|
|
Centro Iperbarico di Ravenna
|
Il Rischio di amputazione arti si riduce con la terapia iperbarica
Che cosa è l'Ossigenoterapia iperbarica?
L’Ossigenoterapia iperbarica (OTI) è una terapia etica,
riconosciuta dalla medicina convenzionale, non in vasiva e basata sulla
respirazione di ossigeno puro al 100% o miscele gassose iperossigenate
all’interno di una Camera Iperbarica.
La pressione permette la
diffusione dell’ossigeno nel sangue con una concentrazione superiore
anche dieci volte rispetto al normale; in questo modo si favorisce la
formazione di nuovi vasi sanguigni e si mobilitano le cellule staminali.
L’Oti, riattivando i processi metabolici bloccati, porta alcune
importanti malattie a guarigione o migliora- mento.
È efficace, per
esempio, per le embolie gassose arteriose, la gangrena gassosa da
clostridi, l’ische- mia traumatica acuta, l’osteomielite cronica
refrattaria, gli innesti cutanei e i lembi a rischio, la necrosi ossea
asettica e la sordità improvvisa, le ulcere cutanee.
- i dati in Emilia-Romagna -
La terapia iperbarica è ormai molto nota e utilizzata per numerose patologie.
Grazie al dossier sull’assistenza ai pazienti diabetici, pubblicato dalla Regione Emilia Romagna (vedi link sotto), anche i più scettici possono contare su numeri, studi e dati scientifici che dimostrano l’efficacia del trattamento in camera iperbarica per molte patologie.
Malattie come il diabete, lesioni cutanee gravi, traumi da sport, insufficienza venosa e deficit arte- rioso possono, negli stadi più avanzati e gravi, portare all’amputazione dell’arto interessato dalla patologia.
Il fattore tempo in questo caso è determinante e bisogna sfruttarlo al meglio.
L’ossigenoterapia iperbarica aiuta a ridurre notevolmente il rischio di amputazione degli arti, perché sti- mola la produzione di cellule staminali che rigenerano i tessuti.
Per dimostrare quanto appena detto si può guardare il caso
dell’Emilia – Romagna: nel bacino di utenza del Centro Iperbarico di
Ravenna, e in generale in tutta la provincia si nota un minore tasso di
amputazione arti (segnato dal colore azzurro chiaro nella figura).
Sarà
un caso?
Il Dr. Longobardi
Giuseppina e la sua paura di entrare... in camera iperbarica
11 marzo 2011 - Scritto da Redazione - Nessun commento in risposta a questo articolo.
Giuseppina
ha 63 anni e se oggi è quasi guarita dalla sua ulcera traumatica è
grazie al fatto che ha superato la paura di entrare in camera
iperbarica.
Ma andiamo in ordine.
Giuseppina arriva da Ferrara al Centro
Iperbarico di Ravenna poco più di un mese fa per un’ulcera tra- umatica.
E’ molto avvilita e scoraggiata perché sta male da qualche mese e per
giunta nell’ultimo periodo è afflitta da un dolore molto forte.
Il tutto
è iniziato a settembre del 2010 con la comparsa di un eczema sul dorso
del piede sinistro.
n seguito a dicembre, e sempre allo stesso piede,
Giuseppina subisce un trauma distorsivo alla caviglia.
A questo punto
le cose precipitano perché inizia un processo flogistico con conseguente
erisipela e cellulite.
Per questo a gennaio Giuseppina viene operata e
il chirurgo plastico fa un escarectomia, con l’esportazione della parte
compromessa e necrotizzata.
Dopo un mese dall’intervento viene inviata
al Centro Iperbarico di Ravenna.
A questo punto però Giuseppina rivela di soffrire di claustrofobia ed è
terrorizzata all’idea di rimanere chiusa nella camera iperbarica!
Infatti dopo la prima seduta dice di non voler continuare.
Ascolto le
sue preoccupazioni, ci parlo a lungo e piano piano rassicurandola la
convinco a riprovare.
Ora Giuseppina è praticamente guarita e grazie alla camera iperbarica
e ai bendaggi elastocompressivi la sua gamba è tornata normale.
