giovedì 6 settembre 2012

(Scheda 91) L'OSTEOMIELITE nelle antiche popolazioni.

L'OSTEOMIELITE 
nelle antiche popolazioni della Toscana: 
stile di vita ed eredità genetica
Articolo informativo di Giuseppe Pinna per S. O. S. - “Osteomielitici d’Italia” - Onlus «Centro Servizi Informativi On-line per Osteomielitici e Pazienti dell’Ospedale CODIVILLA-PUTTI di Cortina d’Ampezzo.
                                                   
Osteomielite (osteo-derivato dalla osteon parola greca, che significa ossomielo-significato midolloe-ite infiammazione significato) significa semplicemente una infezione del tessuto osseo o di midollo osseo . [1]
Può essere utilmente sottoclassificato sulla base del causativo organismo (piogeni batteri o micobatteri), la posi- sizione percorso, la durata e anatomica dell'infezione.
Esempio di osteomielite grave della tibia e della fibula, fusi insieme. 
Nella fibula sono evidenti delle ampie cloache per il drenaggio del materiale purulento.
                                         
Malattie infettive non specifiche
Le malattie infettive sono state una forza selettiva cruciale per l’evoluzione umana e anche oggi continuano  ad essere la principale causa di morte nel mondo insieme alla malnutrizione. 
Lo studio delle infezioni nelle popolazioni antiche a partire da materiale scheletrico è limitato solo a quelle condizioni che o per tipologia di cause o per gravità riescono a lasciare traccia nel tessuto osseo. 
In questo caso, i processi infiammatori causati dall'infezione di solito modificano in modo irreversibile il tessuto osseo, così che un indizio di questa patologia giunge fino a noi per essere studiato. 
Esistono molti microrganismi capaci di causare lesioni infiammatorie anche nelle ossa, dove giungono o diret tamente tramite feritefratture o attraverso focolai infiammatori limitrofi, o indirettamente da altre aree tramite la via linfatica o ematica
Le lesioni scheletriche delle ossa lunghe associate ad infiammazioni non specifiche sono principalmente di tre tipi: 
1) periostite: quando il processo  infiammatorio interessa solo la parte più superficiale dell’osso (periosto); 2) osteite: quando l’infezione coinvolge anche la parte corticale dell’osso; 
3) osteomielite: quando l’infezione coinvolge anche la cavità midollare dell’osso.
Le periostiti rappresentano la forma più lieve di questo tipo di patologia e possono avere origine sia trauma tica che infettiva
L’infezione o il trauma stimolano la produzione di nuovo tessuto osseo da parte di cellule specifiche chia- mate osteoblasti
La periostite è così caratterizzata da una placca ossea con margini demarcati o da una irregolare soprae- levazione della superficie dell’osso. 
Questa lesione può essere molto localizzata, limitata ad un unico osso, oppure coinvolgere più elementi sche- letrici nel caso di un infezione più estesa.
La osteite presenta una gravità maggiore rispetto alla periostite, ed è anche più difficilmente identificabile in quanto è necessario fare una radiografia dell'osso colpito. 
L’osteomielite è un’infezione che coinvolge sia la parte superficiale che la parte interna dell’osso fino alla cavità midollare. 
Data la sua gravità produce delle modificazioni molto estese dell’osso e spesso è associata a produzione di materiale purulento e a fori di drenaggio. 
Al contrario delle periostiti, le osteomieliti possono causare anche la morte di un individuo dato che l’infe- zione grave può estendersi ad organi vitali attraverso il sistema circolatorio e linfatico.
Le lesioni infiammatorie sopradescritte possono essere causate da una causa specifica, o dall'interazione di più cause, che non sempre sono di facile e certa indivuduazione. 
Nonostante ciò, la facilità con cui  possono essere evidenziate e soprattutto il loro legame con particolari attività occupazionali sono aspetti molto importanti. 
Il confronto del pattern di frequenza di queste condizioni in diverse comunità umane (nel tempo e nello spa- zio) e nei diversi distretti scheletrici ci aiutano a conoscere da un lato lo stile di vita di questi gruppi e dal- l’altro i costi, in termini di stato di salute e qualità di vita, delle diverse attività lavorative.
Mettendo a confronto l'incidenza di questo tipo di patologia in popolazioni con sistemi economici diversi (cacciatori-raccoglitori/agricoltori, nomadi-sedentari) è stato evidenziato il fatto che in popolazioni seden- tarie e dedite all'agricoltura le lesioni ossee dovute ad infezioni non specifiche aumentano di frequenza ed severità. 
Le cause di questo processo sono diverse, dirette e non, ed interagenti fra di loro. 
L'agricoltura ha portato all'introduzione di nuovi patogeni e causato un declino nella qualità nutrizionale rendendo gli individui meno resistenti alle infezioni
La sedentarietà ha avuto come conseguenza la formazione di villaggi e la concentrazione di individui, pro- cessi che da un lato hanno messo a più stretto contatto le persone e dall'altro diminuito le condizioni igie- niche. 
La sedentarietà e l'aumento della densità umana è anche legata ad un aumento di competizione per le risor- se che può avere determinato un aumento di violenza interpersonale all'interno dei gruppi. 
Tutti fattori che favoriscono la trasmissione delle malattie infettive
Un approccio regionale allo studio dell'incidenza e pattern delle lesioni ossee per infezioni non specifiche è necessario per poter mettere in relazione l'interazione tra fattori ambientali e la salute umana. 
Esempio di periostite
                                   
