PARLIAMO DEL ...PIEDE DIABETICO
Definito anche come Piede neuropatico o Piede ischemico
e dell'Osteoartropatia di Charcot
Articoli di ricerca curati da: Giuseppe Pinna per la S. O. S. - “Osteomielitici d’Italia” - Onlus «Centro Servizi Informativi On-line per Osteomielitici e Pazienti dell’Ospedale CODIVILLA-PUTTI di Cortina d’Ampezzo».
2ª Parte
Questo POST INFORMATIVO è rivolto a tutti coloro che sono interessati al Piede Diabetico, pazienti ed operatori sanitari.
Quanto riportato è frutto sia dell’esperienza diretta dei redattori che dell’analisi della letteratura internazio-nale relativa a questo argomento.
Le informazioni qui sotto contenute non sostituiscono in alcun modo il consulto e la visita medica ma, al con-trario, hanno lo scopo di incoraggiare i pazienti a consultare precocemente il medico qualora insorgessero problemi a carico degli arti inferiori.
Dott. Ezio Faglia - Dott. Giacomo Clerici
A T T E N Z I O N E
Il POST INFORMATIVO contiene immagini fotografiche che potrebbero turbare il visitatore.
Pertanto, chiunque persona si ritenga particolarmente sensibile non acceda alle figure della sezio-ne "Il Piede Diabetico", alle schede della sezione "Casi Clinici" o ai contenuti multimediali della sezione "Filmati".
A tutela della sensibilità del visitatore i contenuti potenzialmente critici sono sempre evidenziati dal simbolo .
Il Piede Diabetico Piede Ischemico
Le caratteristiche istologiche della arteriopatia ostruttiva periferica (AOP) nei dia- betici non differiscono sostanzialmente rispetto all’arteriopatia della popolazione non diabetica: placche di lipidi e altre sostanze restringono il lume del vaso (Figura 25).
Placca aterosclerotica che riduce il calibro dell’arteria. Ultimo Aggiornamento: 17 Febbraio 2005
Sono molto diverse invece le caratteristiche cliniche: nei diabetici l'arteriopatia è più frequente, precoce, ra pidamente progressiva, non risparmia le donne, anche in età fertile, colpisce ambedue le gambe e interessa prevalentemente le arterie sotto il ginocchio.
Quest'ultima è la caratteristica più importante ai fini della cura: le arterie della gamba e del piede sono di ca- libro più piccolo rispetto alle arterie della coscia, risulta quindi più difficile intervenire terapeuticamente su di esse.
Inoltre nei diabetici le arterie sono molto spesso calcifiche, prevale la chiusura totale del vaso (occlusione) rispetto alla chiusura parziale, cioè il restringimento (stenosi); occlusioni e stenosi sono spesso multiple nella stessa arteria (Figura 26).
Arteriografia in soggetto diabetico: le arterie sotto il ginocchio mostrano placche in serie lungo la tibiale anteriore e la mancanza
per occlusione completa della tibiale posteriore.
per occlusione completa della tibiale posteriore.
Ultimo Aggiornamento: 17 Febbraio 2005
Una caratteristica tipica del diabetico è spesso la mancanza del sintomo più precoce dell’arteriopatia periferica: la "claudicatio".
La claudicatio è il dolore che insorge al polpaccio o alla coscia dopo un certo numero di passi.
Questo dolore dipende dal fatto che le arterie della gamba che ricevono meno sangue del necessario, perché stenotiche o occluse, non riescono ad aumentare il flusso sanguigno necessario durante lo sforzo del cammi- no. Il numero si passi che si possono fare senza che insorga il dolore è estremamente variabile, può ridursi a poche unità o superare le centinaia, e risulta strettamente legato alla gravità dell'arteriopatia.
L’assenza di claudicatio esiste nel diabetico per la concomitante presenza di neuropatia sensitiva: il dolo re sarà smorzato o addirittura assente e il paziente non si accorgerà di avere un’arteriopatia alle gambe.