Per
arrivare alla guarigione completa servono altre dieci sedute in camera
iperbarica ma Giuseppina ha ac- cettato di farle volentieri.
La cosa più bella è che ogni volta che medico la sua gamba Giuseppina mi
ripete “se nono guarita è solo perché ho avuto la fortuna di avere te
che mi ha convinto a insistere e superare la paura. Non me ne
dimenticherò mai!”
Beh sapete che vi dico, neanche mi dimenticherò mai di Giuseppina!
Grazie Alessandra Sasselli
Come mi vesto per andare... in camera iperbarica?
“No signora, lo scafandro non serve.
No, davvero, neanche della muta c’è bisogno”.
“Ma lei mi ha detto che è come andare sott’acqua…”.
“E’ vero le ho detto così ma era per provare a
semplificare il principio su cui si basa l’ossigenoterapia iperbarica.
Cercherò di essere più chiara: nella camera iperbarica lei respira
ossigeno ad una “profondità” compresa normalmente tra i 9 e i 15 m… in
questo modo l’ossigeno raggiunge tessuti dove non arriva respirando a
quota zero.
Facciamo un esempio pratico: la camera che viene compressa a
2,5 atmosfere è come se scendesse a 15 m sotto il livello del mare, ma
in realtà non si muove, e quindi NON VA SOTT’ACQUA!
Perciò non è necessario indossare né muta né scafandro, e neanche occhialini e cuffia!”.
A parte gli scherzi… la domanda “cosa mi metto per
entrare in camera?” è in assoluto quella che più spesso ci rivolgono i
pazienti del Centro Iperbarico di Ravenna.
È per questo che ho deciso di scriverlo qui, così sarà più chiaro per tutti!
La verità è che l’unico divieto vero e proprio riguarda gli indumenti completamente sintetici.
Si possono indossare tranquillamente capi di lana e
cotone, e anche se nel vostro maglione c’è una piccola percentuale di
materiale sintetico niente paura, non succederà assolutamente niente!
Se però avete qualche dubbio potete sempre chiedere ai nostri tecnici.
Il giorno della prima seduta ogni paziente riceve un
kit, in una borsina con il nostro logo che poi rimane a lui come
ricordo, composto da:
- una maschera sterilizzata (che userà per tutte le sedute in camera iperbarica)
- un camice azzurro da indossare sopra i propri vestiti.
Dovreste vedere che belli i nostri pazienti nel
corridoio che aspettano l’appello dei tecnici: con tutti qui ca- mici
azzurri sembra di essere dietro le quinte di un concerto di un coro
Gospel!
Francesca Cappai
Appunti del
Dr. Longobardi sul Convegno di Grosseto “Medicina subacquea: work in progress”
Il 21 settembre scorso si è tenuto a Grosseto il
convegno dal titolo “Medicina subacquea: work in pro- gress” moderato dal prof.
Antonio L’Abbate e dal dr. Marco Brauzzi.
Al convegno sono intervenuti:
- Prof.
Stephen Thom (University of Pennsylvania - Philadelphia), con un intervento dal titolo "Micro- particles and
Decompression Illness: updating the lane of research" (Aggiornamenti sul
percorso di ricerca);
- C.V. (MD)
Dr. Fabio Faralli (Comsubin - La Spezia) con un intervento dal titolo L’immersione
tecni- ca ed il rischio decompressivo.
Il Dr.
longobardi ha seguito l’iniziativa in videoconferenza interagendo con i
moderatori e i relatori online.
Per i medici e i subacquei interessati il
Dr. Longobardi mette e a disposizione i suoi appunti arricchiti con le immagini
tratte dalle presentazioni originali dei due relatori.
Prof. Stephen Thom
Il prof. Stephen Thom ha evidenziato che le immersioni
con stress decompressivo (ripetitive, multiday) aumentano la quantità di
microparticelle nel sangue (“polvere cellulare”).
