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giovedì 31 maggio 2012

(Scheda 52) Il Rischio di amputazione degli arti si riduce con la terapia iperbarica.


 

Centro Iperbarico di Ravenna


  Il Rischio di amputazione arti                           si riduce con la terapia iperbarica           


Articolo informativo di Giuseppe Pinna per S. O. S. - “Osteomielitici d’Italia” - Onlus «Centro Servizi Informativi On-line per Osteomielitici e Pazienti dell’Ospedale CODIVILLA-PUTTI di Cortina d’Ampezzo».

Che cosa è l'Ossigenoterapia iperbarica?

http://www.iperbaricoravennablog.it/wp-content/uploads/2011/03/NAtasha-foto-diabete.jpg
L’Ossigenoterapia iperbarica (OTI) è una terapia etica, riconosciuta dalla medicina convenzionale, non in vasiva e basata sulla respirazione di ossigeno puro al 100% o miscele gassose iperossigenate all’interno di una Camera Iperbarica. 
La pressione permette la diffusione dell’ossigeno nel sangue con una concentrazione superiore anche dieci volte rispetto al normale; in questo modo si favorisce la formazione di nuovi vasi sanguigni e si mobilitano le cellule staminali. 
L’Oti, riattivando i processi metabolici bloccati, porta alcune importanti malattie a guarigione o migliora- mento. 
È efficace, per esempio, per le embolie gassose arteriose, la gangrena gassosa da clostridi, l’ische- mia traumatica acuta, l’osteomielite cronica refrattaria, gli innesti cutanei e i lembi a rischio, la necrosi ossea asettica e la sordità improvvisa, le ulcere cutanee

- i dati in Emilia-Romagna -


9 agosto 2010 - Scritto da Redazione - 1 Commento in risposta a questo articolo.
La terapia iperbarica è ormai molto nota e utilizzata per numerose patologie. 
Grazie al dossier sull’assistenza ai pazienti diabetici, pubblicato dalla Regione Emilia Romagna (vedi link sotto), anche i più scettici possono contare su numeri, studi e dati scientifici che dimostrano l’efficacia del trattamento in camera iperbarica per molte patologie.
Malattie come il diabete, lesioni cutanee gravi, traumi da sport, insufficienza venosa e deficit arte- rioso possono, negli stadi più avanzati e gravi, portare all’amputazione dell’arto interessato dalla patologia.
Il fattore tempo in questo caso è determinante e bisogna sfruttarlo al meglio. 
L’ossigenoterapia iperbarica aiuta a ridurre notevolmente il rischio di amputazione degli arti, perché sti- mola la produzione di cellule staminali che rigenerano i tessuti.


Per dimostrare quanto appena detto si può guardare il caso dell’Emilia – Romagna: nel bacino di utenza del Centro Iperbarico di Ravenna, e in generale in tutta la provincia si nota un minore tasso di amputazione arti (segnato dal colore azzurro chiaro nella figura). 
Sarà un caso? 
Per chi volesse informazioni sulla spesa sanitaria per questo tipo di patologie può consultare il dossier 179- 2009Profili di assistenza e costi del diabete in Emilia-Romagna“.
                                                                                               Il Dr. Longobardi
Pasquale Longobardi

       Giuseppina e la sua paura di entrare...          in camera iperbarica

11 marzo 2011 - Scritto da Redazione - Nessun commento in risposta a questo articolo.
 
Giuseppina ha 63 anni e se oggi è quasi guarita dalla sua ulcera traumatica è grazie al fatto che ha superato la paura di entrare in camera iperbarica.
Ma andiamo in ordine. 
Giuseppina arriva da Ferrara al Centro Iperbarico di Ravenna poco più di un mese fa per un’ulcera tra- umatica
E’ molto avvilita e scoraggiata perché sta male da qualche mese e per giunta nell’ultimo periodo è afflitta da un dolore molto forte. 
Il tutto è iniziato a settembre del 2010 con la comparsa di un eczema sul dorso del piede sinistro. 
n seguito a dicembre, e sempre allo stesso piede, Giuseppina subisce un trauma distorsivo alla caviglia. 
A questo punto le cose precipitano perché inizia un processo flogistico con conseguente erisipela e cellulite.
Per questo a gennaio Giuseppina viene operata e il chirurgo plastico fa un escarectomia, con l’esportazione della parte compromessa e necrotizzata. 
Dopo un mese dall’intervento viene inviata al Centro Iperbarico di Ravenna.
A questo punto però Giuseppina rivela di soffrire di claustrofobia ed è terrorizzata all’idea di rimanere chiusa nella camera iperbarica
 Infatti dopo la prima seduta dice di non voler continuare. 
Ascolto le sue preoccupazioni, ci parlo a lungo  e piano piano rassicurandola la convinco a riprovare.
Ora Giuseppina è praticamente guarita e grazie alla camera iperbarica e ai bendaggi elastocompressivi  la sua gamba è tornata normale. 
Per arrivare alla guarigione completa servono altre dieci sedute in camera iperbarica ma Giuseppina ha ac- cettato di farle volentieri.
La cosa più bella è che ogni volta che medico la sua gamba Giuseppina mi ripete “se nono guarita è solo perché ho avuto la fortuna di avere te che mi ha convinto a insistere e superare la paura. Non me ne dimenticherò mai!”
Beh sapete che vi dico, neanche mi dimenticherò mai di Giuseppina! 
Grazie                                                     Alessandra Sasselli

                Come mi vesto per andare...                  in camera iperbarica?

5 ottobre 2010 - Scritto da Redazione - Nessun commento in risposta a questo articolo.












“No signora, lo scafandro non serve. 
No, davvero, neanche della muta c’è bisogno”.
“Ma lei mi ha detto che è come andare sott’acqua…”.
“E’ vero le ho detto così ma era per provare a semplificare il principio su cui si basa l’ossigenoterapia iperbarica
Cercherò di essere più chiara: nella camera iperbarica lei respira ossigeno ad una “profondità” compresa normalmente tra i 9 e i 15 m… in questo modo l’ossigeno raggiunge tessuti dove non arriva respirando a quota zero. 
Facciamo un esempio pratico: la camera che viene compressa a 2,5 atmosfere è come se scendesse a 15 m sotto il livello del mare, ma in realtà non si muove, e quindi NON VA SOTT’ACQUA
Perciò non è necessario indossare né muta né scafandro, e neanche occhialini e cuffia!”.
A parte gli scherzi… la domanda “cosa mi metto per entrare in camera?” è in assoluto quella che più spesso ci rivolgono i pazienti del Centro Iperbarico di Ravenna.
È per questo che ho deciso di scriverlo qui, così sarà più chiaro per  tutti!
La verità è che l’unico divieto vero e proprio riguarda gli indumenti completamente sintetici.
Si possono indossare tranquillamente capi di lana e cotone, e anche se nel vostro maglione c’è una piccola percentuale di materiale sintetico niente paura, non succederà assolutamente niente!
Se però avete qualche dubbio potete sempre chiedere ai nostri tecnici.
Il giorno della prima seduta ogni paziente riceve un kit, in una borsina con il nostro logo che poi rimane a lui come ricordo, composto da:
- una maschera sterilizzata (che userà per tutte le sedute in camera iperbarica)
- un camice azzurro da indossare sopra i propri vestiti.
Dovreste vedere che belli i nostri pazienti nel corridoio che aspettano l’appello dei tecnici: con tutti qui ca- mici azzurri sembra di essere dietro le quinte di un concerto di un coro Gospel!
                                                                                                                        Francesca Cappai

