Patologie risolvibili con l'intervento di protesi di anca
Patologie risolvibili con l'intervento di protesi di anca
L'intervento di artroprotesi totale d'anca rappresenta uno dei maggiori successi della moderna ortopedia in grado di rivoluzionare la progressione di numerose patologie invalidanti, garantendo il ripristino della funzionalità articolare, l'abolizione della sintomatologia dolorosa, e in ultimo, non certo per importanza, il miglioramento della qualità di vita dei pazienti. Grazie al continuo miglioramento delle tecniche chirurgiche, delle caratteristiche degli impianti e della esperienza dei chirurghi, il numero di interventi è in continuo aumento nel nostro Paese come nel resto del mondo.
Protesizzare un'anca significa sostituire l'articolazione coxo-femorale naturale, formata dalla cavità acetabolare e dalla testa del femore, con una articolazione artificiale (protesi).
Esistono due tipi di intervento di sostituzione protesica dell'anca:
1) la sostituzione totale (artroprotesi), che prevede di intervenire su entrambe le componenti articolari, acetabolare e femorale.
2) la sostituzione parziale (endoprotesi), che prevede di mantenere l'acetabolo naturale e di sostituire solo la componente femorale sia con uno stelo intramidollare, sia con una testa di grandezza simile alla testa femorale appena sostituita che si articola direttamente con il cotile anatomico.
Le patologie che possono richiedere un artroprotesi di anca si distinguono in:
a) patologie con indicazioni elettive:
artrosi primaria e secondaria a trauma in stadio avanzato, artrite reumatoide, osteonecrosi asettica della testa del femore, displasia dell'anca, spondilite anchilopoietica, artropatia psoriasica, frattura mediale collo femore in età superiore a 60 anni, lesioni tumorali secondarie.
b) patologie con indicazioni relative:
artrite reumatoide giovanile, malattia Paget, tumori ossei primitivi, frattura mediale collo femore in età minore di 60 anni, esiti artriti (tubercolosi ossea, osteomielite), esiti di artrodesi, displasia dell'anca, fratture dell'acetabolo.
Queste cause, sebbene diverse, alterano le strutture morfofunzionali dell'articolazione dell'anca provocando invalidità con dolore, impotenza e zoppia. Queste caratteristiche semeiologiche possono essere ponderate e quantificate tramite sistemi di valutazione a punteggio che uniscono i risultati di una buona anamnesi ad un corretto esame obiettivo del paziente. Tra queste scale valutative bisogna ricordare: la Womac, l'Harris hip score, la S-F 36.
Alla clinica si associa lo studio radiografico del bacino, che visualizza e consente di studiare le patologie dell'articolazione. Per approfondire la ricerca diagnostica vengono in aiuto la TC e la RMN che riescono a svelare situazioni anatomiche e/o patologiche non ben distinguibili con la radiografia convenzionale.
Protesizzare un'anca significa sostituire l'articolazione coxo-femorale naturale, formata dalla cavità acetabolare e dalla testa del femore, con una articolazione artificiale (protesi).
Esistono due tipi di intervento di sostituzione protesica dell'anca:
1) la sostituzione totale (artroprotesi), che prevede di intervenire su entrambe le componenti articolari, acetabolare e femorale.
2) la sostituzione parziale (endoprotesi), che prevede di mantenere l'acetabolo naturale e di sostituire solo la componente femorale sia con uno stelo intramidollare, sia con una testa di grandezza simile alla testa femorale appena sostituita che si articola direttamente con il cotile anatomico.
Le patologie che possono richiedere un artroprotesi di anca si distinguono in:
a) patologie con indicazioni elettive:
artrosi primaria e secondaria a trauma in stadio avanzato, artrite reumatoide, osteonecrosi asettica della testa del femore, displasia dell'anca, spondilite anchilopoietica, artropatia psoriasica, frattura mediale collo femore in età superiore a 60 anni, lesioni tumorali secondarie.
b) patologie con indicazioni relative:
artrite reumatoide giovanile, malattia Paget, tumori ossei primitivi, frattura mediale collo femore in età minore di 60 anni, esiti artriti (tubercolosi ossea, osteomielite), esiti di artrodesi, displasia dell'anca, fratture dell'acetabolo.
Queste cause, sebbene diverse, alterano le strutture morfofunzionali dell'articolazione dell'anca provocando invalidità con dolore, impotenza e zoppia. Queste caratteristiche semeiologiche possono essere ponderate e quantificate tramite sistemi di valutazione a punteggio che uniscono i risultati di una buona anamnesi ad un corretto esame obiettivo del paziente. Tra queste scale valutative bisogna ricordare: la Womac, l'Harris hip score, la S-F 36.