Questo significa che non sarà così semplice una diagnosi precoce non invasiva, col rischio che il primo segno di un’arteriopatia periferica sia un’ulcera che non guarisce o nei casi più gravi una gangrena.
A livello internazionale i criteri diagnostici di ischemia critica cronica sono stati più volte rielaborati in rela-zione alle nuove conoscenze ed ai nuovi studi.
I criteri più recenti sono quelli della TASC (TransAtlantic Inter-Society Consensus) pubblicata nel gennaio 2000 i cui criteri diagnostici, esposti nella tabella seguente, corrispondono ampiamente ai quadri clinici che si ritrovano nella pratica clinica quotidiana.
Tabella 1 - Criteri TASC di ischemia critica cronica
Noi, per la diagnosi, ricorriamo all'utilizzo di più metodi in contemporanea.
Innanzitutto deve essere valutata la presenza dei polsi periferici.
L’assenza del polso tibiale posteriore o pedidio ( Figura 27) impone il passaggio a metodi diagnostici
più sofisticati.
più sofisticati.
Palpazione dei polsi periferici (in questo esempio il pedidio). Ultimo Aggiornamento: 17 Febbraio 2005
Un metodo semplice è la determinazione della pressione a livello del malleolo: oggi esistono strumenti
Doppler portatili molto pratici che facilitano l’uso di questo metodo ( Figura 28).
Doppler portatili molto pratici che facilitano l’uso di questo metodo ( Figura 28).
Valutazione della pressione arteriosa alla caviglia con strumento Doppler a onda continua portatile. Ultimo Aggiornamento: 17 Febbraio 2005 |
Se il rapporto tra la pressione alla caviglia e la pressione al braccio è inferiore a 0.9 (valore normale compreso tra 0.9 e 1.3), è molto probabile che esista un’arteriopatia periferica tanto più grave quanto più è basso il rapporto pressorio.
In questo caso è necessario eseguire un ecodoppler che evidenzia la presenza di stenosi o occlusioni lungo tutto l’asse dell’arto inferiore (Figura 29).
Immagine EcoDoppler. Ultimo Aggiornamento: 17 Febbraio 2005
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Valutazione dell’ossimetria transcutanea al dorso del piede.
Ultimo Aggiornamento: 17 Febbraio 2005
In base al risultato di tutti questi esami viene presa la decisione se effettuare o meno un’arteriografia, come descritto nel nostro protocollo riportato nella tabella seguente.
Tabella 2 - Protocollo diagnostico-terapeutico di arteriopatia periferica
In presenza di un’arteriopatia occlusiva periferica l’unica terapia veramente efficace è la rivascolarizza-zione, cioè ripristinare un flusso di sangue al piede, che può essere ottenuto con angioplastica o con by-pass.
Quando effettuare una rivascolarizzazione ?
Questo è un punto critico perché può prestare il fianco a un eccesso di indicazione ma soprattutto a una mancanza di indicazione.
Nel nostro caso le indicazioni sono molto precise: in caso di claudicatio con buon intervallo libero di mar-cia, sicuramente se superiore ai 200 metri, preferiamo curare il paziente dando indicazione ad aumentare l’e- sercizio fisico, a smettere di fumare se in uso, a utilizzare farmaci antiaggreganti e antidislipidemici e a pro-grammare un controllo ambulatoriale intenso.
Se invece sono presenti:
dolore a riposo
ulcera o gangrena
claudicatio <50 m
diamo indicazione alla rivascolarizzazione, iniziando con l’angioplastica (PTA : Percutaneous Transluminal Angioplasty) che viene effettuata nello stesso momento dell’arteriografia.
Esecuzione di angioplastica periferica in sala di emodinamica vascolare periferica.
