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sabato 6 ottobre 2012

(Scheda 112) Parliamo un poco di OSTEOMIELITE nelle FRATTURE SCOMPOSTE.

OSTEOMIELITE e FRATTURE DA INCIDENTI VARI
Articolo informativo di Giuseppe Pinna per S. O. S. - “Osteomielitici d’Italia” - Onlus  «Centro Servizi Informativi On-line per Osteomielitici e Pazienti dell’Ospedale CODIVILLA-PUTTI di Cortina d’Ampezzo.
                          

ALCUNE FOTO ESEMPIO di ALCUNE TIPOLOGIE 

DI FRATTURE SCOMPOSTE

Frattura scomposta combinata sia della diafisi della tibia che del perone o fibula bilaterale a carico di entrambi gli arti inferiori:
                      
Frattura scomposta della parte distale del perone o fibula:                                                                                
Frattura scomposta dell'estremità distale dell'omero (epifisi distale omero):
Frattura scomposta di radio e ulna (completa dell'avambraccio)


Frattura scomposta del piede con fuoriuscita delle ossa tarsali dal mortaio tibiale:


             
Frattura scomposta dell'estremità prossimale dell'arto inferiore: epifisi della tibia e del perone o fibula

 Esame clinico obiettivo delle fratture

                                             
Sintomi soggettivi:
Rumore di scroscio: è patognomonico.
Dolore: spontaneo ed accentuato dalla palpazione profonda e dalla per- cussione. 
Impotenza funzionale: limitazione della motilità attiva e passiva per il do-lore prodotto dal movimento dei frammenti, aspecifico. 
Segni:
ispezione
Stato della cute: eventuali lesioni, ematomi, edema, tumefazione. 
Deformità (es. nella frattura di femore: bacino normale con arto più corto)
Atteggiamento: spesso caratteristico di difesa o di riposo dell’arto traumatizzato. 
Palpazione
Motilità preternaturale: dove normalmente non è presente, causata dalla dis-continuità della leva scheletrica; la mobilizzazione dell’arto traumatizzato deve es-sere molto cauta, pena il rischio di scomporre una frattura; la motilità preterna-turale risulta assente nelle fratture ingranate e in quelle a legno verde. 
Crepitazione ossea, causata dall’attrito reciproco delle superfici di frattura. 
Dolore.  
  
Segni di certezza sono la crepitazione e la motilità preternaturale. 
Possono essere rilevati mobilizzando cautamente l’arto traumatizzato (pericolo di scomporre una frattura non scomposta)
L’assenza di questi segni non autorizza comunque ad escludere una frattura po-tendo essi mancare in caso di frattura ingranata.
 
La diagnosi clinica necessita sempre di una conferma radiologica che deve com-prendere almeno 2 proiezioni ortogonali (antero-posteriore e laterale).
I successivi fenomeni riparativi si manifestano con graduale riduzione del dolore locale spontaneo e provocato, diminuzione fino alla scomparsa dell’even-tuale motilità preternaturale, ossia: costituzione progressiva di una tumefazione di consistenza ossea, indolente, riferibile alla formazione del callo osseo che in-globa i frammenti di frattura.
Radiologicamente la consolidazione iniziale del focolaio di frattura si rende eviden- te già nella seconda fase in cui si verifica la precipitazione dei sali di calcio: si ap-prezzano piccole zone di radiopacità che delineano quasi lo spessore del periostio (normalmente non visibile).
Nella terza fase di consolidazione il callo osseo appare più evidente: la zona di ra-diopacità invade tutto l’ambito dello scollamento periostale estendendosi come un manicotto dall’uno all’altro frammento (callo periostale).
  
Contemporaneamente zone più o meno estese di radiopacità appaiono anche nella rima di frattura (callo endostale) che progressivamente si chiude fino a non rendersi più visibile.
                   