Le particelle più grandi di
un micron (un millesimo di millimetro) possono attivare i globuli bianchi e
sca- tenare l’infiammazione (rossore, calore, gonfiore, dolore, alterata
funzionalità).
Le particelle contengono gas e quindi le loro dimensioni si
riducono se il subacqueo incidentato è ricom- presso in camera iperbarica.
L’immersione tecnica (autorespiratore a riciclo con pressione parziale di
ossigeno nella miscela respi- rata sul fondo di 1,2 atmosfere) pare ridurre le
dimensioni delle microparticelle rispetto alla immersione con respirazione in
aria (quindi l’immersione tecnica, correttamente eseguita, pare ridurre la
probabilità dell’incidente da decompressione rispetto all’immersione avanzata
con aria. L’Autore ha precisato che è necessaria prudenza nel trasferire i dati
della ricerca alla pratica dell’immersione.
Dr. Fabio Faralli
Il C.V. dr. Fabio Faralli (Marina Militare Italiana)
ha presentato la dif- ferenza tra i diversi modelli di decompressione,
compartimentali e a controllo delle bolle.
Ritiene che le bolle non siano il
fattore principale che causa l’incidente da decompressione e fa riferimento
alla presentazione del prof. Stephen Thom.
La ricerca ha evidenziato che le
soste profonde vadano introdotte solo per immersioni a profondità massima di
25-27 metri per tempi di permanenza sul fondo prolungati (sessanta minuti o di
più).
L’utilizzo di soste profonde per immersioni a maggiore profondità e per
breve tempo di permanenza sul fon- do pare che siano correlate con un aumento
della probabilità di incidente da decompressione.
Ti
potrebbero anche interessare:
Storia di un'Ulcera traumatica alla gamba con sospetta Osteomielite: cosa fare?
Gent.mo Dottore, da 40 anni ho un’ulcera trofica al
terzo medio inferiore (distale) della tibia a seguito di un incidente
del 1972.
Allora subii un’ intervento con osteosintesi.
Dopo 12 mesi,
durante la rimozione della sintesi – a causa di di un infezione
intestinale (salmonellosi) con- tratta in ospedale – mi si è aperta
l’ulcera che oramai è diventata trofica a a periodi tende ad aprirsi.
Ho fatto molte sedute di laser e ho sperimentato molte creme e pomate varie ma senza risultati aprezzabili.
Ora volevo fare un’intervento di plastica ma è risultato che la
circolazione venosa è a posto mentre l’arteria ti biale è occlusa,
inoltre hanno diagnosticato sospetta Osteomielite.
Ho fatto la RM,
l’ecodoppler, la radiografia, l’angioTAC, la scintigrafia con leucociti e
anche la ossimetria transcutanea (TcO2) che segnala: ossigenazione
periferica ridotta bilateralmente a livello dell’arteria tibiale
an teriore.
Preciso che ho 70 anni sono fumatore da 40 anni, che i valori del
sangue (colesterolo, glicemia) e la pres- sione arteriosa sono nella
normalità.
La ringrazio anticipatamente: mi scuso per il disturbo.
GRAZIE! Marcello
Risposta
Buongiorno, chiedo se è possibile curare una ulcera al
piede (paziente diabetico, di 85 anni, in cura da 12 mesi presso un
centro del piede diabetico) con camera iperbarica.
Il mio papà è affetto da 75 anni da Osteomielite cronica (con
infezione da stafilococco) alla gamba dx (cicatrice enorme che parte da
sotto al ginocchio fino ad arrivare al collo del piede) tenuta
positiva- mente sotto controllo dal 1991 al 2005 con 2 cicli annuali di
10-15 di sedute di camera iperbarica.
Vista la situazione di affaticamento del cuore il centro iperbarico non ha più accettato il papà come pa- ziente.
Negli ultimi 2 anni la situazione è peggiorata: la gamba fistolizzata
è ritornata a sporcarsi e negli ultimi 12 mesi una infezione da
escheriacoli al piede dx ha portato all’amputazione del 2° dito nel mese
di agosto 2010.