Ultimo Aggiornamento: 17 Febbraio 2005
Filmati Angioplastica (PTA) | |||||||||||||||
Nel filmato possiamo osservare l’esecuzione di una rivascolarizzazione endoluminale (angioplastica percutanea: PTA) dell’arto inferiore in paziente diabetico.
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Ultimo Aggiornamento: 17 Febbraio 2005
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Questa procedura, che non richiede anestesia generale e non è dolorosa, risulta molto efficace sul dolore ischemico e sulla possibilità di guarire l’ulcera ma soprattutto permette la guarigione della ferita nel caso si renda comunque necessario un intervento chirurgico sul piede.
Le complicazioni sono meno frequenti e importanti rispetto a procedure chirurgiche che necessitano di anestesia.
Tuttavia anche l’angioplastica è una "terapia interventistica" che può dare luogo a complicanze; nella tabella seguente sono riportate le complicanze che si sono avute in 993 pazienti sottoposti a questa procedura nel periodo 1999-2003.
Tabella 3 - Complicazioni e trattamento in 993 soggetti sottoposti a PTA
Complicazione | N° | Trattamento |
Morte improvvisa dopo PTA | 1 | - |
Infarto cardiaco | 2 | UCC |
Angina | 2 | Terapia medica |
Aritmia cardiaca | 1 | UCC |
Dolore toracico | 1 | Accertamenti, nessuna terapia |
Scompenso cardiaco | 1 | Terapia medica |
Insufficienza renale acuta | 1 | Terapia medica (senza dialisi) |
Ematoma | 3 1 | Trasfusione Accertamenti, nessuna terapia |
Pseudoaneurisma nel sito di puntura | 5 3 | Sutura chirurgica Sutura chirurgica e trasfusione |
Trombosi periferica | 7 3 | Trombolisi efficace By-pass |
Embolo colesterinico | 1 1 | Amputazione sopra la caviglia Terapia Medica |
PTA effettuata su stenosi multiple dell'arteria tibiale posteriore (A), fino al passaggio all'arcata plantare (B).
Ultimo Aggiornamento: 17 Febbraio 2005
è del tutto inutile riaprire una arteria della coscia lasciando chiuse le arterie della gamba.
Esecuzione di by-pass in sala operatoria.
Ultimo Aggiornamento: 17 Febbraio 2005
Per lungo tempo si è ritenuto che il by-pass chirurgico distale, a livello del piede, fosse inutile perchè desti-nato a chiudersi precocemente.
I risultati ottenuti negli anni 90 in America e oggi disponibili anche in Italia ci dicono che questa tecnica dà risultati soddisfacenti, pur restando una tecnica di alto impegno professionale.
L’importante quando ci si trova di fronte a un’ulcera è non sottovalutare la presenza di arteriopatia.
Il rischio è quello di effettuare interventi chirurgici che, se presente un’arteriopatia periferica non diagnos-ticata e quindi non rivascolarizzata, producono la necessità di ulteriori interventi fino ad arrivare all’amputa-zione della gamba ( Figura 34).
Interventi di amputazione minore in 3 pazienti diabetici con arteriopatia periferica non trattata.
Il risultato è la gangrena della ferita chirurgica.
Ultimo Aggiornamento: 17 Febbraio 2005
Rivascolarizzare sempre?
Il nostro atteggiamento è quello di rivascolarizzare sempre quando vi sia dolore o ulcera.
Tuttavia la rivascolarizzazione è una procedura non esente da rischi, che impegna il paziente e i familiari; pre-senta inoltre un costo rilevante per il Servizio Sanitario Nazionale.
In alcuni casi noi sconsigliamo la rivascolarizzazione e consigliamo direttamente l’amputazione.
In pazienti allettati in cui il salvataggio dell’arto non sarebbe comunque utile alla deambulazione, in soggetti non coscienti del loro stato in cui non vi è una sofferenza psicologica dalla mancanza dell’arto noi riteniamo che sia più utile amputare direttamente piuttosto che intraprendere l’iter della rivascolarizzazione e delle cure successive.
