Parliamo della SPONDILODISCITE LOMBARE TUBERCOLARE:
TRATTAMENTO OMOTOSSICOLOGICO EFFICACE SU UNA PATOLOGIA DI DIFFICILE APPROCCIO TERAPEUTICO
Articolo informativo di Giuseppe Pinna e Giovanni Di Natale per S.
O. S. - “Osteomielitici d’Italia” - Onlus «Centro Servizi Informativi On-line per Osteomielitici e Pazienti dell’Ospedale CODIVILLA-PUTTI di Cortina
d’Ampezzo».
Fig.1. Esito di spondilodiscite (freccia)
Introduzione
Le spondilodisciti sono patologie in aumento sia in forma spontanea che post-chirurgica.
Tra le forme spontanee le cause più frequenti sono quelle purulente da germi gram positivi come Staphy- lococcus aureus e streptococchi.
In passato anche le infezioni tubercolari presentavano frequentemente una localizzazione vertebrale.
Tale evenienza è subdola e difficile da diagnosticare perché oramai rara e pertanto il ritardo di diagnosi è fre-quente.
Inoltre tale patologia richiede una terapia prolungata polifarmacologica di molti mesi per poter ottenere la gua rigione.
Il caso che segue, viene descritto una spondilodiscite specifica tubercolare che dopo vari tentativi e ap-procci terapeutici tradizionali, è stato trattato con uso di associazione di farmaci chemioterapici e farmaci omotossicologici con risultati quasi inaspettati sia per il paziente che per il medico stesso.
Patogenesi e Clinica
La spondilodiscite tubercolare, detta anche osteomielite vertebrale o morbo di Pott, dal nome dello studioso che per primo ne diede un'esauriente descrizione, è un processo infettivo che colpisce le vertebre ed i dischi intervertebrali, a seguito della localizzazione del bacillo di Koch (Mycobacterium tuberculosis) nella colonna vertebrale.
Generalmente la propagazione avviene per via ematogena da un focolaio primario di infezione pleuropolmo- nare o linfoghiandolare.
La malattia predilige l'infanzia e l'età giovanile.
La colonna può essere colpita in tutti i suoi segmenti, ma la localizzazione più frequente sembra essere quella dorso-lombare, con interessamento generalmente di due vertebre contigue.
Nella fase iniziale, il quadro clinico è caratterizzato dalla comparsa di dolore, rigidità e contrattura muscolare nel tratto del rachide interessato, con concomitanti presenze di altri sintomi generali come, astenia, anoressia, calo ponderale e febbricola serotina.
L’infezione può estendersi a tessuti vicini sia infiltrando le strutture poste anteriormente alla colonna (tipica- mente il muscolo psoas) e conseguente diffusione verso il basso fino al triangolo di Scarpa, sia poste-riormente comprimendo il midollo o le radici dei nervi spinali.
A carico dei corpi vertebrali colpiti produce uno schiacciamento a cuneo che può determinare una cifosi o “gibbo”.
Si possono avere anche delle formazioni di cosiddetti “ascessi freddi ossifluenti” che si possono estrinsecare sul piano clinico anche a notevole distanza dalla lesione vertebrale principale (triangolo di Petit o dello Scarpa a seguito di localizzazione lombare).
Infine il crollo vertebrale può determinare una compressione midollare con conseguente comparsa di sintomi neurologici di vario tipo in rapporto al livello di lesione.
Diagnosi e terapia convenzionale
Elemento importante per la diagnosi sono un'attenta e scrupolosa anamnesi del paziente, come pregressi epi-sodi tubercolari, ma spesso è utile l'esame bioptico.
Gli esami di laboratorio possono evidenziare una marcata elevazione della VES, della PCR, delle alfa2-glo- buline.
L'attenta osservazione della modificazione di questi parametri costituisce un'importante indice per il monito- raggio dell'attività di malattia una volta instaurata la terapia specifica.
Da un punto di vista radiologico, le fasi iniziali della malattia, sono caratterizzate da osteoporosi dei corpi vertebrali lesi; in un secondo momento si evidenziano le erosioni e il restringimento dello spazio discale e in fine il crollo vertebrale.