Ora, la cicatrizzazione dell’amputazione non è ancora
avvenuta (non hanno mai chiuso la ferita e perio- dicamente va
medicata) ed in tutto questo periodo si sono susseguite continue
infezioni sia al dito che alla gamba .
Oltre alla cura con antibiotici,
nel maggio 2010 è stata effettuata una pulizia della arteria femorale
profonda senza by pass (per via dell’osteomielite alla gamba).
Nel mese di dicembre sono state effettuate 5 sedute di ossigeno-ozono
terapie locali che hanno portato al la situazione molto critica di oggi.
Vale a dire: tutte le dita del piede tranne il mignolo sono viola (la
dottoressa dice che è tipico di un piede is chemico ma io che sono
ignorante, chiedo: non potrebbe essere segnale di necrosi?).
La ferita
dell’amputazione sanguina ed è infetta, le fistole attive della gamba
sono infette, il piede è freddo gelido e da 10 giorni il mio papà non
deambula più dal dolore.
Con la cura attuale di Bactrim, la sua
temperatura è sempre 37°.
E’ vero che non si può più far niente?
Ringrazio e mi scuso per i temini non precisi. Paola Fioretti
Risposta
Osteomielite: cosa fare?
Salve dottore, sono un ragazzo affetto da mielomelingocele fortunatamente autonomo nel camminare.
Il problema mi è sorto dal 2000, circa dieci anni fa.
In pratica questa
patologia mi ha portato un piede torto e dieci anni fa mi si è formata
un ulcera in seguito alla quale si è infettato l’osso (Osteomielite).
In
questi anni ho fatte cure iperbariche, antibiotici, pulizie
chirurgiche senza nessun risultato.
Sono stato ricoverato al
centro ICOT di Latina, al Rizzoli di Bologna, al Codivilla Putti di
Cortina di Ampez- zo senza aver mai ottenuto beneficio. La mia vita sta
iniziando veramente a essere un inferno.
Non so piu dove recarmi e a chi
rivolgermi.
Non so se realmente riuscirò a guarire.
Lei pensa di
potermi dare qualche consiglio?
Attendo con ansia una sua risposta.
La
ringrazio, cordiali saluti. Salvatore Chiesa
Risposta
Mamma, mi hanno salvato il dito!
3 dicembre 2010 - Scritto da Redazione - 2 Commenti in risposta a questo articolo. Vogliamo raccontarvi la storia di Mattia, 5 anni, che quest’estate si è tagliato un dito del piede con dei for- bicioni da campo.
“Non si può fare niente, mi dispiace” ha detto un medico a Modena,
“Bisogna amputare il dito, non c’è solu- zione”, ha detto un altro a Roma.
Ma la mamma non accetta queste risposte e gira (nel vero senso della
parola) per mezza Italia finchè non si imbatte nel primario di Ortopedia
dell’ospedale di Ravenna il quale consiglia di rivolgersi subito al
Centro Iperbarico di Ravenna.
Difficile raccontare senza emozionarsi quello che è successo da quando Mattia ha varcato la porta del Cen- tro.
Da subito – dice – la mamma – ci hanno dato speranza, non hanno mai
parlato di amputazione, ma di voler tentare ad ogni costo di salvare
quel ditino che alcuni avevano addirittura definito “non
indispendabile”.
Certamente far entrare un bambino così piccolo in camera iperbarica non è
facile.
Mattia la prima volta è stato dentro soltanto una ventina di
minuti, ma in così poco tempo si vedevano già i primi risultati: il dito
cominciava a prendere colore e perdere quel violaceo che tanto
spaventava.
Da quel 2 settembre della prima seduta Mattia ne ha fatte circa 25/30,
riuscendo a stare in camera iper- barica fino a un’ora e 45 minuti
(difficile anche per un adulto!).
Volete sapere come è finita?
Mattia ha ancora il suo bel ditino,
certamente non lo muoverà e quest’inverno avrà bisogno di scarpe un po’
più “comode” ma il dito c’è eccome e, vedere la gioia di questo bambino
nel dire “Mi hanno salvato il dito!” non ha veramente prezzo e ripaga di
qualsiasi sforzo o giornata negativa.