Tuttavia anche in pazienti allettati ma coscienti che manifestano una intensa sofferenza psicologica di fronte all’amputazione maggiore, propendiamo per il lungo percorso della rivascolarizzazione e delle cure succes sive al fine di evitare l’amputazione.
Ultimo Aggiornamento: 17 Febbraio 2005
Il Piede Diabetico Piede Infetto
Una complicazione frequente e pericolosa di un’ulcera è l’infezione.
Un’ulcera infetta può provocare fenomeni sistemici che possono mettere a repentaglio non solo il salvatag-gio d’arto ma la vita stessa del paziente.
Il primo passo è distinguere se un’ulcera infetta necessita di provvedimenti immediati al di là della medica-zione o se è sufficiente un intervento medicativo.
Le infezioni compartimentali (ascesso) o le infezioni da anaerobi (gangrena gassosa) o da germi misti (cellulite o fascite necrotizzante) richiedono provvedimenti terapeutici generali e chirurgici, che se non intrapresi con urgenza possono avere conseguenze molto gravi per il paziente.
L’infezione si instaura nella maggior parte dei casi su un’ulcera aperta da molto tempo e non adeguata-mente curata.
L’infezione spesse volte è la causa che da sola determina la necessità di un’amputazione maggiore, effet-tuata a livello di gamba o coscia.
E’ possibile, sulla base delle caratteristiche di gravità distinguere due tipi di lesioni infette:
piede diabetico acuto
piede diabetico cronico
L’infezione acuta del piede è definita con termini anglosassoni come:
limb-threatening infection: infezione che mette a repentaglio la gamba
life-threatening infection: infezione che mette a repentaglio la vita.
Esiste poi l’infezione cronica che, in quanto meno "eclatante" rispetto alla precedente risulta molto sub-dola, poiché può, se sottovalutata o non correttamente trattata, trasformarsi nelle due precedenti.
Una classificazione molto semplice prevede 2 quadri clinici:
A) il piede diabetico infetto acuto
B) il piede diabetico infetto cronico
A) Piede Diabetico Infetto Acuto
(limb-threatening infection e life-threatening infection)
Il piede diabetico acuto che, come detto, può mettere a repentaglio non solo la conservazione dell’arto in-feriore ma la vita stessa del paziente, è un piede con un ascesso o una fascite necrotizzante.
E’ importante sottolineare che, di fronte ad un paziente con piede "acuto", la rapidità d’intervento è la dis-criminante per salvare sia il piede che il paziente.
Infatti, il rischio cui sono sottoposti i pazienti con questi tipi di infezione al piede non è solo quello di un’am putazione maggiore (gamba o coscia) ma anche di morte per shock settico o altre complicanze infettive.
Pertanto, ritardare, anche di soli pochi giorni, un trattamento chirurgico aggressivo significa esporre il pa-ziente al rischio di un esito catastrofico.
Intervenire rapidamente significa rimuovere quanto di infetto è presente: il trattamento chirurgico ci permette di drenare (cioè evacuare) il pus e ci permette intraoperatoriamente di valutare quanto profonda ed estesa è l’infezione e quanto quindi siano coinvolti i tessuti (tendini, muscoli, ossa).
Da un punto di vista puramente clinico le condizioni che vanno sotto il nome di "piede diabetico acuto" e che necessitano di un interevento chirurgico urgente sono tre:
Ascesso dell’avammesopiede a partenza da piccola lesione del 2° dito.
Amputazione del 2° dito, svuotamento dell’ascesso e inserimento di drenaggio forato. Guarigione.
Ultimo Aggiornamento: 17 Febbraio 2005
Paziente trasferito dopo 22 giorni di terapia antibiotica e bagni con Amuchina.
Giunto in stato di shock con coagulazione intravasale disseminata è stato amputato d’urgenza sotto il ginocchio.