       Appunti del Dr. Longobardi sul Convegno di Grosseto        “Medicina subacquea: work in progress”
26 settembre 2011 - Scritto da Redazione - Nessun commento in risposta a questo articolo.
 http://www.iperbaricoravennablog.it/wp-content/uploads/2011/09/medicina-subacquea.jpg
 
 Il 21 settembre scorso si è tenuto a Grosseto il convegno dal titolo “Medicina subacquea: work in pro- gress” moderato dal prof. Antonio L’Abbate e dal dr. Marco Brauzzi
Al convegno sono intervenuti:
- Prof. Stephen Thom (University of Pennsylvania - Philadelphia), con un intervento dal titolo "Micro- particles and Decompression Illness: updating the lane of research" (Aggiornamenti sul percorso di ricerca);
- C.V. (MD) Dr. Fabio Faralli (Comsubin - La Spezia) con un intervento dal titolo L’immersione tecni- ca ed il rischio decompressivo.
Il Dr. longobardi ha seguito l’iniziativa in videoconferenza interagendo con i moderatori e i relatori online. 
Per i medici e i subacquei interessati il Dr. Longobardi mette e a disposizione i suoi appunti arricchiti con le immagini tratte dalle presentazioni originali dei due relatori.
Puoi scaricare gli appunti del Dr. Longobardi e vedere alcune immagini tratte dalla presentazione del Prof Stephen Thom del Prof. Stephen Thom e dalla presentazione del Dr. Faralli (le slide sono rielaborate dal Dr. longobardi e non sono le presentazioni originali dei relatori) 
Prof. Stephen Thom
 http://www.iperbaricoravennablog.it/wp-content/uploads/2011/09/stephne-thom.jpg
Il prof. Stephen Thom ha evidenziato che le immersioni con stress decompressivo (ripetitive, multiday) aumentano la quantità di microparticelle nel sangue (“polvere cellulare”). 
Le particelle più grandi di un micron (un millesimo di millimetro) possono attivare i globuli bianchi e sca- tenare l’infiammazione (rossore, calore, gonfiore, dolore, alterata funzionalità). 
Le particelle contengono gas e quindi le loro dimensioni si riducono se il subacqueo incidentato è ricom- presso in camera iperbarica
L’immersione tecnica (autorespiratore a riciclo con pressione parziale di ossigeno nella miscela respi- rata sul fondo di 1,2 atmosfere) pare ridurre le dimensioni delle microparticelle rispetto alla immersione con respirazione in aria (quindi l’immersione tecnica, correttamente eseguita, pare ridurre la probabilità dell’incidente da decompressione rispetto all’immersione avanzata con aria. L’Autore ha precisato che è necessaria prudenza nel trasferire i dati della ricerca alla pratica dell’immersione.
Dr. Fabio Faralli
http://www.iperbaricoravennablog.it/wp-content/uploads/2011/09/fabio-faralli.jpgIl C.V. dr. Fabio Faralli (Marina Militare Italiana) ha presentato la dif- ferenza tra i diversi modelli di decompressione, compartimentali e a controllo delle bolle. 
Ritiene che le bolle non siano il fattore principale che causa l’incidente da decompressione e fa riferimento alla presentazione del prof. Stephen Thom
La ricerca ha evidenziato che le soste profonde vadano introdotte solo per immersioni a profondità massima di 25-27 metri per tempi di permanenza sul fondo prolungati (sessanta minuti o di più). 
L’utilizzo di soste profonde per immersioni a maggiore profondità e per breve tempo di permanenza sul fon- do pare che siano correlate con un aumento della probabilità di incidente da decompressione.
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   Storia di un'Ulcera traumatica alla gamba   con sospetta Osteomielite: cosa fare?

7 febbraio 2011 - Scritto da marcello brecciaroli - 1 Commento in risposta a questo articolo.
Gent.mo Dottore, da 40 anni ho un’ulcera trofica al terzo medio  inferiore (distale) della tibia a seguito di un incidente del 1972. 
Allora subii un’ intervento con osteosintesi
Dopo 12 mesi, durante la rimozione della sintesi – a causa di di un infezione intestinale (salmonellosi) con- tratta in ospedale – mi si è aperta l’ulcera che oramai è diventata trofica a a periodi tende ad aprirsi.
Ho fatto molte sedute di laser e ho sperimentato molte creme e pomate varie ma senza risultati aprezzabili.
Ora volevo fare un’intervento di plastica ma è risultato che la circolazione venosa è a posto mentre l’arteria ti biale è occlusa, inoltre hanno diagnosticato sospetta Osteomielite
Ho fatto la RM, l’ecodoppler, la radiografia, l’angioTAC, la scintigrafia con leucociti e anche la ossimetria transcutanea (TcO2) che segnala: ossigenazione periferica ridotta bilateralmente a livello dell’arteria tibiale an teriore.
Preciso che ho 70 anni sono fumatore da 40 anni, che i valori del sangue (colesterolo, glicemia) e la pres- sione arteriosa sono nella normalità.
La ringrazio anticipatamente: mi scuso per il disturbo. 
GRAZIE!            Marcello
Risposta 
  1. Pasquale Longobardi
    caro Marcello, ti ringrazio per l’attenzione.
    Nel tuo caso credo che effettivamente si tratti di Osteomielite refrattaria cronica della tibia, visto che c’è stato un trauma (nel 1972) e l’ulcera alla gamba dal 1973 ogni tanto si apre.
    L’Osteomielite è sostenuta da fattori di compromissione sistemica (nel tuo caso: l’età superiore ai 65 anni, il fumo oltre venti pacchetti di sigarette l’anno) e locali (l’ostruzione dell’arteria tibiale anteriore).
    Il Centro iperbarico Ravenna ha consolidata esperienza e competenza per aiutarti a risolvere il problema.
    Il trattamento dell’Osteomielite cronica prevede un percorso interdisciplinare.
    Innanzitutto è prevista la valutazione del chirurgo vascolare per decidere se sia appropriata una angioplastica (di- latazione con palloncino dell’arteria tibiale) o una rivascolarizzazione. 
    Poi dell’ortopedico per valutare l’opportunità di una pulizia dell’osso.
    Quindi si associa la ossigenoterapia iperbarica, l’antibioticoterapia (incluso l’utilizzo di innesto di osso impregnato di antibiotico posto nella sede della pulizia), la stimolazione antibatterica attiva (ITSB) qualora le tue difese immunitarie siano “fredde” rispetto all’infezione dell’osso.
    Il protocollo del Centro iperbarico Ravenna prevede un ruolo importante della terapia fisica (utilizzando anche la SIT Therapy – cioè il Sistema Infiltrativo Transdermico per veicolare nei tessuti, attraverso la idroelettroforesi, diversi farmaci e sostanze naturali) e della riabilitazione.
    L’ossigenoterapia iperbarica ha scopo adiuvante e crea le migliori condizioni cliniche ossigenative per la funzio- nalità degli antibiotici, risolve eventuali deficit ossigenativi locali, migliorando la prognosi.
    I risultati del percorso terapeutico interdisciplinare sono ottimi. 
    Per maggiori informazioni e per la valutazione presso il Centro iperbarico Ravenna contatta la segreteria (tel. 0544-500152, email: direzione@iperbaricoravenna.it                        Ciao, Pasquale

                            Storia di un'Anziano affetto da              diabete, osteomielite, ischemia:                                     si può evitare l’amputazione?