Quello che speriamo è che questa storia, come tante altre, possa essere
d’aiuto a chi, bambini e adulti, si tro vi in situazioni spiacevoli
simili a queste e che faccia ricredere chi conosce la terapia iperbarica
ma non rico nosce appieno i suoi benefici.
La mamma vuole ringraziare tutti, dai tecnici, ai medici, agli
infermieri, al Direttore Sanitario, fino agli altri pa- zienti in camera
iperbarica con Mattia, che lo hanno fatto sentire a casa.
E continua i
ringraziamenti in modo speciale per Patrizia, tutt’ora disponibile a
incontrare Mattia in ogni mo- mento e senza preavviso in caso di bisogno.
“Abbiamo incontrato degli angeli!” dice la mamma.
E noi ringraziamo loro, perchè vedere un bambino che entra al Centro
Iperbarico con gli occhi che brillano è già una grande emozione, ma
sapere che il motivo della sua gioia è quello che abbiamo fatto per lui
è dav- vero il massimo!
2 Risposte
Ferita post operatoria malleolo
Gentile dott. Longobardi, ho 40 anni e una frattura
trimalleolare scomposta al piede sx, con placca sul lato esterno (il
consolidamento delle ossa è ok).
Intervento (sintesi ossea) fatto il
1°ottobre.
Il 10 novembre ho cominciato il carico progressivo.
Il problema: spuntata la ferita il giorno 15 ottobre dopo una
settimana si è riaperta (la pelle giusto sopra il malleolo esterno), con
infezione superficiale (staphilococo).
Trattamento con 20 gg di
Augmentin.
Ultimo tampone il 17 novembre con risultato negativo.
Però la
ferita non chiude.
La prima medicazione è stata fatta con Betadine per elimanare
l’infezione, dopo con un gel enzimatico per eliminare cellule morte, da
una settimana la medicazione viene fatta con Connettivina (garza).
La ferita è grande quanto l’unghia del pollice e si vede la
placca….. secondo lei la terapia iperbarica puo aiutarmi a far chiudere la
ferita? Grazie infinite, Claudia
9 Risposte
Trauma alla caviglia con osteomielite: che fare?
Salve.
Mio fratello, in seguito a un incidente stradale,
ha riportato varie lesioni.
A distanza di un anno e mezzo presenta
un’ulcera infetta da staphilococco aureo a livello del calcagno.
Dalla
scintigrafia è emersa l'Osteomielite al calcagno e alla articolazione
tibio tarsica.
Presso il policlinico di Monza ci hanno consigliato un’operazione di
artodresi e un’amputazione di 5 cm del calcagno ma con scarsa
probabilità di riuscita.
Prima di arrivare a tale intervento, vorremo
provare una via piu semplice e meno invasiva (nei limiti del pos- sibile).
Facendo una ricerca su internet vengo indirizzata per la cura
dell’Osteomielite sia al Centro iperbarico Ravenna che all’ospedale
Codivilla-Putti di Cortina.
Ci piacerebbe prenotare subito un ricovero
ma essendo scarsa in materia non saprei come orientarmi.
Se vuole le
invio la documentazione del caso per avere un’idea specifica di mio
fratello.
Grazie mille per l’attenzione. Valentina
Risposta
Piedi da spavento: ho male, mi
aiuti.
Carissimo
dottore, sono 1 ragazzo di 41 anni con 2 piedi da spavento: si vede l’osso.
Sono disperato non sò più cosa fare.
Sono 11 anni che soffro e ancora sono
cosi.
La prego mi aiuti lei, non voglio perdere le gambe.
Vado avanti grazie
agli antidolorifici. Tanti saluti, Andrea
Risposta
- Pasquale Longobardi
gennaio 7th, 2012 - 07:37
caro
Andrea, ti ringrazio per l’attenzione e mi dispiace per il tuo calvario che
dura da undici anni.
Un recente sondaggio, condotto dalla American Medical Association Podiatric, ha
rilevato che il 53% degli in- tervistati ha affermato di avere dolori ai piedi
che talvolta, come nel tuo caso, era un ostacolo per la vita quoti- diana.
