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lunedì 20 agosto 2012

(Scheda 72) L'osteomielite cronica d ell'Adulto. Stadiazione e trattamento.

L'osteomielite cronica dell'Adulto. 

Stadiazione e trattamento.

Articolo informativo di Giuseppe Pinna per S. O. S. - “Osteomielitici d’Italia” - Onlus  «Centro Servizi Informativi On-line per Osteomielitici e Pazienti dell’Ospedale CODIVILLA-PUTTI di Cortina d’Ampezzo.
1. Lettura tenuta al decimo congresso della Società di Ortopedia Libica ed alla congiunta terza riunione SAFO in Tripoli dall’11 al 13 dicembre 2002.
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2. In Italia si calcola che approssimativamente ogni anno vi siano 2.000 nuovi casi di infezione cronica ossea, vale a dire 2.000 osteomieliti croniche
Il problema attualmente è poco considerato, poiché le infezioni ortopediche sono complesse da trattare ed i pazienti con osteomielite rappresentano una categoria poco remunerativa per la logica di mercato, come per le industrie che producono materiale sanitario tipo protesi d’anca o di ginocchio. Eppure i pazienti con osteomielite cronica sono prevalentemente giovani e, nell’economia sociale, sicuramente rappresentano un problema più significativo rispetto a quello di una persona anziana con problemi artrosici.
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3. Il trattamento dell’osteomielite cronica è attualmente costituito 
- stimolazione antibatterica attiva (ITSB),

- trattamento chirurgico,

- antibioticoterapia.
La stimolazione antibatterica attiva è un problema aperto. 
Non vi sono ricerche scientifiche che dimostrano l’efficacia o la via di azione della immunoterapia. 
Esiste però l’esperienza, documentata con pubblicazioni, di colleghi che dal 1960 verificano gli effetti della stimolazione immunitaria attiva sull’osteomielite cronica.
Il trattamento chirurgico è il punto fondamentale della cura dell’osteomielite
L’obiettivo è la rimozione della infezione ed il ripristino funzionale del segmento osseo in trattamento.
L’antibioticoterapia è necessaria solo come profilassi nel peri e post operatorio. 
Fino ad ora nessuna terapia antibiotica si è rivelata efficace su una osteomielite cronica.
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4. La classificazione di Cierny Mader rappresenta un sistema ben comprensibile di stadiazione del pa- ziente adulto con osteomielite cronica
La stadiazione porta alla indicazione chirurgica ed alla prognosi. 
Sono definiti due criteri di analisi: 
analisi anatomo-patologica della lesione osteomielitica e analisi clinica generale del paziente. 
L’analisi anatomopatologica distinge 4 stadi e la clinica 3 gruppi di pazienti.
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5. La situazione anatomopatologica, stadio I-II-III-IV, insieme alla situazioine clinica generale del pa- ziente, gruppo A-B(L-S) -C, costituiscono la Stadiazione Clinica del paziente.
Stadio + Gruppo : stadiazione clinica. Esempio: paziente di gruppo IV BS: lesione ossea diffusa in paziente sistematicamente compromesso.

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Stadio I 


6. Classificazione anatomopatologica: Stadio 1, infezione midollare ovvero monocompartimentale.
Esempio: complicazione settica in esiti di sintesi con chiodo endomidollare.

Stadio II 


7. Classificazione anatomopatologica: Stadio 2.
Osteite corticale parziale, senza interessamento dello spazio midollare.
Esempio: osteite tibiale in esito di Vollkmann
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Stadio III

8. Classificazione anatomopatologica: Stadio 3. Infezione della corticale e dello spazio midollare, con presenza di fistole e di sequestri.
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Stadio IV

9. Classificazione anatomopatologica: Stadio 4.
Infezione diffusa midollare e corticale con sequestri multipli sul perimetro osseo e fistole.
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Gruppo A

10. Paziente di gruppo A. I pazienti di questo gruppo sono affetti da una infezione cronica ossea, ma sono indenni da patologie sistemiche o da grave compromissione locale. Il soggetto della foto non presenta osteomielite ma, nelle sue caratteristiche iconografiche, esprime bene il concetto prima esposto.
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Gruppo Bs

