissea.
La sua grande abilità narrativa si avvale di strumenti quali una lingua ionica ricca di lessico e duttile di forme e il verso esametro che fluidamente si adatta ai diversi stati d'animo descritti.
Di grande fantasia che spazia dal mare alla terra, dall'Olimpo all'Oltretomba, modella paesaggi e personaggi che vivono le più diverse avventure guerresche, politiche, idilliche; sensibile al mondo del la natura e a tutte le sue creature animate e inanimate, alla sorte e alle vicende della vita che viene colta nei suoi aspetti più vari e reconditi.
Suggestiva è la naturalezza con cui il divino si mescola all'umano e al fantastico.
Grande fu il successo di questo poeta fin dal VII sec. a.C., considerato maestro e creatore di ogni forma di poesia; forte e prepotente l'influsso che esercitò su lirici e tragediografi, su filosofi e pedagogisti.
Studiato e commentato in tutte le epoche letterarie; tradotto in tutte le lingue e in tutti i tempi, è entrato nel vi vo della cultura moderna europea.
Geografia e Storia della Medicina Antica
É importante ricordare che molti medici di formazione empirista si sono spostati dalla Ionia (oggi Turchia) al l’Italia (Magna Grecia) per paura di una invasione persiana e hanno fondato o si sono uniti alla Scuola di Agrigento o alla Scuola di Crotone.
Non ci dobbiamo stupire quindi se la maggior parte dei medici di queste scuole continuarono la tradizione empirista di origine Ionica, mentre altri si unirono più tardi alla nuova squadra: all’astro nascente della medi cina indiziaria ippocratica.
Per esempio la prestigiosa Scuola di Crotone attraversò una prima fase empirista caratterizzata dalla ricer ca di una Teoria Unificata dell’Universo e una seconda fase in cui aderì alla Teoria dei 4 Elementi della Scuola Empirista di Agrigento.
Tuttavia nella fase più tardiva, soprattutto a partire dal grande Alcmeone di Crotone, assunse posizioni mol to più vicine al metodo indiziario della Medicina Ippocratica e oggi della più Moderna Medicina.
Alcmeone di Crotone
La nascita della Medicina Ippocratica
come esempio di metodo indiziario
Tradizione Empirista | Medici |
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Scuola di Cnido Teorie Unificate dell’Universo | Callifonte Eudosso Eurifonte Erodico di Cnido |
Scuola di Cirene Teorie Unificate dell’Universo | Non si sa quasi nulla |
Scuola di Agrigento Teoria dei 4 elementi | Empedocle di Agrigento |
Scuola di Crotone Medici di impostazione metodologica diversa: - Teorie Unificate dell’Universo - Teoria dei 4 elementi di Empedocle - Nota bene: Alcmeone di Crotone e altri medici di questa scuola appartengono alla tradizione indiziaria | Democede (Medico Empirico) Acrone Ippone (Teoria 4 Elementi della scuola di Agrigento) Filistione (Teoria 4 Elementi) |
Tradizione Indiziaria | Medicina Ippocratica |
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Scuola di Crotone La maggior parte dei medici nelle fasi precedenti della scuola era legata alla tradizione empirista | Alcmeone |
Scuola di Atene Non è un medico, ma un filosofo molto vicino ai medici della tradizione ippocratica nell’Atene di Pericle | Anassagora |
Scuola di Cos – Scuola Ippocratica Molti medici ippocratici si spostarono ad Atene ai tempi di Pericle ed entrarono in contatto con Anassagora, Socrate e Platone | Erodico di Cnido Eurifonte Diogene di Apollonia Ippocrate Polibo (genero di Ippocrate) |
Empedocle di Agrigento Alcmeone di Crotone
Nell’Atene di Pericle, Anassagora entrò in intimo contatto con i medici della Scuola Ippocratica, come Erodi co di Cnico, Eurifonte e lo stesso giovane Ippocrate (la vera rock star della medicina), e tra gli uditori delle sue lezioni c’erano personaggi come Socrate e lo stesso Tucidite.