Letteratura di riferimento
Borgognini Tarli S. e Pacciani E. (1993) I resti umani nello scavo archeologico. Metodi di recupero e di studio. Bulzoni Editore.
Canci A. e Minozzi S. (2005) Archeologia dei resti umani. Dallo scavo al laboratorio. Carocci Editore.
Larsen C.S. (1997) BioarcheologyCambridge University Press, Cambridge.
Steckel R.H. e Rose J.C. (2002) The backbone of historyHealth and nutrition in the Western HemisphereCambridge University Press, Cambridge.
Qualità di vita e salute
La salute umana è l’ingrediente di base per un’alta qualità di vita ed è il prodotto dell’interazione tra il singolo individui e gruppi umani con l’ambiente naturale in cui essi vivono. 
In questo sistema uomo-ambiente, l’ambiente naturale mette a disposizione risorse naturali quali cibo, ripari, acqua ma è anche origine di fattori di stress quali le variazioni stagionali e climatiche, eventi catastrofici e malattie. 
I sistemi sociali, attraverso le loro componenti culturali, religiose, politiche e tecnologiche hanno da sempre mediato l’interazione uomo-ambiente cercando di favorire il processo di estrazione di risorse naturali per il sostentamento e cercando di attenuare o eliminare i fenomeni di stress.
L’ambiente naturale e i sistemi socio-culturali non sono delle entità statiche, ma cambiano ed evolvono nel tempo; così cambia la natura dell’interazione uomo-ambiente e dei fattori di stress a cui l’uomo è sottoposto.
In Europa, dal tardo Paleolitico ai nostri tempi sono avvenuti cambiamenti socio-culturali ed ambientali enor mi, basti pensare alla fine della glaciazione, allo sviluppo dell’agricoltura, delle città, ai cambiamenti tecno- logici e per ultima l’industrializzazione. 
Queste transizioni hanno avuto un enorme impatto sull’ambiente naturale, sulla salute e benessere umano, sia positivo che negativo. 
L’agricoltura, per esempio, da un lato ha comportato una maggiore efficienza energetica per l’aumento della quantità di cibo ottenibile per unità di superficie, dall’altro ha determinato un maggiore sedentarietà dei gruppi umani e una crescita demografica che portarono allo sviluppo di malattie specifiche. 
Con l’allevamento degli animali, gli uomini entrarono in contatto con nuovi patogeni e si svilupparono nuove malattie. 
Lo sviluppo delle città determinò sovrapopolamento, inadeguate condizioni sanitarie, una crescente inegua- lità sociale e conflitti. 
I sistemi socio-culturali quindi hanno operato e operano sia come mediatori nell’interazione uomo-ambiente ma anche come “produttori” di nuovi fattori di stress e limitazioni per il benessere umano e la qualità di vita.
Frattura del femore non ricomposta. 
Evidente il calleo osseo che si è formato in risposta al trauma
                                                   
Gli stress ambientali arrivano a colpire i singoli membri delle comunità la cui risposta o adattamento è in fun zione dal loro stato fisiologico, età e sviluppo, corredo genetico e status sociale. 
Molti fattori di stress possono lasciare delle “cicatrici” o “indizi” nello scheletro che gli studiosi possono evi denziare e studiare. 

I materiali umani più frequentemente ritrovati nei siti archeologici sono ossa e denti che possono contenere numerose informazioni sulle patologie del passato, stress attitudinali e ambientali a cui erano sottoposti gli individui. 
Attraverso un’analisi complessiva e comparativa di questi indizi è possibile esaminare come pattern di malat tie, stress e mortalità sono cambiati nel tempo nei diversi gruppi umani e culture del passato. 
Gli studiosi indicano questi "indizi" con il termine di bio-indicatori o indicatori scheletrici di salute.
Osteoartrosi della testa del femore e dell'acetabolo dovute a iper-attivita di questa articolazione
Lo studio del DNA antico
In anni recenti, grazie al notevole sviluppo delle applicazioni delle biotecnologie, è emersa la possibilità di analizzare il DNA conservato nei resti umani antichi. 
L’analisi del DNA antico è un potente strumento per investigare e studiare la storia delle popolazioni anti- che; ciò ha consentito finora di apportare numerosi contributi chiarificatori in diversi contesti sia di tipo ar cheologico che antropologico. 
In particolare con questo tipo di analisi è possibile (1) determinare il sesso di individui e (2) attraverso lo studio del DNA mitocondriale è possibile compiere studi di tipo popolazionistico e, in casi limitati, anche di individuare possibili relazioni di parentela in linea materna fra individui
Nella determinazione del sesso (informazione alla base di tutte le possibili successive analisi di tipo antro- pologico di una popolazione), l’analisi del DNA viene in aiuto all’investigatore in tutti quei casi in cui i resti ossei sono scarsi o troppo frammentari per determinare il sesso dell’individuo tramite la sola analisi morfo- logica.                       Laboratori di Antropologia - Via del Proconsolo, Firenze (Italy)
                                               Palazzo non finito
Ma soprattutto la determinazione del sesso tramite analisi del DNA è fondamentale per gli individui infanti e subadulti per i quali l’identificazione morfologica del sesso non è sempre possibile o sufficientemente ac- curata.
Gli studi di genetica delle popolazioni attraverso l’analisi del DNA antico ci aiutano a capire le relazioni ge- netiche e genealogiche fra diversi gruppi umani. 
Questi studi possono aiutarci a trovare risposte a domande del tipo: 
Quali sono le relazioni genetiche tra le popolazioni del passato e quelle moderne? 
Da dove provenivano le culture del passato? 
Sono culture che si sono evolute localmente o provenienti da altre zone europee ed extraeuropee? 
Quali sono le affinità genetiche tra le diverse culture?  
Raffigurazione di Tinia, divinità celeste che impugna un fulmine (V sec. a.C.)
                           