11. Il gruppo B si distingue in BS che significa compromissione sistemica e BL, che significa compromis- sione locale. Paziente di gruppo BS. Il paziente ha una compromissione sistemica che riduce la percentuale di guarigione. I fattori di compromissione sistemica sono: alcoolismo, tabagismo, ipossia cronica, insuffi- cienza epatica/renale, immunodepressione, cachessia, diabete, malnutrizione, terapia steroidea, senilità.
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Gruppo Bl

 12. Paziente di gruppo BL. Il paziente è in buone condizioni generali, ma ha una situazione locale partico- larmente grave. I fattori che distinguono la gravità locale sono: danno vascolare importante, limfedema cronico, escare estese, fibrosi da radioterapia, stasi venosa, arterite.  
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Gruppo C

13. Paziente di gruppo C. Il paziente è in una situazione generale compromessa, in relazione alla anzianità. La gravità della osteomielite è valutata relativamente alle condizioni generali. Il paziente di gruppo C può non essere di per sé un candidato a trattamento chirurgico. Oppure presenta disturbi modesti che non giusti- ficano un trattamento chirugico impegnativo. Oppure si presenta più a rischio nel trattamento chirugico che in quello conservativo.      
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I A

14. Osteomielite cronica midollareIl trattamento consiste nello svuotamento e nella pulizia chirurgica della cavità. E’ importante non lasciare spazi morti. Conclusa la pulizia chirurgica, la cavità dovrà essere riempita preferibilmente con un innesto di tessuto muscolare (v. successive slide).
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I A-B

15. Esiti di frattura esposta di femore in trattamento con fissatore esterno ad evoluzione verso una viziosa consolidazione. In casi come questo, si deve sostituire il mezzo di fissazione. La sintesi endomidollare è una indicazione corretta per pazienti di gruppo A e B. Il rischio della complicazione settica è accettabile e, per esperienza, si sa che non compromette la guarigione.