Louis Agostine Belle: Pericle e Anassagora
Pericle
Anassagora
ERODICO di Leontini o ERODICO di Cnido
EURIFONTE di Cnido
Biblioteca della Scuola Ippocratica
Complessità irriducibile dei sistemi viventi
Tradizione Empirista | Tradizione Indiziaria | ||
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Venti | Probabilmente è l’obiettivo polemico di Antica Medicina Empirismo dogmatico Empirismo logico Tentazione logico-filosofica | Antica Medicina | Opera fondamentale Manifesto metodologico e teorico della Medicina Ippocratica e della Medicina Moderna Werner Jaeger e Gadamer ritengono sia l’opera a cui fa riferimento Platone nel Fedro (270 c-d) e sia l’opera guida per capire il metodo ippocratico |
Affezioni interne | Scuola di Cnido | Arie acque luoghi | Esempio paradigmatico del metodo indiziario in azione Emerge l’enorme potenzialità della medicina nell’orientare le scelte politiche e individuali |
Regime
Sentenze Cnidie
Bersaglio polemico del Regime delle malattie acute | Non confondere con il “Regime delle malattie acute” della tradizione indiziaria
Separabilità dei principi attivi
Elementi essenziali Ingredienti attivi isolabili Elementi o umori separabili | Regime delle malattie acute | Non confondere con il “Regime” della tradizione empirista
Non separabilità dei principi attivi
Alimenti e medicinali naturali Processi patogenetici complessi |
Malattie II | Scuola di Cnido Metodo analogico Somiglianze / differenze Generico principio di non contraddizione Empirismo dogmatico Empirismo logico | Il male sacro | Manifesto metodologico e teorico della medicina laica Contiene aspetti del pensiero di Diogene di Apollonia |
Malattie IV | Scuola di Cnido Tentativi di spiegazione basati su analogie meccaniche o formali Precursore della Teoria delle Simpatie all’epoca di Paracelso | Natura dell’Uomo | Aristotele la cita come opera di Polibo genero di Ippocrate Teoria dei 4 umori nell’interpretazione non ontologica e non logico-ontologica della scuola ippocratica Descrive i paradossi e le diagnosi errate a cui porta l’empirismo e una concezione ontologica delle manifestazioni cliniche e delle malattie |
Trattati ginecologici - Natura delle donne - Malattie delle donne | Scuola di Cnido Empirismo con terapie improvvisate: prova a dare… | Prognostico | |
Malattie del bambino | Scuola di Cnido Tentativi di spiegazione basati su analogie meccaniche o formali Precursore della Teoria delle Simpatie all’epoca di Paracelso | Epidemie - Libro I - Libro III
- Libro II
- Libro IV - Libro VI | |
Arte | Atteggiamento sofistico La medicina non è una vera scienza La realtà è ciò che diciamo della realtà Ermeneutica e metodica universale di Gadamer Spettacolare sopravvalutazione del linguaggio, pensiero e dialogo Concezione ontologica del linguaggio (verbum) | Aforismi
Prorretico
Prenozioni Coe | |
Luoghi nell’uomo | Non esistono principi attivi separabili e elementari (molecole, geni, componenti elementari, principi attivi) tutto è integrato e complesso Sistemi viventi integrati e complessi Influenza teorica di Anassagora | ||
Legge | Decadenza Ambiente stoico Vuota retorica filosofica | Giuramento di Ippocrate | Rigore etico Scienza nell’interesse pubblico Bene comune Conflitti di interessi |
Altre opere - Donne sterili - Acque (uso dei liquidi)
…
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Trattati chirurgici e ortopedici - Articolazioni - Fratture - Ulcere - Ferite e armi - Ferite della testa - Ferite pericolose - Strumenti di riduzione |
La compilazione della tabella si basa sulle seguenti ipotesi:
* I Testi del Corpus Ippocratico non furono scritti da Ippocrate ma sono i documenti della biblioteca della Scuola Ippocratica
* Si tratta di circa 70 opere
* I molteplici tentativi di identificare i testi veramente scritti da Ippocrate sono falliti
* Il nostro obiettivo è identificare i testi che contribuiscono al metodo indiziario, non identificare gli autori o l’epoca esatta della stesura
* Orientativamente la stesura è avvenuta tra il 440 e il 400 a. C
* Ippocrate nacque a Cos verso il 460
* Forse figlio del medico Eracide
* Studiò medicina sotto la guida del padre e di Erodico di Cnido
* Compì numerosi viaggi
* Tenne ad Atene corsi accademici di medicina
* Ebbe figli che studiarono medicina (Dracone, Tessalo)
* Anche suo genero era un medico (Polibo)
* Visse molto a lungo (circa 90 anni) (sapeva come dobbiamo vivere!)