Finalità e struttura del progetto
Sebbene esistano diversi lavori apprezzabili sul materiale scheletrico restituito da questo o quel sito ar- cheologico, quello che ancora manca è un’analisi sistematica, esaustiva di tutto il materiale disponibile effet tuata con una metodologia uniforme che permetta una sintesi comparativa. 
Esigenza resa ancora più forte negli ultimi venti anni, grazie al lavoro del Laboratorio di Archeoantropo- logia della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana che ha effettuato una raccolta metodica e con approccio scientifico di molto del materiale scheletrico rinvenuto negli ultimi anni in Toscana. 
Questa ricchezza di materiale costituisce la base per un ricco e dettagliato lavoro di analisi comparativa del materiale scheletrico delle diverse culture che si sono succedute in Toscana e in Italia centrale nel tempo.
Tutte le considerazioni fatte fino ad ora, ci portano a definire la finalità generale del nostro progetto: 
Lo studio integrato e comparativo delle caratteristiche biologiche e genetiche delle popolazioni che si sono succedute sul territorio dell'attuale Toscana e regioni limitrofe nel corso di più di 4000 anni. In particolare, si analizzerà 

(a) le caratteristiche antropologiche, lo stato di salute e la qualità della vita 
(b) la variabilità genetica spaziale e temporale 
(c) l’interazione tra condizioni socio-economiche, fattori ambientali e salute umana. 
Il progetto è così suddiviso in due grandi sezioni: l'analisi della qualità di vita e salute e l'analisi del DNA antico.                                      Tomba nel sito archeologico di Abbadia San Salvatore (SI)
                      

Materiale scheletrico preso in esame
Materiale scheletrico analizzato. 
Clicca sulla regione che ti interessa
          
In questa sezione accedi al database dei siti archeologici da cui proviene il materiale scheletrico esami- nato, aggiornato al 31/10/2005. 
Il progetto è in corso di attuazione, queste pagine sono aggiornate periodicamente.
    Periodi temporali esaminati
Si informa i lettori-naviganti in questo BLOG che questa pagina è in preparazione. 
Una volta completata presenterà un breve resoconto sulle singole epoche prese in esame.
Età dei metalliRame
Bronzo
Ferro
Epoca Romana
Epoca Medievale
Ringraziamenti
In questa sezione desideriamo ringraziare tutti quelle persone, colleghi e non, che ci hanno aiutato metten- doci a disposizione le collezioni scheletriche, fornendo consigli e supporto logistico.
Dott. Marco Piccardi, responsabile della sezione di Antropologia del Museo di Storia Naturale dell'Università di Firenze
Dott. Elsa Pacciani, Dott. Silvia Gori e il Dott. Filiberto Chilleri - Laboratorio di Archeoapologia della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana
Dott. Vincenzo Formicola - Dip. Etologia, Ecologia, Evoluzione - Università di Pisa
Dott. Paola Catalano - responsabile  del Servizio di Antropologia della Soprintendenza Archeologica di Roma
Prof. Francesco Mallegni, Dott. Fulvio Bartoli - Dip. Scienze Archeologiche - Università di Pisa
Dott. Loretana Salvadei - sezione di Antropologia - Museo Preistorico ed Etnografico "Luigi Pigorini" - Roma
Prof. Giorgio Manzi e Dott. Francesca Ricci - Dip. Biologia Animale e dell'Uomo - Università "La Sapienza" - Roma
Ipoplasia dello smalto dei denti
L'ipoplasia dello smalto dei denti è una delle manifestazioni scheletriche di stress più frequentemente stu diata. 
Si può manifestare sotto diverse forme sulla superficie dei denti: 
come solchi lineari, 
come larghe bande di smalto irregolare oppure come fossette irregolarmente distribuite. 
Questa condizione si ritrova in persone che hanno avuto problemi di malnutrizione, malattie o una combina- zione dei due fattori durante l’infanzia. 
Il processo di formazione dello smalto è particolarmente sensibile a deficienze nutrizionali e/o malattie: ciascun fattore ambientale che determina uno stress metabolico è in grado di alterare l’attività delle cellule che producono lo smalto (ameloblasti) e determinare l'ipoplasia dentaria.
Ipoplasia dello smalto visibile come linee orizzontali sui denti
                                    