Alla clinica si associa lo studio radiografico del bacino, che visualizza e consente di studiare le patologie dell'articolazione. Per approfondire la ricerca diagnostica vengono in aiuto la TC e la RMN che riescono a svelare situazioni anatomiche e/o patologiche non ben distinguibili con la radiografia convenzionale.
Quando va eseguito l'intervento di protesi d'anca
L'intervento elettivo di protesi d'anca viene praticato principalmente allo scopo di alleviare il dolore, la rigidità, la deformità, la limitazione funzionale causati dalle malattie che colpiscono l'articolazione dell'anca. Sir John Charnley, pioniere delle protesi dell'anca, negli anni 70 indicava come soggetto a cui impiantare selettivamente una artroprotesi d'anca il "paziente con età maggiore di 65 anni, sedentario ed affetto da coxartrosi primaria".Da allora di strada se ne è certamente fatta tanta dal punto di vista sia del miglioramento delle tecniche chirurgiche sia dei materiali usati.
Ormai, grazie alla evoluzione della tecnica di revisione, non si guarda al paziente anziano (maggiore di 65 anni) come unico soggetto a cui indicare una protesi d'anca, ma ad una fascia di età molto più larga visto che lo scopo di questa tecnica chirurgica è quello di migliorare la qualità di vita di ogni paziente di qualsiasi età. L'età del paziente, secondo molti, rimane un parametro fondamentale da valutare nel porre l'indicazione all'impianto di artroprotesi d'anca. Infatti la durata delle protesi risulta tuttora limitata nel tempo per la usura dei materiali.
Oggi, come già affermato nel 1994 dal Consensus Conference dell'Istituto Nazionale Americano della Sanità, l'indicazione ad una protesi d'anca è rappresentata da "dolore e limitazione funzionale moderati o gravi, associati all'evidenza radiografica di una compromissione articolare, e che non sono stati sostanzialmente modificati da un ciclo completo di trattamenti non chirurgici".
In letteratura si evidenzia come i dati del registro svedese, riferiti agli impianti eseguiti dal 1987 al 1997, abbiano portato alla luce come la percentuale di revisione a 10 anni nei pazienti con età inferiore a 55 anni sia nettamente superiore ai soggetti con una età maggiore. Ecco perché si ritiene che una protesi all'anca sia più indicata nei soggetti con una età maggiore di 60 anni, relativamente indicata nei soggetti tra 50-60anni, indicata in casi particolari in pazienti con età inferiore a 50 anni.
Naturalmente è logico che il paziente si chieda e chieda a noi medici: cosa dovrò "subire" per applicare la protesi? Quanto durerà l'impianto? Quali saranno le mie limitazioni dopo l'intervento?
Questo sito è stato preparato proprio perché il paziente possa conoscere a grandi linee con anticipo quello che lo aspetta.
Anatomia dell'anca
L'articolazione coxofemorale (articolazione dell'anca) articola il femore con il bacino.L'articolazione mette in rapporto l'acetabolo (cavità articolare dell'anca) con la testa del femore, che ha forma simile ai 2/3 di una sfera piena del diametro di 4 cm circa. Le superfici articolari non sono però esattamente corrispondenti e il labbro dell'acetabolo concorre ad ampliare la superficie articolare rendendola adatta ad accogliere la testa del femore, oltre che a contenere l'articolazione stessa. L'articolazione è avvolta dalla capsula articolare e da tre legamenti.
Il femore è un osso lungo che forma lo scheletro della coscia.
Nel femore distinguiamo un corpo e due estremità. Il corpo non è esattamente rettilineo ma presenta una concavità posteriore. L'estremità superiore termina con la testa sferica destinata ad articolarsi con l'acetabolo. La testa è sostenuta dal collo anatomico, alla cui base originano due robuste eminenze: il grande e il piccolo trocantere, uniti da una cresta intertrocanterica.
Immediatamente al di sotto del piccolo trocantere si trova il collo chirurgico, che segna la fine tra diafisi ed epifisi. L'estremità inferiore del femore presenta una vasta superficie articolare per tibia e rotula. La diafisi femorale (o corpo femorale) è formata da un astuccio di tessuto osseo compatto all'interno del quale è presente un canale midollare (dove viene alloggiato lo stelo protesico). Le epifisi sono invece costituite da una lamina superficiale compatta che avvolge un trabecolato spugnoso.
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