giovedì 14 giugno 2012

(Scheda 63) Parliamo della SPONDILODISCITE LOMBARE TUBERCOLARE.

Parliamo della SPONDILODISCITE LOMBARE TUBERCOLARE
TRATTAMENTO OMOTOSSICOLOGICO EFFICACE SU UNA PATOLOGIA DI DIFFICILE APPROCCIO TERAPEUTICO
Articolo informativo di Giuseppe Pinna e Giovanni Di Natale per S. O. S. - “Osteomielitici d’Italia” - Onlus  «Centro Servizi Informativi On-line per Osteomielitici e Pazienti dell’Ospedale CODIVILLA-PUTTI di Cortina d’Ampezzo».
Fig.1. Esito di spondilodiscite (freccia)
Introduzione
Le spondilodisciti sono patologie in aumento sia in forma spontanea che post-chirurgica. 
Tra le forme spontanee le cause più frequenti sono quelle purulente da germi gram positivi come Staphy- lococcus aureus e streptococchi
In passato anche le infezioni tubercolari presentavano frequentemente una localizzazione vertebrale. 
Tale evenienza è subdola e difficile da diagnosticare perché oramai rara e pertanto il ritardo di diagnosi è fre-quente. 
Inoltre tale patologia richiede una terapia prolungata polifarmacologica di molti mesi per poter ottenere la gua rigione.
Il caso che segue, viene descritto una spondilodiscite specifica tubercolare che dopo vari tentativi e ap-procci terapeutici tradizionali, è stato trattato con uso di associazione di farmaci chemioterapici e farmaci omotossicologici con risultati quasi inaspettati sia per il paziente che per il medico stesso.
Patogenesi e Clinica
La spondilodiscite tubercolare, detta anche osteomielite vertebrale o morbo di Pott, dal nome dello studioso che per primo ne diede un'esauriente descrizione, è un processo infettivo che colpisce le vertebre ed i dischi intervertebrali, a seguito della localizzazione del bacillo di Koch (Mycobacterium tuberculosis) nella colonna vertebrale. 
Generalmente la propagazione avviene per via ematogena da un focolaio primario di infezione pleuropolmo- nare o linfoghiandolare. 
La malattia predilige l'infanzia e l'età giovanile
La colonna può essere colpita in tutti i suoi segmenti, ma la localizzazione più frequente sembra essere quella dorso-lombare, con interessamento generalmente di due vertebre contigue.
Nella fase iniziale, il quadro clinico è caratterizzato dalla comparsa di dolore, rigidità e contrattura muscolare nel tratto del rachide interessato, con concomitanti presenze di altri sintomi generali come, astenia, anoressia, calo ponderale e febbricola serotina. 
L’infezione può estendersi a tessuti vicini sia infiltrando le strutture poste anteriormente alla colonna (tipica- mente il muscolo psoas) e conseguente diffusione verso il basso fino al triangolo di Scarpa, sia poste-riormente comprimendo il midollo o le radici dei nervi spinali. 
A carico dei corpi vertebrali colpiti produce uno schiacciamento a cuneo che può determinare una cifosi o “gibbo”
Si possono avere anche delle formazioni di cosiddetti “ascessi freddi ossifluenti” che si possono estrinsecare sul piano clinico anche a notevole distanza dalla lesione vertebrale principale (triangolo di Petit o dello Scarpa a seguito di localizzazione lombare). 
Infine il crollo vertebrale può determinare una compressione midollare con conseguente comparsa di sintomi neurologici di vario tipo in rapporto al livello di lesione.
Diagnosi e terapia convenzionale
Elemento importante per la diagnosi sono un'attenta e scrupolosa anamnesi del paziente, come pregressi epi-sodi tubercolari, ma spesso è utile l'esame bioptico.
Gli esami di laboratorio possono evidenziare una marcata elevazione della VES, della PCR, delle alfa2-glo- buline. 
L'attenta osservazione della modificazione di questi parametri costituisce un'importante indice per il monito- raggio dell'attività di malattia una volta instaurata la terapia specifica.
