LA MEDICINA EGIZIA
Articolo informativo di Giuseppe Pinna per S. O. S. - “Osteomielitici d’Italia” - Onlus «Centro Servizi Informativi On-line per Osteomielitici e Pazienti dell’Ospedale CODIVILLA-PUTTI di Cortina d’Ampezzo»; che ci addentra in un per- corso storico narrandoci che: "durante il corso dei secoli la medicina ha attraversato diversi stadi che, secondo gli storici, sono i seguenti: medicina istintiva, medicina sacerdotale, medicina magica, medicina empirica, medicina scientifica".
STORIA DELLA MEDICINA
ANTICA, MEDIEVALE E MODERNA
LA MEDICINA EGIZIA
(dal 3600 a.C.)
L’approccio empirico è il punto di partenza per l’evoluzione della medicina.
Tuttavia, nelle prime fasi persistono residui della concezione magico-demoniaca e di quella teistica; i primi grandi medici sono divinizzati.
LA MEDICINA EGIZIA
La medicina egizia (3000 a.C.-1000 a.C.) è contemporanea alla mesopotamica.
Si passa da una fase teurgica-magica ad un empirismo estremamente illuminato: notevoli so-no la concezione biologica (concetto umorale sanguigno e concetto pneumatico), la cono-scenza dei vari quadri sintomatologici e la farmacologia.
Durante i tremila anni della storia dell’antico Egitto si sviluppò una grande, variata e fruttife- ra tradizione medica.
I più vecchi testi di medicina babilonese vengono datati verso il II millennio a.C.
Ai tempi dei babilonesi e degli egizi, il più famoso testo giunto fino ai nostri tempi è il diario diagnostico scritto dal medico Esagil-kin-apli di Borsippa, vissuto durante il regno di Adad-apla-iddina (1069-1046 a.C.).
Le prime informazioni mediche egizie sono contenute nel papiro, il mezzo di scrittura degli egizi, di Edwin Smith, datate circa nel 3000 a.C.
Vigeva già allora una legislazione sanitaria e un’arte medica progredita, ricca di strumenti chi rurgici ed elenchi di piante con proprietà medicinali.
A quei tempi era comune indicare come origine delle malattie eventi superstiziosi o l’implica-zione di demoni, come riportato nel papiro di Ebers (datato nel 1550 a.C. circa). anche se nello stesso papiro si descriveva quello che in seguito verrà denominato tumore.
Altrettanto importante fu la dottoressa Peseshet.
Questa visse tra la V e la VI dinastia e che fu "direttrice o supervisore dei medici", titolo con cui è menzionata nella mastaba (tomba) di suo figlio a Giza.
Per scoprire le conoscenze mediche degli Egizi esistono tre strade:
i segni lasciati dalle malattie sui cadaveri,
le rappresentazioni nell'arte delle anomalie fisiche e...,
la lettura di alcuni papiri.
Grazie a quest'ultimi sappiamo che per la prima volta nella storia i medici egizi seppero sfuggire ai limiti del magico e del religioso facendo riflessioni sul malato e sulla malattia.
Nel papiro Ebers (1550 a.C.) già si descrivono i sintomi dei disturbi.
In essi sono contenuti rimedi di vario genere e le loro modalità d'uso.
Per esempio si suggeriva di curare le infezioni con del pane ammuffito e cioè con lo stesso principio poi sfruttato da Alexander Fleming nel XX secolo per creare il primo antibiotico, la penicillina.
O le ferite con il miele: un suo enzima infatti sviluppa acqua ossigenata.
Di particolare interesse è il capitolo del "Trattato sul cuore" dove si descrive la corrispon-denza tra frequenza cardiaca e pulsazioni.
Ma è il Papiro Edwin-Smith a segnare il passaggio alla modernità.
Scritto intorno al XVI secolo a.C., ma con nozioni ancora più antiche, riporta, proprio come un vero trattato di chirurgia, una serie di casi clinici, a partire dalla testa e scendendo con ordine fino alle lesioni che riguardano la colonna vertebrale, punto in cui il testo si inter-rompe.
Erodoto arrivò a chiamare gli egizi il popolo dei sanissimi, grazie all’importante sistema sani-tario che possedevano, ed alla esistenza di un medico per ogni infermità (prima segnala-zione della specializzazione in campo medico).
Erodoto riferisce che la medicina egizia era fortemente specializzata.
Come attestano i papiri ritrovati dagli archeologi, gli antichi Egizi praticavano la medicina fin dai tempi più antichi, forse da prima delle dinastie faraoniche.
All’interno della medicina egizia si potevano distinguere due diversi filoni: quello magico-reli- gioso (non visibile), che comprendeva elementi molto primitivi, e quello empirico-razionale (vi-sibile), basato sull’esperienza e l’osservazione (traumi, ferite), privo di componenti mistiche.
Uno dei medici più antichi della storia egizia fu Hesira, vissuto intorno al 2650 a.C. durante la III dinastia, "capo degli scribi reali" ma anche insigne "capo dei dentisti", ed ecco qui sotto: "Il primo ponte dentario".
ORGANIZZAZIONE GERARCHICA DEI MEDICI EGIZI
I medici dell’antico Egitto erano molto numerosi, per questo motivo ognuno di loro si occupa- va quasi esclusivamente delle malattie che meglio conosceva.
I medici erano organizzati secondo una gerarchia ben precisa.
All’apice figurava il medico personale del faraone e a cui erano sottoposti i medici del Palaz-zo, dei quali uno era il “supervisore” di tutti gli altri.
Seguivano gli “ispettori dei medici”, poi alcuni medici meno importanti, e infine la gran massa dei medici “di base”, mentre i medici ordinari erano affiancati dai professionisti di grado supe riore, da ispettori e da sovrintendenti.
Gli assistenti erano personale paramedico di sesso maschile; essi dovevano le loro conoscen ze anatomiche alla osservazione degli animali durante il macello e non alla imbalsamazione del defunto che era riservata ai sacerdoti devoti ad Anubi perciò la loro conoscenza dell’ana-tomia: ossia del tipo, della struttura e della disposizione degli organi, era modesta e, di con-seguenza, anche le procedure chirurgiche erano molto limitate: una pratica di antica tradizio- ne e ancora largamente applicata era la trapanazione, ossia la perforazione del cranio allo scopo di curare cefalee e disturbi mentali.
I medici egizi erano altamente specializzati, (nelle malattie urinarie, nelle patologie delle orecchie, degli occhi e della pelle) e godevano di molto prestigio.
Molti nobili venivano dall’estero per consultarli, oppure erano gli stessi medici, dietro autorizzazione o ordine del faraone, a recarsi presso i potenti vicini per prestare la propria opera.
Per ogni patologia vi erano veri e propri specialisti.
Così c’era il medico generico (termine egiziano sunu), l’oculista (sunu-irty), lo specialista per l’addo-me (sunu khef), lo specialista per le malattie di origine sconosciuta e altri ancora.
Il termine “sunu” dovrebbe significare “colui che appartiene al malato” o “colui che appartiene a chi è ammalato”.
Il numero degli specialisti era più alto nell’Antico Regno che nelle epoche successive che videro le va-rie specializzazioni accentrarsi sempre più in un’unica persona.
