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sabato 22 settembre 2012

(Sceda 102) Intervista a Francesco Centofanti - uno dei più importanti ortopedici italiani.

Francesco Centofanti e la sua 

GUERRA ALLE INFEZIONI OSTEOARTICOLARI
     
Articolo informativo di Giuseppe Pinna per S. O. S. - “Osteomielitici d’Italia” - Onlus  «Centro Servizi Informativi On-line per Osteomielitici e Pazienti dell’Ospedale CODIVILLA-PUTTI di Cortina d’Ampezzo.
corredato da Foto di Proprietà dell'ARCHIVIUS POST del BLOG della S. O. S. - “Osteomielitici d’Italia” - Onlus
read this article in English at page 54                                                                                                                                       L'INTERVISTA
di Silvana Fanalista
GUERRA ALLE INFEZIONI OSTEOARTICOLARI
In questo numero di Medicina e Chirurgia Ortopedica abbia-mo conosciuto il Dr. Francesco Centofanti, Direttore del fa-moso Istituto Codivilla-Putti di Cortina D'Ampezzo (BL). 
Abbiamo percorso con lui un viaggio che inizia dai primi anni Settanta, periodo di specializzazione a Cortina, e che lo por-ta a dedicarsi attivamente e con grande passione alla cura di pazienti affetti da infezioni osteoarticolari, i quali si trovano ad affrontare un iter lungo e doloroso fatto di recidive e spes-so di insuccessi. 
Queste persone hanno trovato nel Dr. Centofanti e nell'Isti-tuto Codivilla-Putti un punto di riferimento e di grande pro-fessionalità. 
Di seguito il nostro intervistato ci racconta come vengono dia gnosticate e trattate le infezioni osteoarticolari a Cortina.
Dr. Centofanti, una breve introduzione al suo percorso professionale: 
come approda al Codivilla-Putti e alla cura delle infezioni?
Mi sono laureto a Bologna nel 1969 e dopo aver conseguito la specializzazione in ortopedia e traumatologia nella medesima città presso l'istituto Rizzoli, fui mandalo a fare esperienza al Codivilla-Putti di Cortina d'Am pezzo come succedeva a tutti i giovani specializzandi dell'epoca. 
Erano gli anni '70 e da allora, tranne qualche periodo passato all'estero e un'esperienza in un altro ospedale, sono rimasto a Cortina dove sono diventato nel 1998 direttore dell'Istituto
A quell'epoca venivano curati molti personaggi del jet set internazionale ed ero sempre attorniato da vip ma giorno dopo giorno i miei interessi sono trasmigrati dagli interventi per i vip alla cura di persone che di impor-tante hanno solo la malattia cui ho dichiarato guerra: le infezioni osteoarticolari
Per me ogni vittoria vale la pena di tante sconfìtte perché la cura delle osteomieliti è dolorosa per i pazienti e frustante per i medici che la curano, dato che le guarigioni sono una diffìcile meta da raggiungere e mantene re e le recidive molto frequenti.
Francesco Centofanti
Come mai a tuttoggi l'osteomielite è una patologia di non semplice diagnosi e cura?
La diagnosi nelle infezioni ossee è spesso semplice, diventa diffìcile in alcune forme di osteomieliti come nelle artroprotesi infette; per il resto la diagnosi di infezione ossea, non conseguente un intervento di pro-tesica, è molto più semplice e intuitiva. 
L'osteomielite può essere ematogena e colpisce di solito i giovani a causa di una infezione ematica che si propaga al tessuto osseo
Queste forme si manifestano con dolore, febbre alta, ascessi, fìstole e quindi la diagnosi è facile e immediata. 
Le forme invece che colpiscono subdolamente l'apparato locomotore avvengono di solito dopo una prote-si o dopo un intervento di osteosintesi soprattutto per fratture esposte.
Le osteomieliti possono essere definite un male incurabile?
Dico sempre che le osteomieliti sono il quinto Cavaliere dell'Apocalisse
Perché è un male che si può curare ma diviene spesso insanabile. 
Quello che è diffìcile nelle cura delle osteomieliti è la definitiva eradicazione della malattia. 
C'è da aggiungere che non tutti gli ortopedici si dedicano alla cura delle infezioni osteoarticolari e i pazienti vengono inviati all'infettivologo.
Come ha appena accennato, la cura dell'osteomielite molto spesso passa dall'ortopedico all'infettivologo. Come funziona al Codivilla-Putti?
                                                          Notturno innevato dell'Istituto Codivilla  
                        