Da un punto di vista radiologico, le fasi iniziali della malattia, sono caratterizzate da osteoporosi dei corpi vertebrali lesi; in un secondo momento si evidenziano le erosioni e il restringimento dello spazio discale e in fine il crollo vertebrale. 
Dal punto di vista radiologico l’esame più sensibile è la RMN nucleare con mezzo di contrasto parama-gnetico che permette di evidenziare l’aumento di infiammazione dell’osso e del disco, visto come aumentato contenuto idrico e pertanto ipointenso nelle immagini T1 pesate e iperintenso nelle immagini T2 pesate. 
La somministrazione del mdc permette poi di evidenziare la captazione nella sede dell’infezione.
La medicina nucleare permette inoltre di affinare la diagnostica delle spondilodisciti e rappresenta uno stru- mento per il monitoraggio della terapia fino alla guarigione: la scintigrafia con globuli bianchi autologhi marcati evidenzia un deficit di captazione nei casi di infezione vertebrale, dovuto alla peculiare vascolarizzazione delle vertebre. 
La scintigrafia con biotina, sostanza utilizzata nel metabolismo batterico, rappresenta un esame specifico per le infezioni vertebrali: essa permette di vedere un’immagine di plus nelle infezioni vertebrali
L’intensità della captazione dipende dalla velocità del metabolismo del batterio responsabile dell’infezione.
Le forme tubercolari pertanto risultano positive ma con captazione piuttosto debole: in questi casi la diagnosi è pertanto indirizzata.
La terapia medica si basa sull'impiego di combinazioni di agenti chemioterapici: isoniazide, rifampicina, etam-butolo e pirazinamide, che vanno assunti per lunghi periodi, almeno 6 mesi nelle forme polmonari, anche fino a 12 mesi nelle forme di tubercolosi ossea.
La terapia chirurgica può trovare indicazione, in casi selezionati, nel trattamento delle complicanze, quali, svuotamento di ascessi freddi, correzione del gibbo, decompressione midollare.
Caso Clinico
Il Sig. B. G., 66 anni, pensionato, residente all'Isola d'Elba, dove svolge attività di piccolo artigiano muratore e insieme alla moglie di albergatore stagionale. 
Coniugato, 3 figli (1F + 2M), all’anamnesi fisiologica risulta che il Sig. B. G. ha svolto l'attività di autotraspor tatore fino all’età di 52 anni, ha sempre vissuto in campagna e zone rurali e da sempre si è dedicato all'agri-coltura e all'allevamento di animali domestici.
Il padre è stato in sanatorio per tubercolosi.
All’anamnesi patologica remota ricorda le comuni malattie infantili. 
Il paziente ha iniziato a soffrire di lombalgia nel 2003. 
A giugno 2004 il paziente è stato valutato da un neurochirurgo che ha fatto effettuare RMN lombare che ha posto il dubbio di spondilodiscite L5-S1. 
Il paziente è stato poi valutato dallo specialista infettivologo che ha rilevato gli indici di flogosi biochimica notevolmente elevati e la intradermoreazione di Mantoux con reazione intensamente positiva. 
Il 9/7/2004 è stata effettuata una biopsia vertebrale che ha mostrato flogosi cronica aspecifica, esame col- turale per germi comuni e miceti negativo. 
Empiricamente è stata intrapresa una terapia con amoxicillina-clavulanato e doxiciclina senza beneficio. 
Nel frattempo è stata eseguita scintigrafia con biotina risultata positiva per spondilodiscite a livello L5-S1.
In data 30/8/2007 è risultato positivo l’esame colturale per M. tuberculosis con resistenza all’isoniazide. 
E‘ stata pertanto intrapresa una terapia con rifampicina, etambutolo, ciprofloxacina ed amikacina.
Quest’ultimo farmaco è stato assunto per trenta giorni. 
Dopo due mesi di terapia è comparso rash allergico, che ha reso necessario la sospensione della terapia an-titubercolare. 
La reazione allergica è stata trattata con terapia steroidea per 10 giorni associata ad antistaminico. 
In seguito è stata ripresa la terapia con etambutolo, pirazinamide ed amikacina, quest’ultima per 30 gg.