Questi medici di alto rango si tramandavano la professione da maestro ad apprendista, sia nelle “ca-se di vita” (istituzioni templari), che nelle scuole di palazzo, le cui più note erano quelle di Eliopoli e Sais.
Solitamente il medico trascorreva nelle scuole dei templi anni di duro addestramento, in modo da ap-prendere l’arte dell’interrogazione del malato, della sua ispezione e della palpazione (esame del cor po effettuato tastando con le mani la superficie corporea).
Queste “Case della Vita” erano delle specie di biblioteche dove i giovani facevano esperienza con gli anziani, leggevano e ricopiavano gli antichi testi gelosamente custoditi dai medici-sacerdoti di Sek-hmet, dea della medicina.
L’istituzione medica nell’antico Egitto, a partire dalla prima dinastia, fino alla diciannovesima di-nastia, dispone per i medici una assicurazione medica, pensione e la licenza per malattia, ed un ora-rio di lavoro di otto ore giornaliere.
Nella società Egizia i medici godevano di una posizione di prestigio e alcuni dipendevano diretta-mente dalla corte.
Venivano assistiti da infermieri, ortopedici e massaggiatori.
Veneravano Duau e Horus dei della sanità degli occhi, Tueris, Heget e Neit protettoridella gestante durante il parto, il Dio Thot, Dio della saggezza e della scienza, ed erano sacerdoti di Sekmet, la dea sanguinaria ma compassionevole e misericordiosa verso i sofferenti e Dea della salute, il cui fi-glio, Imhotep, era considerato l inventore della medicina.
Durante la terza dinastia il medico iniziò a distinguersi come figura, sia pure primitiva, di scienziato, diversa dallo stregone e dal sacerdote.
Il primo medico egizio il cui nome è giunto fino a noi è appunto Imhotep (vissuto intorno al 2725 a. C.), famoso anche come costruttore di piramidi e come astrologo (fu architetto della piramide a gra- doni del sovrano Djoser a Saqqara), che fu egli stesso divinizzato.
LE MALATTIE
Le malattie venivano considerate risultato di misteriose influenze esterne che sarebbero penetrate nel corpo attraverso gli orifizi naturali corrompendo gli “umori”.
Compito del medico era quindi quello di evacuare questi umori “corrotti”, facendoli uscire attraverso le normali vie di escrezione.
Alcune malattie note erano:
l’asma bronchiale,
l’epatite tropicale,
la gonorrea,
lo scorbuto,
l’epilessia,
e le numerose malattie da parassiti così frequenti in Egitto.
Ci furono più volte epidemie di lebbra e di vaiolo che colpì anche il faraone Ramesse V come con-fermano gli esami sulla sua mummia.
Non mancavano neppure altre malattie oggi di grande attualità come quelle delle arterie periferiche e delle coronarie: le mummie di Ramesse II, Ramesse III e Amenofi III mostrano segni di arterio-sclerosi.
L’esame radiografico ha addirittura consentito di accertare l’esistenza di calcificazioni arteriose in numerose mummie.
La polmonite e la tubercolosi erano tra le malattie più diffuse a causa dell’inalazione di sabbia o di fumo dei focolari domestici.
Le malattie parassitarie erano altrettanto comuni a causa della mancanza di igiene.
Le comuni malattie erano solitamente curate dai medici con il metodo empirico-razionale, grazie so-prattutto al fatto che questi organi sono direttamente accessibili; i disturbi di altre parti del corpo veni-vano, invece, curati da stregoni con magie e incantesimi.
CONOSCENZA MEDICA
Presso il popolo l’igiene della persona era molto seguita.
Esistevano norme ben precise (spesso sotto forma di precetti religiosi), come quelle di lavarsi regolar-mente al mattino, di pulirsi bene la bocca e i denti, di lavarsi le mani prima di mangiare, di tenere i capelli e le unghie in ordine, di cambiare spesso le vesti.
Le regole per una sana alimentazione erano piuttosto rigide (con la proibizione di mangiare carne di maiale e la testa di animali):
colazione leggera al mattino,
primo turno di lavoro,
pasto leggero a mezzogiorno e breve siesta,
secondo turno di lavoro,
poi cena abbondante al tramonto.
Ottima consuetudine era di dormire “dallo spuntar delle stelle fino all’alba”.
Al fine di migliorare le condizioni sanitarie, i medici si occupavano anche dell’igiene pubblica.
Nelle case degli Egizi, non mancavano mai medicinali di primo soccorso contro scottature, punture di insetti e infiammazioni causate da schegge o spine.
Molti di questi farmaci vengono usati ancora oggi dai fellahin.
Alla medicina erano collegate la cura dell’igiene e la bellezza, a cui gli Egizi dedicavano molto tem-po.
Il medico forniva anche unguenti per la pelle e tinture per i capelli.
Durante lo studio delle varie malattie, delle cause che le hanno provocate e delle tecniche di guarigio- ne sono uno degli aspetti più sbalorditivi dell’Antico Egitto.
Assai progredita era la chirurgia e la sutura delle ferite.
Gli attrezzi più comuni di un medico erano: pinze, forbici, coltelli, fili di sutura, schegge, trapani e ponti dentari.
Fin dall’Antico Regno venivano utilizzati strumenti chirurgici del tutto simili a quelli in uso nei nostri ospedali per operare i malati.
Sembra siano stati effettuati con successo anche interventi per scongiurare tumori, mentre sono noti i clamorosi successi in fatto di applicazione di arti artificiali che consentivano ai pazienti di proseguire in tutta normalità la loro vita (un ritrovamento ha portato alla luce i resti di una donna alla quale fu am-putata una gamba e quindi applicata una protesi di legno che, nella sua semplicità, era di una efficacia straordinaria e permise alla donna di vivere ancora per molti anni dopo l’intervento).
La protesi per alluce
La chirurgia nell’antico Egitto, riguardava soprattutto la riduzione:
delle fratture,
l’estrazione di calcoli,
le operazioni nell’occhio,
l’asportazione di tumori esterni,
la circoncisione.
Di fatto, gli Egizi conoscevano vari mezzi per praticare una sorta di anestesia con una speciale “pie- tra” che si trovava vicino a Menfi la quale, ridotta in polvere e applicata alla parte, faceva scomparire ogni dolore. Forse si trattava semplicemente di pezzetti di bitume che, a contatto con la fiamma, sprigionavano vapori che assopivano il paziente.
Venivano anche sfruttati, a scopo anestetico, gli effetti sedativi del coriandolo, della polvere di carru- ba, e verosimilmente anche dell’oppio.La semeiotica: sistematica della prassi appare ineccepibile come i loro colleghi moderni, i medici egizi esaminavano il malato, identificavano la malattia in base ai sintomi (diagnosi) e ne prevedeva- no il decorso e l’esito (prognosi), e prescrivevano una terapia. Quando visitavano un malato i medici egizi compilavano un questionario annotandovi l’aspetto del pa-ziente, lo stato di coscienza, il potere uditivo, e persino l’odore del suo corpo, nonché l’eventuale presenza di tremori, di secrezioni o tumefazioni. Fatto questo valutavano la temperatura e le alterazioni del polso, eseguendo infine la percussione. Venivano anche osservati alcuni particolari caratteri delle urine, delle feci o dell’espettorato. Al termine dell’esame, mettevano per iscritto la prognosi indicando tre possibilità: favorevole “E’ un male che curerò”, incerta “E’ un male che combatterò”, infausta “E’ un male che non curerò”.