Dal punto di vista radiologico l’esame più sensibile è la RMN nucleare con mezzo di contrasto parama-gnetico che permette di evidenziare l’aumento di infiammazione dell’osso e del disco, visto come aumentato contenuto idrico e pertanto ipointenso nelle immagini T1 pesate e iperintenso nelle immagini T2 pesate.
La somministrazione del mdc permette poi di evidenziare la captazione nella sede dell’infezione.
La medicina nucleare permette inoltre di affinare la diagnostica delle spondilodisciti e rappresenta uno stru- mento per il monitoraggio della terapia fino alla guarigione: la scintigrafia con globuli bianchi autologhi marcati evidenzia un deficit di captazione nei casi di infezione vertebrale, dovuto alla peculiare vascolarizzazione delle vertebre.
La scintigrafia con biotina, sostanza utilizzata nel metabolismo batterico, rappresenta un esame specifico per le infezioni vertebrali: essa permette di vedere un’immagine di plus nelle infezioni vertebrali.
L’intensità della captazione dipende dalla velocità del metabolismo del batterio responsabile dell’infezione.
Le forme tubercolari pertanto risultano positive ma con captazione piuttosto debole: in questi casi la diagnosi è pertanto indirizzata.
La terapia medica si basa sull'impiego di combinazioni di agenti chemioterapici: isoniazide, rifampicina, etam-butolo e pirazinamide, che vanno assunti per lunghi periodi, almeno 6 mesi nelle forme polmonari, anche fino a 12 mesi nelle forme di tubercolosi ossea.
La terapia chirurgica può trovare indicazione, in casi selezionati, nel trattamento delle complicanze, quali, svuotamento di ascessi freddi, correzione del gibbo, decompressione midollare.
Caso Clinico
Il Sig. B. G., 66 anni, pensionato, residente all'Isola d'Elba, dove svolge attività di piccolo artigiano muratore e insieme alla moglie di albergatore stagionale.
Coniugato, 3 figli (1F + 2M), all’anamnesi fisiologica risulta che il Sig. B. G. ha svolto l'attività di autotraspor tatore fino all’età di 52 anni, ha sempre vissuto in campagna e zone rurali e da sempre si è dedicato all'agri-coltura e all'allevamento di animali domestici.
Il padre è stato in sanatorio per tubercolosi.
All’anamnesi patologica remota ricorda le comuni malattie infantili.
Il paziente ha iniziato a soffrire di lombalgia nel 2003.
A giugno 2004 il paziente è stato valutato da un neurochirurgo che ha fatto effettuare RMN lombare che ha posto il dubbio di spondilodiscite L5-S1.
Il paziente è stato poi valutato dallo specialista infettivologo che ha rilevato gli indici di flogosi biochimica notevolmente elevati e la intradermoreazione di Mantoux con reazione intensamente positiva.
Il 9/7/2004 è stata effettuata una biopsia vertebrale che ha mostrato flogosi cronica aspecifica, esame col- turale per germi comuni e miceti negativo.
Empiricamente è stata intrapresa una terapia con amoxicillina-clavulanato e doxiciclina senza beneficio.
Nel frattempo è stata eseguita scintigrafia con biotina risultata positiva per spondilodiscite a livello L5-S1.
In data 30/8/2007 è risultato positivo l’esame colturale per M. tuberculosis con resistenza all’isoniazide.
E‘ stata pertanto intrapresa una terapia con rifampicina, etambutolo, ciprofloxacina ed amikacina.
Quest’ultimo farmaco è stato assunto per trenta giorni.
Dopo due mesi di terapia è comparso rash allergico, che ha reso necessario la sospensione della terapia an-titubercolare.
La reazione allergica è stata trattata con terapia steroidea per 10 giorni associata ad antistaminico.
In seguito è stata ripresa la terapia con etambutolo, pirazinamide ed amikacina, quest’ultima per 30 gg.
Durante la terapia a due farmaci il paziente ha riferito un peggioramento dei dolori lombari ed alla risonanza di controllo si è vista la comparsa di ascesso dello psoas che è stato aspirato sotto guida TC (12/6/2005).