24 gennaio 2011 - Scritto da PAOLA FIORETTI - 3 Commenti in risposta a questo articolo.
Buongiorno, chiedo se è possibile curare una ulcera al piede (paziente diabetico, di 85 anni,  in cura da 12 mesi presso un centro del piede diabetico) con camera iperbarica.
Il mio papà è affetto da 75 anni da Osteomielite cronica (con infezione da stafilococco) alla gamba dx (cicatrice enorme che parte da sotto al ginocchio fino ad arrivare al collo del piede) tenuta positiva- mente sotto controllo dal 1991 al 2005 con 2 cicli annuali di 10-15 di sedute di camera iperbarica.
Vista la situazione di affaticamento del cuore il centro iperbarico non ha più accettato il papà come pa- ziente.
Negli ultimi 2 anni la situazione è peggiorata: la gamba fistolizzata è ritornata a sporcarsi e negli ultimi 12 mesi una infezione da escheriacoli al piede dx ha portato all’amputazione del 2° dito nel mese di agosto 2010. 
Ora, la cicatrizzazione dell’amputazione non è ancora avvenuta (non hanno mai chiuso la ferita e perio- dicamente va medicata) ed in tutto questo periodo si sono susseguite continue infezioni sia al dito che alla gamba . 
Oltre alla cura con antibiotici, nel maggio 2010 è stata effettuata una pulizia della arteria femorale profonda senza by pass  (per via dell’osteomielite alla gamba).
Nel mese di dicembre sono state effettuate 5 sedute di ossigeno-ozono terapie locali che hanno portato al la situazione molto critica di oggi. 
Vale a dire: tutte le dita del piede tranne il mignolo sono viola (la dottoressa dice che è tipico di un piede is chemico ma io che sono ignorante, chiedo: non potrebbe essere segnale di necrosi?). 
La ferita dell’amputazione sanguina ed è infetta, le fistole attive della gamba sono infette, il piede è freddo gelido e da 10 giorni il mio papà non deambula più dal dolore. 
Con la cura attuale di Bactrim, la sua temperatura è sempre 37°.
E’ vero che non si può più far niente? 
Ringrazio e mi scuso per i temini non precisi.                                  Paola Fioretti
 Risposta
  1. Pasquale Longobardi
    cara Paola, ti ringrazio per l’attenzione e mi dispiace per la grave situazione di tuo padre.
    Le ulcere del papà alla gamba e al piede sono dovute alla arteriopatia ostruttiva periferica (ischemia) e sono complicate dalla presenza, a livello generale, del diabete e dei disturbi al cuore; a livello locale, dalla Osteomielite cronica refrattaria.
    La terapia è il ripristino della circolazione (il papà ha già eseguito l’angioplastica), il controllo del diabete (la glicemia deve essere costante e l’emoglobina glicata tra il 4,9 e il 6,3%), l’eventuale pulizia dell’osso (solo quando si sia certi che la circolazione del sangue nella gamba sia sufficiente).
    Presso il Centro iperbarico Ravenna, per il tuo papà, il primo passo sarebbe controllare quanto sangue arriva al piede tramite:
    - ossimetria transcutanea. Devono esserci più di 40 millimetri di mercurio di ossigeno;
    - doppler velocimetria. La pressione arteriosa alla caviglia deve essere almeno il 45% di quella misurata al braccio (indice ABI superiore a 0,45);
    - laser doppler flussimetria. Misura la pressione al primo dito del piede, il rapporto con la pressione arteriosa mi- surata al braccio, la risposta a vari test (riscaldamento, variazione della posizione del piede).
    Definita l’entità dell’ischemia (e se i vasi sanguigni siano ancora aperti dopo la pulizia già effettuata), si procede in maniera mirata.
    In caso di ischemia, il papà sarebbe visitato (eventualmente ricoverato) dal dr. Elio Piccinini (primario della chirurgia vascolare dell’Ospedale civile di Ravenna e coordinatore del Centro Cura Ferite Difficili della Ausl Ravenna) per valutare l’oportunità di portare più sangue alla gamba e al piede. 
    Quando ci sia sangue sufficiente, verrebbe eseguita eventuale pulizia dell’osso e antibioticoterapia mirata. 
    E’ essenziale che il diabete sia controllato. 
    Per questo, collaboriamo con il Centro diabetologico dell’Ospedale di Ravenna (dr. Paolo Di Bartolo).
    Per la ossigenoterapia iperbarica, presso il Centro iperbarico di Ravenna, si verifica, per i pazienti cardiopatici, il punteggio sulla scala di rischio cardiaco di Detzsky in base a una serie di parametri (età, pregresso infarto del cuore, edema polmonare, angina, aritmia e altro). 
    I pazienti:
    - in classe 1 (0-15 punti, rischio inferiore al 15%) possono fare la terapia iperbarica;
    - in classe 2 (16-30 punti, rischio del 15-30%) necessitano di ulteriori accertamenti (come l’ecocardiografia);
    - in classe 3 (più di 30 punti, rischio superiore al 30%) la terapia iperbarica è controindicata.
    Per eventuale visita contatta la segreteria del Centro iperbarico Ravenna (0544-500152). 
    E’ giusto che tu faccia quanto possibile per capire, almeno, se l’amputazione sia veramente necessaria. 
    Un caro saluto,                            Pasquale

Osteomielite: cosa fare?

