L'Osteomielite Dentale e Maxillo Facciale
Articolo informativo di Giuseppe Pinna per S. O. S. - “Osteomielitici d’Italia” - Onlus «Centro Servizi Informativi On-line per Osteomielitici e Pazienti dell’Ospedale CODIVILLA-PUTTI di Cortina d’Ampezzo.
Ecco una Osteomielite con sequestrazione ossea e perforazione della corticale linguale e vestibolare nella porzione mediana della mandibola.
Durante l’intervento di curettage intraosseo è opportuno quindi usare una tecnica delicata per evitare il rischio di lesioni al plesso vascolare anastomotico presente in questa sede.
Per fare diagnosi di malattia parodontale è necessario solo un esame clinico.
Tuttavia le radiografie possono avere un ruolo nel dimostrare i danni che la malattia parodontale ha prodotto sul tessuto osseo e per questo motivo molti parodontologi ancora oggi eseguono lo status radiografico completo delle arcate dentarie, che comporta una dose significativa di radiazioni per il paziente.
Tuttavia le radiografie possono avere un ruolo nel dimostrare i danni che la malattia parodontale ha prodotto sul tessuto osseo e per questo motivo molti parodontologi ancora oggi eseguono lo status radiografico completo delle arcate dentarie, che comporta una dose significativa di radiazioni per il paziente.
Con la radiografia volumetrica 3D CBCT è possibile ottenere delle informazioni più complete e dirette con una dose di radiazione di molto inferiore a quella necessaria per eseguire uno status radiografico bidimensio- nale completo standard.
I denti inclusi rappresentano un problema comune per il dentista che spesso, nel tentativo di capire il posiziona- mento reale dell’elemento incluso, esegue numerose radiografie endorali e/o panoramiche, al fine di pianificare un intervento corretto, sicuro e senza complicazioni; così facendo però somministra al paziente una dose di ra- diazioni che oggi è possibile ridurre grazie alla tecnologia Cone Beam che è particolarmente indicata per ques- to tipo di diagnosi.
Nell’esempio qui riportato una cisti follicolare, la sua estensione e i suoi rapporti con le strutture anatomiche adiacenti.
Particolare visto con la valutazione endoscopica. Notare il rapporto della cisti con il canale alveolare inferiore.
La sinusite è una patologia tanto frequente quanto sottovalutata ed è responsabile della sintomatologia più va- ria che spesso confonde il quadro clinico di un paziente che lamenta dolore nel distretto maxillo facciale.
Naturalmente si possono valutare anche altre patologie come per esempio la deviazione del setto nasale.
In epoca preantibiotica le complicanze delle rinosinusiti rappresentavano un’evenienza non solo co mune, ma estremamente temibile in rapporto alle severe conseguenze che ne potevano derivare.
Attualmente, grazie a tecniche diagnostiche sempre più affidabili (TC, RMN), ad un’ampia gamma di antibiotici a largo spettro e ad interventi chirurgici raffinati, si sono notevolmente ridotte l’inci- denza e soprattutto la mortalità 1.
Possibili esiti a breve e medio termine di forme acute e croniche, le complicanze delle rinosinusiti vengono schematicamente divise in intracraniche ed extracraniche (orbitarie e ossee).
Le complicanze intracraniche includono meningiti, ascessi epidurali, subdurali, intracranici e trom- boflebiti del seno durale 2.
Le sinusiti che più frequentemente possono esitare in complicanze intracraniche sono quelle etmoi- dali e frontali (Fig. 1).
Dal punto di vista fisiopatologico, il percorso tramite il quale un’infezione delle cavità paranasali si propaga alle strutture cerebrali superiori è duplice: la prima è una via retrograda (per contiguità) che, partendo prevalentemente dal seno etmoidale, coinvolge dapprima le vene diploiche del cranio con un processo tromboflebitico e giunge infine al parenchima cerebrale.
La seconda consiste in una propagazione diretta dell’infezione attraverso le pareti ossee (per con- tinuità).
Analizzando più in dettaglio le singole complicanze intracraniche, l’ascesso intracerebrale appare il più frequente, soprattutto a livello del lobo frontale.
Tuttavia il corredo sintomatologico che lo accompagna (papilla da stasi, cefalea, bradicardia e vomito “a bocca di barile”) è riconducibile ad uno stato di ipertensione endocranica, proprio di tutte le volu- minose raccolte ascessuali che si estrinsecano a livello del parenchima cerebrale e di conseguenza non
è patognomonico dell’ascesso del lobo frontale 3.
