Arthroscopic procedures and surgical repairs increase the weakness and instability in the joint because it involves the cutting of muscles and fascia and removal of discs, cartilage, and ligament tissue.
Si preleva il liquido articolare, per confermare la diagnosi e isolare il germe ↓
The Ligament Injury Connection to Osteoarthritis
Il trattamento delle protesi articolari infette mediante gli spaziatori in cemento antibiotato
Quando si verifica una infezione di una protesi articolare, sia essa una protesi di anca, di ginoc- chio, di spalla o di altra articolazione, quasi sempre si rende necessario, per cercare di risolvere l'infezione, la rimozione della protesi e la sua sostituzione, quando possibile con una nuova protesi.
In molti casi, per cercare di aumentare le possibilità di successo, la sostituzione della protesi non viene ef- fettuata subito dopo la rimozione della protesi infetta, ma si preferisce impiantare prima una protesi speciale, provvisoria, fatta di cemento osseo addizionato di antibiotico, il cosiddetto spaziatore in cemen to antibiotato, per sterilizzare il più possibile l'articolazione e poi, in un secondo tempo (generalmente dopo 2 - 4 mesi), procedere all'eventuale reimpianto della nuova protesi articolare.
↓ Ecco un esempio di protesi totale: protesi di ginocchio ↓ protesi di ginocchio infetta- Mocci
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Esempi di spaziatori in cemento preformati di anca, ginocchio, gomito (foto chirurgica) e spalla ↓
migliaia di nuove infezioni protesiche ogni anno ↓ impianto temporaneo di ginocchio per trattamento di protesi ↓
↓ Trattamento riabilitativo di revisione di protesi di ginocchio infetta ↓
Le infezioni di protesi di ginocchio più gravi possono a volte richiedere un intervento di "artrodesi". Questo intervento blocca il ginocchio in estensione, consentendo di risolvere l'infezione in più del 90% dei casi e permettendo di camminare senza dolore, con un bastone per le lunghe distanze.
Documentazione clinica
La documentazione clinica è costituita da lavori scientifici persentati in congressi ortopedici e di me- dicina iperbarica.
Dal titolo se ne può dedurre l’argomento.
Di ogni lavoro vengono presentate le slide originali, accompagnate da un commento testuale a lato.
Ovviamente tale documentazione clinica rappresenta una pagina che non sarà mai conclusa.
I lavori attualmente presenti sono riportati qui sotto.
I titoli sottostanti sono l’obiettivo che si vuole raggiungere per una presentazione adeguata del problema Osteomilite e Pseudoartosi Infetta:
- Stadiazione e trattamento del paziente adulto con osteomielite cronica;
- Pseudoartrosi infetta di avambraccio;
- Pseudoartrosi infetta di omero;
- Pseudoartrosi infetta di femore;
- Pseudoartrosi infetta di tibia.
Un lavoro ha come argomento la ricerca sulle possibilità di utilizzare innesti ossei di banca sulle lesioni ostelitiche settiche (Congresso di Torino).
In un futuro il discorso verrà ampliato anche sul problema dele infezioni nelle protesi articolari e sulla efficacia della immunostimolazione attiva batterica (ITSB).
Documenti e Materiale
Definizione: flogosi sostenuta da presenza di germi patogeni o, meno comunemente, da miceti in un segmento osseo costituito da una corticale ed uno spazio midollare.
Se il segmento osseo non ha midollare, come il calcagno o una falange, l’infezione è definita osteite.
Si distingue in acuta e cronica.
Innesti ossei di banca
Relazione presentata al Convegno
“Infezioni protesiche: approccio multidisciplinare ad una patologia invalidante” (Torino, 22 Novembre 2001) – Atti del Convegno, pag. 60-61. ↓
L’utilizzo di innesti ossei morcellizzati è descritto già dal 1948 da De Grood che utilizzava osso morcellizzato mescolato a penicillina per la cura delle osteomieliti nelle ferite da guerra.
Negli anni successivi altri Autori hanno descritto la loro esperienza con innesti morcellizzati pre- valentemente per il trattamento delle perdite di sostanza ossea nelle revisioni protesiche. ↓
Nel 1996 Hovelius e Ullmark descrivono in modo standardizzato la produzione di innesti morcel- lizzati omoplastici nella revisione di protesi di ginocchio mobilizzate.