Gli Egizi avevano idee già abbastanza precise sul funzionamento del cuore e dei vasi sanguigni:
“Il cuore parla ai vasi di ogni membro”, è detto nel papiro di Ebers, significando che il cuore pompa sangue a tutto il corpo.
Non meno progredite erano le cognizioni relative ad altri organi come lo stomaco, il fegato, la vescica e l’utero.
Nel papiro di Ebers compare per la prima volta nella lingua dell’uomo la parola “cervello”, del quale vengono accuratamente descritte la forma, le circonvoluzioni e le meningi.
Il cuore era considerato sede delle emozioni e dell’intelletto.
Conoscevano e sapevano misurare il battito cardiaco dal polso.
Il benessere del corpo si doveva, a loro avviso, allo scorrimento dei suoi liquidi nei metu, i vasi che lo attraversavano se uno di questi vasi si ostruiva si manifestava la malattia.
La funzione di farmacista veniva generalmente svolta dai sacerdoti e dai medici.
La farmacopea del tempo includeva sostanze medicinali vegetali: era comune l’uso di lassativi come fichi, datteri e olio di ricino, l’acido tannico, derivato principalmente dalla noce di galla, era considerato utile nel trattamento delle ustioni; risultano molto precise le indicazioni relative alla tera-pia (nel solo papiro di Ebers sono menzionati 500 diversi medicamenti) ed alle sue varie forme di con-fezionamento e di somministrazione: polveri, tisane, decotti, macerazioni, pastiglie erano perfet-tamente conosciuti.
Le medicine erano tutte a base di grasso, acqua, latte, vino o birra, ai quali si aggiungeva, per renderli più graditi, un po’ di miele.
I medicamenti erano di origine vegetale, animale o, più raramente, minerale (ferro, piombo, antimonio), mentre di alcuni non si conosce l’azione terapeutica.
Nel papiro di Ebers sono citate circa 900 “ricette” di medicamenti, molte delle quali figurano ancora nelle moderne farmacopee, come la trementina, la senna, l’olio di ricino, il timo, la celidonia.
Una pianta certamente nota in Egitto era la mandragora che, per il suo inconfondibile aspetto antro-pomorfo, ha attirato su di sé leggende, credenze e superstizioni sino ai nostri giorni.
I suoi effetti ipnotici e analgesici sono essenzialmente legati alla presenza di due sostanze, l’atro-pina e la scopolamina.
Come anestetico, naturalmente in dosi molto basse essendo la pianta molto velenosa, si usava il guscuiamo che contiene scopolamina, potente sedativo del sistema nervoso centrale.
Ma il rimedio più importante per gli Egizi fu la birra.
Non solo come veicolante di numerosi medicamenti ma anche come medicina per i disturbi intesti-nali e contro le infiammazioni e le ulcere delle gambe.
L’effetto disinfettante era verosimilmente dovuto al lievito e al complesso B contenuti nella birra che producevano un’azione antibiotica come anche il "pane ammuffito", prescritto in altre formule, risul-tava efficace per la sua azione antibiotica.
Tra i purganti più in uso figurano l’olio di ricino e la senna.
Ma gli Egizi praticavano anche il clistere.
Sembra che questa pratica sia stata loro ispirata dall’ibis che introduce il lungo becco aguzzo nel proprio retto, irrigandolo a scopo di pulizia.
L’enteroclisma veniva effettuato con l’aiuto di un corno, impiegando come lavanda bile di bue, olii o sostanze medicamentose.
E’ certo che i medici egizi si servirono delle sanguisughe per decongestionare le parti congeste, ma è dubbio se conoscessero la tecnica del salasso.
Notevoli erano anche le conoscenze in tema di ostetrica e di contraccezione.
Non ci si limitava ad attendere la nascita del bambino, ma si cercava anche di prevederne il sesso.
Un metodo molto diffuso era il seguente: “Metterai orzo e grano in due sacchetti di tela, che la donna ba-gnerà con la sua urina, ogni giorno; allo stesso modo metterai in sacchetti di sabbia i datteri.
Se orzo e grano germoglieranno entrambi, ella partorirà.
Se germoglierà per prima l’orzo sarà una femmina, se germoglierà per primo il grano sarà maschio.
Se non germoglieranno né l’uno né l’altro, ella non partorirà”.
Questo è sorprendente se si pensa che solo nel 1933 J. Manger, dell’Istituto di Farmacologia dell'Uni- versità di Würzburg, dimostrò che l’urina della donna gravida che partorirà un maschio accelera la crescita del grano, mentre se ella partorirà una femmina la sua urina accelera lo sviluppo dell’orzo.
Altre “prove di gravidanza” si basavano sull’osservazione degli occhi, della pelle e del seno: nessuna me-raviglia visto le modificazioni che la donna subisce in gravidanza riguardo a questi organi.
Quando cominciavano le doglie, i metodi per facilitare il parto erano diversi:
accovacciarsi sui talloni su di una stuoia,
oppure sopra quattro mattoni separati tra di loro per favorire l’uscita del bambino.
Anche la contraccezione veniva praticata con metodi magici, ma anche a base di pozioni o di applicazioni locali.
Un metodo molto in uso consisteva nello applicare un po’ di feci di coccodrillo nel profondo della vagina; l’effetto anticoncezionale era assicurato sia dall’azione di “pessario” esplicata dalle feci, sia dalla loro acidità, notoriamente spermicida.
Altro metodo era rappresentato dalla applicazione, sempre nel fondo della vagina, di un tampone imbevuto di succo d’acacia.
Oggi si sa che la gomma acacia, fermentando con il calore, produce acido lattico, anch’esso dotato di un intenso potere spermicida.
Nella Odissea di Omero, si afferma che l’Egitto è un paese “la cui terra fertile produce tantissimi far-maci”, e dove ”ogni persona è un medico”.
E di loro Omero affermava che fossero i migliori.
La medicina egizia mantiene in larga misura, una concezione magica della infermità, e comincia a svi-luppare un interesse pratico per l’anatomia, la salute pubblica e la diagnosi, la qual cosa presuppone un avanzamento importante nel modo di comprendere la genesi delle malattie.
Secondo la tradizione Egizia, il primo manuale medico, venne scoperto in un tempio durante il regno di Cheope, infatti i più antichi papiri medici risalgano al 1600 a.C.
Il clima egiziano ha favorito la conservazione di numerosi papiri con riferimenti medici redatti in scrittura geroglifica (hieros = “sacro”, glypho=“registrare, scrivere” ossia “le parole sacre”) o ieratica:
• Il papiro di Rameusseum (1900 a.C.), nel quale si descrivono ricette e formule magiche.