Per quanto concerne la patogenesi, l’ascesso si sviluppa più o meno lentamente ed è possibile eviden- ziare diversi stadi: inizialmente esordisce come un’area di cerebrizzazione associata a cefalea; succes-sivamente subentra una fase del tutto asintomatica, quiescente, durante la quale si può cogliere un parziale miglioramento dello stato generale del paziente, che tuttavia corrisponde ad una continua cre scita della raccolta purulenta.
Infine, quando l’ascesso comincia ad espandersi, si può presentare un’improvvisa recrudescenza della cefalea, che spesso evolve in uno stato letargico. L’eventuale rottura dell’ascesso è fatale ed in- evitabilmente conduce all’exitus 2.
Altre importanti complicanze intracraniche, meno frequenti dell’ascesso intracerebrale, sono rappre- sentate da leptomeningite purulenta, ascesso epidurale ed ascesso subdurale.
La leptomeningite purulenta è causata più spesso da sinusiti etmoidali e sfenoidali, in virtù degli stret- ti rapporti anatomo-topografici con le meningi.
A volte può essere preceduta da un ascesso epidurale o subdurale con rottura delle pareti e diffusio- ne di materiale purulento negli spazi aracnoidei, che comporta l’insorgenza della leptomeningite 2.
Un’ulteriore via di diffusione si può realizzare attraverso piccoli rami venosi, che dal seno sfenoidale drenano nel seno durale con propagazione dell’infezione alla dura madre prima e alla leptomeninge poi.
L’ascesso epidurale, provocato prevalentemente da una sinusite frontale, insorge per diffusione retro grada dell’infezione batterica a partire dalle vene diploiche del cranio fino allo spazio epidurale.
L’ascesso subdurale è solitamente secondario ad una sinusite frontale e etmoidale.
Tuttavia la leptomeningite purulenta come l’ascesso epidurale e subdurale non rappresentano quadri patologici autonomi: al contrario dal punto di vista evolutivo l’uno può precedere o seguire l’altro e quindi costituire un’entità unica nella quale è possibile riconoscere momenti diversi 2.
Il quadro clinico comune è caratterizzato da febbre elevata, cefalea frontale e retrorbitale e alterazione dello stato mentale, variamente associati a sintomi propri della sinusite, quali rinorrea purulenta e os- truzione nasale.
Per quanto riguarda le complicanze ossee, queste interessano prevalentemente il seno frontale e la più importante è senza dubbio l’osteomielite 4 (Figg. 3, 5).
La diffusione dell’infezione si realizza per continuità (osteomielite migrante) anche se spesso, per interessamento delle vene diploiche, è possibile reperire manifestazioni osteomielitiche a distanza dal focolaio primitivo (osteomielite saltellante).
Questa patologia interessa prevalentemente la parete anteriore del seno frontale in quanto costituita da tessuto osseo spugnoso riccamente vascolarizzato.
L’infezione, se non prontamente trattata, può dar luogo ad una raccolta ascessuale a livello sotto- periosteo, in quanto il periostio, fatta eccezione per la zona che corrisponde alle cellule dell’etmoide posteriore, è poco aderente all’osso sottostante e quindi facilmente scollabile.
Febbre elevata, cefalea gravativa ed edema delle parti molli, in particolare della palpebra superiore, rap presentano i principali sintomi di tale processo patologico.
Le complicanze oculo-orbitarie sono appannaggio quasi esclusivo delle sinusiti etmoidali e frontali, mentre una sinusite sfenoidale raramente può essere la causa di un’infezione orbitaria.
Infatti il seno etmoidale è separato dalla cavità orbitaria da una sottile lamina ossea, la lamina papi- racea, che presenta deiscenze congenite attraverso le quali l’infezione può agevolmente propagarsi all’orbita: la fragilità della lamina permette dunque la diffusione dell’infezione per continuità 5.
Il seno frontale è invece a stretto contatto con l’orbita in quanto ne costituisce la volta, formata da un osso molto più spesso: pertanto l’infezione può più facilmente raggiungere la cavità orbitaria at- traverso la ricca rete venosa, che, sprovvista di apparato valvolare, consente il reflusso di sangue dal seno frontale nell’orbita mediando la propagazione per contiguità 6.