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Viene utilizzato osso omoplastico o, quando possibile, autoplastico solo spongioso.
Si asportano accuratamente i tessuti fibrosi e la parti ossee.
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La morcellizzazione viene eseguita con un apposito strumentario denominato Howex. In circa 20 secondi si macina una testa di femore. Si ottengono “chips” ossee di 3 mm di dimensione massima. La preparazione dell’innesto può essere fatta in sala operatoria, durante l’intervento.
In tale modo sono stati preparati gli innesti nell’Istituto Rizzoli negli anni 1997 e 1998.
Il prodotto viene poi raccolto in una garza e lavato in soluzione fisiologica calda a circa 40°.
Thorèn, nella sua tesi di Laurea, ha dimostrato che con il lavaggio si elimina gran parte del grasso midollare. Ha dimostrato inoltre che lo “sgrassamento” accellera teleregistrazione dell’innesto e riduce la flogosi da istio-incompatibilità degli innesti omoplastici.
Normalmente il lavaggio è ripetuto tre volte, quindi l’osso morcellizzato viene asciugato il più possibile all’interno di un telino sterile robusto tramite spremitura manuale.
A questo punto può essere utilizzato.
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E’ fondamentale che l’innesto morcellizzato riempa lesioni cavitarie, dalle quali venga contenuto completamente.
Se questa condizione non viene rispettata, l’innesto può riassorbirsi e non portare ad alcun recupero della perdita di sostanza ossea. Nell’immagine qui sotto si vede l’area acetabolare, in revisione di protesi d’anca, colmata di osso morcellizzato.
Anteriormente vi è un anello di rinforzo sul quale verra’ fissato un nuovo cotile.
La superficie del morcellizzato è stata modellata con una fresa da cotile girata al contrario e quindi manualmente compressa con un cotile da prova.
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Da 1998 la Banca dell’Osso dell’Istituto Rizzoli di Bologna produce osso morcellizzato sgrassato denominato sinteticamente “MOS”. ↓
L’osso, lavorato come già esposto, viene chiuso in quantità di 20 grammi (circa mezza testa femorale media) in una triplice confezione sotto vuoto e conservato a -80°. Se la lavorazione non è avvenuta in asepsi, la confezione viene sterilizzata con raggi gamma ad un dosaggio che non altera le caratteristiche fisiche e meccaniche dell’osso. ↓
Il primo impiego del “MOS” è stato per la revisione delle protesi d’anca mobilizzate con una importante perdita di sostanza ossea.
Nella casistica I.O.R. esse rappresentano il 35% alla fine del 2001.
Successivamente però, con la constatazione della affidabilità del “MOS”, le indicazioni aumentavano e venivano quindi trattate altre patologie.
Nelle superfici di artrodesi vertebrale, come arricchimento osseo.
Nel borraggio di cavità osteolitiche come cisti ossee, cisti aneurismatiche, TCG.
Nelle osteosintesi di pseudoartrosi dei grandi segmenti per arricchimento locale osseo e riempi- mento di “spazi morti” fra il segmento osseo, i mezzi di sintesi e stecce corticali omoplastiche.
Il “MOS” è stato utilizzato anche per protesi primarie in coxartrosi secondaria post-trauma, dove il cotile può essere gravemente deformato. ↓
In questa giovane persona gli innesti morcellizzati stati impiegati per riempire la cavità rimasta dallo svuotamento di un tumore a cellule giganti. ↓
Controllo radiografico ad un anno. ↓
Frattura del piatto tibiale esterno.
In queste fratture lo schiacciamento dell’osso spongioso tibiale equivale ad una perdita di sostanza ossea. ↓
- La revisione era stata fatta su una protesi di ginocchio già infetta.
L’osso morcellizzato era stato impiegato nella metafisi tibiale dove c’era una importante perdita ossea.
Nei primi impieghi del morcellizzato, non si associava antibiotico.
- Il morcellizzato si è riassorbito perché la cavità cotiliodea non aveva un fondo continente.
Per questo motivo non è stato possibile compattare correttamente il morcellizzato che in parte si è disperso nella pelvi.
- In un caso si verificò una lussazione postoperatoria con ematoma e infezione successiva che non interessò l’impianto.