* Probabilmente morì in Tessaglia verso il 370 a.C
* Ippocrate fu molto famoso e conosciuto mentre era in vita, ma diventò un mito soltanto dopo la morte
* Molte generazioni di medici ed epoche storiche riscoprirono la Medicina Ippocratica lungo tutta la storia della Medicina
* La Medicina Moderna è solo l’ultima riscoperta del grande metodo indiziario che ha attraversato tutta la storia del pensiero medico. Ippocrate
Ai tempi di Ippocrate non c’era un tempio o culti sacerdotali, ma nella sua scuola laica di medicina che fiorì a partire dal V secolo a.C., senza dubbio c’era, e c’è ancora un grande platano e, la leggenda narra che i medici della scuola di Ippocrate si riunivano all’ombra della pianta a discutere.
Albero di Ippocrate
IPPOCRATE
1) Ippocrate di Coo o di Chio, fu il più grande medico dell'antichità, detto il padre della medicina (460-370 a. C.). Egli per primo distinse la medicina dalla tradizione sacerdotale e la fondò sulla ricerca scientifica e sul la osservazione.
I suoi numerosi scritti e quelli degli alunni furono raccolti nel Corpus hippocraticum che fu il trattato più diffu so nell'antichità e nel Medioevo.
I suoi Aforismi in particolare furono considerati come dogmi fino al sec. XVIII.
Il giuramento ippocratico è una formula di giuramento che i suoi discepoli e poi tutti i medici fino al secolo scorso pronunciavano al momento della laurea, promettendo di esercitare la professione con assoluta mora lità, di difendere il segreto professionale, ecc.
Con esso si apre il Corpus hippocraticum.
2) Ippocrate di Chio, matematico e filosofo greco del V sec. a.C., si occupò prevalentemente di geometria e compose un'opera perduta dal titolo "Elementi" che lo fa considerare precursore di Euclide.
L’approccio empirico è il punto di partenza per l’evoluzione della medicina.
Tuttavia, nelle prime fasi persistono residui della concezione magico-demoniaca e di quella teistica; i primi grandi medici sono divinizzati. Euclide
La Grecia di Omero
LA MEDICINA OMERICA
La dialettica - malattia/guarigione agli albori della civiltà occidentale -.
E’ in Magna Grecia che nasce la medicina: con Alcmeone di crotone.
Dopo la caduta di Troia si verifica un fatto eccezionale che capovolgerà in Grecia e nel mondo intero il con cetto teurgico-sacrale di medicina, aprendo la via ad una nuova mentalità tutta proiettata all'interpretazione razionale dei fenomeni naturali e della stessa natura umana.
Questo evento, battezzato "filosofia della Natura" ha inizio quando l'Uomo prende coscienza del proprio dirit to di pensare, di interpretare, di giudicare, divenendo "misura di tutte le cose".
L'Uomo non vuol più subire passivamente i dogmi della conoscenza imposti dalla tradizione e dalla religio ne, e comincia a chiedersi "il perché delle cose" e dei "fenomeni naturali".
Nasce il filosofo, nel senso etimologico di chi ama il sapere, il quale è al tempo stesso matematico e biologo, fisico e musico, astronomo e medico.
E il primo problema dei filosofi che vissero tra il VII e il VI secolo a. C. ("presocratici") fu quello di spiegare il mistero dell'essenza della materia, dapprima cosmica e poi umana.