Sono stati aspirati 30 cc di pus giallo che è risultato negativo allo studio microscopico secondo Zhiel-Nee- lsen e positivo all’amplificazione genica per M. tuberculosis.
La coltura dopo 40 gg è risultata negativa per M. tuberculosis e per germi comuni.
Da giugno 2005 il paziente ha ripreso terapia a 4 farmaci per 1 mese e poi a 3 farmaci: etambutolo, pirazina-mide e levofloxacina.
Diagnosi e Terapia Omotossicologica
Il paziente arriva in osservazione nell'agosto 2005.
Dopo la formulazione della diagnosi attraverso esame clinico comprensivo di osservazione, anamnesi, ispezio ne, palpazione, esame funzionale, esame neurologico, diagnosi differenziale e con l’ausilio dell’EAV Gold, ef- ficace sistema diagnostico-terapeutico, in grado di fornire informazioni sullo stato di salute o di malattia, che codificate offrono un valido aiuto nella pratica terapeutica.
Nella stessa seduta, veniva registrata, al test di provocazione, una positività a microstimoli di Tuberculinum Avis (serie KUF) Staufen Pharma® .
Secondo la nuova Tavola dell’Omotossicosi o Tavola delle Sei Fasi, la spondilodiscite tubercolare può es sere inquadrata nella fase di Impregnazione e/o Degenerazione.
Al paziente veniva proposta una prima terapia omotossicologica da associare alla terapia antitubercolare che già stava facendo.
Nella prima parte della terapia, della durata di 4 settimane, sono stati prescritti i seguenti rimedi:
Tuberculinum Avis (serie KUF) Staufen Pharma® , è stato testato col l'EAV, sul punto 1b del meridiano della Degenerazione Articolare (DA), punto di controllo di tutte le articolazioni, incluse le vertebre; sul punto ........ del Meridiano del Grosso Intestino (GI), punto di controllo del meridiano stesso che è in stretta rela-zione con L4 e L5 e rispettivi segmenti midollari; sul punto 8d del Vaso della Circolazione (Ci); e sul punto 11 del Meridiano della Vescica (V), punto di sommazione della colonna vertebrale, posto allo spigolo infe-riore del processo trasverso della prima vertebra toracica, lateralmente alla linea mediana.
Risultati e Conclusioni
Dopo poco più di 5 mesi di terapia, il dolore alla colonna è diminuito, l’umore, l’ansia e lo stato depressivo sono sensibilmente migliorati.
Gradualmente il paziente può affrontare lunghe passeggiate e si risolve del tutto il suo stato di depressione ed insicurezza.
Il paziente ha continuato terapia antitubercolare fino a marzo 2006 quando dopo 19 mesi totali di terapia è stato considerato guarito in base alla normalizzazione degli indici di flogosi, miglioramento della RMN.
Il protocollo omotossicologico si è dimostrato efficace su una patologia di difficile approccio terapeutico.
Le terapie convenzionali producono risultati contrastanti, non prive di effetti collaterali, rischi e quasi mai riso- lutive.
I risultati di questo caso, dimostrano che i principi guida della Medicina Omotossicologica non solo teorica- mente perseguono obiettivi auspicabili, ma sono anche concretamente realizzabili.
↑ Articolo informativo di Giuseppe Pinna e Giovanni Di Natale per S. O. S. - “Osteomielitici d’Italia” - Onlus «Centro Servizi Informativi On-line per Osteomielitici e Pazienti dell’Ospedale CODIVILLA-PUTTI di Cortina d’Ampezzo».
La Spondilodiscite
Dott. Giovanni Turchetti
Dott. Giovanni Turchetti
Che cos'è?
La spondilodiscite è l'infezione della colonna vertebrale interessante il disco e le vertebre adiacenti.
Attualmente le infezioni della colonna vertebrale sono relativamente rare (incidenza = 1 caso per 100, 000-250,000 all'anno) e ammontano al 2-4% di tutti le osteomieliti (infezioni delle ossa).