30 novembre 2010 - Scritto da salvatore chiesa - 1 Commento in risposta a questo articolo. 
Salve dottore, sono un ragazzo affetto da mielomelingocele fortunatamente autonomo nel camminare.
Il problema  mi è sorto dal 2000, circa dieci anni fa. 
In pratica questa patologia mi ha portato un piede torto e dieci anni fa mi si è formata un ulcera in seguito alla quale si è infettato l’osso (Osteomielite). 
In questi anni ho fatte cure iperbariche, antibiotici, pulizie chirurgiche senza nessun risultato.  
Sono stato ricoverato al centro ICOT di Latina, al Rizzoli di Bologna, al Codivilla Putti di Cortina di Ampez- zo senza aver mai ottenuto beneficio. La mia vita sta iniziando veramente a essere un inferno. 
Non so piu dove recarmi e a chi rivolgermi. 
Non so se realmente riuscirò a guarire. 
Lei pensa di potermi dare qualche consiglio? 
Attendo con ansia una sua risposta. 
La ringrazio, cordiali saluti.                                                                                   Salvatore Chiesa 
Risposta
  1. Pasquale Longobardi
    Caro Salvatore, ti ringrazio per l’attenzione. 
    Mi dispiace profondamente per la mancata guarigione nonostante tu sia stato ricoverato nei migliori Centri italiani, che io conosca, per il trattamento dell’Osteomielite.
    Presso il Centro iperbarico Ravenna ci comportiamo cosi:
    - siccome l’Osteomielite refrattaria cronica è spesso dovuta a qualche danno nell’organismo o a livello locale, cer chiamo eventuali danni con indagini che eseguiamo in sede (doppler velocimetria, ossimetria transcutanea, laser- dopplerflussimetria) e chiediamo delle indagini che devono essere eseguite al massimo un mese prima della visita (radiografia, scintigrafia con leucociti marcati e/o Risonanza magnetica; esami del sangue: emocromo con for- mula, quadro proteico elettroforetico, VES, PCR, fibrinogeno, creatininemia, sideremia, ferritina, transferrina, transaminasi, glicemia, esame delle urine);
    - “aggiustiamo” tutti i danni che sono correggibili (per esempio il fumo di oltre venti pacchetti di sigarette per anno ritarda la guarigione in maniera importante);
    - se l’osso fosse da pulire, viene prevista la pulizia chirurgica e, se necessario, l’applicazione di cemento conte- nente antibiotico la cui azione è rafforzata dall’ossigeno iperbarico (aminoglicosidico);
    - procediamo con venti sedute di ossigenoterapia iperbarica a 2,5 bar per favorire il rimaneggiamento dell’osso e la formazione di un microcircolo che porti nell’osso malato il sangue e quindi i farmaci;
    - se, dopo le prime venti sedute di terapia iperbarica, gli indici di flogosi (VES, PCR, fibrinogeno) fossero normali, pur essendo evidente l’infezione, stimoliamo la risposta immunitaria con un ciclo di immunoterapia aspecifica (“vaccino”);
    - somministriamo antibioticoterapia, associando due farmaci che penetrano nell’osso, anche fino a sei mesi (con- trollando la funzionalità del rene e del fegato);
    - proseguiamo con ulteriori venti sedute di terapia iperbarica a 2,2 bar per favorire la riparazione dell’osso.
    - Se tutto funziona bene, si decide se rimuovere il cemento antibiotato e se applicare la terapia a pressione negativa (una macchina che aspira le secrezioni dalla ferita giorno e notte e contemporaneamente instilla automatica- mente dell’antibiotico) oppure il gel piastrinico o se effettuare un innesto di osso;
    - nei casi difficili ci avvaliamo della collaborazione di bravissimi ortopedici che fanno parte del Gruppo Italiano per lo Studio e la Terapia delle Infezioni dell’Osso e collaboriamo con l'Associazione Nazionale per le Infezioni Osteo-Articolari (numero telefono verde 800-688400).
    Se tu fossi interessato a una nostra valutazione, contatta la segreteria del Centro iperbarico Ravenna (tel. 0544- 500152), facendo riferimento a questo contatto tramite il blog.
                                                                                                                                                                             Ciao, Pasquale

Mamma, mi hanno salvato il dito!

3 dicembre 2010 - Scritto da Redazione - 2 Commenti in risposta a questo articolo.                                                     Vogliamo raccontarvi la storia di Mattia, 5 anni, che quest’estate si è tagliato un dito del piede con dei for- bicioni da campo.
“Non si può fare niente, mi dispiace” ha detto un medico a Modena, “Bisogna amputare il dito, non c’è solu- zione”, ha detto un altro a Roma.
Ma la mamma non accetta queste risposte e gira (nel vero senso della parola) per mezza Italia finchè non si imbatte nel primario di Ortopedia dell’ospedale di Ravenna il quale consiglia di rivolgersi subito al Centro Iperbarico di Ravenna.
Difficile raccontare senza emozionarsi quello che è successo da quando Mattia ha varcato la porta del Cen- tro.
Da subito – dice – la mamma – ci hanno dato speranza, non hanno mai parlato di amputazione, ma di voler tentare ad ogni costo di salvare quel ditino che alcuni avevano addirittura definito “non indispendabile”.
Certamente far entrare un bambino così piccolo in camera iperbarica non è facile. 
Mattia la prima volta è stato dentro soltanto una ventina di minuti, ma in così poco tempo si vedevano già i primi risultati: il dito cominciava a prendere colore e perdere quel violaceo che tanto spaventava.
Da quel 2 settembre della prima seduta Mattia ne ha fatte circa 25/30, riuscendo a stare in camera iper- barica fino a un’ora e 45 minuti (difficile anche per un adulto!).
Volete sapere come è finita? 
Mattia ha ancora il suo bel ditino, certamente non lo muoverà e quest’inverno avrà bisogno di scarpe un po’ più “comode” ma il dito c’è eccome e, vedere la gioia di questo bambino nel dire “Mi hanno salvato il dito!” non ha veramente prezzo e ripaga di qualsiasi sforzo o giornata negativa.
Quello che speriamo è che questa storia, come tante altre, possa essere d’aiuto a chi, bambini e adulti, si tro vi in situazioni spiacevoli simili a queste e che faccia ricredere chi conosce la terapia iperbarica ma non rico nosce appieno i suoi benefici.
La mamma vuole ringraziare tutti, dai tecnici, ai medici, agli infermieri, al Direttore Sanitario, fino agli altri pa- zienti in camera iperbarica con Mattia, che lo hanno fatto sentire a casa. 
E continua i ringraziamenti in modo speciale per Patrizia, tutt’ora disponibile a incontrare Mattia in ogni mo- mento e senza preavviso in caso di bisogno. 
“Abbiamo incontrato degli angeli!” dice la mamma.
E noi ringraziamo loro, perchè vedere un bambino che entra al Centro Iperbarico con gli occhi che brillano è già una grande emozione, ma sapere  che il motivo della sua gioia è quello che abbiamo fatto per lui è dav- vero il massimo!
2 Risposte
  1. Rosario Forestieri
    E’ proprio vero, caro Pasquale, che nel nostro lavoro un grazie sincero, che sei cosciente di meritare, ti gratifica più di qualsiasi guadagno.
  2. Pasquale Longobardi
    grazie a te, Rosario, per l’attenzione. Sono estremamente felice per Mattia e orgoglioso per lo staff del Centro iperbarico Ravenna (ormai siamo circa cinquanta collaboratori).                                Un abbraccio, Pasquale