Fratture dello scheletro umano - classificazione

                
La frattura scheletrica è una soluzione di continuo dell'osso. 
In rapporto al livello scheletrico di lesione si distinguono: 
  • diafisaria: 3° superiore medio o inferiore, 
  • metafisaria: quando la frattura si trova a livello della metafisi o cartilagine di accrescimento ne provoca il distacco dell'epifisi (possibile solo prima della saldatura, cioè alla pubertà), 
  • epifisaria (in genere intrarticolare). 
In rapporto al numero di interruzioni scheletriche che interessano uno stesso segmento si distinguono: 
  • unifocali: un solo focolaio di frattura, 
  • bifocali: due focolai di frattura, 
  • multifocali. 
In rapporto all’irradiazione della rima di frattura a livello della capsula articolare si distinguono: 
intrarticolari
extrarticolari
In rapporto all’entità del danno scheletri- co: complete
incomplete (fratture a legno verde, infrazioni, infossamenti). 
In rapporto alla morfologia (decorso della rima di frattura): 
  • trasversale (perpendicolare all'asse maggiore dell'osso)
  • obliqua (rispetto all'asse longitudinale dell'osso)
  • spiroide per un meccanismo torcente (ex. il piede rimane attaccato al suolo mentre il corpo gira), a Y o a farfalla quando la rima decorre in 2 direzioni, pluriframmentaria, bifocale con 2 rime di frattura, comminuta, da avulsione o da strappamento: per trazione da parte del muscolo (tendine nel punto in cui questo si inserisce), 
  • a legno verde: è una frattura sottoperiostale si produce per meccanismo indiretto all’interno del periostio che rimane integro, si verifica nei bambini dove il periostio è più spesso ed elastico, guarisce meglio e più rapidamente. 
In rapporto all’integrità del mantello cutaneo sede della lesione traumatica le fratture si distinguono in: 
fratture chiuse 
fratture esposte: il focolaio di frattura è in diretta comunicazione con l’ambiente esterno. 
In base al meccanismo vulnerante: trauma diretto: quando l’osso si frat-tura nella sede di applicazione dell’agente traumatizzante (di lieve entità da corpo contundente, da schiacciamento: l’interessamento delle parti molli comporta la sindrome da schiacciamento, da penetrazione nel caso di un proiettile), o da trauma indiretto: quando l’osso si frattura a distanza dall’applicazione dell’agente traumatizzante (trazione o strappamento, an-golazione o flessione, rotazione o torsione, compressione verticale, com- plesse)
In rapporto all’eventuale spostamento dei frammenti le fratture complete si distinguono in: non scomposte (o senza spostamento): in cui i frammenti di frattura restano a mutuo contatto o compenetranti tra di loro, scom-poste in cui si verifica uno spostamento dei frammenti. 
Lo spostamento dei frammenti può essere: angolare (ad axim): varismo, valgismo, pro-curvamento, retrocurvamento; longitudinale (ad longitudinem): con sovrapposizione (ac-corciamento), allontanamento o diastasi (rischio di ritardo di consolida- mento con formazione di una falsa articolazione o pseudoartrosi, visto che i frammenti si muovono perché non c’è continuità ossea), deter-minano variazione di lunghezza dell’osso; rotatorio (ad peripheriam): con rotazione di un frammento sul suo asse longitudinale, se non corretti si crea una deformità; laterale o trasversale (ad latus): se eccessivo c'è ris- chio di ritardo di consolidazione o pseudoartrosi.
  

       GUARIGIONE DELLE FRATTURE DELLO SCHELETRO

La frattura è una lesione che tende spontaneamente a riparare con formazione di tessuto osseo neoformato, il callo osso, destinato a reintegrare la funzione statica e dinamica del segmento scheletrico leso. 