• Il papiro Kahun (1850 a.C.) è un compendio di ginecologia, dove è riportata una malattia che divo-ra i tessuti: il cancro; ma tratta anche materie tanto disparate come ostetricia,veterinaria ed aritme-tica.
• Il papiro Ebers (1550 a.C.) proviene sicuramente dalla biblioteca di una scuola di medicina ed è uno dei più importanti e dei più grandi documenti scritti dell’antico Egitto: misura più di 20 metri di lunghezza e 30 centimetri di larghezza.
Libro medico modello, contiene nozioni di anatomia, un elenco con patologie e relative cure, rimedi per moltissime malattie, dalla tosse ai problemi cardiaci e 900 ricette di farmaci.
Infatti, contiene 877 commi che descrivono numerose malattie in vari campi della medicina come la chirurgia, la medicina generale e parecchie specializzazioni fra cui pediatria, gerontologia, l’oftalmologia, la ginecologia, la gastroenterologia, malattie dell’ano e le loro corrispondenti prescrizioni.
Questo papiro include la prima relazione scritta sui tumori.
• Il papiro Edwin Smith (1650 a.C.) un rotolo di 4.5 mt, è un trattato di patologia interna e chirur- gia ossea.
Elenca 48 casi di ferite e lesioni, con le corrispondenti terapie.
Il suo contenuto è principalmente chirurgico: l’informazione medica contenuta nel papiro Edwin Smi-th include l’esame obiettivo, la diagnosi, il trattamento e la prognosi di numerose patologie, con speciale interesse a diverse tecniche chirurgiche e descrizioni anatomiche, ottenute nel corso dei processi di imbalsamazione e mummificazione dei cadaveri.
In questo papiro, vennero stabilite per la prima volta tre livelli di prognosi, in modo simile alla medici-na moderna: favorevole, dubbioso ed infausta.
All’interno delle numerose descrizioni offerte dai testi egizi c’è da segnalare il cuore e l’apparato circola-torio, raccolto nel trattato: “Il segreto del medico, conoscenza del cuore”, incorporato nel papiro di Edwin Smith: Il cuore è una massa di carne origine della vita e centro del sistema vacolare (…) Attra-verso la pulsazione il cuore parla ai vasi ed alle membra del corpo.
Il papiro Smith descrive tre tipi di medici:
- i SUNU: medici civili, esercitano presso le classi più umili e traggono le proprie conoscenze dai libri
e dalla pratica empirica;
- gli UABU: i sacerdoti di Sekmet, curano le classi privilegiate.
Sono mediatori con le divinità e conoscitori di un ampio assortimento di droghe; la pratica medica è
piena di religiosità in quanto il potere di guarigione deriva dagli dei;
- i SAU: maghi guaritori, specializzati nella riduzione di fratture e lussazioni, lottano contro i poteri in-
visibili legati ai mali inspiegabili o contro i mali originati dagli animali che assalgono l’uomo come lo
scorpione. Per la cura si servono di formule, incantesimi, amuleti e statue guaritrici.
• Il papiro Hearst (1550 a.C.) che contiene descrizioni mediche, chirurgiche ed alcune formule ma-
gistrali.
• Il papiro di Londra (1350 a.C.), dove si mischiano ricette e formule magiche.
• I papiri di Berlín (il “libro del cuore”) (1300 a.C.) che descrivono con sufficiente precisione alcune
patologie cardiache.
• Il papiro médico Chester Beatty (1300 a.C.) ricettario vario.
• Il papiro Carlsberg (1200 a.C.) di tematica ostetrica ed oftalmologica.
Il papiro di Ebers Il papiro di Smith
I MEDICI
I primi riferimenti appartengono alla prima epoca monarchica (2700 a. C.).
Secondo Manetón, sacerdote e storico egizio, Atotiso Aha, faraone della prima dinastía, praticó l’ar-te della medicina, scrivendo trattati sull’arte della dissezione.
Gli scritti di Imhotep, visir del faraone Necherjet Dyeser, sacerdote, astronomo, medico e primo ar-chitetto conosciuto, datano lo stesso periodo.
Tra i primi medici vi è Imhotep, personaggio dalle mille qualità, che sembra abbia ottenuto grandi successi in questo campo sia come medico operante che come ricercatore scientifico.
Fu probabilmente il primo a scoprire e a studiare i batteri e quindi a sperimentare soluzioni antibat-terio-logiche che diedero i loro più noti risultati per quanto riguarda le malattie degli occhi.
In questo campo specifico si riuscì ad unire l’utilità della cura ad un gradevole aspetto estetico.
Infatti i vari trucchi utilizzati non erano altro che polveri utilizzate per curare le varie infezioni degli occhi che, opportunamente colorate, davano un risultato estetico molto piacevole.
La sua fama come medico fu tale che fu deificato, e considerato il dio egizio della medicina.
Altri medici noti dell’antico impero antico (dal 2500 al 2100 a. C.) furono Sachmet (medico del faraone Sahura) o Nesmenau, direttore di una delle case della vita, ovvero templi dedicati alla prote-zione spirituale del faraone ed al contempo proto-ospedali, nei quali si insegnava agli alunni di medi-cina, mentre si curavano i malati.
Tra le varie applicazioni della medicina ve ne sono alcune molto curiose che però evidenziano il suo livello di qualità: “Altro rimedio per eliminare i capelli bianchi e per il trattamento del cuoio capelluto è il sangue di bue nero. Immergere nell’olio ed ungere”.
Inoltre la prima dottoressa conosciuta come anzidetto fu Peseshet, che esercitò la sua attività duran-te la quarta dinastia, oltre al suo ruolo di supervisore ,Peseshet faceva la levatrice in una scuola me-dica a Sais.
E... non finisce qui
Pubblicato su Blogger oggi 07 gennaio 2013 alle ore 19,26 da: Giuseppe Pinna de Marrubiu
Articolo informativo di Giuseppe Pinna per S. O. S. - “Osteomielitici d’Italia” - Onlus «Centro Servizi Informativi On-line per Osteomielitici e Pazienti dell’Ospedale CODIVILLA-PUTTI di Cortina d’Ampezzo»; che ci addentra in un per- corso storico narrandoci che: "durante il corso dei secoli la medicina ha attraversato diversi stadi che, secondo gli storici, sono i seguenti: medicina istintiva, medicina sacerdotale, medicina magica, medicina empirica, medicina scientifica".
STORIA DELLA MEDICINA
ANTICA, MEDIEVALE E MODERNA
LA MEDICINA EGIZIA
(dal 3600 a.C.)
L’approccio empirico è il punto di partenza per l’evoluzione della medicina.
Tuttavia, nelle prime fasi persistono residui della concezione magico-demoniaca e di quella teistica; i primi grandi medici sono divinizzati.
LA MEDICINA EGIZIA
LA MEDICINA EGIZIA
La medicina egizia (3000 a.C.-1000 a.C.) è contemporanea alla mesopotamica.
Si passa da una fase teurgica-magica ad un empirismo estremamente illuminato: notevoli so-no la concezione biologica (concetto umorale sanguigno e concetto pneumatico), la cono-scenza dei vari quadri sintomatologici e la farmacologia.
Durante i tremila anni della storia dell’antico Egitto si sviluppò una grande, variata e fruttife- ra tradizione medica.