              Ferita post operatoria malleolo

25 novembre 2010 - Scritto da claudia castillo - 9 Commenti in risposta a questo articolo. 
Gentile dott. Longobardi, ho 40 anni e una frattura trimalleolare scomposta al piede sx, con placca sul lato esterno (il consolidamento delle ossa è ok).  
Intervento (sintesi ossea)  fatto il 1°ottobre. 
Il 10 novembre ho cominciato il carico progressivo.
Il problema: spuntata la ferita  il giorno 15 ottobre dopo una settimana si è riaperta (la pelle giusto sopra il malleolo esterno), con infezione superficiale (staphilococo). 
Trattamento con 20 gg di Augmentin. 
Ultimo tampone il 17 novembre con risultato negativo. 
Però la ferita non chiude.
La prima medicazione è stata fatta con Betadine per elimanare l’infezione, dopo con un gel enzimatico per eliminare cellule morte, da una settimana la medicazione viene fatta con Connettivina (garza).
La ferita è grande quanto l’unghia del pollice e si vede la placca….. secondo lei la terapia iperbarica puo aiutarmi a far chiudere la ferita?                                                                         Grazie infinite, Claudia
9 Risposte
  1. Pasquale Longobardi
    cara Claudia, grazie per l’attenzione e la stima.
    La tua ulcera è solo una “boa” che segnala un problema in profondità.
    E’ necessario verificare che la placca non sia infetta.
    Una volta esposta all’aria, si forma su di essa una specie di “fango” costituito da proteine e microbi.
    Il “fango” nasconde i germi e gli antibiotici non funzionano.
    L’unico rimedio, in tal caso, sarebbe la rimozione della placca.
    Per verificare se ci fosse questo problema, chedi una scintigrafia ossea con leucociti marcati e un esame del sangue (emocromo con formula leucocitaria, VES, PCR, fibrinogeno).
    Se la scintigrafia fosse nella norma (negativa) e gli esami del sangue fossero normali (indici ematochimici di in- fiammazione negativi), potremmo effettuare un bendaggio funzionale con garza medicata allo zinco e ittiolo (an- tinfiammatori e antiedemigeni) + terapia fisica per ridurre l’edema (laser, tecar terapia, ecc.).
    Se la cavilgia si sgonfiasse, i margini della ferita si avvicinerebbero e sarebbe possibile unirli con qualche punto di sutura.
    Le ulcere post traumatiche sono da noi seguite presso il Centro Cura Ferite Difficili Ausl Ravenna (struttura pub- blica – segreteria 0544-500152).
    L’ossigenoterapia iperbarica è un utile metodo per accelerare la guarigione qualora sia esclusa l’infezione della placca.
    Ne parleremo insieme quando avrai la risposta delle indagini suggerite.                         Ciao, Pasquale Longobardi
  2. Claudia
    Gentilissimo dott. Longobardi, ho cominciato la terapia iperbarica.
    Mi hanno suggerito 16 sedute, ho potuto farne 8 della durata di 120 minuti ognuna.
    Purtroppo a causa di problemi di gestione familiare non sono riuscita a farle tutte 8 insieme, le ho fatto 2 o 3 volte a settimana, la ferita va meglio si sta chiudendo e si è già formata crosticina, secondo lei continuare a fare le altre 8 sedute (purtroppo sempre 2 o 3 a settimana) può avere un senso?
    C’è chi mi dice che se non faccio tutte le 16 sedute senza pausa non funziona la terapia, lei che ne pensa?
                                                                                                                                                                 Grazie infinite, Claudia
  3. Pasquale Longobardi
    cara Claudia, sono felice che tu abbia iniziato l’ossigenoterapia iperbarica.
    Visto che sei soddisfatta dei risultati finora ottenuti, prosegui con il massimo impegno che ti sia ragionevolmente possibile (ciò che funziona, funziona).
    Se dovessimo ragionare in termini scientifici ti direi che sarebbe importante la pulizia chirurgica della placca (la- vaggio con soluzione di acido acetico tamponato), antibioticoterapia e ossigenoterapia effettuata cinque giorni per settimana per almeno tre settimane.
    Nella vita reale è però necessario bilanciare gli aspetti scientifici con la tua necessità di gestire la famiglia.
                                                                                                                             Felici auguri di serene festività. Pasquale
  4. Claudia
    Gentile dott. Longobardi, ho bisogno di un suo parere, anche se sono consapevole che a distanza è sempre difficile.
    Abbiamo vinto tante battaglie nella lotta contro la mia ferita aperta, siamo riusciti a chiudere quasi 4 cm.
    Ho fatto 16 sedute di iperbarica per poi seguire con un trattamento di Hyaloffill e Dermacyn eseguito da un team specializzato in ferite difficili della Multimedica di Milano.
    Tutto ha contribuito a chiudere gran parte della ferita, purtroppo rimane aperta ed esposta la testa dell’ultimo chiodino della placca che si appoggia sul malleolo.
    Sia la dottoressa dell’iperbarica sia il team della multimedica, pensano che niente chiuderà quel pezzettino in quanto manca di vascolarizzazione e che essendo aperto dal 27 ottobre rappresenta ormai un rischio d’infezione e complicanze più gravi.
    Il dott. Pescatori, l’ortopedico che mi ha operato e che segue tutti i mie passaggi, condivide il loro parere e mi sug- gerisce vivamente, dopo aver fatto una recente radiografia delle ossa (6 gennaio), di togliere la placca, suggeri- mento condiviso e proposto anche da tutti gli specialisti e medici che recentemente mi hanno incontrato.
    Le ossa sono ormai consolidate, cammino anche se con un piede molto rigido in quanto abbiamo fermato le fisio- terapie per far chiudere la ferita.
    Non nego che solo il pensiero di un altro intervento mi faccia venire i brividi…..lei cosa ne pensa?
    Grazie infinite per il suo sempre opportuno e riassicurante consiglio.                                                           Claudia
  5. Pasquale Longobardi
    cara Claudia, ti ringrazio per l’attenzione e sono felice dei tuoi progressi.
    Comprendo la tua preoccupazione per un ulteriore intervento ma è necessario.
    L’esperienza del Centro Cura Ferite Difficili della Ausl Ravenna evidenzia che per chiudere definitivamente e bene la ferita da trauma non ci debbano essere mezzi di sintesi esposti che intralcino il lavoro delle cellule della ripara- zione.
    Bilancia la preoccupazione dell’intervento con la visualizzazione della pelle della gamba chiusa e sana.
    Sono certo che andrà tutto per il meglio.                                                                                 Un caro saluto, Pasquale
  6. Elena
    salve, mi chiamo Elena e ho 16 anni.
    Il 9 febbraio ho avuto una brutta caduta e ho riportato un frattura bimalleolare (peronale e tibiale).
    L’11 dello stesso mese sono stata operata, in quanto la frattura era scomposta e sembra che sia stata sistemata.
    Per chiudere i tagli dell’operazione, mi hanno messo i punti riassorbibili.
    Nel giro di qualche settimana, la differenza tra la lesione dalla parte interna della gamba (dove c’è la vite) e quella esterna (placca) era già evidente.
    La prima, presentava segni di guarigione perfetta con il riassorbimento dei punti, mentre il lato esterno presentava una cicatrizzazione ben diversa: i punti si sono riassorbiti prima del previsto, una parte della ferita è umida con fuo- riuscita di secrezione.
    Mi hanno messo i punti istantanei per non permettere di far aprire la parte debole.
    Alla successiva medicazione hanno applicato una pometa (IRUXOL). 
     Dopo tre giorni, riaprendo la fasciatura, c’era un evidente buco sulla parte dove hanno applicato questa pomata.
    Il buco non era affatto superficiale, però mi hanno consigliato di rimettere di nuovo la stessa pomata.
    Io l’ho usata solo un giorno, dopodicchè ho smesso il trattamento perché ho visto che mi teneva la ferita umida.
    Hanno cominciato a scarnificare la ferita, permettendo la fuoriuscita di sangue.
    Fatto sta che dopo quasi un mese la ferita non si è chiusa.
    Ogni volta che la medicano mettono acqua ossigenata sulla ferita.
    Sto girando e chiedendo vari pareri e ieri mi hanno detto di fare un tampone per vedere se ci sono germi cho non permettono la chiusura della ferita.
    Le mie domande sono: è giusto curarla con acqua ossigenata?
    Come posso fare per farla chiudere?                                                                                                              grazie. Elena
  7. Pasquale Longobardi
    cara Elena, ti ringrazio per l’attenzione. 
    La tua giovane età merita la massima attenzione affinché tu possa guarire quanto prima e riprendere la normale vita sociale.
    Scappa da chi ti sta medicando!
    Il principio attivo dell’Iruxol è cloramfenicolo (antibiotico) e collagenasi (ogni proteina che finisce con il suffisso -asi “mangia” i tessuti).  
    Ti è stato proposto per rimuovere la parte della ferita che definisci “molle” ma prima sarebbe stato necessario capire quanto è profonda la parte sofferente (ecografia, mappatura della lesione), se sia sottominata (a volte la ferita è come un iceberg, vedi solo la superficie ma sotto è più ampia), se vi sia un danno alla circolazione. 
     Senza capire prima questi aspetti, l’uso dell’Iruxol alla cieca rischiava di fare una voragine. 
    Per fortuna l’hai spontaneamente interrotto.
    Per quanto riguarda l’acqua ossigenata, viene proposta per eliminare i germi ma essa distrugge anche le cellule della riparazione. 
    Stai entrando in un circolo vizioso: ammazzano il tessuto buono con l’acqua ossigenata e poi lo rimuovono con il bisturi. 
    La ferita farà fatica a guarire in questo modo.
    Se tu potessi venire al Centro Cura Ferite Difficili della Ausl Ravenna contatta la segreteria per appuntamento (0544-500152). 
    Il costo dell’assistenza è a carico del Servizio Sanitario Nazionale (gratuita o pagheresti solo i ticket).  
    A secondo di quanto sia grave il danno, ti assicuro che la ferita a carico della pelle guarirebbe entro un mese, al massimo tre mesi (per i casi gravi).
    In alternativa, dimmi in quale città vivi e, se possibile, ti indirizzerò da un collega che segua i criteri del corretto ap- proccio alla riparazione tessutale.                                                                                                       Ciao, Pasquale
  8. Margherita
    Gentile dottore,
    anch’io sto vivendo un problema simile a quello di Elena.
    Purtroppo la ferita non riesce a chiudersi.
    Potrebbe indicarmi qualche suo collega messinese?                                                                        Grazie. Margherita
  9. Pasquale Longobardi
    cara Margherita, ti ringrazio per l’attenzione. 
    Siccome collaboro attivamente con la Associazione Italiana Ulcere Cutanee (AIUC), ti inoltro il link dell’ambulatorio del dr. Failla coordinatore della Sezione Sicilia dell’AIUC (http://tinyurl.com/3pst583), ritengo che possa esserti utile.                                                                                                                                                      Un caro saluto, Pasquale