Una
persona cammina mediamente nel corso della sua vita l’equivalente di tre volte
la circonferenza della terra, un enorme sforzo per il piede, con i suoi 100
tendini legamenti e muscoli, 26 ossa, e 33 articolazioni.
A
volte il dolore dipende dalla condizione fisica generale:
sovrappeso: la forza esercitata sui piedi è circa il 120% del
nostro peso corporeo, quindi chi è obeso mette eviden- temente sotto stress tutta
la struttura del piede (frequentemente si verifica la fascite plantare).
Diabete: essendo i più lontani dal cuore, i piedi sono i primi
ad avere problemi circolatori e di sensibilità, il che può causare scarsa
guarigione di ferite.
Problemi di circolazione: se è compromesso il flusso di sangue
nelle arterie periferiche i piedi sono i primi ad essere sottoposto a problemi.
Per
quanto riguarda i disturbi localizzati direttamente nei piedi, quelli più
comuni sono:
artrite e tendiniti: spesso
causate dai piedi piatti che causano l’allungamento e l’indebolimento dei
muscoli e dei tendini del piede.
Funghi: si sviluppano in presenza di un ambiente umido e
caldo.
I piedi devono respirare, indi far prendere aria alle scarpe e usare calze
che assorbendo l’umidità, riducano la possibilità di malattie fungine.
Cosa
fare per migliorare il dolore?
La migliore prevenzione del dolore al piede è l’esercizio fisico (anche una
semplice camminata) che permette di mantenere in allenamento ossa, muscoli e
tendini.
Quando il dolore è forte, come nel tuo caso, é necessario curare i disturbi
della condizione fisica generale: dima- grire (in caso di sovrappeso);
controllare il diabete e curare i disturbi circolatori (a tale scopo – insieme
al diabetologo, all’angiologo, al chi- rurgo vascolare – è utile il medico
iperbarico per valutare l’appropriatezza della ossigenoterapia
iperbarica). Per correggere i disturbi localizzati al piede è utile la valutazione di un
fisiatra e/o dell’ortopedico che collaborino con il tecnico ortopedico e il
podologo.
Spesso si riesce a migliorare il problema con scarpe adatte
regolarmente indossate che garantiscano una postura corretta del piede.
E’
necessario misurare ogni tanto il proprio piede che si allunga e si appiattisce
con l’età; evitare scarpe dolorose e, per le donne, i tacchi alti (non devono
superare i 6 cm).
Ti saluto cordialmente, Pasquale
Bypass
coronarico con safenectomia
in diabetico: dolore alla gamba e piede
Mio padre,
diabetico, è stato operato d’urgenza, causa infarto, con 4 bypass e
sostituzione di una valvola cardiaca.
La vena è stata prelevata dalla gamba,
già interessata da patologia diabetica (senza ulcere ma con formi- colii e gonfiori).
Dopo 2 mesi non riesce a camminare perchè avverte fortissimi dolori se poggia
il piede e, in alcuni punti del- la gamba, anche al solo tocco (senza fare
pressione).
Sono problemi dovuti alla safenectomia?
Il piede diabetico è
peggiorato?
La ferita è asciutta: c’è la “crosticina” che lentamente sta
venendo via ma la gamba è in alcuni punti arrossata e leggermente edematosa.
I
punti al torace si sono sanati dopo 15 giorni.
Come si può
intervenire? Grazie. Anna
4 Risposte
-
Pasquale Longobardi maggio 11th, 2011 - 18:42
cara
Anna, ti ringrazio per l’attenzione e mi dispiace per la situazione di tuo
padre.
La ferita al torace procede bene e non mi preoccupa.
Il dolore alla gamba e al piede richiede, invece, la massima attenzione.
E’
necessario capire se vi sia un problema vascolare (cioè se il prelievo della
vena abbia peggiorato una situa- zione vascolare che nel diabetico è spesso
alterata) oppure se il dolore sia dovuto a una alterata conduzione
ner vosa (neuropatia autonomica) o a una malformazione dei piedi.