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I A-B

16. Nel caso documentato qui, la riduzione è stata ottenuta con la calloclasia e la stabilizzazione con chiodo endomidollare. Nel post-operatorio è comparsa una infezione profonda midollare che è stata contenuta con terapia antibiotica solo per scongiurare complicazioni sistemiche.
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17. A consolidazione avvenuta, la sintesi endomidollare è stata rimossa ed è stato eseguito un alesaggio per pulire il canale femorale. Un sistema di lavaggio locale con liquidi antisettici è stato mantenuto per 5 gg dopo l’intervento.
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                                                                                          II A
18. Osteite corticale: interessamento parziale della corticale. Non vi è danno dei tessuti molli circostanti, condizioni generali nella norma. Paziente di gruppo A, stadio II. Il trattamento consiste nella sequestre- ctomia, pulizia locale e chiusura dei tessuti molli. Importante non lasciare spazi “morti” che sono una situa- zione favorente la recidiva di infezione profonda.
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                                                        II Bl
19. Situazione ossea analoga al caso precedente: osteite corticale parziale. In questo caso la condizione cuta- nea locale è pesantemente compromessa. Paziente di stadio II, gruppo BL.
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20. Il trattamento chirurgico dovrà asportare l’osso infetto e i tessuti cutanei sovrastanti compromessi. Il chirurgo ortopedico deve essere affiancato dal chirurgo plastico. L’area bonificata verrà ricoperta da un in- nesto muscolare vascolarizzato e da un innesto cutaneo successivo.
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                                                          III A
21. Stadio III, paziente in condizioni locali e generali non compromesse: gruppo A.
La fistolografia, quando c’è una lesione fistoliforme, è ancora un utile e semplice esame per evidenziare l’estensione del focolaio settico.
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22. Il blu di metilene iniettato con un ago bottonuto attraverso la fistola nell’area osteomielitica, è utile per marcare i tessuti necrotici. Il focolaio settico deve essere aggredito direttamente, il canale femorale aperto e i sequestri asportati completamente.
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23.                                             slide
24. La gestione dello spazio “morto” residuo all’intervento può prevedere l’uso di un lavaggio locale continuo per caduta con liquidi antisettici per 4/5 giorni oppure l’obliterazione dello spazio con un trapianto muscola-
re. In questo caso la possibilità del trapianto dipende dalla sede della pulizia chirurgica.
                                                    III Bl
25. Osteomielite di stadio III, con danno cutaneo e dei restanti tessuti molli esteso a tutta la gamba. Condizioni generali nella norma: paziente di gruppo BL.
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26. In questi pazienti si dovrà procedere alla asportazione dell’osso infetto e dei tessuti molli compromessi.
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27. Un innesto muscolare vascolarizzato dovrà riempire e coprire il “vuoto” lasciato dalla pulizia chirurgica.
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                                                          IV A
28.  La pseudoartrosi di omero, diafisaria (A), viene trattata con resezione dell’osso infetto secondo piani paralleli e comprimibili. La stabilizzazione è ottenuta in compressione con fissatore esterno rigido monoas- siale. Nei controlli a distanza di 30 gg è bene pianificare il rinnovo della compressione fra i due frammenti se, all’esame radiologico, compare una linea di riassorbimento osseo.
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                                                        IV Bl
29. Nelle pseudoartrosi a localizzazione metadifisaria distale o con scaduto trofismo osseo (BL), si utilizza un fissatore esterno circolare. Ugualmente si procede alla resezione ossea ed alla stabilizzazione in compres- sione.
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30. Alla rimozione dei mezzi di sintesi fa seguito la resezione ossea e la stabilizzazione in compressione omerale. La sintesi con un fissatore circolare è preferibile quando la sede della pseudoartrosi non consente l’uso di viti percuatanee o quando il trofismo osseo offre una scadente presa.
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                                                       IV A-B
31. Pseudoartrosi infetta di ulna.
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32. Rimozione dei mezzi di sintesi e resezione ossea. In questo caso il “gap” osseo è stato colmato provvi- soriamente con cemento acrilico mescolato a polvere di antibiotico e blu di metilene. Il blu di metilene ha esclusivamente il significato di rendere più evidente il cemento al momento della sua asportazione. L’uso del distanziatore di cemento non è strettamente necessario quando la pseudoartrosi è radiale o ulnare.
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33. Secondo tempo. Sintesi con placca e viti, innesto osseo intercalare massivo e stecca in contrapposizione.
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34. Foto 1 e 2. Pseudoartrosi infetta di radio e di ulna. Foto 3 e 4.
Il primo tempo è consistito nella rimozione di entrambi i mezzi di sintesi e nella pulizia chirurgica del radio e dell’ulna. Nel radio è stato inserito un distanziatore di cemento con antibiotici. Nel controllo radiografico a distanza di 30 gg. il segmento radiale distale appare lussato rispetto al cemento.
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35. Foto 1 e 2. La sintesi del radio è ottenuta con placca metallica, innesto intercalare e stecca omoplasica contrapposta. Foto 3 e 4. La sintesi dell’ulna è ottenuta in modo analogo, con l’aggiunta di innesto osseo orcellizzato a scopo osteoinducente, impregnato di polvere di antibiotico a scopo profilattico.
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36. Controllo radiografico postoperatorio.
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                                                   IV A
37. Pseudoartrosi infetta di femore in paziente di gruppo A.
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38. Asportazione dei mezzi di sintesi. Resezione del tessuto osseo necrotico e infetto. Da notare la mancanza di sanguinamento superficiale del segmento osseo resecato. La stabilizzazione viene ottenuta con un fissa- tore esterno circolare. Nello stesso tempo chirurgico viene eseguita la corticotomia sottotrocanterica secondo Ilizarov.