PADIGLIONE ALESSANDRO CODIVILLA
ORTOPEDIA TRAUMATOLOGIA Iˆ   E SEZIONE DI RIABILITAZIONE
ORTOPEDIA TRAUMATOLOGIA IIˆ  E SEZIONE DI RIABILITAZIONE
 
Dal 1923 ci occupiamo in questo Istituto di infezioni ossee. 
Da qualche anno lo specialista in malattie infettive si interessa della cura delle infezioni ossee anche perché l'ortopedico lo delega a questa cura. 
L'infettivologo è però un internista e non un chirurgo, prescrive la terapia antibiotica e dopo qualche mese di antibiotico terapia, quando l'infezione si è stabilizzata, rimanda il paziente dall'ortopedico il quale spesso non sa come proseguire nel trattamento. 
Alcuni infettivologi suggeriscono perfino quando l'ortopedico deve operare o quale intervento effettuare. 
E giusto che ci sia una multidisciplinarità nella cura, ma il direttore d'orchestra deve restare l'ortopedico! 
Questa è la mia convinzione e cosi ci comportiamo al Codivilla-Putti.
                                                     Notturno innevato dell'Istituto Vittorio Putti     
                        
Padiglione Vittorio Putti
per la cura delle Infezioni Osteoarticolari
ORTOPEDIA – OSTEOMIELITE
                                                      