Le spondiloidisciti si suddividono in specifiche e aspecifiche: le spondilodisciti specifiche sono causate dai microrganismi della tubercolosi, mentre le formeaspecifiche sono causate da batteri comuni, da miceti o da parassiti.
Dalla metà degli anni '70, dato il calo della tubercolosi, nei paesi industrializzati le forme aspecifiche sono di- venute le più frequenti.
D'altra parte le forme tubercolari non sono scomparse a causa dell'aumento dei flussi migratori dai paesi ad alta endemia e dell'associazione con l'infezione da HIV.
Attualmente, il microrganismo più frequentemente responsabile di spondilodiscite è lo Staphilococcus Aureus (incidenza che varia dal 40% al 90).
Fig.1. Esito di spondilodiscite (freccia)
Tutte quelle malattie che causano una immunodepressione sono fattori di rischio per lo sviluppo di una spon- dilodiscite (diabete mellito, etilismo cronico, tossicodipendenza, AIDS, malnutrizione, terapia corti-costeroidea cronica, età avanzata).
I germi responsabili possono infettare la colonna per contaminazione diretta (ad es. in esiti di inter- venti chirurgici sulla colonna vertebrale), attraverso il sangue (ovvero via ematogena - maggior parte dei casi) o più raramente per via linfatica o per contiguità con un ascesso paravertebrale.
Il tratto di colonna in assoluto più frequentemente interessato è quello lombare.
Il tratto dorsale è più spesso coinvolto nei casi di spondilodiscite tubercolare (chiamata anche morbo di Pott), il tratto cervicale nei tossicodipendenti (più spesso spondilodiscite aspecifica da Pseudomonas Aeruginosa).
Sono possibili anche espressioni multifocali, ma sono molto rare.
Come si manifesta?
La spondilodiscite presenta notevoli problemi di diagnosi precoce poich� i dati clinici, nelle fasi iniziali, sono sovrapponibili a quelli di altre malattie della colonna vertebrale.
Il sintomo più comune è il mal di schiena (spesso intenso, continuo e resistente all'allettamento ed agli analgesici); altri sintomi sono l' astenia, la febbre, e meno frequentemente la presenza di deficit neurologici e di deformità della colonna.
Le spondilodisciti aspecifiche si presentano generalmente con un quadro clinico più marcato caratterizzato da sintomi più eclatanti rispetto alle forme specifiche; d'altra parte, questa ultime presentano più frequente- mente deficit neurologici e deformità della colonna rispetto alle forme aspecifiche.
Fig.2. RM di spondilodiscite aspecifica L3-L4.
- Gli elementi che orientano verso la diagnosi di spondilodiscite sono:
- Mal di schiena cronico (soprattutto se soggetto a rischio).
- Incremento degli indici di infiammazione (VES, PCR, fibrinogeno, globuli bianchi, ecc.).
- Infezione extrascheletrica recente.
- Esiti recenti di chirurgia discale (contaminazione diretta).
- Emocoltura positiva.
- Risonanza magnetica positiva (i segni radiografici, invece, sono tardivi rispetto alla clinica. Allo stadio iniziale si tratta di segni modesti, mentre immagini più nette sono riscontrabili soltanto come segni tardivi).
- Ago-biopsia disco-vertebrale positiva (sensibilità del 75%).
Come si cura?
La progressione della infezione senza un trattamento appropriato può portare alla distruzione del corpo vertebrale, instabilità e deformità angolare del rachide (tipica quest'ultima nella spondilodiscite tubercola- re).
I principali fattori che vanno considerati nella scelta del tipo di trattamento sono: l'estensione dell'infezione, la sintomatologia del paziente e l'evolutività della lesione.
Fig.3. Grave deformità vertebrale causata da spondilodiscite tubercolare.
Trattamento conservativo
Il trattamento conservativo di una spondilodiscite è basato sulla antibioticoterapia specifica e sull'immobiliz-zazione.
Per le spondilodisciti aspecifiche la durata del trattamento varia a seconda del germe in causa e della pre-cocità della diagnosi.