I più vecchi testi di medicina babilonese vengono datati verso il II millennio a.C.
Ai tempi dei babilonesi e degli egizi, il più famoso testo giunto fino ai nostri tempi è il diario diagnostico scritto dal medico Esagil-kin-apli di Borsippa, vissuto durante il regno di Adad-apla-iddina (1069-1046 a.C.).
Le prime informazioni mediche egizie sono contenute nel papiro, il mezzo di scrittura degli egizi, di Edwin Smith, datate circa nel 3000 a.C.
Vigeva già allora una legislazione sanitaria e un’arte medica progredita, ricca di strumenti chi rurgici ed elenchi di piante con proprietà medicinali.
A quei tempi era comune indicare come origine delle malattie eventi superstiziosi o l’implica-zione di demoni, come riportato nel papiro di Ebers (datato nel 1550 a.C. circa). anche se nello stesso papiro si descriveva quello che in seguito verrà denominato tumore.
Altrettanto importante fu la dottoressa Peseshet.
Questa visse tra la V e la VI dinastia e che fu "direttrice o supervisore dei medici", titolo con cui è menzionata nella mastaba (tomba) di suo figlio a Giza.
Per scoprire le conoscenze mediche degli Egizi esistono tre strade:
i segni lasciati dalle malattie sui cadaveri,
le rappresentazioni nell'arte delle anomalie fisiche e...,
la lettura di alcuni papiri.
Grazie a quest'ultimi sappiamo che per la prima volta nella storia i medici egizi seppero sfuggire ai limiti del magico e del religioso facendo riflessioni sul malato e sulla malattia.
Nel papiro Ebers (1550 a.C.) già si descrivono i sintomi dei disturbi.
In essi sono contenuti rimedi di vario genere e le loro modalità d'uso.
Per esempio si suggeriva di curare le infezioni con del pane ammuffito e cioè con lo stesso principio poi sfruttato da Alexander Fleming nel XX secolo per creare il primo antibiotico, la penicillina.
O le ferite con il miele: un suo enzima infatti sviluppa acqua ossigenata.
Di particolare interesse è il capitolo del "Trattato sul cuore" dove si descrive la corrispon-denza tra frequenza cardiaca e pulsazioni.
Ma è il Papiro Edwin-Smith a segnare il passaggio alla modernità.
Scritto intorno al XVI secolo a.C., ma con nozioni ancora più antiche, riporta, proprio come un vero trattato di chirurgia, una serie di casi clinici, a partire dalla testa e scendendo con ordine fino alle lesioni che riguardano la colonna vertebrale, punto in cui il testo si inter-rompe.
Erodoto arrivò a chiamare gli egizi il popolo dei sanissimi, grazie all’importante sistema sani-tario che possedevano, ed alla esistenza di un medico per ogni infermità (prima segnala-zione della specializzazione in campo medico).
Erodoto riferisce che la medicina egizia era fortemente specializzata.
Come attestano i papiri ritrovati dagli archeologi, gli antichi Egizi praticavano la medicina fin dai tempi più antichi, forse da prima delle dinastie faraoniche.
All’interno della medicina egizia si potevano distinguere due diversi filoni: quello magico-reli- gioso (non visibile), che comprendeva elementi molto primitivi, e quello empirico-razionale (vi-sibile), basato sull’esperienza e l’osservazione (traumi, ferite), privo di componenti mistiche.
Uno dei medici più antichi della storia egizia fu Hesira, vissuto intorno al 2650 a.C. durante la III dinastia, "capo degli scribi reali" ma anche insigne "capo dei dentisti", ed ecco qui sotto: "Il primo ponte dentario".
ORGANIZZAZIONE GERARCHICA DEI MEDICI EGIZI
I medici dell’antico Egitto erano molto numerosi, per questo motivo ognuno di loro si occupa- va quasi esclusivamente delle malattie che meglio conosceva.
I medici erano organizzati secondo una gerarchia ben precisa.
All’apice figurava il medico personale del faraone e a cui erano sottoposti i medici del Palaz-zo, dei quali uno era il “supervisore” di tutti gli altri.
Seguivano gli “ispettori dei medici”, poi alcuni medici meno importanti, e infine la gran massa dei medici “di base”, mentre i medici ordinari erano affiancati dai professionisti di grado supe riore, da ispettori e da sovrintendenti.
Gli assistenti erano personale paramedico di sesso maschile; essi dovevano le loro conoscen ze anatomiche alla osservazione degli animali durante il macello e non alla imbalsamazione del defunto che era riservata ai sacerdoti devoti ad Anubi perciò la loro conoscenza dell’ana-tomia: ossia del tipo, della struttura e della disposizione degli organi, era modesta e, di con-seguenza, anche le procedure chirurgiche erano molto limitate: una pratica di antica tradizio- ne e ancora largamente applicata era la trapanazione, ossia la perforazione del cranio allo scopo di curare cefalee e disturbi mentali.
I medici egizi erano altamente specializzati, (nelle malattie urinarie, nelle patologie delle orecchie, degli occhi e della pelle) e godevano di molto prestigio.
Molti nobili venivano dall’estero per consultarli, oppure erano gli stessi medici, dietro autorizzazione o ordine del faraone, a recarsi presso i potenti vicini per prestare la propria opera.
Per ogni patologia vi erano veri e propri specialisti.
Così c’era il medico generico (termine egiziano sunu), l’oculista (sunu-irty), lo specialista per l’addo-me (sunu khef), lo specialista per le malattie di origine sconosciuta e altri ancora.
Il termine “sunu” dovrebbe significare “colui che appartiene al malato” o “colui che appartiene a chi è ammalato”.
Il numero degli specialisti era più alto nell’Antico Regno che nelle epoche successive che videro le va-rie specializzazioni accentrarsi sempre più in un’unica persona.
Questi medici di alto rango si tramandavano la professione da maestro ad apprendista, sia nelle “ca-se di vita” (istituzioni templari), che nelle scuole di palazzo, le cui più note erano quelle di Eliopoli e Sais.
Solitamente il medico trascorreva nelle scuole dei templi anni di duro addestramento, in modo da ap-prendere l’arte dell’interrogazione del malato, della sua ispezione e della palpazione (esame del cor po effettuato tastando con le mani la superficie corporea).
Queste “Case della Vita” erano delle specie di biblioteche dove i giovani facevano esperienza con gli anziani, leggevano e ricopiavano gli antichi testi gelosamente custoditi dai medici-sacerdoti di Sek-hmet, dea della medicina.
L’istituzione medica nell’antico Egitto, a partire dalla prima dinastia, fino alla diciannovesima di-nastia, dispone per i medici una assicurazione medica, pensione e la licenza per malattia, ed un ora-rio di lavoro di otto ore giornaliere.
Nella società Egizia i medici godevano di una posizione di prestigio e alcuni dipendevano diretta-mente dalla corte.
Venivano assistiti da infermieri, ortopedici e massaggiatori.
