Centro Iperbarico di Ravenna |
Il Rischio di amputazione arti si riduce con la terapia iperbarica
Articolo informativo di Giuseppe Pinna per S. O. S. - “Osteomielitici d’Italia” - Onlus «Centro Servizi Informativi On-line per Osteomielitici e Pazienti dell’Ospedale CODIVILLA-PUTTI di Cortina d’Ampezzo».
Che cosa è l'Ossigenoterapia iperbarica?
La pressione permette la
diffusione dell’ossigeno nel sangue con una concentrazione superiore
anche dieci volte rispetto al normale; in questo modo si favorisce la
formazione di nuovi vasi sanguigni e si mobilitano le cellule staminali.
L’Oti, riattivando i processi metabolici bloccati, porta alcune
importanti malattie a guarigione o migliora- mento.
È efficace, per
esempio, per le embolie gassose arteriose, la gangrena gassosa da
clostridi, l’ische- mia traumatica acuta, l’osteomielite cronica
refrattaria, gli innesti cutanei e i lembi a rischio, la necrosi ossea
asettica e la sordità improvvisa, le ulcere cutanee.
- i dati in Emilia-Romagna -
La terapia iperbarica è ormai molto nota e utilizzata per numerose patologie.
Grazie al dossier sull’assistenza ai pazienti diabetici, pubblicato dalla Regione Emilia Romagna (vedi link sotto), anche i più scettici possono contare su numeri, studi e dati scientifici che dimostrano l’efficacia del trattamento in camera iperbarica per molte patologie.
Malattie come il diabete, lesioni cutanee gravi, traumi da sport, insufficienza venosa e deficit arte- rioso possono, negli stadi più avanzati e gravi, portare all’amputazione dell’arto interessato dalla patologia.
Il fattore tempo in questo caso è determinante e bisogna sfruttarlo al meglio.
L’ossigenoterapia iperbarica aiuta a ridurre notevolmente il rischio di amputazione degli arti, perché sti- mola la produzione di cellule staminali che rigenerano i tessuti.
Per dimostrare quanto appena detto si può guardare il caso
dell’Emilia – Romagna: nel bacino di utenza del Centro Iperbarico di
Ravenna, e in generale in tutta la provincia si nota un minore tasso di
amputazione arti (segnato dal colore azzurro chiaro nella figura).
Sarà
un caso?
Per chi volesse informazioni sulla spesa sanitaria per questo tipo di patologie può consultare il dossier 179- 2009 “Profili di assistenza e costi del diabete in Emilia-Romagna“.
Il Dr. LongobardiGiuseppina e la sua paura di entrare... in camera iperbarica
11 marzo 2011 - Scritto da Redazione - Nessun commento in risposta a questo articolo.
Giuseppina
ha 63 anni e se oggi è quasi guarita dalla sua ulcera traumatica è
grazie al fatto che ha superato la paura di entrare in camera
iperbarica.
Ma andiamo in ordine.
Giuseppina arriva da Ferrara al Centro
Iperbarico di Ravenna poco più di un mese fa per un’ulcera tra- umatica.
E’ molto avvilita e scoraggiata perché sta male da qualche mese e per
giunta nell’ultimo periodo è afflitta da un dolore molto forte.
Il tutto
è iniziato a settembre del 2010 con la comparsa di un eczema sul dorso
del piede sinistro.
n seguito a dicembre, e sempre allo stesso piede,
Giuseppina subisce un trauma distorsivo alla caviglia.
A questo punto
le cose precipitano perché inizia un processo flogistico con conseguente
erisipela e cellulite.
Per questo a gennaio Giuseppina viene operata e
il chirurgo plastico fa un escarectomia, con l’esportazione della parte
compromessa e necrotizzata.
Dopo un mese dall’intervento viene inviata
al Centro Iperbarico di Ravenna.
A questo punto però Giuseppina rivela di soffrire di claustrofobia ed è terrorizzata all’idea di rimanere chiusa nella camera iperbarica!
A questo punto però Giuseppina rivela di soffrire di claustrofobia ed è terrorizzata all’idea di rimanere chiusa nella camera iperbarica!
Infatti dopo la prima seduta dice di non voler continuare.
Ascolto le
sue preoccupazioni, ci parlo a lungo e piano piano rassicurandola la
convinco a riprovare.
Ora Giuseppina è praticamente guarita e grazie alla camera iperbarica
e ai bendaggi elastocompressivi la sua gamba è tornata normale.
Per
arrivare alla guarigione completa servono altre dieci sedute in camera
iperbarica ma Giuseppina ha ac- cettato di farle volentieri.
La cosa più bella è che ogni volta che medico la sua gamba Giuseppina mi ripete “se nono guarita è solo perché ho avuto la fortuna di avere te che mi ha convinto a insistere e superare la paura. Non me ne dimenticherò mai!”
La cosa più bella è che ogni volta che medico la sua gamba Giuseppina mi ripete “se nono guarita è solo perché ho avuto la fortuna di avere te che mi ha convinto a insistere e superare la paura. Non me ne dimenticherò mai!”
Beh sapete che vi dico, neanche mi dimenticherò mai di Giuseppina!
Grazie Alessandra Sasselli
Come mi vesto per andare... in camera iperbarica?
5 ottobre 2010 - Scritto da Redazione - Nessun commento in risposta a questo articolo.
“No signora, lo scafandro non serve.
No, davvero, neanche della muta c’è bisogno”.
“Ma lei mi ha detto che è come andare sott’acqua…”.
“E’ vero le ho detto così ma era per provare a
semplificare il principio su cui si basa l’ossigenoterapia iperbarica.
Cercherò di essere più chiara: nella camera iperbarica lei respira
ossigeno ad una “profondità” compresa normalmente tra i 9 e i 15 m… in
questo modo l’ossigeno raggiunge tessuti dove non arriva respirando a
quota zero.
Facciamo un esempio pratico: la camera che viene compressa a
2,5 atmosfere è come se scendesse a 15 m sotto il livello del mare, ma
in realtà non si muove, e quindi NON VA SOTT’ACQUA!
Perciò non è necessario indossare né muta né scafandro, e neanche occhialini e cuffia!”.
A parte gli scherzi… la domanda “cosa mi metto per
entrare in camera?” è in assoluto quella che più spesso ci rivolgono i
pazienti del Centro Iperbarico di Ravenna.
È per questo che ho deciso di scriverlo qui, così sarà più chiaro per tutti!
La verità è che l’unico divieto vero e proprio riguarda gli indumenti completamente sintetici.
Si possono indossare tranquillamente capi di lana e
cotone, e anche se nel vostro maglione c’è una piccola percentuale di
materiale sintetico niente paura, non succederà assolutamente niente!
Se però avete qualche dubbio potete sempre chiedere ai nostri tecnici.
Il giorno della prima seduta ogni paziente riceve un
kit, in una borsina con il nostro logo che poi rimane a lui come
ricordo, composto da:
- una maschera sterilizzata (che userà per tutte le sedute in camera iperbarica)
- un camice azzurro da indossare sopra i propri vestiti.
Dovreste vedere che belli i nostri pazienti nel
corridoio che aspettano l’appello dei tecnici: con tutti qui ca- mici
azzurri sembra di essere dietro le quinte di un concerto di un coro
Gospel!
Francesca Cappai
Appunti del
Dr. Longobardi sul Convegno di Grosseto “Medicina subacquea: work in progress”
Il 21 settembre scorso si è tenuto a Grosseto il
convegno dal titolo “Medicina subacquea: work in pro- gress” moderato dal prof.
Antonio L’Abbate e dal dr. Marco Brauzzi.
Al convegno sono intervenuti:
- Prof.
Stephen Thom (University of Pennsylvania - Philadelphia), con un intervento dal titolo "Micro- particles and
Decompression Illness: updating the lane of research" (Aggiornamenti sul
percorso di ricerca);
- C.V. (MD)
Dr. Fabio Faralli (Comsubin - La Spezia) con un intervento dal titolo L’immersione
tecni- ca ed il rischio decompressivo.