L'idea che tutte le cose riconoscessero un'archè, un principio unico, si forma nella cosiddetta Scuola jonica a Mileto (VII secolo). E' l'idea di un'entità unica capace di trasformarsi in varie forme sensibili, di un primo principio dal quale si forma ogni cosa, un principio unico, fondamentale e incorruttibile, un qualcosa che ri manesse identico nell'eterno mutare della materia e che spiegasse la natura di tutti i fenomeni naturali allora conosciuti. Ne consegue che la materia stessa è già dotata di una vitalità intrinseca.
Rappresentanti di questa scuola sono Talete, Anassimandro e Anassìmene:
per il primo il principio naturale che produce e fa sviluppare ogni cosa è rappresentato dall'acqua; per Talete, il quale gode degli onori di essere considerato il primo filosofo occidentale, questo arché è l'acqua.
Tutto è composto d'acqua, le molteplici forme della materia fuoco, terra, aria, e la stessa acqua, ad esempio sono composte di acqua.
Tuttavia quest'acqua non è da intendersi come il solo e semplice elemento che genera e compone il mare, i fiumi e la pioggia, l'acqua di Talete è un principio superiore ai semplici elementi sensibili: l'acqua di Talete è appunto il principio, l'arché, la forza sempre identica a se stessa che genera la molteplicità delle sostanze e lo stesso continuo mutare di tali sostanze (il divenire).
Probabilmente Talete ricava l'indicazione dell'acqua come arché dall'osservazione diretta della physis (la natura materiale), dove tutto ciò che è vivo sembra abbisognare d'acqua per generarsi o semplicemente per continuare a vivere: il nutrimento dei viventi è umido, i semi che generano le piante sono umidi (come anche gli ovuli degli animali o il liquido amniotico dei mammiferi), l'acqua poi assume diversi stati, quello liquido, quello gassoso e quello solido. L'acqua è inoltre presente nei miti già come entità generatrice (ad esempio, Oceano dal quale tutto si genera, citato da Omero).
Per il secondo è invece un'entità indefinibile, l'apéiron.
Anassimandro, forse discepolo di Talete, riflette sempre sulla medesima tematica, ovvero la ricerca dell'ar ché, ed amplia di molto l'orizzonte e la complessità della risposta: per Anassimandro l'archè è l'àpeiron (l'io che non ha forma, l'indefinito, il non particolare).
Se Talete individua il principio che genera le diversità in qualcosa che comunque è definito (l'acqua di Tale te è un per sempre una qualcosa di definito e preciso). Anassimandro replica affermando che il principio e la forza che genera il molteplice e le diversità tra le cose non può essere qualcosa di definito, ma in realtà è il "tutto indefinito", il "tutto molteplice", ovvero il "rodo primordiale" in cui tutti gli elementi esistenti non hanno ancora trovato la loro forma: appunto, l'àpeiron.
Nell'àpeiron il tutto esistente si trova in una situazione eterna, nell'àpeiron ogni cosa si trova nella condizio ne della coincidenza degli opposti: ovvero, il tutto racchiude in se anche le cose contrarie tra loro, come, ad esempio, il giorno e la notte. Mentre nel mondo sensibile il giorno, subentrando alla notte, dissolve e distrug ge la notte stessa, e così, in un eterno gioco di distruzioni conseguenti, la notte subentrando al giorno dissol ve il giorno, l'àpeiron è la dimensione eterna entro la quale tutti i contrari sono custoditi in attesa di essere richiamati nel mondo degli uomini, soggetti alla legge del tempo (solo dove c'è tempo c'è mutamento, e quin di diversità e molteplicità). Ecco come l'àpeiron è il principio di tutte le cose, secondo Anassimandro.
Da notare che per Anassimandro, l'àpeiron non genera le cose casualmente, egli parla infatti di governo dell'àpeiron, esso non è un qualcosa di cieco e insensibile, ma conoscente e vivo, intenzionale.
Mentre per il terzo esso è l'aria, con il qual termine egli indica i vapori, i venti e le nuvole.