Giunto in stato di shock con coagulazione intravasale disseminata è stato amputato d’urgenza sotto il ginocchio.
Ultimo Aggiornamento: 17 Febbraio 2005
Fascite necrotizzante del dorso del piede.
Ultimo Aggiornamento: 17 Febbraio 2005
Gangrena Gassosa; si noti la tumefazione (da gas) al dorso del piede (freccia).
Anche l’intervento urgente non ha permesso il salvataggio dell’arto inferiore in quanto la gangrena aveva già devastato il retropiede e il terzo inferiore della gamba.
Anche l’intervento urgente non ha permesso il salvataggio dell’arto inferiore in quanto la gangrena aveva già devastato il retropiede e il terzo inferiore della gamba.
Ultimo Aggiornamento: 17 Febbraio 2005
Gangrena Umida : si noti (freccia) la colliquazione dei tessuti profondi all’incisione.
Ultimo Aggiornamento: 17 Febbraio 2005
Ascessi e Flemmoni
Si parla di raccolta ascessuale e di flemmone quando a livello dei tessuti interni del piede si formano sac-che di pus che possono rendersi evidenti spontaneamente (fistole superficiali) o nascondersi insidiosamente in profondità (sacche purulente).
In questo caso è obbligatorio il trattamento chirurgico, anche molto aggressivo , che ci permetterà di evacua-re tali raccolte e di rimuovere i tessuti infetti presenti (al riguardo si rimanda alla sezione Casi Clinici - Caso Clinico 1).
Durante le operazioni di drenaggio, oltre alla raccolta di campioni microbiologici, si eseguirà un’attenta ricer-ca di sacche chiuse, non comunicati con l’esterno, che, se lasciate in sede, manterranno attiva l’infezione.
Quasi sempre il trattamento chirurgico di una raccolta purulenta si accompagna alla necessità di un’ampu-tazione minore (dita, raggio, o di parti estese di piede).
Questo è da tenere ben presente perché spesso sulla faccia visibile del piede non vi è traccia della gravità dell’infezione sui tessuti profondi.
Fascite necrotizzante
E' un’infezione grave che mette a rischio sia l’arto malato che la vita stessa del paziente.
Può essere sostenuta sia da germi cosiddetti aerobi che da anaerobi (i più temibili).
L’infezione può estendersi nel giro di poche ore o di pochi giorni in maniera devastante tramite la fascia che ricopre i muscoli (in genere questi ultimi non ne sono coinvolti); la fascia appare di solito grigia, necrotica e il tessuto sottocutaneo necrotico, scollato.
L’intervento immediato, cosi come la terapia antibiotica endovena, sono obbligatori.
Il trattamento chirurgico prevede la rimozione di tutti i tessuti necrotici infetti presenti sino ad arrivare al tessuto sano e sanguinante.
In questo caso, e soprattutto in presenza di germi anaerobi, l’Ossigeno Terapia Iperbarica (OTI) può essere un’ottima alleata.
Gangrena umida
La gangrena è forse il quadro clinico più noto nel diabetico.
La gangrena (cioè la necrosi a tutto spessore dei tessuti molli) può coinvolgere piccole parti (falangi), parti più estese (dita) sino a gran parte del piede (avampiede, meso e retropiede).
Mentre la gangrena secca rappresenta una urgenza relativa, la gangrena umida o gassosa richiede una urgenza assoluta.
Anche in questo caso rischiamo non solo la perdita dell’arto ma la vita del paziente (sepsi).
Il trattamento è chirurgico e servirà per la rimozione dei tessuti necrotici ed infetti.
Nello stesso tempo la terapia antibiotica endovena è obbligatoria e, come nel caso precedente, alcuni quadri si giovano di un aiuto con l’Ossigeno Terapia Iperbarica.
Gangrena secca
Un cenno a parte merita, in questo capitolo, la gangrena secca: questo quadro clinico non ci deve tranquil-lizzare; troppe volte vediamo pazienti che, portatori da mesi di gangrena secca, si presentano improvvisa-mente con devastanti quadri infettivi per la trasformazione di una gangrena da secca ad umida.