Trauma alla caviglia con osteomielite: che fare?

1 aprile 2012 - Scritto da Pasquale Longobardi - 1 Commento in risposta a questo articolo. 
Salve. 
Mio fratello, in seguito a un incidente stradale, ha riportato varie lesioni. 
A distanza di un anno e mezzo presenta un’ulcera infetta da staphilococco aureo a livello del calcagno.
Dalla scintigrafia è emersa l'Osteomielite al calcagno e alla articolazione tibio tarsica.
Presso il policlinico di Monza ci hanno consigliato un’operazione di artodresi e un’amputazione di 5 cm del calcagno ma con scarsa probabilità di riuscita. 
Prima di arrivare a tale intervento, vorremo provare una via piu semplice e meno invasiva (nei limiti del pos- sibile).
Facendo una ricerca su internet vengo indirizzata per la cura dell’Osteomielite sia al Centro iperbarico Ravenna che all’ospedale Codivilla-Putti di Cortina
Ci piacerebbe prenotare subito un ricovero ma essendo scarsa in materia non saprei come orientarmi. 
Se vuole le invio la documentazione del caso per avere un’idea specifica di mio fratello.
Grazie mille per l’attenzione.                                                                                                 Valentina
Risposta

  1. Pasquale Longobardi
    cara Valentina, ti ringrazio per l’attenzione. 
    Mi piace che tu acquisisca informazioni per aiutare tuo fratello in maniera consapevole: questa è la missione del blog del Centro iperbarico Ravenna (per questo pubblico la nostra corrispondenza email).
    Per tuo fratello, mi preoccupa la decisione dei medici di Monza. 
    Ho collaborato con l’Ospedale San Gerardo di Monza e so che hanno una buona reputazione. 
    Hai il “dovere” affettivo, comunque, di verificare che l’artrodesi sia veramente l’unica soluzione possibile.
    Il Centro iperbarico Ravenna è competente ed esperto nella gestione delle lesioni traumatiche e della Osteomielite.
    Il percorso diagnostico prevede:
    • Esami del sangue e urine (da richiedere al Medico curante) emocromo con formula e piastrine, aptoglobina, protidemia totale, sideremia, fibrinogeno, creatininemia, glicemia, GPT, esame delle urine, VES, PCR, fibrinogeno
    • PET – TC gamba e piede (da richiedere al Medico curante). 
    Quesito: valutazione segni di alterazione metabolismo compatibili con processo infiammatorio di tipo Osteomie- litico.
    Nota: qualora non sia possibile eseguire la PET – TC (che è l’indagine più specifica per la diagnosi di questa patologia) andrebbe bene anche la Risonanza Magnetica. 
    Mentre la scintigrafia ossea, già eseguita, è utile (sensibile) per verificare che ci sia l’Osteomielite ma poco spe- cifica (non dice esattamente dove sia localizzata la lesione: nei tessuti molli, nel periostio o nel midollo).
    • Consulenza medicina iperbarica, fisiatra, chirurgo plastico che saranno eseguite presso il Centro iperbarico Ra- venna. 
    Il percorso terapeutico (eseguito presso il Centro iperbarico Ravenna o Centri gemellati, sempre in Ravenna) prevede:
    • Pulizia chirurgica della ferita (se necessaria). 
    Sarà eseguita in ambulatorio chirurgico con tecnica chirurgica (bisturi) oppure con lavaggio micronizzato tramite ultrasuoni
    • Medicazioni avanzate per preparare il fondo della lesione
    • Antibioticoterapia con farmaci specifici per l’osso
    • Immunoterapia aspecifica (qualora gli indici di flogosi, VES – PCR – fibrinogeno) fossero nella norma. 
    L’obiettivo è stimolare il sistema immunitario a riconoscere e combattere il germe più frequentemente responsabile della Osteomielite (Stafilococco Aureo)
    Ossigenoterapia iperbarica che riduce la carica batterica (lo Stafiloccocco Aureo e altri germi non riescono a difendersi dall’attacco dei radicali liberi dell’ossigeno); potenzia il lavoro dei globuli bianchi; accelera il proces- so di riparazione dell’osso e dei tessuti molli
    • Riabilitazione con terapia fisica strumentale (p.es. tecarterapia, laserterapia); massofisioterapia; linfodrenaggio con tecnica Vodder
    • Chirurgia plastica (se necessario): preparazione del fondo della lesione con Plasma Ricco di Piastrine; applicazio- ne di innesto o altra tecnica di chirurgia plastica; terapia a pressione negativa.
    I tempi per la cura sono, in genere, trenta giorni per il percorso diagnostico e novanta giorni per il percorso tera- peutico. 
    Si può accelerare la guarigione con un ricorso più ampio alla medicina rigenerativa e chirurgia plastica.
    Normalmente è previsto un periodo in Ravenna di tre settimane (quattro notti per settimana, dal lunedì al giove- dì) nel quale è effettuato un programma intensivo di cura. 
    Poi dei controlli inizialmente settimanali, quindi ogni 10 giorni e poi mensilmente.
    I pazienti finora trattati sono guariti (ciò significa che, principalmente, la selezione prima dell’inizio del percorso è stata accurata e ha funzionato).
    Il costo del percorso è in parte a carico del Servizio Sanitario Nazionale (come la terapia iperbarica); in parte pri- vato (come la immunoterapia aspecifica, la riabilitazione, alcune tecniche di medicina rigenerativa e chirurgia plastica).
    Per informazioni e appuntamento contatta Claudia Ferreira, mia assistente, al 0544-500152; 327-7784951. 
    Puoi inviare la documentazione clinica all’indirizzo postale: Centro iperbarico, via A. Torre 3, 48124 Ravenna. L’email è: direzione@iperbaricoravenna.it. Il fax è: 0544-500148.
    Tuo fratello verrà presso il Centro iperbarico Ravenna solo se ci sia la ragionevole certezza di curarlo (senza l’ar- trodesi).                                                                                                                                         Un caro saluto, Pasquale