Dal momento che lo smalto dei denti non si rimodella nell’arco della vita, come avviene per il tessuto osseo, i difetti che si sono verificati rimangono visibili per sempre. 
L’ipoplasia è quindi indicatore indelebile di eventi di stress avvenuti durante il periodo di sviluppo della co- rona del dente: per gli antropologi è un’eccellente fonte di informazioni per ricostruire lo stato di salute delle popolazioni del passato. 
I metodi per registrare l’ipoplasia consistono nel tener conto della posizione del difetto sulla corona del dente, del tipo di difetto e della sua gravità. 
È anche possibile determinare, in maniera approssimativa, l’età dell’insorgenza del difetto e quindi dello stress subito, sulla base di tabelle di conversione costruite considerando l’età e le fasi di sviluppo dei sin- goli denti. 
Studi epidemiologici sulla frequenza dell’ipoplasia dello smalto in popolazioni contemporanee hanno dimos- trato il legame tra condizioni socio-economiche e prevalenza di questo difetto. 
In paesi sviluppati l’incidenza di questa condizione è mediamente del 10%, mentre nei paesi in via di sviluppo l’incidenza generalmente supera il 50%. 
Ipoplasia dello smalto visibile come linee orizzontali sui denti
L’ipoplasia dello smalto è un indicatore di stress molto studiato nelle popolazioni preistoriche e numerosi autori hanno notato un aumento della frequenza dell’ipoplasia dello smalto in popolazioni dedite all’agricol- tura rispetto a popolazioni di raccoglitori e cacciatori. 
Tale incremento è legato ai cambiamenti nutrizionali, igienici ed esposizione ai patogeni determinati dal- l’avvento dell’agricoltura e allevamento di animali domestici.
Salute orale
La dentatura è una ricca fonte di informazioni circa le condizioni di vita in cui un individuo ha vissu to e per fortuna i denti sono i reperti scheletrici più frequentemente trovati nei siti archeologici. 
Dallo studio dei denti possono essere dedotte informazioni circa la dieta, l’età, la salute ma anche  aspetti culturali, sociali e materiali. 
Gli indicatori di salute dentaria più studiati sono la carie, il tartaro, le parodontopatie e la perdita ante mortem dei denti.
 La carie
La carie è un processo patologico caratterizzato da una demineralizzazione focale del tessuto dentario duro causato ad acidi organici prodotti dalla fermentazione batterica di carboidrati. 
Si manifesta in vari stadi, da una leggera opacità dello smalto ad una estesa cavitazione che può causare una parziale o totale perdita della corona del dente e delle radici. 
La carie è una patologia le cui cause sono multifattoriali. 
I principali responsabili della cariogenesi sono: l’esposizione della superficie dentaria all’ambiente orale, la presenza di una complessa flora batterica orale, placca, tartaro e la dieta. 
Altri fattori sono in grado di influenzare il processo e la velocità della carie, alcuni dei quali sono: 
la grandezza e morfologia della corona, 
difetti e composizione dello smalto, 
pH orale, 
attrito della superfici occlusale, 
usura dentaria, 
la composizione della saliva. 
Inoltre, il cibo e alcune sue caratteristiche intrinseche, come la tessitura, la consistenza e il modo in cui è preparato sono in grado di influenzare la cariogenesi nelle popolazioni umane.
Esempio di carie sui molari
Per il legame che intercorre tra tipi di alimentazione e carie, gli antropologi hanno da molto tempo studiato come l’incidenza della carie è cambiata nel tempo e nelle diverse popolazioni umane. 
Nella maggior parte delle regioni del mondo è stata documentato un aumento dell’incidenza della carie in re lazione con l’aumento del consumo di carboidrati. 
Numerosi lavori hanno dimostrato come la carie è meno frequente nelle popolazioni di cacciatori-raccogli- tori rispetto alle popolazioni preistoriche di agricoltori caratterizzate da un più alto consumo di cereali e quindi di carboidrati rispetto ai cacciatori-raccoglitori. 
Inoltre, in molte popolazioni preistoriche è stata trovato una più alta incidenza della carie nelle donne che negli uomini e tale differenza è stata messa in relazione con un diverso consumo di carboidrati e di carne da parte di uomini e donne legato ad una divisione del lavoro tra i sessi nel procacciamento del cibo. 
Queste ipotesi sono confermate da analoghi risultati forniti da studi sul legame tra incidenza della carie e divisione del lavoro tra i sessi per il procacciamento del cibo in popolazioni odierne dell’Africa, dell’Austra- lia e del sud America.
Infine, c’è un crescente numero di studi che dimostrano un legame tra status sociale ed incidenza della carie spiegato da una diversa proporzione carboidrati/carne nell’alimentazione di persone con un diverso status sociale. 
Un maggior accesso alla carne ed un minor consumo di cereali per gli individui di status sociale più alto de- terminerebbe una minor prevalenza della carie rispetto ad individui di status sociale inferiore.

Il Tartaro

In certe condizioni la placca batterica può mineralizzare costituendo così il tartaro. 
Il pH salivare è tra i fattori più importanti per l’insorgenza di questo processo. 
In condizioni di pH alcalino si depositano e precipitano cristallini entro e sopra la placca. 
Nell’uomo i depostiti di tartaro si trovano soprattutto in corrispondenza degli sbocchi delle principali ghian- dole salivari, e cioè a livello della superficie linguale degli incisivi inferiori e della superficie buccale dei molari superiori.                                        Esempio di tartaro sui denti anteriori
  
La quantità di deposito formatasi viene di solito registrata tramite una semplice scala in cui si distinguono diversi stadi: da assenza di deposito a deposito marcato quando l’estensione può arrivare a coprire la radi- ce del dente. 
Dal momento che le condizioni chimico-fisiche che determinano la formazione del tartaro sono diverse da quelle che determinano l’insorgenza della carie, la presenza di tartaro può essere utilizzata, insieme ad al- tre informazioni, come indicatore per ricostruire il tipo di dieta e le condizioni di salute delle antiche popo- lazioni.