Sovente, nella storia di questi pazienti c’è un errata indicazione:
fare seccare la gangrena per far "cadere" da solo un dito (mummificazione).
Inoltre, sussiste una seconda "cattiva pratica" (mal practice) che vediamo ancor troppo spesso:
la rimozione chirurgica di gangrene secche (es. dita), in pazienti arteriopatici, senza una rivascolarizzazio- ne preoperatoria.
Interventi di amputazione minore in 3 pazienti diabetici con arteriopatia periferica non trattata.
Il risultato è la gangrena della ferita chirurgica.
Di fronte ad un piede cosiddetto "acuto", in genere l’intervento d’urgenza ci permette di fermare l’infezio- ne. A seconda di quanto è visibile intraoperatoriamente si deciderà se in prima battuta la ferita chirurgica debba restare aperta oppure se è possibile eseguire una chiusura chirurgica immediata.
Tuttavia è bene sapere che in molti casi è necessario un secondo intervento, definitivo, che sarà scelto in ba-se all’andamento clinico del paziente e alla mole di tessuto perduto sia a causa dell’infezione sia per il tratta-mento chirurgico in urgenza.
B) Piede Diabetico Infetto Cronico
Sono questi i casi in cui non è necessario un trattamento in urgenza ma che necessitano comunque di un trattamento medico, quasi sempre chirurgico, anche se non sempre demolitivo.
Osteomielite del I dito.
L’infezione dell’osso è secondaria al perdurare da mesi di una piccola lesione ulcerativa al I dito.
L’infezione dell’osso è secondaria al perdurare da mesi di una piccola lesione ulcerativa al I dito.
Ultimo Aggiornamento: 17 Febbraio 2005
secondaria ad una lesione ulcerativa protratta nel tempo (anche solo da pochi mesi).
Non e' infrequente il caso di lesioni ulcerative del piede che, malgrado siano curate per mesi e mesi, più o meno correttamente, non giungono mai a guarigione.
La causa, spesse volte, è la presenza di un sottostante osso infetto che non permette la chiusura dell’ulcera.
In questi casi, oltre ad una lunga terapia antibiotica, l’opzione chirurgica costituisce la soluzione definitiva del problema ( Figura 36).
Osteomielite del I raggio secondaria ad ulcera neuropatica plantare presente da oltre un anno.
La lesione non è mai stata trattata con ortesi di scarico (apparecchio di scarico in VTR o calzatura a suola rigida da medicazione).
Per la risoluzione della lesione è stato necessario trattamento di bonifica chirurgica con amputazione del I raggio.
Ultimo Aggiornamento: 17 Febbraio 2005
L’infezione cronica può riguardare solo i tessuti molli e avremo il quadro della cellulite, oppure spingersi fino all’osso e avremo il quadro dell’osteomielite.
Cellulite
La cellulite, di fatto una infezione acuta, per le caratteristiche di relativa benignità, a volte con assenza di ri percussioni sistemiche (febbre, leucocitosi) e di intervento chirurgico urgente, viene considerata alla pari di una infezione cronica.
E’ un’infezione che interessa i tessuti molli e che necessita di trattamento antibiotico orale o parenterale ma non di un intervento chirurgico demolitivo; importante è però il debridement locale.
Viene definita come modesta o moderata in relazione alla superficie di tessuto coinvolto: se l’area infiammata è inferiore a 2 cm si parla di infezione lieve, se superiore a 2 cm di infezione moderata.
In caso di infezione lieve si può effettuare un trattamento ambulatoriale con antibiotici orali e medicazioni con antisettici.
In caso di infezione moderata è preferibile il ricovero ospedaliero sia per monitorare l’andamento dell’infe zione sia per essere certi che non evolva in profondità (ascesso o fascite).