Durante la terapia a due farmaci il paziente ha riferito un peggioramento dei dolori lombari ed alla risonanza di controllo si è vista la comparsa di ascesso dello psoas che è stato aspirato sotto guida TC (12/6/2005).
Sono stati aspirati 30 cc di pus giallo che è risultato negativo allo studio microscopico secondo Zhiel-Nee- lsen e positivo all’amplificazione genica per M. tuberculosis
La coltura dopo 40 gg è risultata negativa per M. tuberculosis e per germi comuni. 
Da giugno 2005 il paziente ha ripreso terapia a 4 farmaci per 1 mese e poi a 3 farmaci: etambutolo, pirazina-mide e levofloxacina.
Diagnosi e Terapia Omotossicologica
Il paziente arriva in osservazione nell'agosto 2005. 
Dopo la formulazione della diagnosi attraverso esame clinico comprensivo di osservazione, anamnesi, ispezio ne, palpazione, esame funzionale, esame neurologico, diagnosi differenziale e con l’ausilio dell’EAV Gold, ef- ficace sistema diagnostico-terapeutico, in grado di fornire informazioni sullo stato di salute o di malattia, che codificate offrono un valido aiuto nella pratica terapeutica.
Nella stessa seduta, veniva registrata, al test di provocazione, una positività a microstimoli di Tuberculinum Avis (serie KUF) Staufen Pharma® .
Secondo la nuova Tavola dell’Omotossicosi o Tavola delle Sei Fasi, la spondilodiscite tubercolare può es sere inquadrata nella fase di Impregnazione e/o Degenerazione.
Al paziente veniva proposta una prima terapia omotossicologica da associare alla terapia antitubercolare che già stava facendo.
Nella prima parte della terapia, della durata di 4 settimane, sono stati prescritti i seguenti rimedi:
Tuberculinum Avis (serie KUF) Staufen Pharma® , è stato testato col l'EAV, sul punto 1b del meridiano della Degenerazione Articolare (DA), punto di controllo di tutte le articolazioni, incluse le vertebre; sul punto ........ del Meridiano del Grosso Intestino (GI), punto di controllo del meridiano stesso che è in stretta rela-zione con L4 e L5 e rispettivi segmenti midollari; sul punto 8d del Vaso della Circolazione (Ci); e sul punto 11 del Meridiano della Vescica (V), punto di sommazione della colonna vertebrale, posto allo spigolo infe-riore del processo trasverso della prima vertebra toracica, lateralmente alla linea mediana.
Risultati e Conclusioni
Dopo poco più di 5 mesi di terapia, il dolore alla colonna è diminuito, l’umore, l’ansia e lo stato depressivo sono sensibilmente migliorati.
Gradualmente il paziente può affrontare lunghe passeggiate e si risolve del tutto il suo stato di depressione ed insicurezza.
Il paziente ha continuato terapia antitubercolare fino a marzo 2006 quando dopo 19 mesi totali di terapia è stato considerato guarito in base alla normalizzazione degli indici di flogosi, miglioramento della RMN.
Il protocollo omotossicologico si è dimostrato efficace su una patologia di difficile approccio terapeutico.
Le terapie convenzionali producono risultati contrastanti, non prive di effetti collaterali, rischi e quasi mai riso- lutive.
I risultati di questo caso, dimostrano che i principi guida della Medicina Omotossicologica non solo teorica- mente perseguono obiettivi auspicabili, ma sono anche concretamente realizzabili.
↑ Articolo informativo di Giuseppe Pinna e Giovanni Di Natale per S. O. S. - “Osteomielitici d’Italia” - Onlus  «Centro Servizi Informativi On-line per Osteomielitici e Pazienti dell’Ospedale CODIVILLA-PUTTI di Cortina d’Ampezzo».
La Spondilodiscite
Dott. Giovanni Turchetti
Che cos'è?
La spondilodiscite è l'infezione della colonna vertebrale interessante il disco e le vertebre adiacenti.
Attualmente le infezioni della colonna vertebrale sono relativamente rare (incidenza = 1 caso per 100, 000-250,000 all'anno) e ammontano al 2-4% di tutti le osteomieliti (infezioni delle ossa).