Il Dr.
longobardi ha seguito l’iniziativa in videoconferenza interagendo con i
moderatori e i relatori online.
Per i medici e i subacquei interessati il Dr. Longobardi mette e a disposizione i suoi appunti arricchiti con le immagini tratte dalle presentazioni originali dei due relatori.
Per i medici e i subacquei interessati il Dr. Longobardi mette e a disposizione i suoi appunti arricchiti con le immagini tratte dalle presentazioni originali dei due relatori.
Puoi scaricare gli appunti del Dr.
Longobardi e
vedere alcune immagini tratte dalla presentazione del Prof Stephen Thom del Prof. Stephen Thom e
dalla presentazione del Dr. Faralli (le slide sono rielaborate dal Dr.
longobardi e non sono le presentazioni originali dei relatori)
Prof. Stephen Thom
Il prof. Stephen Thom ha evidenziato che le immersioni
con stress decompressivo (ripetitive, multiday) aumentano la quantità di
microparticelle nel sangue (“polvere cellulare”).
Le particelle più grandi di
un micron (un millesimo di millimetro) possono attivare i globuli bianchi e
sca- tenare l’infiammazione (rossore, calore, gonfiore, dolore, alterata
funzionalità).
Le particelle contengono gas e quindi le loro dimensioni si
riducono se il subacqueo incidentato è ricom- presso in camera iperbarica.
L’immersione tecnica (autorespiratore a riciclo con pressione parziale di
ossigeno nella miscela respi- rata sul fondo di 1,2 atmosfere) pare ridurre le
dimensioni delle microparticelle rispetto alla immersione con respirazione in
aria (quindi l’immersione tecnica, correttamente eseguita, pare ridurre la
probabilità dell’incidente da decompressione rispetto all’immersione avanzata
con aria. L’Autore ha precisato che è necessaria prudenza nel trasferire i dati
della ricerca alla pratica dell’immersione.
Il C.V. dr. Fabio Faralli (Marina Militare Italiana) ha presentato la dif- ferenza tra i diversi modelli di decompressione, compartimentali e a controllo delle bolle.
Ritiene che le bolle non siano il fattore principale che causa l’incidente da decompressione e fa riferimento alla presentazione del prof. Stephen Thom.
La ricerca ha evidenziato che le soste profonde vadano introdotte solo per immersioni a profondità massima di 25-27 metri per tempi di permanenza sul fondo prolungati (sessanta minuti o di più).
L’utilizzo di soste profonde per immersioni a maggiore profondità e per breve tempo di permanenza sul fon- do pare che siano correlate con un aumento della probabilità di incidente da decompressione.
Il C.V. dr. Fabio Faralli (Marina Militare Italiana) ha presentato la dif- ferenza tra i diversi modelli di decompressione, compartimentali e a controllo delle bolle.
Ritiene che le bolle non siano il fattore principale che causa l’incidente da decompressione e fa riferimento alla presentazione del prof. Stephen Thom.
La ricerca ha evidenziato che le soste profonde vadano introdotte solo per immersioni a profondità massima di 25-27 metri per tempi di permanenza sul fondo prolungati (sessanta minuti o di più).
L’utilizzo di soste profonde per immersioni a maggiore profondità e per breve tempo di permanenza sul fon- do pare che siano correlate con un aumento della probabilità di incidente da decompressione.
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Storia di un'Ulcera traumatica alla gamba con sospetta Osteomielite: cosa fare?
7 febbraio 2011 - Scritto da marcello brecciaroli - 1 Commento in risposta a questo articolo.
Gent.mo Dottore, da 40 anni ho un’ulcera trofica al
terzo medio inferiore (distale) della tibia a seguito di un incidente
del 1972.
Allora subii un’ intervento con osteosintesi.
Dopo 12 mesi,
durante la rimozione della sintesi – a causa di di un infezione
intestinale (salmonellosi) con- tratta in ospedale – mi si è aperta
l’ulcera che oramai è diventata trofica a a periodi tende ad aprirsi.
Ho fatto molte sedute di laser e ho sperimentato molte creme e pomate varie ma senza risultati aprezzabili.
Ora volevo fare un’intervento di plastica ma è risultato che la
circolazione venosa è a posto mentre l’arteria ti biale è occlusa,
inoltre hanno diagnosticato sospetta Osteomielite.
Ho fatto la RM,
l’ecodoppler, la radiografia, l’angioTAC, la scintigrafia con leucociti e
anche la ossimetria transcutanea (TcO2) che segnala: ossigenazione
periferica ridotta bilateralmente a livello dell’arteria tibiale
an teriore.
Preciso che ho 70 anni sono fumatore da 40 anni, che i valori del
sangue (colesterolo, glicemia) e la pres- sione arteriosa sono nella
normalità.
La ringrazio anticipatamente: mi scuso per il disturbo.
GRAZIE! Marcello
Risposta
24 gennaio 2011 - Scritto da PAOLA FIORETTI - 3 Commenti in risposta a questo articolo.
Buongiorno, chiedo se è possibile curare una ulcera al
piede (paziente diabetico, di 85 anni, in cura da 12 mesi presso un
centro del piede diabetico) con camera iperbarica.
Il mio papà è affetto da 75 anni da Osteomielite cronica (con
infezione da stafilococco) alla gamba dx (cicatrice enorme che parte da
sotto al ginocchio fino ad arrivare al collo del piede) tenuta
positiva- mente sotto controllo dal 1991 al 2005 con 2 cicli annuali di
10-15 di sedute di camera iperbarica.
Vista la situazione di affaticamento del cuore il centro iperbarico non ha più accettato il papà come pa- ziente.
Negli ultimi 2 anni la situazione è peggiorata: la gamba fistolizzata
è ritornata a sporcarsi e negli ultimi 12 mesi una infezione da
escheriacoli al piede dx ha portato all’amputazione del 2° dito nel mese
di agosto 2010.
Ora, la cicatrizzazione dell’amputazione non è ancora
avvenuta (non hanno mai chiuso la ferita e perio- dicamente va
medicata) ed in tutto questo periodo si sono susseguite continue
infezioni sia al dito che alla gamba .
Oltre alla cura con antibiotici,
nel maggio 2010 è stata effettuata una pulizia della arteria femorale
profonda senza by pass (per via dell’osteomielite alla gamba).
Nel mese di dicembre sono state effettuate 5 sedute di ossigeno-ozono
terapie locali che hanno portato al la situazione molto critica di oggi.
Vale a dire: tutte le dita del piede tranne il mignolo sono viola (la
dottoressa dice che è tipico di un piede is chemico ma io che sono
ignorante, chiedo: non potrebbe essere segnale di necrosi?).
La ferita
dell’amputazione sanguina ed è infetta, le fistole attive della gamba
sono infette, il piede è freddo gelido e da 10 giorni il mio papà non
deambula più dal dolore.
Con la cura attuale di Bactrim, la sua
temperatura è sempre 37°.
E’ vero che non si può più far niente?
Ringrazio e mi scuso per i temini non precisi. Paola Fioretti
Risposta-
Pasquale Longobardi
gennaio 24th, 2011 - 19:08cara Paola, ti ringrazio per l’attenzione e mi dispiace per la grave situazione di tuo padre.
Le ulcere del papà alla gamba e al piede sono dovute alla arteriopatia ostruttiva periferica (ischemia) e sono complicate dalla presenza, a livello generale, del diabete e dei disturbi al cuore; a livello locale, dalla Osteomielite cronica refrattaria.
La terapia è il ripristino della circolazione (il papà ha già eseguito l’angioplastica), il controllo del diabete (la glicemia deve essere costante e l’emoglobina glicata tra il 4,9 e il 6,3%), l’eventuale pulizia dell’osso (solo quando si sia certi che la circolazione del sangue nella gamba sia sufficiente).