Tuttavia, Anassimandro lascia in sospeso (necessariamente) la domanda attorno alla vera natura dell'àpei ron: che cos'è che permette all'àpeiron di generare e mettere in moto le diversità del molteplice?
Per Anassimene, amico di Anassimandro, ciò che permette all'àpeiron di mettere in moto la diversità è la "condensazione e la rarefazione dell'aria".
L'aria è quella sostanza infinita che costituisce tutte le cose.
Le sostanze differiscono tra loro per il diverso grado di condensazione dell'aria: l'aria, attenuandosi, diventa va fuoco, condensandosi, diventava vento, nuvola, acqua, terra e così via, verso una "durezza" sempre mag giore. Il mondo, secondo Anassimene, "è come un animale gigantesco che respira e il respiro è la sua vita e la sua anima". L'aria appare come elemento incorporeo, priva di materia, l'aria, per Anassimene, è "il respiro del mondo", ciò che muove le cose senza essere nessuna cosa.
La maggiore o la minore condensazione di questo elemento produce le altre forme, cioè l'acqua e la terra, cui Eraclito di Efeso aggiungerà il fuoco.
Siamo a questo punto verso la metà del VI secolo a.C., e fa la sua comparsa sulla scena un personaggio fittamente avvolto dalla leggenda e dall'apoteosi: Pitagora di Samo, un profeta e un mistico nonché profon do cultore di matematica e di astronomia.
Egli sostiene che le vere entità che compongono la materia sono i numeri, intesi come quantità separate: tante quantità minori fanno la quantità maggiore e più complessa, che è appunto la materia.
Il numero è però anche ordine, armonia e ritmo, proprio come la musica; è quindi l'armonia che regge e governa la composizione della materia, e quindi del Creato, compreso l'Uomo.
Per Pitagora l'armonia non è però qualcosa di statico, ma si trova continuamente in equilibrio instabile, e risulta dall'antagonismo bilanciato di forze opposte che sono insite nelle cose.
E' questa la legge della "enanziosi", cioè dell'antagonismo interno.
E dall'Universo all'Uomo il passo sarà breve: l'Uomo viene inteso come un microcosmo immerso nel macro cosmo. E' la nascita del pensiero biologico.
L'armonia che regge l'Universo regge anche l'Uomo, dandogli la salute, e il turbamento di questa armonia provoca la malattia.
Non a caso, quindi, i pitagorici usarono la musica come terapia: essendo la musica perfetta espressione di armonia, il suono degli strumenti può ristabilire questa armonia negli organi in cui regna il disaccordo delle parti. Ma l'influenza dei pitagorici sulla medicina va oltre.
Per loro, la vita è costituita da quattro elementi: terra, aria, fuoco e acqua, cui corrispondono quattro qualità: secco, freddo, caldo e umido.
Questi quattro elementi e queste quattro qualità formano i quattro umori del corpo:
* sangue caldo e umido
* flegma freddo e umido
* bile gialla caldo e secco
* bile nera freddo e secco
A sua volta, la combinazione di questi quattro umori determina il "temperamento" dell'individuo, le sue quali tà mentali e il suo stato di salute.
Ed è la teoria degli umori, che dal 500 a.C. dominerà pressoché incontrastata sino alla rivoluzione di Vir chow nel 1858. Rudolf Ludwig Karl Virchow
E' ancora a Crotone, dove non lontana da quella di Pitagora è già fiorente una Scuola di Medicina, che a partire dal VI secolo a.C. ha inizio l'"esperimento biologico", il primo tentativo concreto di chiarire le leggi che governano la vita, il corpo umano e le sue funzioni.
E' proprio qui che l'Uomo finisce di essere il semplice tramite di volontà supreme per divenire il cosciente indagatore della natura che lo circonda e delle leggi della biologia.
Il più significativo rappresentante della scuola di Crotone è Alcmèone, contemporaneo ma più giovane di Pitagora. Nato nella stessa città intorno al 560 a.C., accetta come prima legge scientifica il concetto di isono mia, secondo cui la salute è la sintesi di una perfetta armonia, mentre la malattia è l'espressione del disaccordo delle parti.