Parodontopatie

Con il termine parodontopatie si indica l’insieme delle malattie che possono insorgere nei tessuti di sostegno che circondano il dente, che nel loro complesso sono indicati con il termine “parodonto” e sono rappresenta- ti dall’osso alveolare, la membrana peridontale e le gengive
Una notevole quantità di placca batterica e la sua espansione nello spazio tra dente e gengiva può determi- nare un processo infiammatorio
La reazione immunitaria che ne consegue, in casi estremi, può danneggiare i tessuti circostanti fino all’osso alveolare, compromettendo la struttura dell’alveolo stesso determinando anche la perdita del dente. 
Le cause di questa malattia sono multifattoriali: più di 40 differenti taxa di batteri sono responsabili dell’in sorgenza e della progressione dell’infiammazione
Esempio di parodontopatia, evidente come lo scollamento tra la radice ed il tessuto osseo della mandibola
Altri fattori coinvolti nella genesi di questa patologia sono: 
scarsa igiene orale, 
la cariogenesi, 
la malocclusione, 
lo stato nutrizionale. 
Un fattore molto importante nel causare infiammazioni delle gengive è anche un eccessivo carico mastica- torio per mandibole e mascelle e denti, generalmente legato all’uso dei denti per attività extra-masticatorie. Un esempio di uso extra-masticatorio della dentizione è la lavorazione di tendini o pelli di animali. 
Quindi lo studio di queste malattie può gettar luce anche su aspetti lavorativi e stili di vita delle popolazioni antiche.
Nei reperti scheletrici antichi le malattie parodontali sono caratterizzate da una modificazione evidente dell’osso alveolare che si può manifestare o tramite un abbassamento della cresta alveolare rispetto al col- letto del dente, o come una rarefazione ossea.

Perdita ante-mortem dei denti

La perdita dei denti ante-mortem è frequentemente legata ad: 
ascessi, 
carie, 
riassorbimento osseo dell’alveolo, 
usura eccessiva, 
e può essere causata da uno o da una combinazione di questi fattori. 
Nella maggior parte dei casi è molto difficile identificare la causa della perdita di un dente. 
Nonostante ciò, lo studio di questa condizione è molto importante in quanto la perdita dei denti ha implica- zioni funzionali perché determina una diminuzione della capacità masticatoria di un individuo diminuendo il suo stato di salute e nutrizionale. 
Con la perdita dei denti, il processo masticatorio diventa più difficile e il range di cibo che può essere mas- ticato diminuisce.
Pochi autori hanno sistematicamente riportato l’incidenza della perdita dei denti nelle popolazioni del pas- sato e questo probabilmente per la difficoltà sia di stabilire una precisa causa del problema e sia perché è difficile trovare ossa alveolari integre nei reperti scheletrici. 
La perdita dei denti è stata documentata in resti molto antichi, come Homo erectus e Homo sapiens arcaico. 
Frequenze significative di questa condizione sono documentate però solo in popolazioni oloceniche. 
Come per la carie, popolazioni recenti che hanno vissuto un cambiamento da una dieta tradizionale ad una dieta occidentale hanno mostrato un incremento marcato di malattie parodontali e perdite dei denti.
Similarmente, popolazioni del passato con più alti livelli di consumo di carboidrati o cibi processati mos- trano una più alta incidenza di malattie parodontali e perdite dei denti, rispetto a popolazioni con una dieta dominata da proteine animali. 
Anche la macinazione dei cereali e di altre piante coltivate sarebbe collegata ad un aumento della perdita dei denti, per l’introduzione nel cibo di micro frammenti dagli utensili per la macinazione che causerebbero usura dentaria, esposizione della polpa, malattie parodontali e perdita dei denti. 
Come per la carie, sono stati documentate differenze nell’incidenza delle perdite dei denti legate al sesso e allo status sociale dovute probabilmente a differenze nella igiene orale, in attività extra masticatorie, sta- tus nutrizionale e pratiche culturali.                        Mandibola completamente senza denti

Letteratura di riferimento 

Borgognini Tarli S. e Pacciani E. (1993) I resti umani nello scavo archeologico. Metodi di recupero e di studio. Bulzoni Editore.

Canci A. e Minozzi S. (2005) Archeologia dei resti umani. Dallo scavo al laboratorio. Carocci Editore.