Le spondiloidisciti si suddividono in specifiche e aspecifiche: le spondilodisciti specifiche sono causate dai microrganismi della tubercolosi, mentre le formeaspecifiche sono causate da batteri comuni, da miceti o da parassiti.
Dalla metà degli anni '70, dato il calo della tubercolosi, nei paesi industrializzati le forme aspecifiche sono di- venute le più frequenti. 
D'altra parte le forme tubercolari non sono scomparse a causa dell'aumento dei flussi migratori dai paesi ad alta endemia e dell'associazione con l'infezione da HIV. 
Attualmente, il microrganismo più frequentemente responsabile di spondilodiscite è lo Staphilococcus Aureus (incidenza che varia dal 40% al 90). 
                                         Fig.1. Esito di spondilodiscite (freccia)
Tutte quelle malattie che causano una immunodepressione sono fattori di rischio per lo sviluppo di una spon- dilodiscite (diabete mellito, etilismo cronico, tossicodipendenza, AIDS, malnutrizione, terapia corti-costeroidea cronica, età avanzata).
I germi responsabili possono infettare la colonna per contaminazione diretta (ad es. in esiti di inter- venti chirurgici sulla colonna vertebrale), attraverso il sangue (ovvero via ematogena - maggior parte dei casi) o più raramente per via linfatica o per contiguità con un ascesso paravertebrale.
Il tratto di colonna in assoluto più frequentemente interessato è quello lombare
Il tratto dorsale è più spesso coinvolto nei casi di spondilodiscite tubercolare (chiamata anche morbo di Pott), il tratto cervicale nei tossicodipendenti (più spesso spondilodiscite aspecifica da Pseudomonas Aeruginosa).
Sono possibili anche espressioni multifocali, ma sono molto rare. 
Come si manifesta?
La spondilodiscite presenta notevoli problemi di diagnosi precoce poich� i dati clinici, nelle fasi iniziali, sono sovrapponibili a quelli di altre malattie della colonna vertebrale.
Il sintomo più comune è il mal di schiena (spesso intenso, continuo e resistente all'allettamento ed agli analgesici); altri sintomi sono l' astenia, la febbre, e meno frequentemente la presenza di deficit neurologici e di deformità della colonna.
Le spondilodisciti aspecifiche si presentano generalmente con un quadro clinico più marcato caratterizzato da sintomi più eclatanti rispetto alle forme specifiche; d'altra parte, questa ultime presentano più frequente- mente deficit neurologici e deformità della colonna rispetto alle forme aspecifiche.
                             Fig.2. RM di spondilodiscite aspecifica L3-L4.
- Gli elementi che orientano verso la diagnosi di spondilodiscite sono:
- Mal di schiena cronico (soprattutto se soggetto a rischio).
- Incremento degli indici di infiammazione (VES, PCR, fibrinogeno, globuli bianchi, ecc.).
- Infezione extrascheletrica recente.
- Esiti recenti di chirurgia discale (contaminazione diretta).
- Emocoltura positiva.
- Risonanza magnetica positiva (i segni radiografici, invece, sono tardivi rispetto alla clinica. Allo stadio iniziale si      tratta di segni modesti, mentre immagini più nette sono riscontrabili soltanto come segni tardivi).
- Ago-biopsia disco-vertebrale positiva (sensibilità del 75%).
Come si cura?
La progressione della infezione senza un trattamento appropriato può portare alla distruzione del corpo vertebrale, instabilità e deformità angolare del rachide (tipica quest'ultima nella spondilodiscite tubercola- re). 
I principali fattori che vanno considerati nella scelta del tipo di trattamento sono: l'estensione dell'infezione, la sintomatologia del paziente e l'evolutività della lesione.
Fig.3. Grave deformità vertebrale causata da spondilodiscite tubercolare.
Trattamento conservativo
Il trattamento conservativo di una spondilodiscite è basato sulla antibioticoterapia specifica e sull'immobiliz-zazione. 
Per le spondilodisciti aspecifiche la durata del trattamento varia a seconda del germe in causa e della pre-cocità della diagnosi. 
In media l'antibioticoterapia dura 3 mesi e prevede l'utilizzo di 2 antibiotici per 1 mese e ½ per via endo-venosa e poi mono - antibiotico per via orale.