Presso il Centro iperbarico Ravenna, per il tuo papà, il primo passo sarebbe controllare quanto sangue arriva al piede tramite:
- ossimetria transcutanea. Devono esserci più di 40 millimetri di mercurio di ossigeno;
- doppler velocimetria. La pressione arteriosa alla caviglia deve essere almeno il 45% di quella misurata al braccio (indice ABI superiore a 0,45);
- laser doppler flussimetria. Misura la pressione al primo dito del piede, il rapporto con la pressione arteriosa mi- surata al braccio, la risposta a vari test (riscaldamento, variazione della posizione del piede).Definita l’entità dell’ischemia (e se i vasi sanguigni siano ancora aperti dopo la pulizia già effettuata), si procede in maniera mirata.In caso di ischemia, il papà sarebbe visitato (eventualmente ricoverato) dal dr. Elio Piccinini (primario della chirurgia vascolare dell’Ospedale civile di Ravenna e coordinatore del Centro Cura Ferite Difficili della Ausl Ravenna) per valutare l’oportunità di portare più sangue alla gamba e al piede.Quando ci sia sangue sufficiente, verrebbe eseguita eventuale pulizia dell’osso e antibioticoterapia mirata.E’ essenziale che il diabete sia controllato.Per questo, collaboriamo con il Centro diabetologico dell’Ospedale di Ravenna (dr. Paolo Di Bartolo).Per la ossigenoterapia iperbarica, presso il Centro iperbarico di Ravenna, si verifica, per i pazienti cardiopatici, il punteggio sulla scala di rischio cardiaco di Detzsky in base a una serie di parametri (età, pregresso infarto del cuore, edema polmonare, angina, aritmia e altro).I pazienti:
- in classe 1 (0-15 punti, rischio inferiore al 15%) possono fare la terapia iperbarica;
- in classe 2 (16-30 punti, rischio del 15-30%) necessitano di ulteriori accertamenti (come l’ecocardiografia);
- in classe 3 (più di 30 punti, rischio superiore al 30%) la terapia iperbarica è controindicata.Per eventuale visita contatta la segreteria del Centro iperbarico Ravenna (0544-500152).E’ giusto che tu faccia quanto possibile per capire, almeno, se l’amputazione sia veramente necessaria.Un caro saluto, Pasquale
Osteomielite: cosa fare?
30 novembre 2010 - Scritto da salvatore chiesa - 1 Commento in risposta a questo articolo.
Salve dottore, sono un ragazzo affetto da mielomelingocele fortunatamente autonomo nel camminare.
Il problema mi è sorto dal 2000, circa dieci anni fa.
In pratica questa
patologia mi ha portato un piede torto e dieci anni fa mi si è formata
un ulcera in seguito alla quale si è infettato l’osso (Osteomielite).
In
questi anni ho fatte cure iperbariche, antibiotici, pulizie
chirurgiche senza nessun risultato.
Sono stato ricoverato al
centro ICOT di Latina, al Rizzoli di Bologna, al Codivilla Putti di
Cortina di Ampez- zo senza aver mai ottenuto beneficio. La mia vita sta
iniziando veramente a essere un inferno.
Non so piu dove recarmi e a chi
rivolgermi.
Non so se realmente riuscirò a guarire.
Lei pensa di
potermi dare qualche consiglio?
Attendo con ansia una sua risposta.
La
ringrazio, cordiali saluti. Salvatore Chiesa Risposta
-
Pasquale Longobardi
novembre 30th, 2010 - 22:43Caro Salvatore, ti ringrazio per l’attenzione.Mi dispiace profondamente per la mancata guarigione nonostante tu sia stato ricoverato nei migliori Centri italiani, che io conosca, per il trattamento dell’Osteomielite.Presso il Centro iperbarico Ravenna ci comportiamo cosi:- siccome l’Osteomielite refrattaria cronica è spesso dovuta a qualche danno nell’organismo o a livello locale, cer chiamo eventuali danni con indagini che eseguiamo in sede (doppler velocimetria, ossimetria transcutanea, laser- dopplerflussimetria) e chiediamo delle indagini che devono essere eseguite al massimo un mese prima della visita (radiografia, scintigrafia con leucociti marcati e/o Risonanza magnetica; esami del sangue: emocromo con for- mula, quadro proteico elettroforetico, VES, PCR, fibrinogeno, creatininemia, sideremia, ferritina, transferrina, transaminasi, glicemia, esame delle urine);- “aggiustiamo” tutti i danni che sono correggibili (per esempio il fumo di oltre venti pacchetti di sigarette per anno ritarda la guarigione in maniera importante);- se l’osso fosse da pulire, viene prevista la pulizia chirurgica e, se necessario, l’applicazione di cemento conte- nente antibiotico la cui azione è rafforzata dall’ossigeno iperbarico (aminoglicosidico);- procediamo con venti sedute di ossigenoterapia iperbarica a 2,5 bar per favorire il rimaneggiamento dell’osso e la formazione di un microcircolo che porti nell’osso malato il sangue e quindi i farmaci;- se, dopo le prime venti sedute di terapia iperbarica, gli indici di flogosi (VES, PCR, fibrinogeno) fossero normali, pur essendo evidente l’infezione, stimoliamo la risposta immunitaria con un ciclo di immunoterapia aspecifica (“vaccino”);- somministriamo antibioticoterapia, associando due farmaci che penetrano nell’osso, anche fino a sei mesi (con- trollando la funzionalità del rene e del fegato);- proseguiamo con ulteriori venti sedute di terapia iperbarica a 2,2 bar per favorire la riparazione dell’osso.- Se tutto funziona bene, si decide se rimuovere il cemento antibiotato e se applicare la terapia a pressione negativa (una macchina che aspira le secrezioni dalla ferita giorno e notte e contemporaneamente instilla automatica- mente dell’antibiotico) oppure il gel piastrinico o se effettuare un innesto di osso;- nei casi difficili ci avvaliamo della collaborazione di bravissimi ortopedici che fanno parte del Gruppo Italiano per lo Studio e la Terapia delle Infezioni dell’Osso e collaboriamo con l'Associazione Nazionale per le Infezioni Osteo-Articolari (numero telefono verde 800-688400).Se tu fossi interessato a una nostra valutazione, contatta la segreteria del Centro iperbarico Ravenna (tel. 0544- 500152), facendo riferimento a questo contatto tramite il blog.Ciao, Pasquale
Mamma, mi hanno salvato il dito!
3 dicembre 2010 - Scritto da Redazione - 2 Commenti in risposta a questo articolo. Vogliamo raccontarvi la storia di Mattia, 5 anni, che quest’estate si è tagliato un dito del piede con dei for- bicioni da campo.
“Non si può fare niente, mi dispiace” ha detto un medico a Modena,
“Bisogna amputare il dito, non c’è solu- zione”, ha detto un altro a Roma.
Ma la mamma non accetta queste risposte e gira (nel vero senso della
parola) per mezza Italia finchè non si imbatte nel primario di Ortopedia
dell’ospedale di Ravenna il quale consiglia di rivolgersi subito al
Centro Iperbarico di Ravenna.
Difficile raccontare senza emozionarsi quello che è successo da quando Mattia ha varcato la porta del Cen- tro.
Da subito – dice – la mamma – ci hanno dato speranza, non hanno mai
parlato di amputazione, ma di voler tentare ad ogni costo di salvare
quel ditino che alcuni avevano addirittura definito “non
indispendabile”.
Certamente far entrare un bambino così piccolo in camera iperbarica non è
facile.
Mattia la prima volta è stato dentro soltanto una ventina di
minuti, ma in così poco tempo si vedevano già i primi risultati: il dito
cominciava a prendere colore e perdere quel violaceo che tanto
spaventava.
Da quel 2 settembre della prima seduta Mattia ne ha fatte circa 25/30,
riuscendo a stare in camera iper- barica fino a un’ora e 45 minuti
(difficile anche per un adulto!).
Volete sapere come è finita?
Mattia ha ancora il suo bel ditino,
certamente non lo muoverà e quest’inverno avrà bisogno di scarpe un po’
più “comode” ma il dito c’è eccome e, vedere la gioia di questo bambino
nel dire “Mi hanno salvato il dito!” non ha veramente prezzo e ripaga di
qualsiasi sforzo o giornata negativa.