Larsen C.S. (1997) BioarcheologyCambridge University Press, Cambridge.
Steckel R.H. e Rose J.C. (2002) The backbone of historyHealth and nutrition in the Western Hemisphere. Cambridge University Press, Cacmbridge.
Anemia da carenza di ferro
Il ferro è un elemento necessario per molte funzioni fisiologiche. 
È il componente  essenziale dell’emoglobina, la molecola adibita al trasporto dell'ossigeno nel sangue ai tes- suti. 
La disponibilità di ferro nel cibo e il suo assorbimento durante il processo di digestione dipende da diversi fattori, collegati e non, alla dieta. 
Generalmente il ferro presente nella carne è quello più efficientemente assorbibile da parte dell’intestino. La bio-disponibilità del ferro nelle piante è molto variabile e, al contrario del ferro nella carne, è assorbito più difficilmente. 
L'assorbimento del ferro nell'intestino è influenzato da altre sostanze contenute nei cibi: per esempio sia l’acido ascorbico che l’acido citrico promuovono l’assorbimento del ferro a livello dell’intestino, mentre al- cune sostanze nelle piante come alcune proteine vegetali ne riducono l’assorbimento. 
La ridotta disponibilità di ferro è causa uno stato patologico indicato con il termine anemia. 
L'anemia può essere causata o da problemi di tipo nutrizionali o da altri fattori non legati alla dieta. 
Per esempio le infezioni parassitarie possono causare una severa anemia, così come le emorragie, le infezioni batteriche e virali, o diarree croniche. 
Inoltre esistono malattie di tipo genetico che determinano anemia come la talassemia e l'anemia falciforme.             Esempio di iperostosi porotica nel tetto delle orbite
Lo studio di questa patologia in materiale scheletrico antico è possibile perché l'anemia determina delle modificazioni nella struttura del tessuto osseo. 
Questi cambiamenti fanno parte di una sindrome indicata con il termine di iperostosi porotica
Il tessuto midollare per compensare la ridotta disponibilità di ferro nel sangue aumenta la propria attività di produzione delle cellule del sangue. 
L'aumento dell'attività del tessuto midollare a sua volta causa l'aumento del tessuto osseo spugnoso a sca- pito del tessuto osseo compatto; questo processo determina un aspetto poroso della superficie dell'osso. 
I distretti scheletrici più colpiti sono il cranio (volta cranica, ossa parietali, tetto delle orbite) e le ossa postcraniali, ma solo nei casi più gravi di anemia. 
Per associare ad uno stato anemico i cribra orbitalia(la porosità localizzata nel tetto delle orbite), è ne- cessario un'analisi particolarmente accurata da parte dello studioso, anche eseguita tramite radiografie, perché questa modificazione scheletrica è causata anche da altri fattori come l'osteoporosiavitaminosiinfezioni aspecifiche o alterazioni dell'osso post-mortali.
Come già spiegato, le cause dell’anemia da mancanza da ferro (e quindi i fattori che determinano iperostosi porotica) possono essere di natura diversa, ma nel caso delle popolazioni antiche e preistoriche è stato sug- gerito che l’anemia di tipo nutrizionale sia la causa primaria. 
Inoltre la gravità delle alterazioni scheletriche legate a questa patologia può essere di aiuto nella diagnosi. Infatti nel caso di anemia di tipo ereditaria/genetica le modificazioni scheletriche possono essere molto gravi ed estese anche al distretto post-craniale dello scheletro, mentre nel caso di un anemia di tipo nutri- zionale le lesioni al tessuto osseo sono di minor entità, tipicamente rilevabili sono nel cranio.
Sebbene sia una patologia le cui cause non sono facilmente individuabili, l’iperostosi porotica è un ottimo indice di salute e qualità nutrizionale nelle popolazioni sia del presente che del passato. 
Per le popolazioni preistoriche del bacino del Mediterraneo e in nord Africa, questa condizione è prati- camente sconosciuta durante il Paleolitico Superiore (economia di caccia e raccolta) ma aumenta di fre- quenza a partire dal Mesolitico, con la transizione ad una economia di produzione agricola e l’aumento del consumo di cereali, caratterizzati da basso contenuto in ferro. 
Lo studio di questo bio-indicatore ci permette anche di farci un idea sulla qualità di vita di individui colpiti da questa malattia e più in generale delle diverse comunità umane quando queste presentano valori medio-alti di presenza di iperostosi porotica nel cranio. 
Lo stress fisiologico da mancanza da ferro infatti (1) si ripercuote su la capacità dell’organismo di reagire ad altre patologie e malattie infettive rendendolo quindi più suscettibile ad ammalarsi, (2) diminuisce la ca- pacità lavorativa di un individuo diminuendo la sua capacità di provvedere a se stesso e agli altri o di svolge gere il suo ruolo all’interno della comunità, (3) influisce in modo negativo sulle capacità cognitive e sul com- portamento in quanto il ferro è un elemento critico per il funzionamento del sistema nervoso.
Esempio di iperostosi porotica nel cranio in veduta posteriore, visibile come una serie di pori nelle due ossa parietali e nell'occipitale
Letteratura di riferimento
Borgognini Tarli S. e Pacciani E. (1993) I resti umani nello scavo archeologico. Metodi di recupero e di studio. Bulzoni Editore.
Canci A. e Minozzi S. (2005) Archeologia dei resti umani. Dallo scavo al laboratorio. Carocci Editore.
Larsen C.S. (1997) Bioarcheology.  Cambridge  University Press, Cambridge.
Steckel R.H. e Rose J.C. (2002) The backbone of history. Health and nutrition in the  Western Hemisphere. Cambridge  University Press, Cambridge. 
Malattie degenerative delle articolazioni
Nell’apparato scheletrico umano esistono due tipi di articolazioni: 
articolazioni essenzialmente mobili che svolgono però principalmente la funzione di sostegno o di stabilizza- zione di certe parti del corpo di cui un esempio sono le articolazioni delle vertebre e la sinfisi pubica nel bacino, 
e articolazioni altamente mobili la cui funzione primaria è appunto quella di permettere il movimento di due elementi in articolazione l’uno rispetto all’altro. 
Alcuni esempi di quest’ultimo tipo di articolazione sono tutte le articolazioni delle ossa lunghe, come il ginoc chio o il gomito o le articolazioni delle dita. 
Le due parti distali delle ossa si articolano attraverso una capsula fibrosa e le superfici articolari sono coperte da una cartilagine molto lubrificata da un liquido molto viscoso, il liquido sinoviale. 
L’attività fisica e stress meccanici mettono a dura prova le articolazioni e quando si verifica uno sbilancia- mento tra stress meccanico e capacità dell’articolazione di sostenerlo, a livello dell’articolazione stessa ini- ziano tutta una serie di modificazioni biologiche che, per semplicità, sono qui indicate con il termine generi- co di osteoartrite.                             Osteoartrosi delle vertebre
                            