Nei casi in cui il germe non è isolato si utilizza una antibioticoterapia ad ampio spettro.
Per la spondilodiscite tubercolare, invece, il trattamento antibiotico è più impegnativo. 
Esso prevede l'utilizzo combinato di 3 o 4 antibiotici specifici (Rifampicina, Isoniazide, Etambutolo e pira- zinamide) da protrarre per molti mesi (9-18 mesi).
L'evoluzione favorevole dei casi trattati porta alla scomparsa dei dolori, al miglioramento dello stato fisico ge nerale, alla normalizzazione degli indici di infiammazione, all'addensamento delle lesioni ossee, e all'anchilosi più o meno completa delle vertebre coinvolte. 
La RMN rappresenta l'esame strumentale di riferimento per il controllo della evoluzione clinica.
Trattamento chirurgico
Il trattamento chirurgico è indicato quando è presente un deficit neurologico, quando il coinvolgimento osseo è esteso (ev. presenza di ascesso) o quando il trattamento antibiotico è insufficiente ad eradicare l'infezio- ne.
Lo scopo dell'intervento chirurgico è quello di asportare il tessuto infetto e necrotico, evacuare, se presen- te, la raccolta ascessuale, stabilizzare mediante artrodesi il tratto di colonna interessato e, se necessario, decomprimere le strutture nervose.
A tal fine l'approccio chirurgico è frequentemente combinato, anteriore e posteriore. 
In caso di deformità secondaria, l'artrodesi deve essere preceduta dalla correzione della stessa.

Fig.4.
RM e TC preoperatorie, spondilodiscite tubercolare dorsale.
Si noti l’ascesso epidurale (freccia gialla) e l’entità
della distruzione del corpo vertebrale (freccia rossa).               
Rx postoperatorie, artrodesi e decompressione anteriore e posteriore.
Tratto da:
                      COLPO DELLA STREGA                               

Una delle situazioni acute, che più frequentemente si presentano all’osteopata, è il così detto “colpo della strega”, altro non è che un particolare tipo di lombalgia acuta, molto frequente e che colpisce senza limi ti d’età o sesso.
In Osteopatia questa disfunzione viene considerata primaria, vale a dire non derivante da altre disfunzioni, questo perché il suo esito è sempre acuto ed in seguito ad un movimento brusco, che causa una sublussa- zione temporanea delle faccette articolari di L5-S1, ossia l’ultima vertebra lombare e la prima sacrale
Le cause del colpo della strega sono varie ma principalmente vanno individuate negli atteggiamenti postu rali del paziente, muscoli fibrotici e malformazioni congenite etc. 
Comunque, ciò suddetto, altro non è che il terreno su cui un movimento particolarmente scorretto e brusco va a creare la sublussazione, quasi sempre, come si evince, è accompagnata da una rigidità muscolare cro-nica di tutto il corpo.
La meccanica disfunzionale del colpo della strega usualmente è la seguente: il paziente è in piedi, si china per raccogliere qualcosa da terra facendo compiere al tratto lombare della colonna una flessione, rotazione e latro-flessione. 
Tali movimenti si distribuiscono fisiologicamente, ma nel caso specifico essendoci delle zone di restrizione articolare delle vertebre sovrastanti L5, lo sforzo di rotazione avviene in questa zona, che in condizioni nor mali presenta una mobilità ridotta.
Prendiamo come esempio un paziente che dopo una flessione, rotazione sx ed lateroflessione dx del ra-chide, si rialza ma, a causa della sublussazione di L5 sul promontorio sacrale, la vertebra rimane bloccata, ed in oltre il sacro, per fare in modo che il tronco mantenga una posizione eretta antalgica, è costretto a compiere una rotazione. 
Tutto questo con grande dolore del paziente, rendendolo incapace di muoversi.
Sono sufficienti tre o quattro trattamenti Osteopatici per risolvere in maniere rapida e non dolorosa, nel ris-petto del corpo, il colpo della strega.
                                                                                                                                      
                           MAL DI SCHIENA                                        
CHI SOFFRE DI MAL DI SCHIENA?