Quello che speriamo è che questa storia, come tante altre, possa essere
d’aiuto a chi, bambini e adulti, si tro vi in situazioni spiacevoli
simili a queste e che faccia ricredere chi conosce la terapia iperbarica
ma non rico nosce appieno i suoi benefici.
La mamma vuole ringraziare tutti, dai tecnici, ai medici, agli
infermieri, al Direttore Sanitario, fino agli altri pa- zienti in camera
iperbarica con Mattia, che lo hanno fatto sentire a casa.
E continua i
ringraziamenti in modo speciale per Patrizia, tutt’ora disponibile a
incontrare Mattia in ogni mo- mento e senza preavviso in caso di bisogno.
“Abbiamo incontrato degli angeli!” dice la mamma.
E noi ringraziamo loro, perchè vedere un bambino che entra al Centro
Iperbarico con gli occhi che brillano è già una grande emozione, ma
sapere che il motivo della sua gioia è quello che abbiamo fatto per lui
è dav- vero il massimo!
2 Risposte-
Rosario Forestieri
dicembre 4th, 2010 - 08:09E’ proprio vero, caro Pasquale, che nel nostro lavoro un grazie sincero, che sei cosciente di meritare, ti gratifica più di qualsiasi guadagno. -
Pasquale Longobardi
dicembre 6th, 2010 - 18:39grazie a te, Rosario, per l’attenzione. Sono estremamente felice per Mattia e orgoglioso per lo staff del Centro iperbarico Ravenna (ormai siamo circa cinquanta collaboratori). Un abbraccio, Pasquale
Ferita post operatoria malleolo
25 novembre 2010 - Scritto da claudia castillo - 9 Commenti in risposta a questo articolo.
Gentile dott. Longobardi, ho 40 anni e una frattura
trimalleolare scomposta al piede sx, con placca sul lato esterno (il
consolidamento delle ossa è ok).
Intervento (sintesi ossea) fatto il
1°ottobre.
Il 10 novembre ho cominciato il carico progressivo.
Il problema: spuntata la ferita il giorno 15 ottobre dopo una
settimana si è riaperta (la pelle giusto sopra il malleolo esterno), con
infezione superficiale (staphilococo).
Trattamento con 20 gg di
Augmentin.
Ultimo tampone il 17 novembre con risultato negativo.
Però la
ferita non chiude.
La prima medicazione è stata fatta con Betadine per elimanare
l’infezione, dopo con un gel enzimatico per eliminare cellule morte, da
una settimana la medicazione viene fatta con Connettivina (garza).
La ferita è grande quanto l’unghia del pollice e si vede la
placca….. secondo lei la terapia iperbarica puo aiutarmi a far chiudere la
ferita? Grazie infinite, Claudia
9 Risposte-
Pasquale Longobardi
novembre 25th, 2010 - 10:11cara Claudia, grazie per l’attenzione e la stima.
La tua ulcera è solo una “boa” che segnala un problema in profondità.
E’ necessario verificare che la placca non sia infetta.
Una volta esposta all’aria, si forma su di essa una specie di “fango” costituito da proteine e microbi.
Il “fango” nasconde i germi e gli antibiotici non funzionano.
L’unico rimedio, in tal caso, sarebbe la rimozione della placca.
Per verificare se ci fosse questo problema, chedi una scintigrafia ossea con leucociti marcati e un esame del sangue (emocromo con formula leucocitaria, VES, PCR, fibrinogeno).
Se la scintigrafia fosse nella norma (negativa) e gli esami del sangue fossero normali (indici ematochimici di in- fiammazione negativi), potremmo effettuare un bendaggio funzionale con garza medicata allo zinco e ittiolo (an- tinfiammatori e antiedemigeni) + terapia fisica per ridurre l’edema (laser, tecar terapia, ecc.).
Se la cavilgia si sgonfiasse, i margini della ferita si avvicinerebbero e sarebbe possibile unirli con qualche punto di sutura.
Le ulcere post traumatiche sono da noi seguite presso il Centro Cura Ferite Difficili Ausl Ravenna (struttura pub- blica – segreteria 0544-500152).
L’ossigenoterapia iperbarica è un utile metodo per accelerare la guarigione qualora sia esclusa l’infezione della placca.
Ne parleremo insieme quando avrai la risposta delle indagini suggerite. Ciao, Pasquale Longobardi -
Claudia
dicembre 16th, 2010 - 10:58Gentilissimo dott. Longobardi, ho cominciato la terapia iperbarica.
Mi hanno suggerito 16 sedute, ho potuto farne 8 della durata di 120 minuti ognuna.
Purtroppo a causa di problemi di gestione familiare non sono riuscita a farle tutte 8 insieme, le ho fatto 2 o 3 volte a settimana, la ferita va meglio si sta chiudendo e si è già formata crosticina, secondo lei continuare a fare le altre 8 sedute (purtroppo sempre 2 o 3 a settimana) può avere un senso?
C’è chi mi dice che se non faccio tutte le 16 sedute senza pausa non funziona la terapia, lei che ne pensa?
Grazie infinite, Claudia -
Pasquale Longobardi
dicembre 16th, 2010 - 12:23cara Claudia, sono felice che tu abbia iniziato l’ossigenoterapia iperbarica.
Visto che sei soddisfatta dei risultati finora ottenuti, prosegui con il massimo impegno che ti sia ragionevolmente possibile (ciò che funziona, funziona).
Se dovessimo ragionare in termini scientifici ti direi che sarebbe importante la pulizia chirurgica della placca (la- vaggio con soluzione di acido acetico tamponato), antibioticoterapia e ossigenoterapia effettuata cinque giorni per settimana per almeno tre settimane.
Nella vita reale è però necessario bilanciare gli aspetti scientifici con la tua necessità di gestire la famiglia.
Felici auguri di serene festività. Pasquale -
Claudia
gennaio 22nd, 2011 - 21:08Gentile dott. Longobardi, ho bisogno di un suo parere, anche se sono consapevole che a distanza è sempre difficile.
Abbiamo vinto tante battaglie nella lotta contro la mia ferita aperta, siamo riusciti a chiudere quasi 4 cm.
Ho fatto 16 sedute di iperbarica per poi seguire con un trattamento di Hyaloffill e Dermacyn eseguito da un team specializzato in ferite difficili della Multimedica di Milano.
Tutto ha contribuito a chiudere gran parte della ferita, purtroppo rimane aperta ed esposta la testa dell’ultimo chiodino della placca che si appoggia sul malleolo.
Sia la dottoressa dell’iperbarica sia il team della multimedica, pensano che niente chiuderà quel pezzettino in quanto manca di vascolarizzazione e che essendo aperto dal 27 ottobre rappresenta ormai un rischio d’infezione e complicanze più gravi.
Il dott. Pescatori, l’ortopedico che mi ha operato e che segue tutti i mie passaggi, condivide il loro parere e mi sug- gerisce vivamente, dopo aver fatto una recente radiografia delle ossa (6 gennaio), di togliere la placca, suggeri- mento condiviso e proposto anche da tutti gli specialisti e medici che recentemente mi hanno incontrato.
Le ossa sono ormai consolidate, cammino anche se con un piede molto rigido in quanto abbiamo fermato le fisio- terapie per far chiudere la ferita.
Non nego che solo il pensiero di un altro intervento mi faccia venire i brividi…..lei cosa ne pensa?
Grazie infinite per il suo sempre opportuno e riassicurante consiglio. Claudia -
Pasquale Longobardi
gennaio 24th, 2011 - 11:51cara Claudia, ti ringrazio per l’attenzione e sono felice dei tuoi progressi.
Comprendo la tua preoccupazione per un ulteriore intervento ma è necessario.
L’esperienza del Centro Cura Ferite Difficili della Ausl Ravenna evidenzia che per chiudere definitivamente e bene la ferita da trauma non ci debbano essere mezzi di sintesi esposti che intralcino il lavoro delle cellule della ripara- zione.