Veneravano Duau e Horus dei della sanità degli occhi, Tueris, Heget e Neit protettoridella gestante durante il parto, il Dio Thot, Dio della saggezza e della scienza, ed erano sacerdoti di Sekmet, la dea sanguinaria ma compassionevole e misericordiosa verso i sofferenti e Dea della salute, il cui fi-glio, Imhotep, era considerato l inventore della medicina.
Durante la terza dinastia il medico iniziò a distinguersi come figura, sia pure primitiva, di scienziato, diversa dallo stregone e dal sacerdote.
Il primo medico egizio il cui nome è giunto fino a noi è appunto Imhotep (vissuto intorno al 2725 a. C.), famoso anche come costruttore di piramidi e come astrologo (fu architetto della piramide a gra- doni del sovrano Djoser a Saqqara), che fu egli stesso divinizzato.
LE MALATTIE
Le malattie venivano considerate risultato di misteriose influenze esterne che sarebbero penetrate nel corpo attraverso gli orifizi naturali corrompendo gli “umori”.
Compito del medico era quindi quello di evacuare questi umori “corrotti”, facendoli uscire attraverso le normali vie di escrezione.
Alcune malattie note erano:
l’asma bronchiale,
l’epatite tropicale,
la gonorrea,
lo scorbuto,
l’epilessia,
e le numerose malattie da parassiti così frequenti in Egitto.
Ci furono più volte epidemie di lebbra e di vaiolo che colpì anche il faraone Ramesse V come con-fermano gli esami sulla sua mummia.
Non mancavano neppure altre malattie oggi di grande attualità come quelle delle arterie periferiche e delle coronarie: le mummie di Ramesse II, Ramesse III e Amenofi III mostrano segni di arterio-sclerosi.
L’esame radiografico ha addirittura consentito di accertare l’esistenza di calcificazioni arteriose in numerose mummie.
La polmonite e la tubercolosi erano tra le malattie più diffuse a causa dell’inalazione di sabbia o di fumo dei focolari domestici.
Le malattie parassitarie erano altrettanto comuni a causa della mancanza di igiene.
Le comuni malattie erano solitamente curate dai medici con il metodo empirico-razionale, grazie so-prattutto al fatto che questi organi sono direttamente accessibili; i disturbi di altre parti del corpo veni-vano, invece, curati da stregoni con magie e incantesimi.
CONOSCENZA MEDICA
Presso il popolo l’igiene della persona era molto seguita.
Esistevano norme ben precise (spesso sotto forma di precetti religiosi), come quelle di lavarsi regolar-mente al mattino, di pulirsi bene la bocca e i denti, di lavarsi le mani prima di mangiare, di tenere i capelli e le unghie in ordine, di cambiare spesso le vesti.
Le regole per una sana alimentazione erano piuttosto rigide (con la proibizione di mangiare carne di maiale e la testa di animali):
colazione leggera al mattino,
primo turno di lavoro,
pasto leggero a mezzogiorno e breve siesta,
secondo turno di lavoro,
poi cena abbondante al tramonto.
Ottima consuetudine era di dormire “dallo spuntar delle stelle fino all’alba”.
Al fine di migliorare le condizioni sanitarie, i medici si occupavano anche dell’igiene pubblica.
Nelle case degli Egizi, non mancavano mai medicinali di primo soccorso contro scottature, punture di insetti e infiammazioni causate da schegge o spine.
Molti di questi farmaci vengono usati ancora oggi dai fellahin.
Alla medicina erano collegate la cura dell’igiene e la bellezza, a cui gli Egizi dedicavano molto tem-po.
Il medico forniva anche unguenti per la pelle e tinture per i capelli.
Durante lo studio delle varie malattie, delle cause che le hanno provocate e delle tecniche di guarigio- ne sono uno degli aspetti più sbalorditivi dell’Antico Egitto.
Assai progredita era la chirurgia e la sutura delle ferite.
Gli attrezzi più comuni di un medico erano: pinze, forbici, coltelli, fili di sutura, schegge, trapani e ponti dentari.
La chirurgia nell’antico Egitto, riguardava soprattutto la riduzione:
Non ci si limitava ad attendere la nascita del bambino, ma si cercava anche di prevederne il sesso.
Un metodo molto diffuso era il seguente: “Metterai orzo e grano in due sacchetti di tela, che la donna ba-gnerà con la sua urina, ogni giorno; allo stesso modo metterai in sacchetti di sabbia i datteri.
Se orzo e grano germoglieranno entrambi, ella partorirà.
Se germoglierà per prima l’orzo sarà una femmina, se germoglierà per primo il grano sarà maschio.
Se non germoglieranno né l’uno né l’altro, ella non partorirà”.
Questo è sorprendente se si pensa che solo nel 1933 J. Manger, dell’Istituto di Farmacologia dell'Uni- versità di Würzburg, dimostrò che l’urina della donna gravida che partorirà un maschio accelera la crescita del grano, mentre se ella partorirà una femmina la sua urina accelera lo sviluppo dell’orzo.
Altre “prove di gravidanza” si basavano sull’osservazione degli occhi, della pelle e del seno: nessuna me-raviglia visto le modificazioni che la donna subisce in gravidanza riguardo a questi organi.
Quando cominciavano le doglie, i metodi per facilitare il parto erano diversi:
accovacciarsi sui talloni su di una stuoia,
oppure sopra quattro mattoni separati tra di loro per favorire l’uscita del bambino.
Anche la contraccezione veniva praticata con metodi magici, ma anche a base di pozioni o di applicazioni locali.
Un metodo molto in uso consisteva nello applicare un po’ di feci di coccodrillo nel profondo della vagina; l’effetto anticoncezionale era assicurato sia dall’azione di “pessario” esplicata dalle feci, sia dalla loro acidità, notoriamente spermicida.
Altro metodo era rappresentato dalla applicazione, sempre nel fondo della vagina, di un tampone imbevuto di succo d’acacia.
Oggi si sa che la gomma acacia, fermentando con il calore, produce acido lattico, anch’esso dotato di un intenso potere spermicida.
Gli attrezzi più comuni di un medico erano: pinze, forbici, coltelli, fili di sutura, schegge, trapani e ponti dentari.
Fin dall’Antico Regno venivano utilizzati strumenti chirurgici del tutto simili a quelli in uso nei nostri ospedali per operare i malati.
Sembra siano stati effettuati con successo anche interventi per scongiurare tumori, mentre sono noti i clamorosi successi in fatto di applicazione di arti artificiali che consentivano ai pazienti di proseguire in tutta normalità la loro vita (un ritrovamento ha portato alla luce i resti di una donna alla quale fu am-putata una gamba e quindi applicata una protesi di legno che, nella sua semplicità, era di una efficacia straordinaria e permise alla donna di vivere ancora per molti anni dopo l’intervento).
La protesi per alluce
La chirurgia nell’antico Egitto, riguardava soprattutto la riduzione:
delle fratture,
l’estrazione di calcoli,
le operazioni nell’occhio,
l’asportazione di tumori esterni,
la circoncisione.
Di fatto, gli Egizi conoscevano vari mezzi per praticare una sorta di anestesia con una speciale “pie- tra” che si trovava vicino a Menfi la quale, ridotta in polvere e applicata alla parte, faceva scomparire ogni dolore. Forse si trattava semplicemente di pezzetti di bitume che, a contatto con la fiamma, sprigionavano vapori che assopivano il paziente.