Aldilà dell’età e del sesso, l’80 per cento della popolazione mondiale soffre o ha sofferto di lombalgia o dorsalgia volgarmente chiamato mal di schiena
Sebbene alcuni soggetti siano più a rischio a causa della loro predisposizione, o attività lavorativa, il mal di schiena non risparmia nessuno. 
E’ la maggior causa mondiale d’assenteismo dal posto di lavoro! 
I problemi con la vostra schiena non producono semplicemente dolore localizzato, ma possono causare sintomatologie collegate come disturbi alle natiche, allo scroto o la sciatica, che si manifestano a causa della pressione esercitata su specifiche radici nervose. 
In cifre, il 50% dei casi di dolori a collo, testa, spalle e braccia, che l'osteopata riscontra, sono legati al mal di schiena ed al conseguente disturbo provocato alla funzionalità biomeccanica del corpo.
QUALI SONO LE CAUSE PRINCIPALI DEL MAL DI SCHIENA?
Scoliosi
Vecchi traumi
Gravidanza
Postura scorretta
QUALI SONO I PRIMI SEGNI D’AVVISO?
Dolore localizzato che passa da lieve, sordo e strisciante ad immediatamente tagliente e trafiggente.
Dolore che può essere costante o esordire durante certi movimenti.
Dolore che si muove in profondità nella natica e lungo la gamba, come nella sciatica.
Rigidità al mattino, al risveglio.
PERCHE’ ANDARE DALL’OSTEOPATA?
L’osteopata è un professionista sanitario qualificato con appropriate conoscenze ed abilità per valutare il vostro disturbo. 
Gli Osteopati possono rilevare i cambiamenti strutturali che conducono alla disfunzione e alla immobilità dovute a traumi ricorrenti, postura scorretta, e scarsa flessibilità, contrazioni muscolari, che si ripercuoto no sulle problematiche legate a ginocchia e piedi.
Il vostro osteopata deciderà quale sarà per voi il miglior percorso terapeutico, tutto ciò basato sulle sue qualità palpatorie, di osservazione e diagnosi; non sottovalutando, comunque, ove necessario, il ricorso  a più approfondite valutazioni tipo RMN, TAC, indirizzandovi a colleghi professionisti (Neurologi, Orto pedici etc). 
TRATTAMENTO
Il trattamento osteopatico è spesso il più efficace intervento d’attacco per provare a correggere questo genere di problemi.
La maggior parte delle persone pensa che il dolore alla schiena debba essere il risultato di un trauma, in realtà, ci sono molte malattie e molte patologie che hanno come sintomo il dolore alla schiena e pro- blemi pelvici 
• dolori addominali 
• stati di ansietà 
• artrite 
• spondilosi cervicale o lombare 
• problemi dermatologici 
• patologie renali 
• condizioni reumatiche
• tumori
Gli osteopati sono esperti nel diagnosticare problemi che possono richiedere ulteriori accertamenti o trat tamenti medici, e in questo caso, il trattamento osteopatico è comunque utile per far diminuire il dolore o lo stress che queste patologie comportano.
Il trattamento osteopatico include tecniche manuali di manipolazione e mobilizzazione articolare, musco- lare e dei tessuti molli, il trattamento è molto efficace e necessita spesso della collaborazione attiva del paziente. 
Compito dell’osteopata non è solo quello di somministrare il trattamento, ma anche quello di dare con- sigli su come mantenere i risultati ottenuti, tramite, ad esempio, della ginnastica osteopatica etc. 
Spesso l’osteopata si serve d’altre tecniche naturali terapeutiche per raggiungere l’obbiettivo prefisso: il recupero della salute del paziente. 
IL DECALOGO DELLA CURA DELLA SCHIENA
• Per il mal di schiena è meglio andare dal vostro osteopata il più presto possibile
• Fare regolarmente gli esercizi, che il vostro osteopata saprà consigliarvi 
• Stare nella stessa posizione per ore può causare problemi – evitate la gobba da computer
• Durante movimenti ripetitivi, variate il ritmo e fate frequenti pause
• Aggiustate correttamente il sedile dell’autovettura, e nei lunghi viaggi fate delle pause per fare dello stretching 5/10 min.