                                           
                                   Vista frontale del primordiale Padiglione Vittorio Putti di Cortina d'Ampezzo  
Quando deve intervenire l'infettivologo e quale esattamente il suo ruolo nella cura delle infezioni osteoar-ticolari?
Le illustro brevemente la scaletta delle priorità nella cura di una osteomielite
primo salvare la vita al paziente, 
secondo salvate l'arto al paziente, 
terzo salvare la funzione 
e per ultimo, se c'è una protesi, salvare la protesi. 
Praticamente l'infettivologo deve intervenire nella prima fase della malattia e consigliare una terapia antibiotica mentre i tempi della chirurgia debbono essere dati dal chirurgo ortopedico.
Qual è la classificazione delle osteomieliti
Quali differenze hanno e che cosa comportano?
Le osteomieliti vengono classificate dal punto di vista epidemiologico in O. M. ematogene, O. M. traumati-che (fratture esposte-ferite penetranti), O. M. post-chirurgiche, O.M. da deficit vascolare (piede diabetico). 
Per le O.M. post chirurgiche (post-osteosintesi o post-protesiche), a seconda dell'epoca di comparsa, si dis-tinguono le infezioni precoci (2 mesi), ritardate (2 anni), tardive (dopo 2 anni).
Inoltre aggiungerei le "misconosciute", che sono quelle infezioni che vengono diagnosticate in corso di un in- tervento chirurgico e non si conosce quando si siano formate, per cui ad esempio soltanto in corso di un intervento di sostituzione di una protesi ci si rende conto che c'era l'infezione ma nessuno ne aveva sos-pettato l'esistenza.
È più alta la percentuale di osteomielite delle ossa lunghe, delle ossa corte, delle artriti settiche, delle infezioni periprotesiche?
Se noi prendiamo in considerazione le osteomieliti ematogene, quelle cioè che non sono conseguenze né di un trauma né di un intervento, queste colpiscono prevalentemente giovani o giovanissimi e le sedi più colpite sono le meta epifisi delle ossa lunghe, ovvero quelle zone dell'osso più fertile e in accrescimento. 
In quelle conseguenti a un trauma si verificano le infezione nella sede dove c'è stata la frattura esposta o do- ve c'è stato l'inserimento di mezzi di sintesi.
Quindi, precisato quanto sopra, non c'è un osso che viene colpito più di un altro da una infezione a causa della sua conformazione ma è la sede del trauma che viene a determinare la sede della malattia. 
Ecco perché la tibia è l'osso più frequentemente colpito dalla osteomielite
Le artriti settiche sono meno frequenti delle osteomieliti, colpiscono 5 persone su 100.000 e si distinguo-no in artriti ematogene, artriti per inoculazione diretta e per contiguità. 
Le sedi più frequentemente colpite sono il ginocchio, l'anca e la spalla
Le artroprotesi si infettano più frequentemente a livello della articolazione del ginocchio (3%), mentre a li-vello dell'anca non raggiungono il 2%.
Da cosa dipende il rischio di infezione?
Il rischio di infezione dipende dall'aggressività del germe e da fattori predisponenti che hanno  pazienti. 
Questo è molto importante: a volte il paziente ha delle malattie associate che possono favorire o peggiorare il decorso della malattia, sto parlando ad esempio del diabete, dell'artrite reumatoide, delle forme neo-plastiche, dell'età avanzata, dell'obesità, del fumo
Nei Paesi anglosassoni a chi è fumatore o grande obeso la cassa mutua non concede gratuitamente l'intervento di artroprotesi perché il rischio di fallimento viene considerato altissimo! 
In genere la gravità dell'infezione non è dovuta al tipo di osso colpito ma alla sede, se un paziente ha una os-teomielite del rachide cervicale è chiaro che la vicinanza al midollo spinale può creare dei rischi maggiori.
È possibile classificare, o meglio esiste una classificazione per le infezioni di protesi articolare accettata a livello mondiale?
Le infezioni periprotesiche si distinguono in acute, subacute e croniche a seconda dei tempi in cui si mani-festano. 
Per cui quelle acute e subacute probabilmente sono dovute a una infezione contratta in sala operatoria, quel le croniche si pensa, e quasi tutti sono concordi con questa teoria, avvengano per via ematogena per una malattia concorrente a distanza di anni dall'intervento. 
In questo caso l'infezione non è certo attribuibile al gesto chirurgico ma a un evento successivo.
Quante volte in presenza di un'infezione di protesi articolare, la soluzione per raggiungere il successo pas-sa nuovamente dall'intervento chirurgico?
Quando l'infezione è acuta e il chirurgo ortopedico interviene nelle prime tre/quattro settimane, si esegue un debridment allargato ovvero una pulizia radicale simil tumorale per portare via tutte le parti che non sono vitali e ottenere un sanguinamento dei tessuti. 
Successivamente si instillano antibiotici nella sede di infezione e questo può essere facilitato dall'uso di appa recchi computerizzati che aspirano, lavano e iniettano sostanze medicamentose a dosi e tempi programmati. 
Se invece l'infezione si cronicizza, bisogna attuare l'espianto della protesi, l'applicazione di uno spaziatore di cemento antibiotato e il successivo reimpianto.
Secondo lei è più efficace una revisione chirurgica in un tempo o in due tempi?