Venivano anche sfruttati, a scopo anestetico, gli effetti sedativi del coriandolo, della polvere di carru- ba, e verosimilmente anche dell’oppio.La semeiotica: sistematica della prassi appare ineccepibile come i loro colleghi moderni, i medici egizi esaminavano il malato, identificavano la malattia in base ai sintomi (diagnosi) e ne prevedeva- no il decorso e l’esito (prognosi), e prescrivevano una terapia. Quando visitavano un malato i medici egizi compilavano un questionario annotandovi l’aspetto del pa-ziente, lo stato di coscienza, il potere uditivo, e persino l’odore del suo corpo, nonché l’eventuale presenza di tremori, di secrezioni o tumefazioni. Fatto questo valutavano la temperatura e le alterazioni del polso, eseguendo infine la percussione. Venivano anche osservati alcuni particolari caratteri delle urine, delle feci o dell’espettorato. Al termine dell’esame, mettevano per iscritto la prognosi indicando tre possibilità: favorevole “E’ un male che curerò”, incerta “E’ un male che combatterò”, infausta “E’ un male che non curerò”.
Gli Egizi avevano idee già abbastanza precise sul funzionamento del cuore e dei vasi sanguigni:
“Il cuore parla ai vasi di ogni membro”, è detto nel papiro di Ebers, significando che il cuore pompa sangue a tutto il corpo.
Non meno progredite erano le cognizioni relative ad altri organi come lo stomaco, il fegato, la vescica e l’utero.
Nel papiro di Ebers compare per la prima volta nella lingua dell’uomo la parola “cervello”, del quale vengono accuratamente descritte la forma, le circonvoluzioni e le meningi.
Il cuore era considerato sede delle emozioni e dell’intelletto.
Conoscevano e sapevano misurare il battito cardiaco dal polso.
Il benessere del corpo si doveva, a loro avviso, allo scorrimento dei suoi liquidi nei metu, i vasi che lo attraversavano se uno di questi vasi si ostruiva si manifestava la malattia.
La funzione di farmacista veniva generalmente svolta dai sacerdoti e dai medici.
La farmacopea del tempo includeva sostanze medicinali vegetali: era comune l’uso di lassativi come fichi, datteri e olio di ricino, l’acido tannico, derivato principalmente dalla noce di galla, era considerato utile nel trattamento delle ustioni; risultano molto precise le indicazioni relative alla tera-pia (nel solo papiro di Ebers sono menzionati 500 diversi medicamenti) ed alle sue varie forme di con-fezionamento e di somministrazione: polveri, tisane, decotti, macerazioni, pastiglie erano perfet-tamente conosciuti.
Le medicine erano tutte a base di grasso, acqua, latte, vino o birra, ai quali si aggiungeva, per renderli più graditi, un po’ di miele.
I medicamenti erano di origine vegetale, animale o, più raramente, minerale (ferro, piombo, antimonio), mentre di alcuni non si conosce l’azione terapeutica.
Nel papiro di Ebers sono citate circa 900 “ricette” di medicamenti, molte delle quali figurano ancora nelle moderne farmacopee, come la trementina, la senna, l’olio di ricino, il timo, la celidonia.
Una pianta certamente nota in Egitto era la mandragora che, per il suo inconfondibile aspetto antro-pomorfo, ha attirato su di sé leggende, credenze e superstizioni sino ai nostri giorni.
I suoi effetti ipnotici e analgesici sono essenzialmente legati alla presenza di due sostanze, l’atro-pina e la scopolamina.
Come anestetico, naturalmente in dosi molto basse essendo la pianta molto velenosa, si usava il guscuiamo che contiene scopolamina, potente sedativo del sistema nervoso centrale.
Ma il rimedio più importante per gli Egizi fu la birra.
Non solo come veicolante di numerosi medicamenti ma anche come medicina per i disturbi intesti-nali e contro le infiammazioni e le ulcere delle gambe.
L’effetto disinfettante era verosimilmente dovuto al lievito e al complesso B contenuti nella birra che producevano un’azione antibiotica come anche il "pane ammuffito", prescritto in altre formule, risul-tava efficace per la sua azione antibiotica.
Tra i purganti più in uso figurano l’olio di ricino e la senna.
Ma gli Egizi praticavano anche il clistere.
Sembra che questa pratica sia stata loro ispirata dall’ibis che introduce il lungo becco aguzzo nel proprio retto, irrigandolo a scopo di pulizia.
L’enteroclisma veniva effettuato con l’aiuto di un corno, impiegando come lavanda bile di bue, olii o sostanze medicamentose.
E’ certo che i medici egizi si servirono delle sanguisughe per decongestionare le parti congeste, ma è dubbio se conoscessero la tecnica del salasso.
Notevoli erano anche le conoscenze in tema di ostetrica e di contraccezione.
Un metodo molto diffuso era il seguente: “Metterai orzo e grano in due sacchetti di tela, che la donna ba-gnerà con la sua urina, ogni giorno; allo stesso modo metterai in sacchetti di sabbia i datteri.
Se orzo e grano germoglieranno entrambi, ella partorirà.
Se germoglierà per prima l’orzo sarà una femmina, se germoglierà per primo il grano sarà maschio.
Se non germoglieranno né l’uno né l’altro, ella non partorirà”.
Questo è sorprendente se si pensa che solo nel 1933 J. Manger, dell’Istituto di Farmacologia dell'Uni- versità di Würzburg, dimostrò che l’urina della donna gravida che partorirà un maschio accelera la crescita del grano, mentre se ella partorirà una femmina la sua urina accelera lo sviluppo dell’orzo.
Altre “prove di gravidanza” si basavano sull’osservazione degli occhi, della pelle e del seno: nessuna me-raviglia visto le modificazioni che la donna subisce in gravidanza riguardo a questi organi.
Quando cominciavano le doglie, i metodi per facilitare il parto erano diversi:
accovacciarsi sui talloni su di una stuoia,
oppure sopra quattro mattoni separati tra di loro per favorire l’uscita del bambino.
Anche la contraccezione veniva praticata con metodi magici, ma anche a base di pozioni o di applicazioni locali.
Un metodo molto in uso consisteva nello applicare un po’ di feci di coccodrillo nel profondo della vagina; l’effetto anticoncezionale era assicurato sia dall’azione di “pessario” esplicata dalle feci, sia dalla loro acidità, notoriamente spermicida.
Altro metodo era rappresentato dalla applicazione, sempre nel fondo della vagina, di un tampone imbevuto di succo d’acacia.
Oggi si sa che la gomma acacia, fermentando con il calore, produce acido lattico, anch’esso dotato di un intenso potere spermicida.
Nella Odissea di Omero, si afferma che l’Egitto è un paese “la cui terra fertile produce tantissimi far-maci”, e dove ”ogni persona è un medico”.
E di loro Omero affermava che fossero i migliori.
La medicina egizia mantiene in larga misura, una concezione magica della infermità, e comincia a svi-luppare un interesse pratico per l’anatomia, la salute pubblica e la diagnosi, la qual cosa presuppone un avanzamento importante nel modo di comprendere la genesi delle malattie.