Bilancia la preoccupazione dell’intervento con la visualizzazione della pelle della gamba chiusa e sana.
Sono certo che andrà tutto per il meglio. Un caro saluto, Pasquale -
Elena
aprile 27th, 2011 - 11:40salve, mi chiamo Elena e ho 16 anni.
Il 9 febbraio ho avuto una brutta caduta e ho riportato un frattura bimalleolare (peronale e tibiale).
L’11 dello stesso mese sono stata operata, in quanto la frattura era scomposta e sembra che sia stata sistemata.
Per chiudere i tagli dell’operazione, mi hanno messo i punti riassorbibili.
Nel giro di qualche settimana, la differenza tra la lesione dalla parte interna della gamba (dove c’è la vite) e quella esterna (placca) era già evidente.
La prima, presentava segni di guarigione perfetta con il riassorbimento dei punti, mentre il lato esterno presentava una cicatrizzazione ben diversa: i punti si sono riassorbiti prima del previsto, una parte della ferita è umida con fuo- riuscita di secrezione.
Mi hanno messo i punti istantanei per non permettere di far aprire la parte debole.
Alla successiva medicazione hanno applicato una pometa (IRUXOL).
Dopo tre giorni, riaprendo la fasciatura, c’era un evidente buco sulla parte dove hanno applicato questa pomata.
Il buco non era affatto superficiale, però mi hanno consigliato di rimettere di nuovo la stessa pomata.
Io l’ho usata solo un giorno, dopodicchè ho smesso il trattamento perché ho visto che mi teneva la ferita umida.
Hanno cominciato a scarnificare la ferita, permettendo la fuoriuscita di sangue.
Fatto sta che dopo quasi un mese la ferita non si è chiusa.
Ogni volta che la medicano mettono acqua ossigenata sulla ferita.
Sto girando e chiedendo vari pareri e ieri mi hanno detto di fare un tampone per vedere se ci sono germi cho non permettono la chiusura della ferita.
Le mie domande sono: è giusto curarla con acqua ossigenata?
Come posso fare per farla chiudere? grazie. Elena -
Pasquale Longobardi
aprile 28th, 2011 - 20:15cara Elena, ti ringrazio per l’attenzione.La tua giovane età merita la massima attenzione affinché tu possa guarire quanto prima e riprendere la normale vita sociale.Scappa da chi ti sta medicando!Il principio attivo dell’Iruxol è cloramfenicolo (antibiotico) e collagenasi (ogni proteina che finisce con il suffisso -asi “mangia” i tessuti).Ti è stato proposto per rimuovere la parte della ferita che definisci “molle” ma prima sarebbe stato necessario capire quanto è profonda la parte sofferente (ecografia, mappatura della lesione), se sia sottominata (a volte la ferita è come un iceberg, vedi solo la superficie ma sotto è più ampia), se vi sia un danno alla circolazione.Senza capire prima questi aspetti, l’uso dell’Iruxol alla cieca rischiava di fare una voragine.Per fortuna l’hai spontaneamente interrotto.Per quanto riguarda l’acqua ossigenata, viene proposta per eliminare i germi ma essa distrugge anche le cellule della riparazione.Stai entrando in un circolo vizioso: ammazzano il tessuto buono con l’acqua ossigenata e poi lo rimuovono con il bisturi.La ferita farà fatica a guarire in questo modo.Se tu potessi venire al Centro Cura Ferite Difficili della Ausl Ravenna contatta la segreteria per appuntamento (0544-500152).Il costo dell’assistenza è a carico del Servizio Sanitario Nazionale (gratuita o pagheresti solo i ticket).A secondo di quanto sia grave il danno, ti assicuro che la ferita a carico della pelle guarirebbe entro un mese, al massimo tre mesi (per i casi gravi).In alternativa, dimmi in quale città vivi e, se possibile, ti indirizzerò da un collega che segua i criteri del corretto ap- proccio alla riparazione tessutale. Ciao, Pasquale -
Margherita
luglio 29th, 2011 - 21:49Gentile dottore,
anch’io sto vivendo un problema simile a quello di Elena.
Purtroppo la ferita non riesce a chiudersi.
Potrebbe indicarmi qualche suo collega messinese? Grazie. Margherita -
Pasquale Longobardi
agosto 1st, 2011 - 09:11cara Margherita, ti ringrazio per l’attenzione.
Siccome collaboro attivamente con la Associazione Italiana Ulcere Cutanee (AIUC), ti inoltro il link dell’ambulatorio del dr. Failla coordinatore della Sezione Sicilia dell’AIUC (http://tinyurl.com/3pst583), ritengo che possa esserti utile. Un caro saluto, Pasquale
Trauma alla caviglia con osteomielite: che fare?
1 aprile 2012 - Scritto da Pasquale Longobardi - 1 Commento in risposta a questo articolo.
Salve.
Mio fratello, in seguito a un incidente stradale,
ha riportato varie lesioni.
A distanza di un anno e mezzo presenta
un’ulcera infetta da staphilococco aureo a livello del calcagno.
Dalla
scintigrafia è emersa l'Osteomielite al calcagno e alla articolazione
tibio tarsica.
Presso il policlinico di Monza ci hanno consigliato un’operazione di
artodresi e un’amputazione di 5 cm del calcagno ma con scarsa
probabilità di riuscita.
Prima di arrivare a tale intervento, vorremo
provare una via piu semplice e meno invasiva (nei limiti del pos- sibile).
Facendo una ricerca su internet vengo indirizzata per la cura
dell’Osteomielite sia al Centro iperbarico Ravenna che all’ospedale
Codivilla-Putti di Cortina.
Ci piacerebbe prenotare subito un ricovero
ma essendo scarsa in materia non saprei come orientarmi.
Se vuole le
invio la documentazione del caso per avere un’idea specifica di mio
fratello.
Grazie mille per l’attenzione. Valentina
Risposta-
Pasquale Longobardi
aprile 1st, 2012 - 10:47cara Valentina, ti ringrazio per l’attenzione.Mi piace che tu acquisisca informazioni per aiutare tuo fratello in maniera consapevole: questa è la missione del blog del Centro iperbarico Ravenna (per questo pubblico la nostra corrispondenza email).Per tuo fratello, mi preoccupa la decisione dei medici di Monza.Ho collaborato con l’Ospedale San Gerardo di Monza e so che hanno una buona reputazione.Hai il “dovere” affettivo, comunque, di verificare che l’artrodesi sia veramente l’unica soluzione possibile.Il Centro iperbarico Ravenna è competente ed esperto nella gestione delle lesioni traumatiche e della Osteomielite.Il percorso diagnostico prevede:• Esami del sangue e urine (da richiedere al Medico curante) emocromo con formula e piastrine, aptoglobina, protidemia totale, sideremia, fibrinogeno, creatininemia, glicemia, GPT, esame delle urine, VES, PCR, fibrinogeno• PET – TC gamba e piede (da richiedere al Medico curante).Quesito: valutazione segni di alterazione metabolismo compatibili con processo infiammatorio di tipo Osteomie- litico.Nota: qualora non sia possibile eseguire la PET – TC (che è l’indagine più specifica per la diagnosi di questa patologia) andrebbe bene anche la Risonanza Magnetica.Mentre la scintigrafia ossea, già eseguita, è utile (sensibile) per verificare che ci sia l’Osteomielite ma poco spe- cifica (non dice esattamente dove sia localizzata la lesione: nei tessuti molli, nel periostio o nel midollo).• Consulenza medicina iperbarica, fisiatra, chirurgo plastico che saranno eseguite presso il Centro iperbarico Ra- venna.Il percorso terapeutico (eseguito presso il Centro iperbarico Ravenna o Centri gemellati, sempre in Ravenna) prevede:• Pulizia chirurgica della ferita (se necessaria).Sarà eseguita in ambulatorio chirurgico con tecnica chirurgica (bisturi) oppure con lavaggio micronizzato tramite ultrasuoni• Medicazioni avanzate per preparare il fondo della lesione• Antibioticoterapia con farmaci specifici per l’osso• Immunoterapia aspecifica (qualora gli indici di flogosi, VES – PCR – fibrinogeno) fossero nella norma.L’obiettivo è stimolare il sistema immunitario a riconoscere e combattere il germe più frequentemente responsabile della Osteomielite (Stafilococco Aureo)• Ossigenoterapia iperbarica che riduce la carica batterica (lo Stafiloccocco Aureo e altri germi non riescono a difendersi dall’attacco dei radicali liberi dell’ossigeno); potenzia il lavoro dei globuli bianchi; accelera il proces- so di riparazione dell’osso e dei tessuti molli• Riabilitazione con terapia fisica strumentale (p.es. tecarterapia, laserterapia); massofisioterapia; linfodrenaggio con tecnica Vodder• Chirurgia plastica (se necessario): preparazione del fondo della lesione con Plasma Ricco di Piastrine; applicazio- ne di innesto o altra tecnica di chirurgia plastica; terapia a pressione negativa.I tempi per la cura sono, in genere, trenta giorni per il percorso diagnostico e novanta giorni per il percorso tera- peutico.Si può accelerare la guarigione con un ricorso più ampio alla medicina rigenerativa e chirurgia plastica.Normalmente è previsto un periodo in Ravenna di tre settimane (quattro notti per settimana, dal lunedì al giove- dì) nel quale è effettuato un programma intensivo di cura.Poi dei controlli inizialmente settimanali, quindi ogni 10 giorni e poi mensilmente.I pazienti finora trattati sono guariti (ciò significa che, principalmente, la selezione prima dell’inizio del percorso è stata accurata e ha funzionato).Il costo del percorso è in parte a carico del Servizio Sanitario Nazionale (come la terapia iperbarica); in parte pri- vato (come la immunoterapia aspecifica, la riabilitazione, alcune tecniche di medicina rigenerativa e chirurgia plastica).Per informazioni e appuntamento contatta Claudia Ferreira, mia assistente, al 0544-500152; 327-7784951.