Osteomielite
Come detto in precedenza, l’Osteomielite è un’infezione che colpisce l’osso.
Nel piede diabetico è sempre un’infezione per contiguità: i germi arrivano all’osso a partire da un’ulcera cutanea infetta che non viene guarita rapidamente.
Il problema principale dell’Osteomielite è la decisione terapeutica, e cioè la scelta tra una terapia antibiotica prolungata o una terapia chirurgica.
Sottolineiamo come sovente si riesca a ridurre un’ulcera cutanea a dimensioni minime, con l’illusione di poter raggiungere la guarigione; in realtà, permanendo il processo infettivo a livello osseo, la lesione cutanea, seppure di ridotte dimensioni, richiederà continue medicazioni e terapia antibiotica ( Figura 37, Figura 38).
Osteomielite del I raggio secondaria ad ulcera neuropatica plantare presente da oltre un anno.
La lesione non è mai stata trattata con ortesi di scarico (apparecchio di scarico in VTR o calzatura a suola rigida da medicazione).
Per la risoluzione della lesione è stato necessario trattamento di bonifica chirurgica con amputazione del I raggio.
Ulcera cronica trattata per oltre un anno con innesti cutanei, gel piastrinico e medicazioni avanzate.
La lesione non poteva guarire per tre motivi : l’osteomielite sottostante (cerchio giallo), l’arteriopatia obliterante presente e il mancato scarico della lesione (con apposita ortesi).
Piccola ulcera della V testa metatarsale.
Curata presso un ambulatorio di vulnologia per parecchi mesi la lesione si era ridotta di diametro sino ad un punto in cui non si notava più alcun miglioramento.
Il motivo della mancata guarigione è evidente alla radiografia: l’osteomielite (freccia).
Curata presso un ambulatorio di vulnologia per parecchi mesi la lesione si era ridotta di diametro sino ad un punto in cui non si notava più alcun miglioramento.
Il motivo della mancata guarigione è evidente alla radiografia: l’osteomielite (freccia).
Ultimo Aggiornamento: 17 Febbraio 2005
Le opinioni sulla terapia più efficace nei riguardi dell’Osteomielite non sono del tutto concordi, an- che se la letteratura indica la chirurgia come la soluzione più efficace nell’eradicare l’infezione.
In base alla nostra esperienza riteniamo che sia possibile provare una terapia antibiotica prolungata (> 6 set-timane) soltanto se l’Osteomielite è limitata alle dita o alle parti dei metatarsi molto vicini alle dita.
Quando si tratta di Osteomielite che interessa le basi dei metatarsi non abbiamo dubbi sulla necessità di un’ eradicazione chirurgica di tutto l’osso infetto.
Questo per il pericolo che il processo infettivo si possa estendere dalle ossa del mesopiede alle ossa del re-tropiede; quando il calcagno viene colpito dall’infezione il rischio di dover amputare l'intero piede è eleva- tissimo ( Figura 39):
Si rimanda al testo per la spiegazione.
A distanza di 3 mesi: Amputazione sotto il ginocchio
Ultimo Aggiornamento: 17 Febbraio 2005
il caso clinico riportato evidenzia infatti come dalle ossa metatarsali (radiografia) l’infezione sia arrivata alle ossa del retropiede (RMN) nonostante la terapia antibiotica secondo protocollo per Osteomielite.
E’ importante ricordare nuovamente che la condizione necessaria per definire tali lesioni come lievi o mode-rate, e comunque non limb-threatening infection, è l’assenza di arteriopatia.
In presenza di arteriopatia anche un’infezione banale può rapidamente trasformarsi in un’infezione des- truente sia per la conservazione della gamba sia della vita ( Figura 40).
Una piccola lesione, a causa dell’arteriopatia, può evolvere drammaticamente in poco tempo, soprattutto se si complica con un’infezione.
Ultimo Aggiornamento: 17 Febbraio 2005
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