Secondo la tradizione Egizia, il primo manuale medico, venne scoperto in un tempio durante il regno di Cheope, infatti i più antichi papiri medici risalgano al 1600 a.C.
Il clima egiziano ha favorito la conservazione di numerosi papiri con riferimenti medici redatti in scrittura geroglifica (hieros = “sacro”, glypho=“registrare, scrivere” ossia “le parole sacre”) o ieratica:
E di loro Omero affermava che fossero i migliori.
La medicina egizia mantiene in larga misura, una concezione magica della infermità, e comincia a svi-luppare un interesse pratico per l’anatomia, la salute pubblica e la diagnosi, la qual cosa presuppone un avanzamento importante nel modo di comprendere la genesi delle malattie.
Secondo la tradizione Egizia, il primo manuale medico, venne scoperto in un tempio durante il regno di Cheope, infatti i più antichi papiri medici risalgano al 1600 a.C.
Il clima egiziano ha favorito la conservazione di numerosi papiri con riferimenti medici redatti in scrittura geroglifica (hieros = “sacro”, glypho=“registrare, scrivere” ossia “le parole sacre”) o ieratica:
• Il papiro di Rameusseum (1900 a.C.), nel quale si descrivono ricette e formule magiche.
• Il papiro Kahun (1850 a.C.) è un compendio di ginecologia, dove è riportata una malattia che divo-ra i tessuti: il cancro; ma tratta anche materie tanto disparate come ostetricia,veterinaria ed aritme-tica.
• Il papiro Ebers (1550 a.C.) proviene sicuramente dalla biblioteca di una scuola di medicina ed è uno dei più importanti e dei più grandi documenti scritti dell’antico Egitto: misura più di 20 metri di lunghezza e 30 centimetri di larghezza.
Libro medico modello, contiene nozioni di anatomia, un elenco con patologie e relative cure, rimedi per moltissime malattie, dalla tosse ai problemi cardiaci e 900 ricette di farmaci.
Infatti, contiene 877 commi che descrivono numerose malattie in vari campi della medicina come la chirurgia, la medicina generale e parecchie specializzazioni fra cui pediatria, gerontologia, l’oftalmologia, la ginecologia, la gastroenterologia, malattie dell’ano e le loro corrispondenti prescrizioni.
Questo papiro include la prima relazione scritta sui tumori.
• Il papiro Edwin Smith (1650 a.C.) un rotolo di 4.5 mt, è un trattato di patologia interna e chirur- gia ossea.
Elenca 48 casi di ferite e lesioni, con le corrispondenti terapie.
Il suo contenuto è principalmente chirurgico: l’informazione medica contenuta nel papiro Edwin Smi-th include l’esame obiettivo, la diagnosi, il trattamento e la prognosi di numerose patologie, con speciale interesse a diverse tecniche chirurgiche e descrizioni anatomiche, ottenute nel corso dei processi di imbalsamazione e mummificazione dei cadaveri.
In questo papiro, vennero stabilite per la prima volta tre livelli di prognosi, in modo simile alla medici-na moderna: favorevole, dubbioso ed infausta.
All’interno delle numerose descrizioni offerte dai testi egizi c’è da segnalare il cuore e l’apparato circola-torio, raccolto nel trattato: “Il segreto del medico, conoscenza del cuore”, incorporato nel papiro di Edwin Smith: Il cuore è una massa di carne origine della vita e centro del sistema vacolare (…) Attra-verso la pulsazione il cuore parla ai vasi ed alle membra del corpo.
Il papiro Smith descrive tre tipi di medici:
- i SUNU: medici civili, esercitano presso le classi più umili e traggono le proprie conoscenze dai libri
e dalla pratica empirica;
- gli UABU: i sacerdoti di Sekmet, curano le classi privilegiate.
Sono mediatori con le divinità e conoscitori di un ampio assortimento di droghe; la pratica medica è
piena di religiosità in quanto il potere di guarigione deriva dagli dei;
- i SAU: maghi guaritori, specializzati nella riduzione di fratture e lussazioni, lottano contro i poteri in-
visibili legati ai mali inspiegabili o contro i mali originati dagli animali che assalgono l’uomo come lo
scorpione. Per la cura si servono di formule, incantesimi, amuleti e statue guaritrici.
• Il papiro Hearst (1550 a.C.) che contiene descrizioni mediche, chirurgiche ed alcune formule ma-
gistrali.
• Il papiro di Londra (1350 a.C.), dove si mischiano ricette e formule magiche.
• I papiri di Berlín (il “libro del cuore”) (1300 a.C.) che descrivono con sufficiente precisione alcune
patologie cardiache.
• Il papiro médico Chester Beatty (1300 a.C.) ricettario vario.
• Il papiro Carlsberg (1200 a.C.) di tematica ostetrica ed oftalmologica.
Il papiro di Ebers Il papiro di Smith
I MEDICI
I primi riferimenti appartengono alla prima epoca monarchica (2700 a. C.).
Secondo Manetón, sacerdote e storico egizio, Atotiso Aha, faraone della prima dinastía, praticó l’ar-te della medicina, scrivendo trattati sull’arte della dissezione.
Gli scritti di Imhotep, visir del faraone Necherjet Dyeser, sacerdote, astronomo, medico e primo ar-chitetto conosciuto, datano lo stesso periodo.
Tra i primi medici vi è Imhotep, personaggio dalle mille qualità, che sembra abbia ottenuto grandi successi in questo campo sia come medico operante che come ricercatore scientifico.
Fu probabilmente il primo a scoprire e a studiare i batteri e quindi a sperimentare soluzioni antibat-terio-logiche che diedero i loro più noti risultati per quanto riguarda le malattie degli occhi.
In questo campo specifico si riuscì ad unire l’utilità della cura ad un gradevole aspetto estetico.
Infatti i vari trucchi utilizzati non erano altro che polveri utilizzate per curare le varie infezioni degli occhi che, opportunamente colorate, davano un risultato estetico molto piacevole.
La sua fama come medico fu tale che fu deificato, e considerato il dio egizio della medicina.
Altri medici noti dell’antico impero antico (dal 2500 al 2100 a. C.) furono Sachmet (medico del faraone Sahura) o Nesmenau, direttore di una delle case della vita, ovvero templi dedicati alla prote-zione spirituale del faraone ed al contempo proto-ospedali, nei quali si insegnava agli alunni di medi-cina, mentre si curavano i malati.
Tra le varie applicazioni della medicina ve ne sono alcune molto curiose che però evidenziano il suo livello di qualità: “Altro rimedio per eliminare i capelli bianchi e per il trattamento del cuoio capelluto è il sangue di bue nero. Immergere nell’olio ed ungere”.
Inoltre la prima dottoressa conosciuta come anzidetto fu Peseshet, che esercitò la sua attività duran-te la quarta dinastia, oltre al suo ruolo di supervisore ,Peseshet faceva la levatrice in una scuola me-dica a Sais.
E... non finisce qui
Pubblicato su Blogger oggi 07 gennaio 2013 alle ore 19,26 da: Giuseppe Pinna de Marrubiu
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