In media l'antibioticoterapia dura 3 mesi e prevede l'utilizzo di 2 antibiotici per 1 mese e ½ per via endo-venosa e poi mono - antibiotico per via orale.
Nei casi in cui il germe non è isolato si utilizza una antibioticoterapia ad ampio spettro.
Per la spondilodiscite tubercolare, invece, il trattamento antibiotico è più impegnativo.
Esso prevede l'utilizzo combinato di 3 o 4 antibiotici specifici (Rifampicina, Isoniazide, Etambutolo e pira- zinamide) da protrarre per molti mesi (9-18 mesi).
L'evoluzione favorevole dei casi trattati porta alla scomparsa dei dolori, al miglioramento dello stato fisico ge nerale, alla normalizzazione degli indici di infiammazione, all'addensamento delle lesioni ossee, e all'anchilosi più o meno completa delle vertebre coinvolte.
La RMN rappresenta l'esame strumentale di riferimento per il controllo della evoluzione clinica.
Trattamento chirurgico
Il trattamento chirurgico è indicato quando è presente un deficit neurologico, quando il coinvolgimento osseo è esteso (ev. presenza di ascesso) o quando il trattamento antibiotico è insufficiente ad eradicare l'infezio- ne.
Lo scopo dell'intervento chirurgico è quello di asportare il tessuto infetto e necrotico, evacuare, se presen- te, la raccolta ascessuale, stabilizzare mediante artrodesi il tratto di colonna interessato e, se necessario, decomprimere le strutture nervose.
A tal fine l'approccio chirurgico è frequentemente combinato, anteriore e posteriore.
In caso di deformità secondaria, l'artrodesi deve essere preceduta dalla correzione della stessa.
RM e TC preoperatorie, spondilodiscite tubercolare dorsale. Si noti l’ascesso epidurale (freccia gialla) e l’entità della distruzione del corpo vertebrale (freccia rossa). | Rx postoperatorie, artrodesi e decompressione anteriore e posteriore. Tratto da:↓ |
COLPO DELLA STREGA
Una delle situazioni acute, che più frequentemente si presentano all’osteopata, è il così detto “colpo della strega”, altro non è che un particolare tipo di lombalgia acuta, molto frequente e che colpisce senza limi ti d’età o sesso.
In Osteopatia questa disfunzione viene considerata primaria, vale a dire non derivante da altre disfunzioni, questo perché il suo esito è sempre acuto ed in seguito ad un movimento brusco, che causa una sublussa- zione temporanea delle faccette articolari di L5-S1, ossia l’ultima vertebra lombare e la prima sacrale.
Le cause del colpo della strega sono varie ma principalmente vanno individuate negli atteggiamenti postu rali del paziente, muscoli fibrotici e malformazioni congenite etc.
Comunque, ciò suddetto, altro non è che il terreno su cui un movimento particolarmente scorretto e brusco va a creare la sublussazione, quasi sempre, come si evince, è accompagnata da una rigidità muscolare cro-nica di tutto il corpo.
La meccanica disfunzionale del colpo della strega usualmente è la seguente: il paziente è in piedi, si china per raccogliere qualcosa da terra facendo compiere al tratto lombare della colonna una flessione, rotazione e latro-flessione.
Tali movimenti si distribuiscono fisiologicamente, ma nel caso specifico essendoci delle zone di restrizione articolare delle vertebre sovrastanti L5, lo sforzo di rotazione avviene in questa zona, che in condizioni nor mali presenta una mobilità ridotta.
Prendiamo come esempio un paziente che dopo una flessione, rotazione sx ed lateroflessione dx del ra-chide, si rialza ma, a causa della sublussazione di L5 sul promontorio sacrale, la vertebra rimane bloccata, ed in oltre il sacro, per fare in modo che il tronco mantenga una posizione eretta antalgica, è costretto a compiere una rotazione.
Tutto questo con grande dolore del paziente, rendendolo incapace di muoversi.
Sono sufficienti tre o quattro trattamenti Osteopatici per risolvere in maniere rapida e non dolorosa, nel ris-petto del corpo, il colpo della strega.
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