Secondo Chandler 7 le complicanze orbitarie si classificano in cellulite orbitaria e/o periorbitaria, as- cesso subperiosteo, flemmone e ascesso orbitario (Fig. 2)
e trombosi del seno cavernoso.
La cellulite periorbitaria 5 fra tutte è la complicanza più frequente e dal punto di vista clinico si pre- senta con dolore orbitario, edema palpebrale e febbre elevata (Fig. 4).
L’ascesso subperiosteo 6 deriva, come le altre complicanze orbitarie, dal passaggio dell’infezio- ne sinusale attraverso deiescenze anatomiche a carico delle sottili ossa che compongono l’orbi- ta. Dal punto di vista clinico il paziente presenta edema, eritema, chemosi e proptosi palpebrale, tutte condizioni che limitano la motilità oculare con un meccanismo di compressione; il quadro può essere accompagnato da perdita dell’acuità visiva.
Di solito la localizzazione più frequente dell’ascesso periosteo si realizza a livello supero o infero- mediale.
L’ascesso orbitario 6, quale conseguenza di rinosinusite, è meno frequente di quello subperiosteo ed è di sovente secondario ad un danno orbitario propriamente detto o a chirurgia oculare ovve- ro ad un embolo settico nell’ambito di un processo metastatico.
I rari casi in cui rappresenta una complicanza rinosinusitica vengono quindi associati ad un ritar- do diagnostico o terapeutico della patologia primaria o ad uno stato di immunodeficienza.
Clinicamente si possono osservare marcata proptosi e chemosi palpebrale, oftalmoplegia e dan- no visivo.
La tromboflebite del seno cavernoso 8 è evenienza rara e drammatica; consegue alla propaga- zione di un’infezione rinosinusitica generalmente etmoidale o sfenoidale.
La vena oftalmica superiore, che affluisce nel seno cavernoso, è la principale via di diffusione del- l'infezione: infatti una sua tromboflebite costituisce il primo stadio della trombosi del seno caver noso.
La sintomatologia, legata all’interessamento delle importanti formazioni anatomiche in rapporto con il seno stesso, è rappresentata da ptosi palpebrale, esoftalmo, nevralgia del nervo oftalmi- co, cefalea retroculare, papilla da stasi, oftalmoplegia completa per interessamento dei nervi cra nici (III, IV, VI), riduzione del visus e segni di irritazione meningea.
Tale patologia, a causa delle gravissime complicanze meningoencefaliche, evolve molto rapida- mente fino all’exitus.
Dal punto di vista microbiologico, i microrganismi patogeni più frequentemente responsabili sono rappresentati da molte specie di streptococchi e stafilococchi e soprattutto da batteri anae- robi, spesso produttori di ß lattamasi 2.
La diagnosi di complicanze intracraniche ed extracraniche a seguito di sinusiti acute e croniche 3 si avvale sia di semplici esami di laboratorio, sia di tecniche radiologiche, quali Rx, TC e RMN.
Tra gli esami di laboratorio particolare rilevanza assume la conta dei globuli bianchi, la cui persis- tente elevazione in presenza di sinusite non responsiva al trattamento antibiotico, pur non es- sendo specifica, può essere indicativa di complicanza in corso.
Inoltre nel sospetto di meningite è opportuno eseguire una puntura lombare con prelievo del liquido cefalorachidiano; nel caso di ascessi intracerebrali multipli tale metodica non è indicata.
L’evenienza di una complicanza deve essere sempre confermata dalla diagnostica per immagini.
La TC offre una più accurata definizione delle strutture ossee, fornendo immagini dettagliate an- che della cavità e dell’interfaccia osso-tessuti molli; una più elevata qualità dell’esame si può otte nere mediante la somministrazione di mezzo di contrasto iodato per via endovenosa.
La RMN presenta una risoluzione migliore per i tessuti molli, pertanto il razionale del suo impiego è rappresentato dalle patologie oculo-orbitarie e dalla valutazione del seno cavernoso; non ri- chiede l’utilizzo del mezzo di contrasto.
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- Bernholz L, Kessler A, Shlokovitz N, Sarfati S, Segal S. Superior ophtalmic vein thrombosis. Arch Otolaryngol Head Neck Surg 1998;124:95-7.
Fine
Pubblicato su Blogger oggi 22 Agosto 2012 alle ore 15,11 da: Giuseppe Pinna de Marrubiu
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