La guarigione è possibile a condizione che vengano assicurati il contatto reciproco delle superfici di frattura, la immobilità dei frammenti ossei, una adeguata vascolarizzazione dei frammenti.
Osteogenesi o ossificazione = formazione di osso (tutti i costituenti)
Calcificazione = deposizione di cristalli di minerale (Sali di Ca)
Callo osseo = proliferazione di nuovo tessuto che si rimodella
progressivamente.
1. infiammazione 10% del tempo
2. riparazione: differenziazione degli osteoblasti, condroblasti e osteociti, gli osteoblasti secernono matrice osteoide in cui rimangono intrappolati trasformandosi in osteociti (callo fibroso), quindi si verifica la deposizione di Sali di calcio con formazione del callo osseo provvisorio, 40% del tempo 
3. rimodellamento: il callo osseo provvisorio influenzato dalle variazioni del carico e dalla trazione delle masse muscolari si ristruttura con formazione delcallo osseo definitivo, in modo che l’osso diventi meccanicamente valido, 70% del tempo i fenomeni di rimaneggiamento osseo dureranno ancora per mesi o anni al fine di ripristinare al meglio la struttura ossea preesistente alla lesione traumatica.

 




                       

La consolidazione della frattura avviene normalmente entro un determinato periodo di tempo (tempo normale di consolidazione) che dipende da 3 fattori: sede, tipo di frattura, età del paziente.
Il tempo normale di guarigione varia da 15-30 giorni (fratture a legno verde della clavicola dei bambini) a 5-6 mesi (fratture del terzo medio inferiore della tibia negli adulti).
Si può avere un ritardo di consolidamento (in rapporto a sede e tipo di frattura e tipo di individuo).
Se il tempo di consolidamento è maggiore si parla di ritardo di consolidazione, se invece non si ha consolidazione completa invece si ha la pseudoartrosi.
· Variabili del paziente: età, stato di nutrizione, associazione a diverse lesioni, malattie sistemiche e locali: osteoporosi, osteomalacia, diabete, tumori, infezioni, malattie genetiche, (sindrome di Marfan, osteogenesi imperfetta, sindrome di Ernler-Danlos), effetti di ormoni e vitamine: aumento: ormoni dell’accrescimento e tiroidei, calcitonina e insulina, anabolizzanti, vitamina A e D, riduzione: corticosteroidi, diabete, anemia
· Variabili dei tessuti
tipo di osso: corticale o spongiosa, nell’osso corticale c’è maggiore difficoltà a consolidare, quindi
una frattura diafisaria impiega più tempo rispetto alla metafisaria o epifisaria
malattie ossee locali: tumori, cisti, patologie metaboliche
stato di vascolarizzazione e innervazione: nelle forme avvolte da muscoli come il femore che ha un notevole mantello muscolare si ha guarigione più facile rispetto a tibia che ha un ampia superficie non ricoperta da muscoli, la faccia antero-mediale infatti è a contatto con la cute
· Variabili della lesione: gravità del danno, esposizione dei tegumenti (frattura esposta) comporta infezione ed inoltre rallenta di per se la formazione dell’osso
· danno osseo: perdita di osso, comminuzione (una frattura comminuta spesso trova difficoltà a consolidare perché i frammenti più piccoli sono frammenti morti che non partecipano alla formazione del callo osseo ma al contrario la ostacolano e la rallentano) ridotto apporto di sangue, spostamento 
· Fratture intra-articolari: contatto con il liquido sinoviale contente collagenasi (che ostacola la cicatrizzazione), difficoltà di immobilizzazione
· Interposizione di tessuti molli: il callo osseo deve non solo apporre sali di calcio ma anche eliminare le parti molli che non hanno la tendenza ad ossificare quindi ci deve essere una metaplasia di quel tessuto in senso osseo
Variabili della cura: le ossa devono essere ben a contatto tra loro e tenute bloc- cate per un tempo sufficientemente lungo perché l’ossificazione sia completa.
                         Fine
Pubblicato su Blogger oggi 06 ottobre 2012 alle ore 23,45 da: Giuseppe Pinna de Marrubiu

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