E’
necessario il controllo del diabete (la glicemia deve essere costante e
l’emoglobina glicata tra il 4,9 e il 6,3%), il controllo della circolazione,
della conduzione nervosa e della postura.
Presso
il Centro iperbarico Ravenna, per il tuo papà, il primo passo sarebbe
controllare quanto sangue arriva al piede tramite:
- ossimetria transcutanea.
Devono esserci almeno 40 millimetri di mercurio di
ossigeno durante respirazione in aria ambiente;
- doppler velocimetria.
La pressione arteriosa alla caviglia deve essere almeno
il 45% di quella misurata al braccio (Ankle Brachial Index superiore a 0,45).
Questo parametro è però poco affidabile nel paziente diabetico, pertanto
preferiamo il seguente:
- laser doppler flussimetria.
Permette di comprendere se ci sia un deficit
vascolare attraverso la misurazione della pressione al primo dito del piede (la
pressione nel dito del piede deve essere almeno il 20% di quella rilevata al
braccio – Toe Brachial In dex superiore a 0,2).
Inoltre la risposta a vari test
(riscaldamento, variazione della posizione del piede, rilascio della pressione)
permettono di comprendere se ci sia una neuropatia.
In
caso di cattiva circolazione (ischemia), il papà sarebbe visitato
(eventualmente ricoverato) dal chirurgo vasco lare per valutare l’opportunità di
portare più sangue alla gamba e al piede tramite farmaci, procedure di
radiologia interventistica o chirurgia.
Qualora vi sia, invece, una neuropatia il piede verrebbe tenuto a riposo (in
scarico), tenendolo a letto o preparan- do per lui un tutore ortopedico che eviti
di caricare il peso sul piede malato.
Se ci fosse un danno meccanico alle ossa della gamba e del piede, il papà
sarebbe valutato dal fisiatra per le cure del caso (terapia fisica come
laserterapia, onde elettromagnetiche, onde d’urto, ecc.) e lo scarico del piede
tra- mite apposito plantare.
Se
ritenuta utile, applichiamo anche la ossigenoterapia iperbarica che è
importante per ridurre l’infiammazione; favorire la formazione di nuovi vasi
sanguigni (vasi collaterali) che aggirino la eventuale ostruzione nella
circo- lazione del sangue o la formazione di nuovi vasi sanguigni a opera di
cellule “operaie” che sono normalmente dor- mienti nel midollo (cellule
staminali) e che l’ossigeno iperbarico ha la capacità di reclutare; accelerare
del 150% l’attività delle cellule (fibrobalsti) deputate alla riparazione delle
ferite.
Per
eventuale visita contatta la segreteria del Centro iperbarico Ravenna
(0544-500152).
Per informazioni su altri Centri iperbarici consulta il sito
della Società Italiana di Medicina Subacquea e Iperbarica (SIMSI) http://www.simsi.org (sulla destra troverai il link “centri
iperbarici”).
E’
giusto che tu faccia quanto possibile per capire, almeno, la causa del dolore
quando il papà poggia il piede a terra.
E’ importante che lui possa camminare
bene quanto prima anche per facilitare il controllo del diabete.
Un caro
saluto, Pasquale
- Anna
maggio 12th, 2011 - 16:26
Grazie
infinite per la risposta.
Ho trovato a Bari un Centro di medicina iperbarica,
proprio vicino all’ospedale dov’è ancora ricoverato mio pa- dre e mi sto mettendo
in contatto con loro.
Comunque volevo specificare che mio padre ha iniziato la
terapia insulinica dopo il ricovero (aveva la glicemia a 560 perchè per fobia
degli aghi non aveva mai iniziato a usare l’insulina; ancora ora la glicemia
non scende sotto i 200-250).
Inoltre si è formato del liquido nei polmoni che
gli è stato aspirato due volte mentre una volta gli è stato applicato un
drenaggio per una settimana.
I medici dell’ospedale dove è ricoverato,
comunque, dicono che la situazione è buona ma la gamba non mi convince…
- Pasquale Longobardi
maggio 12th, 2011 - 18:43
cara
Anna, il direttore sanitario del Centro iperbarico di Bari si chiama dr.