Puoi inviare la documentazione clinica all’indirizzo postale: Centro iperbarico, via A. Torre 3, 48124 Ravenna. L’email è: direzione@iperbaricoravenna.it. Il fax è: 0544-500148.
Tuo fratello verrà presso il Centro iperbarico Ravenna solo se ci sia la ragionevole certezza di curarlo (senza l’ar- trodesi). Un caro saluto, Pasquale
Piedi da spavento: ho male, mi
aiuti.
Carissimo
dottore, sono 1 ragazzo di 41 anni con 2 piedi da spavento: si vede l’osso.
Sono disperato non sò più cosa fare.
Sono 11 anni che soffro e ancora sono cosi.
La prego mi aiuti lei, non voglio perdere le gambe.
Vado avanti grazie agli antidolorifici. Tanti saluti, Andrea
Sono disperato non sò più cosa fare.
Sono 11 anni che soffro e ancora sono cosi.
La prego mi aiuti lei, non voglio perdere le gambe.
Vado avanti grazie agli antidolorifici. Tanti saluti, Andrea
Risposta
caro
Andrea, ti ringrazio per l’attenzione e mi dispiace per il tuo calvario che
dura da undici anni.
Un recente sondaggio, condotto dalla American Medical Association Podiatric, ha rilevato che il 53% degli in- tervistati ha affermato di avere dolori ai piedi che talvolta, come nel tuo caso, era un ostacolo per la vita quoti- diana.
Una persona cammina mediamente nel corso della sua vita l’equivalente di tre volte la circonferenza della terra, un enorme sforzo per il piede, con i suoi 100 tendini legamenti e muscoli, 26 ossa, e 33 articolazioni.
Un recente sondaggio, condotto dalla American Medical Association Podiatric, ha rilevato che il 53% degli in- tervistati ha affermato di avere dolori ai piedi che talvolta, come nel tuo caso, era un ostacolo per la vita quoti- diana.
Una persona cammina mediamente nel corso della sua vita l’equivalente di tre volte la circonferenza della terra, un enorme sforzo per il piede, con i suoi 100 tendini legamenti e muscoli, 26 ossa, e 33 articolazioni.
A
volte il dolore dipende dalla condizione fisica generale:
sovrappeso: la forza esercitata sui piedi è circa il 120% del nostro peso corporeo, quindi chi è obeso mette eviden- temente sotto stress tutta la struttura del piede (frequentemente si verifica la fascite plantare).
Diabete: essendo i più lontani dal cuore, i piedi sono i primi ad avere problemi circolatori e di sensibilità, il che può causare scarsa guarigione di ferite.
Problemi di circolazione: se è compromesso il flusso di sangue nelle arterie periferiche i piedi sono i primi ad essere sottoposto a problemi.
sovrappeso: la forza esercitata sui piedi è circa il 120% del nostro peso corporeo, quindi chi è obeso mette eviden- temente sotto stress tutta la struttura del piede (frequentemente si verifica la fascite plantare).
Diabete: essendo i più lontani dal cuore, i piedi sono i primi ad avere problemi circolatori e di sensibilità, il che può causare scarsa guarigione di ferite.
Problemi di circolazione: se è compromesso il flusso di sangue nelle arterie periferiche i piedi sono i primi ad essere sottoposto a problemi.
Per
quanto riguarda i disturbi localizzati direttamente nei piedi, quelli più
comuni sono:
artrite e tendiniti: spesso causate dai piedi piatti che causano l’allungamento e l’indebolimento dei muscoli e dei tendini del piede.
Funghi: si sviluppano in presenza di un ambiente umido e caldo.
I piedi devono respirare, indi far prendere aria alle scarpe e usare calze che assorbendo l’umidità, riducano la possibilità di malattie fungine.
artrite e tendiniti: spesso causate dai piedi piatti che causano l’allungamento e l’indebolimento dei muscoli e dei tendini del piede.
Funghi: si sviluppano in presenza di un ambiente umido e caldo.
I piedi devono respirare, indi far prendere aria alle scarpe e usare calze che assorbendo l’umidità, riducano la possibilità di malattie fungine.
Cosa
fare per migliorare il dolore?
La migliore prevenzione del dolore al piede è l’esercizio fisico (anche una semplice camminata) che permette di mantenere in allenamento ossa, muscoli e tendini.
Quando il dolore è forte, come nel tuo caso, é necessario curare i disturbi della condizione fisica generale: dima- grire (in caso di sovrappeso);
controllare il diabete e curare i disturbi circolatori (a tale scopo – insieme al diabetologo, all’angiologo, al chi- rurgo vascolare – è utile il medico iperbarico per valutare l’appropriatezza della ossigenoterapia iperbarica). Per correggere i disturbi localizzati al piede è utile la valutazione di un fisiatra e/o dell’ortopedico che collaborino con il tecnico ortopedico e il podologo.
Spesso si riesce a migliorare il problema con scarpe adatte regolarmente indossate che garantiscano una postura corretta del piede.
E’ necessario misurare ogni tanto il proprio piede che si allunga e si appiattisce con l’età; evitare scarpe dolorose e, per le donne, i tacchi alti (non devono superare i 6 cm).
Ti saluto cordialmente, Pasquale
La migliore prevenzione del dolore al piede è l’esercizio fisico (anche una semplice camminata) che permette di mantenere in allenamento ossa, muscoli e tendini.
Quando il dolore è forte, come nel tuo caso, é necessario curare i disturbi della condizione fisica generale: dima- grire (in caso di sovrappeso);
controllare il diabete e curare i disturbi circolatori (a tale scopo – insieme al diabetologo, all’angiologo, al chi- rurgo vascolare – è utile il medico iperbarico per valutare l’appropriatezza della ossigenoterapia iperbarica). Per correggere i disturbi localizzati al piede è utile la valutazione di un fisiatra e/o dell’ortopedico che collaborino con il tecnico ortopedico e il podologo.
Spesso si riesce a migliorare il problema con scarpe adatte regolarmente indossate che garantiscano una postura corretta del piede.
E’ necessario misurare ogni tanto il proprio piede che si allunga e si appiattisce con l’età; evitare scarpe dolorose e, per le donne, i tacchi alti (non devono superare i 6 cm).