Il gold standard del trattamento è la tecnica in due tempi. 
Con tale metodica si possono eseguire due pulizie delle parti molli e dell'osso e due volte si possono effet-tuare prelievi intraoperatori. 
Ma il vero problema che spesso conduce all'insuccesso è che non si è mai sicuri dello spegnimento dell'infe-zione, perché molto spesso questa è stabilizzata ma non del tutto estinta.
Si riesce attualmente attraverso un protocollo di profilassi antibiotica a creare nel pre e post operatorio la sterilizzazione microbica?
Eseguiamo dei protocolli di antibiotico profilassi, facciamo in modo che il paziente arrivi al post operatorio dopo aver seguito la fase preventiva. 
Utilizziamo degli antibiotici a largo spettro (cefalosporine) se il paziente non presenta delle particolari pato-logie associate. 
Se invece anche l'ambiente in cui si opera è già stato contaminato da precedenti infezioni, da stafilococco meticillino resistente, usiamo un protocollo che comporta antibiotici mirati verso quel tipo di germe: van-comicina o teicoplanina associata a rifampicina.
Il Codivilla-Putti in passato è stato riconosciuto essere centro di alta specialità nella cura della tubercolosi osteo-articolare* Oggi quanto è diffusa questa malattia?
Negli anni '80 c'è stata una recrudescenza della tubercolosi per la presenza di immigrati che vengono dall'Europa dell'Est e dall'Africa, in più si ha avuto la comparsa in tutti i Paesi dell'Est del superbatterio della tubercolosi che è un germe resistente a tutti gli antibiotici conosciuti. 
Noi in Italia abbiamo il 10-1 5% di resistenze invece nei Paesi dell'Est si arriva fino al 60-70%. 
Questo peggiora il quadro della malattia che era già lunga e indaginosa da curare e con queste recenti re-sistenze le cose si sono di molto complicate. 
Fatto sta, che c'è una recrudescenza della TBC ossea che colpisce soprattutto pazienti anziani, mentre negli anni '50-60 erano i più giovani a essere colpiti. 
Le sedi più interessate restano il rachide, l'anca e il ginocchio.
Per quanto riguarda le protesi infette di ginocchio, solo una piccola percentuale di queste va incontro a un ulteriore fallimento per recidiva dell'infezione
Sappiamo che al Codivilla-Putti si tende, al fine di evitare l'amputazione, a rimuovere l'impianto infetto ed eseguire una artrodesi. 
Pensa che questo possa garantire al paziente una qualità di vita migliore rispetto a un arto artificiale? 
Spesso l'artrodesi di ginocchio rappresenta l'intervento di salvataggio dell'arto consentendo una qualità di vita accettabile. 
Molto spesso nel nostro Istituto giungono pazienti che hanno già subito diverse sostituzioni protesiche e rifiutano qualsiasi ulteriore procedimento chirurgico. 
In questi casi attuiamo quella che definisco l'eutanasia di una protesi infetta, una procedura medica periodica-ciclica-perenne. 
Mi spiego: periodicamente ricoveriamo il paziente e lo trattiamo sia con terapia infiltrativa con antibiotico mirato, sia con antibiotico per via parenterale, sia con un'immunoterapia batterico-specifìca riuscendo ad alleviare di molto la sintomatologia clinica. 
Si creano così le basi per un'etica della cura: non solo curare ma prendersi cura della persona, non solo considerando il paziente un corpo da sottoporre a terapia ma tenendo conto dei molteplici aspetti emotivi e psicologici legati alla malattia.
In cosa consiste esattamente questa terapia e come la attuate?
Con l'immunoterapia somministriamo anticorpi specifici aumentando le difese naturali del paziente rendendolo più resistente e più capace di agire con le proprie difese a combattere l'infezione
Questa terapia non esclude la somministrazione di antibiotici ma è una terapia coadiuvante e complementare.
In molti ritengono i mezzi di sintesi la causa principale dell'innescarsi di infezioni osteoarticolari, lei cosa ne pensa?
Gli interventi chirurgici di sintesi sono talora fonte di infezione
Quando un paziente è sottoposto a intervento per una frattura chiusa con una placca o un chiodo, ha una possibilità di contrarre una infezione dal 2 al 3% dei casi. 
Queste infezioni sono presenti in tutte le statistiche internazionali, qualsiasi sia la profilassi attuata non si riesce a escludere che si possa verificare una infezione post-chirurgica.
La metodica diGavriel Allizarov è un apparato di complessa gestione che comporta a volte infezioni
Qual è il suo pensiero in merito?
Ritengo che siano più i fissatori esterni assiali a comportare una eventuale infezione in quanto le fìches so no grosse e spesso necessitano di trattamenti specifici per le infezioni che esse stesse causano.
Per quanto riguarda la metodica di Gavriel Allizarov, essendo i fili transossei molto sottili, le infezioni sono di poco conto e si risolvono dopo la rimozione dell'apparato.
                                                                            Ilizarov all’istituto ortopedico di Kurgan  
E diffìcile l'intervento per applicazione del fissatore circolare, la gestione è impegnativa, il trattamento dura da  sei mesi a un anno e spesso non è ben tollerato dal paziente, però noi riteniamo che questa sia un'ottima chance per il trattamento delle pseudóatrosi infette delle ossa lunghe.