• Non esagerate con i lavori pesanti, tipo il giardinaggio, non rischiate i vostri dischi intervertebrali
• Osservate la postura dei vostri bambini – non dovrebbero portare borse su di una sola spalla o tras- correre troppo tempo davanti al computer senza fare pause
• Durante la gravidanza, l’Osteopatia può aiutare il corpo ad adattarsi ai cambiamenti posturali
• Evitate stiramenti quando sollevate pesi, in special modo bambini e la spesa
• Il vostro letto potrebbe essere la causa del vostro mal di schiena, chiedete al vostro osteopata consigli a riguardo.
TRATTAMENTO OSTEOPATICO DELLA SCIATICA E DELLA LOMBALGIA
                        
TRATTAMENTO
Fondamentale è accertarsi dell’origine vertebrale del dolore, bisogna escludere dolore dovuto ad una infezione, tubercolosi, tumore della colonna, osteomielite, etc.
La maggior parte delle volte un dolore acuto è dovuto ad un problema della colonna, mentre un dolo- re che aumenta inesorabilmente senza alcuna pausa fa pensare ad una infiammazione od ad altro.
Comunque è bene in tutti i casi fare degli esami più approfonditi d’accertamento tipo raggi X, TAC o RMN anche per valutare lo stato del disco. 
Tuttavia in caso di una lombalgia acuta i raggi X potrebbero non mostarre alcuna anormalità, magari solamente un’osteoartrite di lieve o media entità. 
Nello stesso modo non è detto che nonostante il miglioramento del paziente dopo il trattamento Osteo patici, attraverso questi esami venga in evidenza il miglioramento.
Un trauma od uno stiramento possono indicare il tempo quando l’anulus fibrosus è stato strapaz- zato. 
Il Nucleus polposus a sua volta sarà coinvolto, e siccome il nucleus polposus è gelatinoso, vi sarà del tempo di latenza tra il trauma ed il dolore acuto. 
Se il rigonfiamento del nucleus polposus giace dietro il legamento posteriore longitudinale, il paziente soffrirà di lombalgia acuta, e, quando il nucleus polposus si spancia attraverso il legamento indebo- lito, impegnerà i nervi e così si avranno irradiazioni di dolore lungo tutto l’arto inferiore.
La lombalgia acuta può anche essere dovuta ad altri disfunzioni meccaniche della colonna: un rapido pizzicamento della membrana sinoviale in una delle faccette articolari; od una sublussazione causata da un costante stiramento del legamento, cattiva postura, degenerazione del disco o osteoartrite, etc..
Vi è una grande controversia tra i medici e gli ortopedici circa il trattamento della lombalgia
Alcuni non vorrebbero assolutamente che i loro pazienti fossero manipolati, mentre altri preferiscono manipolare, ma sotto anestesia. 
Al convegno Mondiale dell’Associazione degli Ortopedici, una lista di sette esperti sotto la guida del Professor Mc Farland discusse del problema: e sebbene il 33% di tutti i pazienti ortopedici lamen tava problemi di mal di schiena, il gruppo non ebbe degli unanimi consigli da suggerire ad un sì vasto gruppo.
Il trattamento della lombalgia non è così semplice e dipende principalmente dalla severità dei sintomi piuttosto che dalla severità delle lesioni, e il giudice finale del risultato è il paziente stesso, consideran- do che ogni paziente ha la sua percezione del dolore.
Nella stragrande maggioranza dei casi, il mal di schiena, la lombalgia, e la sciatica sono causati da una lesione del disco, ergo il miglior modo per ovviare questo problema è e rimane il trattamento os- teopatico per cercare di decoaptare i dischi, al quale verranno aggiunti vitamine,calore, diatermia, massaggio ed esercizi di ginnastica posturale. 
La procedura di trattamento osteopatico consta di queste tre fasi:
• Profilassi Posturale
• Riduzione con manipolazione
• Mantenimento della riduzione
                                                                               Dott. Giovanni Turchetti
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Pubblicato su Blogger oggi 14 Giugno 2012 alle ore 22,33 da: Giuseppe Pinna de Marrubiu


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