Piedi da spavento: ho male, mi aiuti.
7 gennaio 2012 - Scritto da andera foglietti - 1 Commento in risposta a questo articolo.
Carissimo dottore, sono 1 ragazzo di 41 anni con 2 piedi da spavento: si vede l’osso. 
Sono disperato non sò più cosa fare. 
Sono 11 anni che soffro e ancora sono cosi. 
La prego mi aiuti lei, non voglio perdere le gambe. 
Vado avanti grazie agli antidolorifici.                                                                       Tanti saluti, Andrea 
Risposta
  1. Pasquale Longobardi
    gennaio 7th, 2012 - 07:37
caro Andrea, ti ringrazio per l’attenzione e mi dispiace per il tuo calvario che dura da undici anni.
Un recente sondaggio, condotto dalla American Medical Association Podiatric, ha rilevato che il 53% degli in- tervistati ha affermato di avere dolori ai piedi che talvolta, come nel tuo caso, era un ostacolo per la vita quoti- diana. 

Una persona cammina mediamente nel corso della sua vita l’equivalente di tre volte la circonferenza della terra, un enorme sforzo per il piede, con i suoi 100 tendini legamenti e muscoli, 26 ossa, e 33 articolazioni.
A volte il dolore dipende dalla condizione fisica generale:
sovrappeso: la forza esercitata sui piedi è circa il 120% del nostro peso corporeo, quindi chi è obeso mette eviden- temente sotto stress tutta la struttura del piede (frequentemente si verifica la fascite plantare).
Diabete: essendo i più lontani dal cuore, i piedi sono i primi ad avere problemi circolatori e di sensibilità, il che può causare scarsa guarigione di ferite.
Problemi di circolazione: se è compromesso il flusso di sangue nelle arterie periferiche i piedi sono i primi ad essere sottoposto a problemi.
Per quanto riguarda i disturbi localizzati direttamente nei piedi, quelli più comuni sono:
artrite e tendiniti: spesso causate dai piedi piatti che causano l’allungamento e l’indebolimento dei muscoli e dei tendini del piede.
Funghi: si sviluppano in presenza di un ambiente umido e caldo. 

I piedi devono respirare, indi far prendere aria alle scarpe e usare calze che assorbendo l’umidità, riducano la possibilità di malattie fungine.
Cosa fare per migliorare il dolore?
La migliore prevenzione del dolore al piede è l’esercizio fisico (anche una semplice camminata) che permette di mantenere in allenamento ossa, muscoli e tendini.
Quando il dolore è forte, come nel tuo caso, é necessario curare i disturbi della condizione fisica generale: dima- grire (in caso di sovrappeso); 

controllare il diabete e curare i disturbi circolatori (a tale scopo – insieme al diabetologo, all’angiologo, al chi- rurgo vascolare – è utile il medico iperbarico per valutare l’appropriatezza della ossigenoterapia iperbarica). Per correggere i disturbi localizzati al piede è utile la valutazione di un fisiatra e/o dell’ortopedico che collaborino con il tecnico ortopedico e il podologo. 
Spesso si riesce a migliorare il problema con scarpe adatte regolarmente indossate che garantiscano una postura corretta del piede. 
E’ necessario misurare ogni tanto il proprio piede che si allunga e si appiattisce con l’età; evitare scarpe dolorose e, per le donne, i tacchi alti (non devono superare i 6 cm).
                                                                                                                                           Ti saluto cordialmente, Pasquale

Bypass coronarico con safenectomia
 in diabetico: dolore alla gamba e piede
11 maggio 2011 - Scritto da anna mancini - 4 Commenti in risposta a questo articolo.
Mio padre, diabetico, è stato operato d’urgenza, causa infarto, con 4 bypass e sostituzione di una valvola cardiaca. 
La vena è stata prelevata dalla gamba, già interessata da patologia diabetica (senza ulcere ma con formi- colii e gonfiori). 
Dopo 2 mesi non riesce a camminare perchè avverte fortissimi dolori se poggia il piede e, in alcuni punti del- la gamba, anche al solo tocco (senza fare pressione).  
Sono problemi dovuti alla safenectomia? 
Il piede diabetico è peggiorato? 
La ferita è asciutta: c’è la “crosticina” che lentamente sta venendo via ma la gamba è in alcuni punti arrossata e leggermente edematosa. 
I punti al torace si sono sanati dopo 15 giorni.
 Come si può intervenire?                                                                                             Grazie. Anna 
4 Risposte
  1. Pasquale Longobardi                                                                                                                  maggio 11th, 2011 - 18:42
cara Anna, ti ringrazio per l’attenzione e mi dispiace per la situazione di tuo padre.
La ferita al torace procede bene e non mi preoccupa.
Il dolore alla gamba e al piede richiede, invece, la massima attenzione. 

E’ necessario capire se vi sia un problema vascolare (cioè se il prelievo della vena abbia peggiorato una situa- zione vascolare che nel diabetico è spesso alterata) oppure se il dolore sia dovuto a una alterata conduzione ner vosa (neuropatia autonomica) o a una malformazione dei piedi.
E’ necessario il controllo del diabete (la glicemia deve essere costante e l’emoglobina glicata tra il 4,9 e il 6,3%), il controllo della circolazione, della conduzione nervosa e della postura.
Presso il Centro iperbarico Ravenna, per il tuo papà, il primo passo sarebbe controllare quanto sangue arriva al piede tramite:
- ossimetria transcutanea. 

Devono esserci almeno 40 millimetri di mercurio di ossigeno durante respirazione in aria ambiente;
- doppler velocimetria. 

La pressione arteriosa alla caviglia deve essere almeno il 45% di quella misurata al braccio (Ankle Brachial Index superiore a 0,45). 
Questo parametro è però poco affidabile nel paziente diabetico, pertanto preferiamo il seguente:
- laser doppler flussimetria. 