Ti saluto cordialmente, Pasquale
Bypass
coronarico con safenectomia
in diabetico: dolore alla gamba e piede
Mio padre,
diabetico, è stato operato d’urgenza, causa infarto, con 4 bypass e
sostituzione di una valvola cardiaca.
La vena è stata prelevata dalla gamba, già interessata da patologia diabetica (senza ulcere ma con formi- colii e gonfiori).
Dopo 2 mesi non riesce a camminare perchè avverte fortissimi dolori se poggia il piede e, in alcuni punti del- la gamba, anche al solo tocco (senza fare pressione).
Sono problemi dovuti alla safenectomia?
Il piede diabetico è peggiorato?
La ferita è asciutta: c’è la “crosticina” che lentamente sta venendo via ma la gamba è in alcuni punti arrossata e leggermente edematosa.
I punti al torace si sono sanati dopo 15 giorni.
Come si può intervenire? Grazie. Anna
La vena è stata prelevata dalla gamba, già interessata da patologia diabetica (senza ulcere ma con formi- colii e gonfiori).
Dopo 2 mesi non riesce a camminare perchè avverte fortissimi dolori se poggia il piede e, in alcuni punti del- la gamba, anche al solo tocco (senza fare pressione).
Sono problemi dovuti alla safenectomia?
Il piede diabetico è peggiorato?
La ferita è asciutta: c’è la “crosticina” che lentamente sta venendo via ma la gamba è in alcuni punti arrossata e leggermente edematosa.
I punti al torace si sono sanati dopo 15 giorni.
Come si può intervenire? Grazie. Anna
4 Risposte
cara
Anna, ti ringrazio per l’attenzione e mi dispiace per la situazione di tuo
padre.
La ferita al torace procede bene e non mi preoccupa.
Il dolore alla gamba e al piede richiede, invece, la massima attenzione.
E’ necessario capire se vi sia un problema vascolare (cioè se il prelievo della vena abbia peggiorato una situa- zione vascolare che nel diabetico è spesso alterata) oppure se il dolore sia dovuto a una alterata conduzione ner vosa (neuropatia autonomica) o a una malformazione dei piedi.
La ferita al torace procede bene e non mi preoccupa.
Il dolore alla gamba e al piede richiede, invece, la massima attenzione.
E’ necessario capire se vi sia un problema vascolare (cioè se il prelievo della vena abbia peggiorato una situa- zione vascolare che nel diabetico è spesso alterata) oppure se il dolore sia dovuto a una alterata conduzione ner vosa (neuropatia autonomica) o a una malformazione dei piedi.
E’
necessario il controllo del diabete (la glicemia deve essere costante e
l’emoglobina glicata tra il 4,9 e il 6,3%), il controllo della circolazione,
della conduzione nervosa e della postura.
Presso
il Centro iperbarico Ravenna, per il tuo papà, il primo passo sarebbe
controllare quanto sangue arriva al piede tramite:
- ossimetria transcutanea.
Devono esserci almeno 40 millimetri di mercurio di ossigeno durante respirazione in aria ambiente;
- doppler velocimetria.
La pressione arteriosa alla caviglia deve essere almeno il 45% di quella misurata al braccio (Ankle Brachial Index superiore a 0,45).
Questo parametro è però poco affidabile nel paziente diabetico, pertanto preferiamo il seguente:
- laser doppler flussimetria.
Permette di comprendere se ci sia un deficit vascolare attraverso la misurazione della pressione al primo dito del piede (la pressione nel dito del piede deve essere almeno il 20% di quella rilevata al braccio – Toe Brachial In dex superiore a 0,2).
Inoltre la risposta a vari test (riscaldamento, variazione della posizione del piede, rilascio della pressione) permettono di comprendere se ci sia una neuropatia.
- ossimetria transcutanea.
Devono esserci almeno 40 millimetri di mercurio di ossigeno durante respirazione in aria ambiente;
- doppler velocimetria.
La pressione arteriosa alla caviglia deve essere almeno il 45% di quella misurata al braccio (Ankle Brachial Index superiore a 0,45).
Questo parametro è però poco affidabile nel paziente diabetico, pertanto preferiamo il seguente:
- laser doppler flussimetria.
Permette di comprendere se ci sia un deficit vascolare attraverso la misurazione della pressione al primo dito del piede (la pressione nel dito del piede deve essere almeno il 20% di quella rilevata al braccio – Toe Brachial In dex superiore a 0,2).
Inoltre la risposta a vari test (riscaldamento, variazione della posizione del piede, rilascio della pressione) permettono di comprendere se ci sia una neuropatia.
In
caso di cattiva circolazione (ischemia), il papà sarebbe visitato
(eventualmente ricoverato) dal chirurgo vasco lare per valutare l’opportunità di
portare più sangue alla gamba e al piede tramite farmaci, procedure di
radiologia interventistica o chirurgia.
Qualora vi sia, invece, una neuropatia il piede verrebbe tenuto a riposo (in scarico), tenendolo a letto o preparan- do per lui un tutore ortopedico che eviti di caricare il peso sul piede malato.
Se ci fosse un danno meccanico alle ossa della gamba e del piede, il papà sarebbe valutato dal fisiatra per le cure del caso (terapia fisica come laserterapia, onde elettromagnetiche, onde d’urto, ecc.) e lo scarico del piede tra- mite apposito plantare.
Qualora vi sia, invece, una neuropatia il piede verrebbe tenuto a riposo (in scarico), tenendolo a letto o preparan- do per lui un tutore ortopedico che eviti di caricare il peso sul piede malato.
Se ci fosse un danno meccanico alle ossa della gamba e del piede, il papà sarebbe valutato dal fisiatra per le cure del caso (terapia fisica come laserterapia, onde elettromagnetiche, onde d’urto, ecc.) e lo scarico del piede tra- mite apposito plantare.
Se
ritenuta utile, applichiamo anche la ossigenoterapia iperbarica che è
importante per ridurre l’infiammazione; favorire la formazione di nuovi vasi
sanguigni (vasi collaterali) che aggirino la eventuale ostruzione nella
circo- lazione del sangue o la formazione di nuovi vasi sanguigni a opera di
cellule “operaie” che sono normalmente dor- mienti nel midollo (cellule
staminali) e che l’ossigeno iperbarico ha la capacità di reclutare; accelerare
del 150% l’attività delle cellule (fibrobalsti) deputate alla riparazione delle
ferite.
Per
eventuale visita contatta la segreteria del Centro iperbarico Ravenna
(0544-500152).
Per informazioni su altri Centri iperbarici consulta il sito della Società Italiana di Medicina Subacquea e Iperbarica (SIMSI) http://www.simsi.org (sulla destra troverai il link “centri iperbarici”).
Per informazioni su altri Centri iperbarici consulta il sito della Società Italiana di Medicina Subacquea e Iperbarica (SIMSI) http://www.simsi.org (sulla destra troverai il link “centri iperbarici”).
E’
giusto che tu faccia quanto possibile per capire, almeno, la causa del dolore
quando il papà poggia il piede a terra.
E’ importante che lui possa camminare bene quanto prima anche per facilitare il controllo del diabete.
Un caro saluto, Pasquale
E’ importante che lui possa camminare bene quanto prima anche per facilitare il controllo del diabete.
Un caro saluto, Pasquale
Grazie
infinite per la risposta.
Ho trovato a Bari un Centro di medicina iperbarica, proprio vicino all’ospedale dov’è ancora ricoverato mio pa- dre e mi sto mettendo in contatto con loro.
Comunque volevo specificare che mio padre ha iniziato la terapia insulinica dopo il ricovero (aveva la glicemia a 560 perchè per fobia degli aghi non aveva mai iniziato a usare l’insulina; ancora ora la glicemia non scende sotto i 200-250).
Inoltre si è formato del liquido nei polmoni che gli è stato aspirato due volte mentre una volta gli è stato applicato un drenaggio per una settimana.