Pertanto guarigione vuol dire ripristino dell'equilibrio turbato, cioè ristabilimento dell'armonia.
Pertanto guarigione vuol dire ripristino dell'equilibrio turbato, cioè ristabilimento dell'armonia.
E' l'inizio di una profonda evoluzione, che dalle coppie dei contrari (freddo-caldo, amaro-dolce, umido-sec co, ecc) giungerà agli elementi e agli umori.
Alcmèone è certamente tra i primi a praticare sezioni anatomiche sugli animali e sull'uomo: scopre ad esem pio che è il cervello e non il cuore, la sede delle sensazioni e il centro della vita intellettiva e, che nei nervi ottici decorrono gli stimoli della visione.
E' ancora lui a distinguere nel cadavere le vene (vuote di sangue) dalle arterie, a riconoscere nelle lesioni del cervello la causa di alcuni disturbi funzionali, e a spiegare il fenomeno del sonno con un deflusso del sangue dal cervello.
E' proprio Alcmèone a sottolineare per la prima volta la priorità del cervello nella fisiologia umana e nelle facoltà psichiche superiori, affermando che "esso fornisce le sensazioni dell'udire, del vedere e dell'odorare, dalle quali poi nascono la memoria e il giudizio e, da queste sensazioni -una volta posate- altresì la sapien za". Ma forse il suo maggior merito sta nell'aver anticipato di oltre due millenni uno dei concetti fondamentali della medicina moderna, quello di prevenzione, indicando i possibili fattori del perturbamento di quell'armo nia che è alla base della salute: predisposizioni individuali, iponutrizione o alimentazione irregolare o inade guata, fattori ambientali come il clima e l'ambiente esterno.
Ma Alcmèone non è il solo rappresentante di quest'epoca.
Empedocle di Agrigento (più verosimilmente appartenente alla Scuola siciliana che quella di Crotone) non si mostra meno geniale: anticipando la concezione alchimistica della costituzione della materia, ritiene che ogni individualità - vivente o inerte -, è costituita da particelle elementari che si trovano in proporzioni ben definite, e che si sono combinate non solo in virtù di forze simili, ma anche di forze contrarie, per cui "amore e contesa - secondo le sue parole - stanno all'origine delle cose, e quindi anche della vita".
Ma Empedocle non fu solo un teorico.
Egli sostenne che la respirazione ha luogo, oltre che attraverso i polmoni, anche tramite i porri cutanei; inse gnò che il cuore è il centro del sistema vascolare dal quale si ha flusso e reflusso di sangue, scoprì il labi rinto dell'orecchio interno, fece importanti osservazioni sullo sviluppo del feto e anticipò alcuni aspetti della teoria darwiniana dell'evoluzione.
Empedocle va infine considerato tra i grandi igienisti, dominatore di gravi epidemie: avrebbe addirittura liberato la città di Selinunte da una grave pestilenza (probabilmente malaria) bonificando le paludi stagnanti intorno al fiume Selino.
Accanto alle Scuole di medicina si costituì anche l'organizzazione dei medici: essi vollero prendere sempre più le distanze dai sacerdoti, la cui arte era ormai organizzata su basi quasi industriali nei grandi santuari, e seguiva norme assai poco deontologiche per l'ammissione dei malati e il pagamento degli onorari.
Erano medici laici, che molto probabilmente avevano esercitato la medicina già prima dell'istituzione dei templi. Erano questi i periodi de medici viaggianti, che itineravano di città in città per visitare gli ammalati e talora anche per operare.
Dalle celebri scuole di Cnido, Kos, Rodi, Cirene, Crotone, uscirono medici indipendenti dalla medicina sacer dotale, che esercitavano la propria disciplina nelle città, negli eserciti e nelle corti.
All'acme erano i medici dei ricchi e dei potenti e quelli stipendiati dal pubblico erario delle piccole e grandi città. Alcuni venivano chiamati dall'estero, per chiara fama.
Simultaneamente si formò in Grecia quello che oggi chiameremmo "il personale paramedico".