Domenico Picca.
Gli racconti le problematiche.
Se lo riterrà opportuno, mi tenga informato.
Un caro saluto con i migliori
auspici per il papà. Pasquale
- Anna
giugno 28th, 2011 - 07:11
Gentile
dott. Longobardi, volevo aggiornarla sulla situazione di mio padre.
Dopo circa
1 mese di fisioterapia riesce a stendere la gamba senza dolore, mentre è
rimasta dolente la pianta del piede (presumo per neuropatia diabetica).
Nel
frattempo, però, causa l’immobilità dovuta ai dolori e ad una setticemia che
l’ha molto indebolito, si sono for- mate delle zone nere ai lati del polpaccio
(dove toccava il materasso).
Dopo tre mesi di visite di diversi specialisti
(riguardanti cuore, reni, diabete, mobilità della gamba) e due setti- mane di
ricovero per la setticemia, abbiamo chiamato un chirurgo plastico che, a
pagamento, durante il ricovero in ospedale (il che, secondo me, è illogico) ha
fatto la pulizia della gamba, rimproverandoci perchè l’avevamo chia- mato solo
allora.
La situazione è complicata, perchè la necrosi si è estesa in
profondità, fin quasi all’osso.
Il chirurgo ha proposto la terapia iperbarica,
ma ci hanno detto che, data la situazione cardiologica, mio padre potrebbe
avere problemi.
Vorrei sapere se è vero e cosa si può fare per migliorare la
situazione.
Da quello che ho capito la funzionalità cardiaca è piuttosto
compromessa perchè la plastica valvolare è stata effet- tuata d’urgenza e quindi
non è perfetta (inoltre l’ischemia ha ovviamente provocato danni al cuore).
I
medici hanno detto che tra qualche giorno sarà dimesso, e che dovremo
continuare le medicazioni a casa (ov- viamente a pagamento…).
Grazie per la risposta. Anna
Vorremmo informare la Signora ANNA,
...che esiste il Servizio Infermieristico ADI (assistenza domiciliare in- tegrata) della propria ASL di appar- tenenza per proseguire le medicazioni a domicilio in regime sanitario gratuito.
Che ne parli con il medico di famiglia al fine di fargli istruire la pratica di richiesta urgente in 2 - 3 giorni, nel mentre le medicazioni (se giornaliere) gliele può fare lui... quale suo medico curante: per Legge!!! E, oltrettutto sono abbondantemente strapagati!
Amputazione gamba: come posso
evitarla?
Caro
dottore, piu o meno sai la storia di mio padre.
Il piede amputato aveva un
infezione grave e lo hanno operato un po più in su dell’infezione.
Il dottore che lo ha operato dice che ha ancora paura che l’infezione
progredisca e insiste per amputarlo sopra il ginocchio.
Per quanto
riguarda l’altro piede, secondo il dottore è morto però non gli
hanno fatto nessun tipo di control- lo.
Mio padre quel piede se lo
era scottato in una ampia parte anteriore.
Cosa possa
fare?
Come devo procedere?.
Grazie mille, aspetto le tue notizie. Albert
3 Risposte
- Pasquale Longobardi
febbraio 18th, 2011 - 22:33
Se tu
riuscissi a farmi avere una angiografia (o una angio Risonanza magnetica) degli
arti inferiori oppure alme- no un ecocolordoppler arterioso degli arti inferiori,
potrei chiedere al dr. Elio Piccinini – responsabile del Centro Cura Ferite
Difficili della Ausl Ravenna e primario del reparto di chirurgia vascolare
dell’Ospedale di Ravenna – se sia possibile ricoverarlo per le cure giuste del
caso.
Pubblicato su
Blogger oggi 31 Maggio 2012 alle ore 12,36 da: Giuseppe Pinna
de Marrubiu
febbraio 7th, 2011 - 12:27
Storia di un'Anziano affetto da diabete, osteomielite, ischemia: si può evitare l’amputazione?