Alcuni esempi di montaggi di fissatori circolari Ilizarov per diversi distretti corporei
Gi interventi di bonifica locale a camera sterile a tipo Masquelet implicano una resezione radicale del fo colaio settico per periodi di tempo più o meno lunghi. 
Nel caso si voglia intraprendere una ricostruzione con rigenerazione ossea, i tempi di durata del trattamento sono giustificabili? 
Noi utilizziamo in casi selezionati la tecnica di Masquelet, soprattutto come preparazione ad altri tipi di in-  tervento come nelle pseudoartrosi di avambraccio, prima dell'applicazione del perone vascolarizzato o nel la tibia quando dobbiamo trattare una pseudo artrosi lassa fortemente infetta
In questi casi mettiamo dei blocchi di cemento antibiotato che poi vengono rimossi quando l'infezione è spenta.
Nella sua esperienza ci sono stati casi di processi di reazione ai detriti delle protesi d'anca (DePuy modello ASR) recentemente incriminate e delle quali è stata proposta la rimozione dalla Comunità Europea?
Delle protesi di cui parla ne sono state messe in Italia circa 5.000 nel corso di alcuni anni. 
Se si considera che nel nostro Paese ogni anno si applicano circa 120.000 protesi d'anca e che le pro-tesi incriminate sono state impiantate nel corso di alcuni anni, bisogna convenire che esse rappresentano solo una piccola percentuale degli impianti eseguiti. 
Questi dispositivi sono stati applicati soprattutto in pazienti giovani e da chi confidava nell'accoppiamento tribologico metallo/metallo
Attualmente infatti si usa l'accoppiamento ceramica/ceramica o ceramica/polietilene; metallo/metallo con gros
 se teste superiori ai 32-36mm non sono usate moltissimo. 
Dunque, per concludere, dico che di quelle protesi ne sono state usate poche, di quelle poche una parte so- no andate a finir male... direi che si può stare abbastanza tranquilli. 
Ma con "andate a finir male" intendo dire che si sono consumate le superfìci metalliche che hanno determi- nato dei detriti che hanno a loro volta infiammato l'articolazione e che hanno causato nel sangue la comparsa di ioni metallo come il cobalto o altri componenti della protesi.
Quali sono, se ci sono, le tecnologie a disposizione dei chirurghi ortopedici per prevenire e trattare le infe-zioni?
Per gli interventi chirurgici la prevenzione si attua principalmente attraverso la profilassi antibiotica. 
Se si parla invece di prevenzione quando si immettono mezzi di sintesi tipo placche, chiodi, viti o protesi si possono applicare dei campi elettrici per aumentare l'effetto degli antibiotici oppure si applicano biosensori endoprotesici per la misura del Ph e per la viscosità del biofìlm. 
Si sperimentano sempre nuovi sistemi di rivestimento tipo polimetil acrilato o argento, oppure si addizionano sostanze antibiotate ai mezzi di sintesi.
Recentemente ad esempio in Australia stanno sperimentando i furanoni, sostanze derivati da alghe marine che possono essere unite al titanio, poliuretano o al polietilene. 
Sembra che tali sostanze abbiano molto importanza perché interferiscono nell'attivazione del biofìlm e quindi possono dare dei segnali precoci di infezioni.
Per la cura delle infezioni vengono utilizzati l'ossigeno, gli ultrasuoni, le applicazioni di correnti.
Noi, come ho già detto, ricorriamo alla stimolazione dell'immunità naturale mediante l'immunoterapia, alle infiltrazioni locali con antibiotico e, dato che per i prossimi anni non è prevista l'uscita di nuovi antibiotici, cer- chiamo sostanze che facilitino la penetrazione dell'antibiotico nel punto più necessario: nel biofìlm. 
Cerchiamo insomma di scoprire sostanze che ci permettano di far sì che l'antibiotico che già utilizziamo diven ti più efficace.
Esistono delle linee guida per il trattamento delle infezioni ossee?
Ci sono e vengono rinnovate periodicamente.
Però, una cosa è il trattamento di una protesi infetta e un'altra è il trattamento dell'osteomielite, anche se pure la protesi è una osteomielite dei capi articolari. 
I protocolli sono diversi e cambiano in base alla fase in cui viene scoperta l'infezione: nella fase acuta si segue l'antibioticoterapia generale, nella fase cronica l'atto chirurgico.
Quali informazioni pratiche può suggerire ai Colleghì ortopedici?
Posso citare una frase del Prof. Alessandro Codivilla, fondatore dell'ortopedia italiana
"i pazienti che un chirurgo ortopedico ha più probabilità di rivedere per tutta la vita professionale sono quelli affetti da osteomielite"
Personalmente esorto i giovani ortopedici a non perdersi d'animo nella cura di queste affezioni che richiedono tanta devozione e tanto buon senso. 
Il nostro mestiere di chirurghi è costellato di brutti scherzi e quindi bisogna tollerarli senza smarrire la pace dell'anima.

Articolo INTERVISTA sulle Infezione delle protesi articolari

 


  



                            

 

Tratto da MEDICINA E CHIRURGIA ORTOPEDICA NUMERO TRE - MAGGIO/GIUGNO 2012
                                  Fine
Pubblicato su Blogger oggi 22 settembre 2012 alle ore 18,30 da: Giuseppe Pinna de Marrubiu

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