Nel secondo caso, l’infezione interessava completamente l’impianto e l’osso innestato.
Dopo un intervento di pulizia delle parti molli, si ebbe una completa guarigione. ↓
A questo punto i risultati ottenuto con gli innesti di Banca morcellizzati e sgrassati vennero giudicati molto soddisfacenti.
Al punto che si pensò in quale modo potessero essere utilizzati anche per le osteomieliti e le pseu- doartrosi infette.
Witso et al. avevano già studiato le caratteristiche di “carrier” di antibiotico dell’osso morcellizzato in vitro.
Si pensò allora a mescolare polvere secca di antibiotico ad osso morcellizzato ed a cemento acrilico. L’idea del cemento acrilico venne per dare una consistenza all’osso morcellizzato. ↓
I cilindri di osso morcellizzato, cemento (PMMA) e antibiotico sono stati fatti con uno stampo apposito di 1 cm di diametro e 1 cm di altezza.
La quantità di antibiotico, di cemento in polvere secca e di osso morcellizzato asciutto veniva misurata su apposita bilancia elettronica.
Come antibiotico è stata scelta la vancomicina, perché attualmente la gran parte dei germi patogeni è sensibile a questo macrolide.
La parte di reagente liquido è stata dosata in funzione della sua quantità minima capace di reagire con il cemento in polvere. ↓
Sono stati prodotti 16 cilindri in tutto: 10 cilindri con PMMA, vancomicina e osso morcellizzato.
6 cilindri con solo PMMA e antibiotico, per poter avere un confronto con i precedenti. ↓
Entrambi i gruppi sono stati immersi per una metà in soluzione fisiologica e per l’altra in pool di plasma umano, a 37°.
I gruppi così formati risultavano quattro:
- Gruppo 1: PMMA – Vancomicina – MOS in plasma
- Gruppo 2: PMMA – Vancomicina – MOS in fisiologica
- Gruppo 3: PMMA – Vancomicina in plasma
- Gruppo 4: PMMA – Vancomicina in fisiologica ↓
Il dosaggio dell’antibiotico è stato fatto a tempo zero e quindi ogni giorno, cambiando il liquido di immersione per una settimana. Successivamante il dosaggio si è ripetuto settimanalmente, in 14a, 21a e 28a giornata. ↓
Nei 28 giorni di immersione, il rilascio maggiore di antibiotico è avvenuto dai cilindri di PMMA-Vanco.-MOS immersi nel plasma umano. La quantità minore di antibiotico rilasciato è avvenuta dai cilindri di PMMA-Vanco immersi nel plasma. ↓
Il rilascio di antibiotico nella maggiore quantità è avvenuto nelle prime due giornate di immersione.
I cilindri PMMA-Vanco-MOS e PMMA-Vanco in soluzione fisiologica hanno dato di più rispetto agli altri gruppi.
Nei giorni successivi il rilascio di antibiotico si è uniformato fra i quattro gruppi, senza differenze statisticamente significative. ↓
Dalla fine della prima settimana alla quarta, la quantità di antibiotico rilasciata si è progressivamente ridotta per i quattro gruppi.
I cilindri PMMA-Vanco-MOS in plasma hanno rilasciato la quantità più alta e in 28a giornata la concentrazione “in vitro” dell’antibiotico superava la MIC su germi sensibili da 20 a 200 volte. ↓
CONCLUSIONI
L’osso omoplastico di Banca, morcellizzato e sgrassato secondo l’esperienza di Hovelius e Ullmark, si è rivelato una affidabile risorsa nel trattamento chirurgico delle lesioni ortopediche con perdita impor- tante di tessuto osseo.
Mescolato a polvere di antibiotico e cemento metacrilato,
nelle sperimentazioni “in vitro”, si è rivelato un sistema composito ottimo come carrier di antibiotico.
Al momento attuale non si può affermare nulla, ma è evidente la potenziale utilità di tale composito nel trat- tamento delle patologie settiche con perdita di sostanza ossea.
Giovanni Gualdrini
L'articolo, recentemente pubblicato in "Tecniche Chirurgiche in Ortopedia e Traumatologia", riporta i risultati (attenzione alla presenza di immagini cruente)
Pubblicato su Blogger oggi 25 Agosto 2012 alle ore 14,04 da: Giuseppe Pinna de Marrubiu
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