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39. Consolidazione con soluzione della pseudoartrosi infetta e recupero della lunghezza originale del femore. Nei pazienti di gruppo A è doveroso ripristinare la situazione di origine del femore, la percentuale di successo è molto alta.
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                                                        IV Bl
40. Paziente di gruppo B per la grave situazione locale (L). Le condizioni generali sono scadute ma non compromesse. Vi è l’indicazione per un tentativo di salvataggio dell’arto.
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41. Resezione dell’osso necrotico infetto. Corticotomia metafisaria dalla parte ossea residua più lunga. Distrazione secondo Ilizarov verso il ”docking point”.
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 42. Le condizioni locali al “docking point” non potevano, per la grave atrofia, dare luogo alla consolida- zione. La stabilizzazione è stata affidata ad un chiodo endomidollare con sistema distale di bloccaggio modificato, un innesto massivo metafisario laterale di femore per compensare la perdita di sostanza ossea e innesto morcellizzato impregnato di polvere di antibiotico nello spazio interno ai condili. L’arto è stato mantenuto in scarico con tutore rigido per 4 mesi, fino alla consolidazione clinica.     
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43. Pseudoartrosi infetta in paziente anziano, BS. L’anzianità biologica dell’osso si evidenzia dopo i 55 anni, specialmente se il paziente è un fumatore o presenta una patologia d’organo. 
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44. In questi casi è bene essere realisti ed accontentarsi di risolvere le patologie più importanti, ovvero l’infezione e la pseudoartrosi. La resezione è stata fatta a minima, la stabilizzazione in compressione ottenu-ta con un fissatore esterno circolare. Non è stata pianificato un ripristino della lunghezza originale del femore. E’ stata ottenuta la consolidazione in accorciamento e con residui scarsi fatti settici locali, ma il paziente può camminare senza dolore, insufficienze gravi e tutori. 
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                                                    IV A 
45. Non frequente pseudoartrosi infetta ipertrofica di tibia in giovane paziente (VI A).
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46. In questo caso il trattamento si limita al ripristino dell’asse anatomico ed alla stabilizzazione in compres sione della pseudoartrosi. Un eventuale residuo settico verrà trattato in seguito con una pulizia chirurgica dopo immunostimolazione antibatterica attiva.
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                                                          IV Bl
47. Grave perdita di sostanza ossea tibiale con estesa compromissione delle parti molli circostanti in giovane paziente (IV BL). Il trattamento sarà rivolto verso un recupero completo dell’arto: risoluzione dell’infezione, recupero della quantità di osso perso, ripristino della copertura cutanea e recupero dell’unità funzionale della tibia.
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48. Il sistema di sintesi viene rimosso, i capi dei due segmenti ossei tibiali sono resecati su osso vivo e secondo piani fra loro comprimibili. La tibia viene stabilizzata con fissatore esterno circolare e, nello stesso tempo chirurgico, viene eseguita corticotomia metafisaria dalla parte tibiale residua più lunga. Riguardo i tessuti molli, ci si limita ad una recentazione delle parti necrotiche e ad una sutura parziale senza alcuna tensione.
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49. Nei pazienti di gruppo A o BL è lecito attendere una rigogliosa proliferazione di tessuto di granulazione ottimamente vascolarizzata, che colma la perdita di sostanza dei tessuti molli e ricopre il segmento osseo in distrazione verso il “docking point”.
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50. Durante la distrazione vi può essere una esposizione ossea. Non rappresenta un problema, poiché l’espo- sizione è sempre parziale e risolvibile al momento del contatto con una contenuta resezione ossea.
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51. Consolidazione ossea e recupero del piano cutaneo senza ricorso a chirurgie plastiche supplementari.
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52. Risultato clinico e radiografico.
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                                                     IV Bs
53. Grave perdita di sostanza ossea tibiale infetta in paziente anziano (BS).
Se non vi sono situazioni che impongono l’amputazione, si può programmare il recupero dell’osso perso. Si deve tenere presente la possibilità di una scarsa risposta biologica per la condizione generale del paziente.
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54. Recentazione ossea e pulizia chirurgica a minima dei tessuti molli. La lesione delle parti molli viene lasciata aperta. Medicazioni con garze grasse e, in seguito, con garze jodoformiche.
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55. Durante la fase di distrazione secondo Ilizarov, il tessuto di granulazione colma la lesione delle parti molli e ricopre il segmento osseo in movimento. La fase conclusiva vede l’epitelizzazione spontanea locale.
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56. A conclusione della fase di distrazione, per poter affrancare l’arto dal fissatore esterno e mantenere protetto il “rigenerato” fino alla sua completa maturazione, si può programmare un intervento di perone pro tibia. Questa scelta è considerabile nei pazienti BS, per i quali vi può essere una ridotta risposta biologica per le condizioni generali e difficoltà di “convivenza” prolungata con il fissatore esterno.
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 57. La cura dell’osteomielite cronica dell’adulto deve partire dalla valutazione globale del paziente. Il programma terapeutico differisce secondo lo stadio (situazione anatomo-patologica) e il gruppo (condizioni generali) a cui il paziente appartiene. Il trattamento chirurgico deve essere affiancato da terapie di ausilio come la OTI e la ITSB. Lo specialista infettivologo ed il chirurgo plastico devono essere riferimenti sempre presenti.                Si ringrazia il Dott. Giovanni Gualdrini                                              
                                        Fine
Pubblicato su Blogger oggi 20 Agosto 2012 alle ore 19,19 da: Giuseppe Pinna de Marrubiu


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