Spiccava per perizia ed esperienza il rizòtomo (tagliatore di radici), considerato aiutante del medico a tutti gli effetti: raccoglieva le piante medicinali, le faceva asciugare al sole, le polverizzava, le dosava e ne pre parava miscugli e pozioni.
Sono proprio i rizotomi che subito dopo il periodo ippocratico daranno il via allo studio sistematico e raziona le delle piante, lasciando le prime documentazioni scritte sulle proprietà terapeutiche delle singole piante.
Il periodo aureo della medicina ellenica era alle porte.
L'uomo aveva finalmente oltrepassato i limiti segnati e le esperienze raccolte dalle precedenti millenarie ci viltà, pronto ad affrontare in modo più concreto e razionale i tanti misteri che ancora avvolgevano la Natura umana e le sue leggi.
Stava finalmente per nascere la medicina scientifica.
Nell'antica Roma: arriva Esculapio
Mitico eroe accolto tra le divinità come dio della medicina, Esculapio di Coo visse intorno al secondo millen nio prima di Cristo.
Secondo Esiodo e Pindaro era figlio di Apollo e di Coronide; secondo Omero, invece, era un mortale istruito nell’arte della medicina dal dotto centauro Chirone, e in seguito incenerito da Giove perché aveva osato re suscitare Ippolito figlio di Teseo ed Antiope.
"Pseudo-Seneca", poi identificato come busto di Esiodo
Busto di Pindaro Apollo con in mano una lira, uno dei suoi simboli tipici, in una statua del primo secolo.
Apollo uccide Coronide
Hippolytus
Teseo e il Centauro
In Viaggio sul Tevere verso l'isola Tiberina
L'isola Tiberina, per chi non lo sapesse, è congiunta alla terra ferma, da un lato, dall'antico Ponte Fabricio e, dalla parte opposta, dal Ponte Cestio.
L'isola Tiberina, per chi non lo sapesse, è congiunta alla terra ferma, da un lato, dall'antico Ponte Fabricio e, dalla parte opposta, dal Ponte Cestio.
L'isola appare grossa e allungata, come una grande barca, grazie anche al rivestimento in travertino che in passato le conferì questa forma in ricordo di una leggenda: quando nel 293 a.C. una mortale epidemia infuriava a Roma, furono consultati libri Sibillini e gli oracoli rivelarono che un'ambasceria romana doveva recarsi da Epidauro, nella sede del culto di Asclepio, Dio delle guarigioni (salvato infante da un rogo da Apol lo, egli era stato infatti da questi affidato al centauro Chirone perché gli insegnasse la medicina) e riportarne il serpente, simbolo del Dio.
L'animale, continua la leggenda, scivolò via dalla nave che, lungo il Tevere, lo portava a Roma, e si rifugiò nell'isola Tiberina.
Perciò fu eretto qui, nel 289 a.C., il tempio del dio, su modello di quello di Epidauro: una piccola cella in fondo alla quale c'era la statua di Esculapio (questo è il nome che il dio greco assunse a Roma) visibile oggi al Museo Nazionale di Napoli, con un bastone intorno al quale si attorcigliava un serpente; ampi portici late rali dove si trattenevano i malati in attesa della guarigione; un'ora per le offerte e una fonte sacra dove i mala ti venivano purificati prima di accedere alle visite del dio. Un gallo bianco animale sacro ad Asclepio,veniva usualmente sacrificato in suo onore.
Precedente e meno famosa di questa leggenda è quella che vuole l'isola Tiberina sorta da ingenti quantità di grano gettato nel fiume.
Il prezioso cereale apparteneva a Tarquinio il Superbo.
Precedente e meno famosa di questa leggenda è quella che vuole l'isola Tiberina sorta da ingenti quantità di grano gettato nel fiume.
Il prezioso cereale apparteneva a Tarquinio il Superbo.
Così, la popolazione, scacciato questo re, aveva gettato le sue scorte alimentari nel Tevere.
Ma queste sono leggende.
In realtà l'isolotto sul Tevere è sempre esistito ed è fatta di tufo, una pietra lavica.
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