I cambiamenti scheletrici legati a questa patologia sono gli stessi indipendentemente dal tipo di stress o arti ticolazione e consistono in: 
(a) crescita di nuovo tessuto osseo a livello dei margini dell’articolazione (osteofiti) 
(b) erosione  della superficie articolare dell’osso. 
La degenerazione dell’articolazione inizia con un danno al tessuto cartilagineo che ricopre l’articolazione. Questo danno si manifesta nel tessuto osseo come una rarefazione della superficie che assume un aspetto punteggiato. 
Successivamente se lo stress meccanico persiste, la cartilagine dell’articolazione scompare del tutto, le due estremità ossee entrano in contatto diretto e il loro continuo sfregamento produce una superficie molto lu- cida che ricorda l’avorio e per questo viene chiamata eburnazione
La presenza dell’eburnazione indica che nonostante la cartilagine  dell’articolazione non sia più presente, l’articolazione era sempre attiva al momento della morte.
 Gli osteofiti (crescita di nuovo tessuto osseo ai margini dell’articolazione) hanno una morfologia molto va- riabile, da piccolissime protusioni a lunghe proiezioni ossee. 
Eburnazione della testa del radio
Nel caso di osteoartrite della colonna vertebrale, gli osteofiti di due (o più) vertebre adiacenti possono fondersi formando un tessuto osseo continuo diminuendo in modo marcato la mobilità della colonna verte- brale. 
Come già ricordato una delle principali cause delle malattie degenerative delle articolazioni è la loro usura meccanica dovuta all’attività fisica esercitata
Altri fattori contribuiscono all’insorgenza e allo sviluppo di questa patologia come l’invecchiamento fisico che è accompagnato da una diminuita vascolarizzazione delle ossa e quindi da una diminuita capacità delle ossa di ripararsi in caso di danno; 
il clima (esposizione al sole, umidità, temperatura)
il peso corporeo, 
la nutrizione, 
infezioni, 
traumi e fattori ereditari. 
Esiste una letteratura molto voluminosa sulla frequenza e prevalenza dei vari tipi di osteoartrite in popola- zioni moderne e del passato. 
Antropologi e paleo-anatomi sono tutti concordi nell’affermare che queste patologie sono le più importanti per lo studio dello stile di vita nelle popolazioni preistoriche e antiche, perché il loro pattern di distribu- zione produce una quadro ben preciso degli effetti cumulativi di stress meccanici e dell’invecchiamento sul corpo umano. 
Queste patologie sono state evidenziate fin nei primi ominidi; lo scheletro di Lucy, un' austrolopitecina ri- salente a più di tre milioni di anni fa, presenta tutta una serie di modificazioni delle articolazioni collegate ad uno stile di vita molto attivo che includeva intense attività di sollevamento e trasporto. 
L’osteoartite è molto diffusa anche nel materiale scheletrico dei Neandertaliani a conferma di un’attività fisica molto intensa di questi individui come dimostrato anche dallo studio della robustezza e delle inserzio- ni muscolari.                                      Osteoartrosi della testa del femore
                                      
Per le popolazioni oloceniche vale, con le dovute eccezioni, la generalizzazione che stili di vita più intensi dal punto di vista dell’attività fisica sono associati a una più alta incidenza di malattie degenerative delle articolazioni. 
La frequenza e il pattern di distribuzione dell'osteoartrite in queste popolazioni è strettamente legato allo stile di vita, 
alle attività di acquisizione e preparazione del cibo, 
allo status sociale, 
sesso ed età di un individuo 
e ad altre circostanze. 
Non ci sono molti studi sui cambiamenti dell'incidenza delle malattie articolari legati al passaggio da un'eco nomia di caccia e raccolta ad un'economia di produzione. 
In generale, queste ricerche sembrano indicare una diminuzione dello stress meccanico sulle articolazioni in popolazioni dedite all'agricoltura rispetto alle popolazioni di cacciatori-raccoglitori.
Letteratura di riferimento
Borgognini Tarli S. e Pacciani E. (1993) I resti umani nello scavo archeologico. Metodi di recupero e di studio. Bulzoni Editore.
Larsen C.S. (1997) BioarcheologyCambridge University Press, Cambridge.
Steckel R.H. e Rose J.C. (2002) The backbone of historyHealth and nutrition in the Western Hemisphere. Cambridge University Press. Cambridge.
Lesioni traumatiche e fratture
Lo studio delle lesioni traumatiche nel materiale scheletrico di popolazioni antiche fornisce molte informa- zioni sulle attività lavorativa e rischi ad esse connessi. 
I traumi possono essere di natura accidentale o violenta: 
nel primo caso sono imputabili alla vita occupazionale e all’ambiente, 
nel secondo invece, sono causate da atti violenti o scontri bellici.
Determinate attività fisiche o il tipo di ambiente in cui una popolazione vive, possono causare un particolare set di traumi fisici che sono evidenziabili nello scheletro. 
Ad esempio, la frattura delle ossa del polso tipicamente avviene quando un individuo che sta cadendo cerca di ammorbidire la caduta mettendo in avanti le braccia. 
Un’alta frequenza di fratture al polso o di fratture alle caviglie può far pensare ad una attività tipo cam- minare velocemente su di un terreno scosceso o non pianeggiante.
Frattura del polso (radio) da caduta
                     