Permette di comprendere se ci sia un deficit vascolare attraverso la misurazione della pressione al primo dito del piede (la pressione nel dito del piede deve essere almeno il 20% di quella rilevata al braccio – Toe Brachial In dex superiore a 0,2).  
Inoltre la risposta a vari test (riscaldamento, variazione della posizione del piede, rilascio della pressione) permettono di comprendere se ci sia una neuropatia.
In caso di cattiva circolazione (ischemia), il papà sarebbe visitato (eventualmente ricoverato) dal chirurgo vasco lare per valutare l’opportunità di portare più sangue alla gamba e al piede tramite farmaci, procedure di radiologia interventistica o chirurgia.
Qualora vi sia, invece, una neuropatia il piede verrebbe tenuto a riposo (in scarico), tenendolo a letto o preparan- do per lui un tutore ortopedico che eviti di caricare il peso sul piede malato.
Se ci fosse un danno meccanico alle ossa della gamba e del piede, il papà sarebbe valutato dal fisiatra per le cure del caso (terapia fisica come laserterapia, onde elettromagnetiche, onde d’urto, ecc.) e lo scarico del piede tra- mite apposito plantare.
Se ritenuta utile, applichiamo anche la ossigenoterapia iperbarica che è importante per ridurre l’infiammazione; favorire la formazione di nuovi vasi sanguigni (vasi collaterali) che aggirino la eventuale ostruzione nella circo- lazione del sangue o la formazione di nuovi vasi sanguigni a opera di cellule “operaie” che sono normalmente dor- mienti nel midollo (cellule staminali) e che l’ossigeno iperbarico ha la capacità di reclutare; accelerare del 150% l’attività delle cellule (fibrobalsti) deputate alla riparazione delle ferite.
Per eventuale visita contatta la segreteria del Centro iperbarico Ravenna (0544-500152). 
Per informazioni su altri Centri iperbarici consulta il sito della Società Italiana di Medicina Subacquea e Iperbarica (SIMSI) http://www.simsi.org (sulla destra troverai il link “centri iperbarici”).
E’ giusto che tu faccia quanto possibile per capire, almeno, la causa del dolore quando il papà poggia il piede a terra. 
E’ importante che lui possa camminare bene quanto prima anche per facilitare il controllo del diabete
                                                                                                                                                          Un caro saluto, Pasquale
  1. Anna
    maggio 12th, 2011 - 16:26
Grazie infinite per la risposta. 
Ho trovato a Bari un Centro di medicina iperbarica, proprio vicino all’ospedale dov’è ancora ricoverato mio pa- dre e mi sto mettendo in contatto con loro. 
Comunque volevo specificare che mio padre ha iniziato la terapia insulinica dopo il ricovero (aveva la glicemia a 560 perchè per fobia degli aghi non aveva mai iniziato a usare l’insulina; ancora ora la glicemia non scende sotto i 200-250).  
Inoltre si è formato del liquido nei polmoni che gli è stato aspirato due volte mentre una volta gli è stato applicato un drenaggio per una settimana. 
I medici dell’ospedale dove è ricoverato, comunque, dicono che la situazione è buona ma la gamba non mi convince…
  1. Pasquale Longobardi
    maggio 12th, 2011 - 18:43
cara Anna, il direttore sanitario del Centro iperbarico di Bari si chiama dr. Domenico Picca. 
Gli racconti le problematiche.
Se lo riterrà opportuno, mi tenga informato. 

Un caro saluto con i migliori auspici per il papà.                                                                                                Pasquale
  1. Anna
    giugno 28th, 2011 - 07:11
Gentile dott. Longobardi, volevo aggiornarla sulla situazione di mio padre.
Dopo circa 1 mese di fisioterapia riesce a stendere la gamba senza dolore, mentre è rimasta dolente la pianta del piede (presumo per neuropatia diabetica). 
Nel frattempo, però, causa l’immobilità dovuta ai dolori e ad una setticemia che l’ha molto indebolito, si sono for- mate delle zone nere ai lati del polpaccio (dove toccava il materasso).  
Dopo tre mesi di visite di diversi specialisti (riguardanti cuore, reni, diabete, mobilità della gamba) e due setti- mane di ricovero per la setticemia, abbiamo chiamato un chirurgo plastico che, a pagamento, durante il ricovero in ospedale (il che, secondo me, è illogico) ha fatto la pulizia della gamba, rimproverandoci perchè l’avevamo chia- mato solo allora. 
La situazione è complicata, perchè la necrosi si è estesa in profondità, fin quasi all’osso. 
Il chirurgo ha proposto la terapia iperbarica, ma ci hanno detto che, data la situazione cardiologica, mio padre potrebbe avere problemi. 
Vorrei sapere se è vero e cosa si può fare per migliorare la situazione. 
Da quello che ho capito la funzionalità cardiaca è piuttosto compromessa perchè la plastica valvolare è stata effet- tuata d’urgenza e quindi non è perfetta (inoltre l’ischemia ha ovviamente provocato danni al cuore). 
I medici hanno detto che tra qualche giorno sarà dimesso, e che dovremo continuare le medicazioni a casa (ov- viamente a pagamento…).
Grazie per la risposta.                                                                                                                                                Anna

Appunto informativo di Giuseppe Pinna per S. O. S. - “Osteomielitici d’Italia” - Onlus «Centro Servizi Informativi On-line per Osteomielitici e Pazienti dell’Ospedale CODIVILLA-PUTTI di Cortina d’Ampezzo». 
Vorremmo informare la Signora ANNA, 
...che esiste il Servizio Infermieristico ADI (assistenza domiciliare in- tegrata) della propria ASL di appar- tenenza per proseguire le medicazioni a domicilio in regime sanitario gratuito.
Che ne parli con il medico di famiglia al fine di fargli istruire la pratica di richiesta urgente in 2 - 3 giorni, nel mentre le medicazioni (se giornaliere) gliele può fare lui... quale suo medico curante: per Legge!!! E, oltrettutto sono abbondantemente strapagati!

Amputazione gamba: come posso evitarla?
18 febbraio 2011 - Scritto da albert gjeka - 3 Commenti in risposta a questo articolo.
Caro dottore, piu o meno sai la storia di mio padre. 
Il piede amputato aveva un infezione grave e lo hanno operato un po più in su dell’infezione
Il dottore che lo ha operato dice che ha ancora paura che l’infezione progredisca e insiste per amputarlo sopra il ginocchio.
Per quanto riguarda l’altro piede, secondo il dottore è morto  però non gli hanno fatto nessun tipo di control- lo. 
Mio padre quel piede se lo era scottato in una ampia parte anteriore.
Cosa possa fare? 
Come devo procedere?. 
Grazie mille, aspetto le tue notizie.                                                                                            Albert
3 Risposte
  1. Pasquale Longobardi
    febbraio 18th, 2011 - 22:33
Caro Albert, ti ringrazio per la tua attenzione. 
La situazione di tuo padre è terribile e io provo angoscia: presso il Centro iperbarico di Ravenna avremmo già applicato quanto ti ho segnalato in dicembre 2010 http//www.iperbaricoravennablog.it/2010/12/06/piede-diabetico -si-puo-evitare-lamputazione/) e il due febbraio 2011 http://www.iperbaricoravennablog.it/2011/02/02/amputazione -gamba-con-infezione-cosa-fare/).
Se tu riuscissi a farmi avere una angiografia (o una angio Risonanza magnetica) degli arti inferiori oppure alme- no un ecocolordoppler arterioso degli arti inferiori, potrei chiedere al dr. Elio Piccinini – responsabile del Centro Cura Ferite Difficili della Ausl Ravenna e primario del reparto di chirurgia vascolare dell’Ospedale di Ravenna – se sia possibile ricoverarlo per le cure giuste del caso.
Mi farebbe molto piacere esserti utile. 
Invia i referti all’email dell’ufficio: direzione@iperbaricoravenna.it e al mio personale:divedoc@libero.it 
                                                                                                                                                                          Ciao, Pasquale




Pubblicato su Blogger oggi 31 Maggio 2012 alle ore 12,36 da: Giuseppe Pinna de Marrubiu

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