I medici dell’ospedale dove è ricoverato, comunque, dicono che la situazione è buona ma la gamba non mi convince…
Ho trovato a Bari un Centro di medicina iperbarica, proprio vicino all’ospedale dov’è ancora ricoverato mio pa- dre e mi sto mettendo in contatto con loro.
Comunque volevo specificare che mio padre ha iniziato la terapia insulinica dopo il ricovero (aveva la glicemia a 560 perchè per fobia degli aghi non aveva mai iniziato a usare l’insulina; ancora ora la glicemia non scende sotto i 200-250).
Inoltre si è formato del liquido nei polmoni che gli è stato aspirato due volte mentre una volta gli è stato applicato un drenaggio per una settimana.
I medici dell’ospedale dove è ricoverato, comunque, dicono che la situazione è buona ma la gamba non mi convince…
cara
Anna, il direttore sanitario del Centro iperbarico di Bari si chiama dr.
Domenico Picca.
Gli racconti le problematiche.
Se lo riterrà opportuno, mi tenga informato.
Un caro saluto con i migliori auspici per il papà. Pasquale
Gli racconti le problematiche.
Se lo riterrà opportuno, mi tenga informato.
Un caro saluto con i migliori auspici per il papà. Pasquale
Gentile
dott. Longobardi, volevo aggiornarla sulla situazione di mio padre.
Dopo circa 1 mese di fisioterapia riesce a stendere la gamba senza dolore, mentre è rimasta dolente la pianta del piede (presumo per neuropatia diabetica).
Nel frattempo, però, causa l’immobilità dovuta ai dolori e ad una setticemia che l’ha molto indebolito, si sono for- mate delle zone nere ai lati del polpaccio (dove toccava il materasso).
Dopo tre mesi di visite di diversi specialisti (riguardanti cuore, reni, diabete, mobilità della gamba) e due setti- mane di ricovero per la setticemia, abbiamo chiamato un chirurgo plastico che, a pagamento, durante il ricovero in ospedale (il che, secondo me, è illogico) ha fatto la pulizia della gamba, rimproverandoci perchè l’avevamo chia- mato solo allora.
La situazione è complicata, perchè la necrosi si è estesa in profondità, fin quasi all’osso.
Il chirurgo ha proposto la terapia iperbarica, ma ci hanno detto che, data la situazione cardiologica, mio padre potrebbe avere problemi.
Vorrei sapere se è vero e cosa si può fare per migliorare la situazione.
Da quello che ho capito la funzionalità cardiaca è piuttosto compromessa perchè la plastica valvolare è stata effet- tuata d’urgenza e quindi non è perfetta (inoltre l’ischemia ha ovviamente provocato danni al cuore).
I medici hanno detto che tra qualche giorno sarà dimesso, e che dovremo continuare le medicazioni a casa (ov- viamente a pagamento…).
Grazie per la risposta. Anna
Dopo circa 1 mese di fisioterapia riesce a stendere la gamba senza dolore, mentre è rimasta dolente la pianta del piede (presumo per neuropatia diabetica).
Nel frattempo, però, causa l’immobilità dovuta ai dolori e ad una setticemia che l’ha molto indebolito, si sono for- mate delle zone nere ai lati del polpaccio (dove toccava il materasso).
Dopo tre mesi di visite di diversi specialisti (riguardanti cuore, reni, diabete, mobilità della gamba) e due setti- mane di ricovero per la setticemia, abbiamo chiamato un chirurgo plastico che, a pagamento, durante il ricovero in ospedale (il che, secondo me, è illogico) ha fatto la pulizia della gamba, rimproverandoci perchè l’avevamo chia- mato solo allora.
La situazione è complicata, perchè la necrosi si è estesa in profondità, fin quasi all’osso.
Il chirurgo ha proposto la terapia iperbarica, ma ci hanno detto che, data la situazione cardiologica, mio padre potrebbe avere problemi.
Vorrei sapere se è vero e cosa si può fare per migliorare la situazione.
Da quello che ho capito la funzionalità cardiaca è piuttosto compromessa perchè la plastica valvolare è stata effet- tuata d’urgenza e quindi non è perfetta (inoltre l’ischemia ha ovviamente provocato danni al cuore).
I medici hanno detto che tra qualche giorno sarà dimesso, e che dovremo continuare le medicazioni a casa (ov- viamente a pagamento…).
Grazie per la risposta. Anna
Appunto informativo di Giuseppe Pinna per S. O. S. - “Osteomielitici d’Italia” - Onlus «Centro Servizi Informativi On-line per Osteomielitici e Pazienti dell’Ospedale CODIVILLA-PUTTI di Cortina d’Ampezzo».
Vorremmo informare la Signora ANNA,
...che esiste il Servizio Infermieristico ADI (assistenza domiciliare in- tegrata) della propria ASL di appar- tenenza per proseguire le medicazioni a domicilio in regime sanitario gratuito.
Che ne parli con il medico di famiglia al fine di fargli istruire la pratica di richiesta urgente in 2 - 3 giorni, nel mentre le medicazioni (se giornaliere) gliele può fare lui... quale suo medico curante: per Legge!!! E, oltrettutto sono abbondantemente strapagati!
Amputazione gamba: come posso
evitarla?
Caro
dottore, piu o meno sai la storia di mio padre.
Il piede amputato aveva un infezione grave e lo hanno operato un po più in su dell’infezione.
Il dottore che lo ha operato dice che ha ancora paura che l’infezione progredisca e insiste per amputarlo sopra il ginocchio.
Il piede amputato aveva un infezione grave e lo hanno operato un po più in su dell’infezione.
Il dottore che lo ha operato dice che ha ancora paura che l’infezione progredisca e insiste per amputarlo sopra il ginocchio.
Per quanto
riguarda l’altro piede, secondo il dottore è morto però non gli
hanno fatto nessun tipo di control- lo.
Mio padre quel piede se lo era scottato in una ampia parte anteriore.
Mio padre quel piede se lo era scottato in una ampia parte anteriore.
Cosa possa
fare?
Come devo procedere?.
Grazie mille, aspetto le tue notizie. Albert
3 RisposteCome devo procedere?.
Grazie mille, aspetto le tue notizie. Albert
Caro
Albert, ti ringrazio per la tua attenzione.
La situazione di tuo padre è terribile e io provo angoscia: presso il Centro iperbarico di Ravenna avremmo già applicato quanto ti ho segnalato in dicembre 2010 http//www.iperbaricoravennablog.it/2010/12/06/piede-diabetico -si-puo-evitare-lamputazione/) e il due febbraio 2011 http://www.iperbaricoravennablog.it/2011/02/02/amputazione -gamba-con-infezione-cosa-fare/).
La situazione di tuo padre è terribile e io provo angoscia: presso il Centro iperbarico di Ravenna avremmo già applicato quanto ti ho segnalato in dicembre 2010 http//www.iperbaricoravennablog.it/2010/12/06/piede-diabetico -si-puo-evitare-lamputazione/) e il due febbraio 2011 http://www.iperbaricoravennablog.it/2011/02/02/amputazione -gamba-con-infezione-cosa-fare/).
Se tu
riuscissi a farmi avere una angiografia (o una angio Risonanza magnetica) degli
arti inferiori oppure alme- no un ecocolordoppler arterioso degli arti inferiori,
potrei chiedere al dr. Elio Piccinini – responsabile del Centro Cura Ferite
Difficili della Ausl Ravenna e primario del reparto di chirurgia vascolare
dell’Ospedale di Ravenna – se sia possibile ricoverarlo per le cure giuste del
caso.
Mi
farebbe molto piacere esserti utile.
Invia i referti all’email dell’ufficio: direzione@iperbaricoravenna.it e al mio personale:divedoc@libero.it
Ciao, Pasquale
Invia i referti all’email dell’ufficio: direzione@iperbaricoravenna.it e al mio personale:divedoc@libero.it
Ciao, Pasquale
febbraio 7th, 2011 - 12:27
Storia di un'Anziano affetto da diabete, osteomielite, ischemia: si può evitare l’amputazione?