 La frequenza, il pattern demografico per età e sesso di traumi violenti multipli e ferite da  arma/oggetti contundenti sono un barometro dell’uso della forza all’interno della società o  dell’uso della forza per risol- vere controversie tra gruppi umani diversi. 
Possiamo dire che sono una misura indiretta del benessere sociale nel passato.
Investigando i traumi e come sono stati curati/trattati inoltre possiamo farci un’idea delle capacità di assis- tenza medico-chirurgica nei vari gruppi e di come queste siano cambiate nel tempo. 
Infine è da ricordare anche che alcune lesioni traumatiche sono collegabili a comportamenti rituali, legati alla sfera religiosa: lo studio dei traumi può, in alcuni casi, anche informarci sui riti religiosi nel passato.
Chiaro esempio di Trauma Cranico
                      
L’osservazione attenta di uno scheletro di un individuo con uno o più traumi ci aiuta poi a capire i problemi di salute conseguenti al trauma stesso. 
                                      
Per esempio una frattura della testa del femore, anche se ben curata, può contribuire significativamente al- l’insorgenza di osteoporosi e osteoartrite in ossa adiacenti; l’asimmetria nelle proporzioni del corpo causa- te da una frattura non allineata bene causa tutta una serie di cambiamenti biomeccanici in altri distretti del l’apparato scheletrico. 
Tutte queste modificazioni secondarie, a seconda della loro gravità, possono diminuire la capacità di un in- dividuo di provvedere a se stesso, alla propria famiglia o renderlo più soggetto ad altri tipi di stress. 
Con il termine di lesioni traumatiche vengono classificate un ampio range di lesioni che comprende: 
le fratture, 
le lesioni da schiacciamento, 
le ferite da arma, 
le dislocazioni, 
e tutta una serie di patologie indotte biomeccanicamente come le artrosi (Malattie delle articolazioni).
Alcuni traumi che non determinano rottura delle ossa, 
ma solo lacerazioni della cute e dei tessuti molli, 
possono determinare reazioni del tessuto osseo come periostiti e osteiti (Malattie infettive non specifiche). Le fratture delle ossa degli arti, 
delle coste 
e delle vertebre sono le lesioni traumatiche più frequentemente evidenziate nelle popolazioni antiche anche perché sono quelle più facilmente individuabili e studiabili. 
Esistono diversi tipi di fratture a seconda della causa e del tipo di danno all’osso:
fratture complete: quando la frattura interessa l’osso in tutto il suo spessore con un netto distacco delle due parti;
fratture incomplete: quando non vi è la netta separazione delle due parti dell’osso con la frattura;
fratture comminute: quando l’osso risulta frammentato in tanti piccoli pezzi;
fratture a legno verde: tipiche delle ossa giovanili che essendo molto elastiche non si rompono in due capi netti ma subiscono uno sfibramento;
fratture da stress: quando uno sforzo prolungato provoca una lesione, presenta caratteristiche interme- die tra la frattura a legno verde ed una incrinatura.
fratture da altre forze fisiche con il caldo-fuoco ed il freddo-gelo capaci di determinare lesioni gravi e tipiche.                                               Frattura ben ricomposta dell'omero
                              
La risposta dell’osso ad una frattura è sempre la stessa: dopo qualche giorno dall’evento traumatico, inizia la formazione di nuovo tessuto osseo. 
Inizialmente si forma un callo osseo-cartilagineo che successivamente, per deposizione di sali di calcio si trasformerà in un callo osseo definitivo
Il processo di guarigione dipende da molti fattori i più importanti dei quali sono l’età di un individuo e il suo stato di salute.                                         Trauma alla colonna vertebrale
                                
Letteratura di riferimento
Borgognini Tarli S. e Pacciani E. (1993) I resti umani nello scavo archeologico. Metodi di recupero e di studio. Bulzoni Editore.
Canci A. e Minozzi S. (2005) Archeologia dei resti umani. Dallo scavo al laboratorio. Carocci Editore.
Larsen C.S. (1997) BioarcheologyCambridge University Press, Cambridge.
Steckel R.H. e Rose J.C. (2002) The backbone of historyHealth and nutrition in the Western HemisphereCambridge University Press, Cambridge.
                               
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                                       Fine

Pubblicato su Blogger oggi 06 settembre 2012 alle ore 17,39 da: Giuseppe Pinna de Marrubiu    

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